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36 Una donna, un vero tormento

Era cessato ormai di piovere; in compenso una grande umidità si era impossessata dell'aria. Il cielo si stava schiarendo e grandi nuvoloni gonfi, bianchi come panna, lasciavano intravedere ampie schiarite all'orizzonte. Da piccola si era sempre chiesta, Sveva, che consistenza potessero avere quelle masse all'apparenza così budinose ma in realtà talmente impalpabili: pensieri da bambina. Adesso, guardandole, quelle considerazioni la facevano sorridere.

Sarebbe stata senz'altro una bellissima giornata quella che si prospettava, ricca di sole e di luce, se Betta non l'avesse disturbata e letteralmente buttata giù dal letto con le sue canzoni stonate.

Le troppe emozioni non le avevano permesso di dormire bene e quando finalmente si era lasciata abbracciare da Morfeo, quelle grida spaventose le avevano bucato i timpani, costringendola ad alzarsi. Betta cantava a squarciagola una canzone spagnola, in una bella pronuncia - questo non poteva negarlo - mentre la caffettiera sbuffava in cucina.

Un odore di cornetti al forno aveva invaso tutta la casa. La sorprese a improvvisare un tango, tutta contenta. Non fece in tempo a rimproverarla che si trovò praticamente l'amica avvinghiata a lei mentre cercava di imporle un casquet. Avrebbe dovuto lasciarsi cadere all'indietro, mentre la Betta la sosteneva alla vita, ma non fu così. Almeno non come voleva la riccia. Caddero entrambe sul divano, ridendo a crepa pelle.
«Come cavaliere sei pessimo, non mi hai tenuta bene.»

«Sentì un po' che dice la nostra dama dai capelli arruffati», la riprese la Betta, che indossava una sottanina di raso, color champagne, i capelli ben pettinati, il viso truccato.

Poi, d'improvviso, abbracciò forte l'amica.

«Ho saputo tutto. Ieri sono stata da Attanasio e Sonia che mi hanno raccontato di Francesca. Sono troppo felice.»

«Lo sarei anch'io se mi stringessi meno forte», disse Sveva ridacchiando.

«Su, su, alziamoci! Una lunga giornata ci attende.»

«Ah sì?», fece l'amica. «Io non ho impegni oggi e andrà Marco in ospedale, pertanto credo che me ne starò qui buona buona.»

«Certo,come no? A crearti magari qualche problema mentale.»

«Ehi, che dici?»

«Come se non ti conoscessi abbastanza. "Oggi la vita mi ha riservato tanta felicità. Cosa posso fare per rovinarmi la giornata? Devo avere altre preoccupazioni".»

«Quando fai così sei insopportabile, oltre che tutta matta.»

«Va bene, ricevuto e recepito. Incominciamo di nuovo darling. Allora oggi noi ce ne andiamo in una Spa-ho già prenotato- sarà il mio regalo per il tuo compleanno. Ci rilassiamo, ci facciamo belle...»

«Il mio compleanno? Ma se compio gli anni a gennaio?»

«Andiamo oltre, tralasciamo questi particolari. Fammi terminare il discorso!» le disse dandole una gomitata.

Sveva iniziò a sbuffare guardando in aria.

«Allora-stavo dicendo- ci rilassiamo, ci facciamo bellissime così quando ti vedrà morirà...»

«Aspetta, aspetta, aspetta. Chi dovrebbe vedermi e soprattutto chi dovrebbe morire? Rashad?»

«Ma devo spiegarti tutto? Che sfacelo di donna! M-a-r-c-o, Marco. Ti dice qualcosa questo nome? Ormai le cose si stanno risolvendo. Lui muore per te, perché è così, perché l'ho visto a casa mia e non dirmi di no.»

«Le cose non sono così semplici come credi. Non posso fidarmi più di lui... Ha lasciato che Francesca si facesse male. Non è facile dimenticare.»

«Ma tesoro mio, ti senti quando parli? Riesci bene a capire quello che dici? Perché vedi, tutti sbagliano nella vita, persino tu, e ognuno di noi merita sempre una seconda possibilità.»

«A ogni modo io ho tentato di recuperare. Ma inutile, ha un'altra donna.»

«Te lo ha detto lui? È proprio così?»

Sveva non rispose. Sorseggiava il suo caffè accigliata.

«Ok, va bene, cambiamo discorso. Ieri ho provato per tutta la mattinata a chiamarti. Dov'eri?»

Sveva prese tempo, prima di rispondere, sapendo che l'amica non avrebbe approvato quello che aveva fatto, ma lei la precedette.
«No, non dirmelo. Dalle suore?»

«Sì, ma vedi, la faccenda è più complicata di quanto tu possa pensare.»

«Lascia che te lo dica, tesoro mio. Di "complicata" qui ci sei solo tu.»

«Devi ascoltarmi fino in fondo, per una volta almeno.»

«Sentiamo allora. Sputa il rospo.»

«Ho bisogno di te.»

«Cioè? Mi fa piacere che tu abbia finalmente capito questo. Senza di me saresti persa, ma ho come l'impressione che tu voglia comprarmi per mettermi a tacere. Anzi, per mettere a tacere la tua coscienza, perché quello che dico è vero e tu dovresti goderti questi momenti, senza pensare ad altro. Dimmi che non è così!»

Sveva raccontò tutto a Betta, della suora, del comportamento così contraddittorio, di Benedetto.

«Devo dirti che qualcosa di strano effettivamente c'è: non posso negarlo. E se facessimo una capatina al convento? Se tentassimo di prendere quel portafoto?»

«Non avrai mica in mente di fare quello che sto immaginando...»

«Tesoro, se è così che stanno le cose, è un tuo diritto sapere. Se è vera l'impressione che hai avuto, abbiamo il dovere di aiutare quel ragazzo. È ovvio che sappia qualcosa che le suore non vogliono che venga fuori. Una piccola puntatina... Solo questo faremo.»

«Ma cosa dovrebbe sapere? Poi fare loro questo... mi sembrerebbe di tradirle. Sono state così buone con me.»

«Non saprei, ma ti assicuro che lo scopriremo. Parola di Betta. Queste cose poi mi eccitano...»

Vedendo lo sguardo dell'amica, di rimprovero, Betta cercò di tenere un atteggiamento più consono alla drammaticità della situazione.

«Va bene, ho esagerato, lo ammetto... Mi sono fatta prendere troppo dall'entusiasmo. Però tu non tirarti più indietro! Sempre la solita eterna indecisa. Parliamo di altro piuttosto. Nella vita tutto ha un prezzo e io ti aiuterò soltanto a patto che tu venga a rilassarti con me nella Spa, adesso, in questo preciso momento, senza obiettare», le disse facendole l'occhiolino.

«Ok, cosa dire, verrò. Ma tu riusciresti a trattenerti qui a Parma ancora? Non sarà un po' troppo per Maurizio? L'hai praticamente abbandonato a Pisa.»
Betta fece spallucce e Sveva capí che qualcosa era successo, ma non volle andare oltre. Sarebbe stata lei a parlargliene se e quando avesse voluto. Le sue sensazioni non erano sbagliate. Si augurava soltanto che fosse un malessere passeggero.
«Perfetto allora non mi rimane che prepararmi».

Del resto come avrebbe potuto negarsi ancora a quell'invito?Rassegnata, non potè fare a meno di accettare: quando ci si metteva la Betta era un vero tormento.

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