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21 Un uomo incorreggibile

Increduli, scoraggiati, erano lì, Rashad e Sveva, immobili, fermi a guardare il loro autobus andare via. 

«Trovo che tutto questo sia assurdo. Lei è un irresponsabile! Come ha potuto mettermi in questa situazione?»

La corsa dell'autobus continuava inesorabilmente. Rashad seguitava a passarsi le mani tra i capelli, girandosi verso il locale e ancora guardando il mezzo che andava via.

Gli oleandri, ai lati dell'autostrada, sembravano muoversi a tempo di musica. Un'aria calda e secca creava immagini distorte e dai bordi indefiniti, a volte tremolanti. Quel fenomeno, dovuto alla rifrazione, aveva sempre affascinato la piccola Francesca.
"Mamma, guarda, la strada in fondo, trema. La vedi? Proprio lì! Finiremo nel buco nero?" 

Forse la piccola Francesca era davvero finita in un buco: una voragine che l'aveva inghiottita, risucchiata; di lei non rimaneva che un involucro vuoto, senza voce. Sarebbe emersa da quello stato apparente di riposo, che sembrava ormai non avere una fine? Mentre guardava la strada, andando oltre, fin dove lo sguardo glielo consentiva, Sveva fu mossa da una rabbia incontenibile. Era lì per andare a trovare i suoi genitori, aveva persino lasciato la sua bambina sola, e adesso, per colpa di uno sconosciuto, si era cacciata in quel pasticcio. 

«Lei continua a rovinarmi la vita!»

«Mi scusi se la deludo, ma la cosa mi sembra alquanto improbabile... Ci conosciamo forse da un ora? Due ore? Forse anche meno! Anche volendo, l'impresa per me sarebbe, a dir poco, impossibile.»

«Quel che basta per aver mandato all'aria tutti i miei progetti.»

«Su dai, non faccia la catastrofica. In fondo pensi alla fortuna che ha avuto: quando le capiterà di avere un'occasione del genere? Essere qui, da sola, con me. Credo che lei abbia escogitato tutto, sin dall'inizio.» 

Vedendo che quella si gonfiava dalla rabbia, rincarò la dose. Gesticolava, Rashad, muovendosi a destra e a sinistra, con il dito indice rivolto in aria. 

«Sì, sì proprio così: le boccettine, il sonno improvviso... Lei mi aveva puntato già dal primo momento e ha architettato tutta questa messa in scena. Ribadisco: aveva calcolato proprio tutto. Non lo neghi!»

«Non dica stupidaggini e cerchi di tirarmi fuori da questo pasticcio, piuttosto.»

Il cameriere, intanto, vedendo che quei due rimanevano fuori a chiacchierare e che sembravano non avere nessuna intenzione di pagare il conto, dovendo riordinare, disse: «Se lor signori vogliono accomodarsi alle casse o finire le bevande, così da permetterci di sistemare i tavoli...» 

«Sì, sì, la signora passerà dalla cassa a pagare.»

Sveva, era sempre più indignata: oltre al danno anche la beffa. Non solo era stata dimenticata, suo malgrado, alla stazione di servizio, ma adesso doveva anche sorbirsi le chiacchiere di quell'individuo e per giunta offrirgli lei, che era una donna, il caffè, in barba alle più banali regole del galateo. La faccenda andava chiusa e anche il più in fretta possibile. 

Fece per prendere lo zainetto, ma si accorse che era rimasto sull'autobus, col cellulare, con tutto. 

«Ho dimenticato il mio zaino, non ci posso credere!» 

«Dice davvero? Calcolatrice, sbadata, cos'altro dovrò inserire in questa lista? Aggiungo soltanto una cosa: voi donne siete sempre così dannatamente precise; non dimenticate nulla. Sempre così attente a portarvi dietro tutto: la bottiglietta d'acqua, i fazzoletti, il fard, il blush... Non sarei meravigliato se nelle vostre borse, stracolme di oggetti inutili, un giorno ci metteste dentro persino una macchinetta per il caffè. E invece chi mi capita sotto tiro? La meno attenta tra tante.»
Adesso sembrava Rashad il più furioso dei due. Era davvero allibito. 

«Io sarei la meno attenta? Le ricordo che ad avermi fatto cadere le boccette sull'autobus è stato proprio lei: se tutto questo non fosse successo forse non ci troveremmo qui...» 

«Guardi, adesso però non mi faccia perdere altro tempo. Questa cosa va risolta, e anche nel più veloce dei modi, se non vuole essere costretta a fare l'autostop.»

«L'autostop? Ma come le viene in mente?»

«Cara la mia...»

«Sveva, mi chiamo Sveva.»

«Allora mia cara Sveva, usi tutto il suo savoir faire, la sua ars oratoria, faccia quello che vuole, ma risolva questa faccenda celermente.»

«Ci può contare», disse stizzita, «se non altro per non vedere più la sua brutta faccia!»

Entrò dentro l'autogrill: non fu facile parlare con qualcuno. Inoltre alle casse c'era una fila lunghissima di persone. La situazione si faceva sempre più complicata e imbarazzante. Fu allora che vide una ragazza che si apprestava a pulire il tavolo. Il caschetto biondo, il fisico slanciato, il volto pulito, fresco...
Non doveva avere più di vent'anni. La puntò; quella poteva essere una facile conquista. Si dimenava tra i tavoli, con la sua divisa rossa, schivando le persone. Le sembrò molto carina. Dopotutto il suo infallibile intuito - quasi infallibile - non l'aveva mai delusa, tranne che con Rashad... ma quella era un'altra storia.
Quindi perché non provarci?
Guardando quell'uomo e lanciandogli delle occhiatacce di fuoco, si fece coraggio. Doveva trovare soltanto le parole giuste. 

«Scusami, ti chiedo un grande favore. Abbiamo appena preso una consumazione, ma al momento di pagare ci siamo resi conto che il nostro autobus era partito.»

«Capisco, sono desolata. Posso fare qualcosa per lei?»

«Dovremmo chiamare qualcuno... ma entrambi, io e il mio compagno, il mio compagno di viaggio», si affrettò subito a puntualizzare, «abbiamo dimenticato il cellulare e il portafoglio sull'autobus.»

«Uhum...brutta storia! Se vuole le presto il mio cellulare. Le può servire?»

«Sì grazie, lei è gentilissima.»

Vedendo poi che il "suo compagno di viaggio", come lo aveva chiamato prima, indicando il caffè, faceva gesti insulsi e inopportuni, disse innervosita, alzando la voce e scandendo le parole: «Volevo anche dirle che pagheremo la consumazione non appena arriveranno i rinforzi.» La ragazza ridacchiava. Accorgendosi subito dopo della maretta che c'era tra i due e non potendo fare a meno di osservare gli sguardi che si lanciavano, guardò dalla parte di Rashad che, con la manina e con una faccia inebetita, salutava prontamente nella sua direzione. Le venne spontaneo ricambiare e, facendo gli occhi dolci a quella che credeva essere ormai una sua nuova conquista, si offrì di provvedere lei alla consumazione: non ci sarebbe stato alcun problema. 

«È un suo compagno di viaggio, giusto?»

«Sì», rispose Sveva. 

«Non le dispiace se...», e indicandolo, si diresse verso di lui. 

Sempre più impressionata, Sveva, girava il capo e strabuzzava gli occhi.
"Da non credere: si stanno scambiando i numeri". 

Quando fece per avvicinarsi alla neo coppia, Rashad le porse il telefono. 

«Ecco fatto! Adesso può chiamare...»

Che insolenza, pensò Sveva. Dopotutto aveva fatto tutto da sola

«Faccia prima lei, guardi», s'impuntó. 

«No, no, insisto. Prima lei», disse Rashad. 

Chissà cosa stava tramando quell'uomo. Gli tolse il cellulare dalla mano, quasi strappandoglielo. Non aveva mai incontrato un simile personaggio: arrogante e nello stesso tempo premuroso, gentile ma anche alle volte sfacciato. Non capiva proprio con chi avesse a che fare. 

Compose il numero di Betta, che stranamente ricordava a memoria. Le spiegò la situazione. Come sempre non batté ciglio: sarebbe stata da lei il più presto possibile. 

Non restava che attendere. 

Fu il turno di Rashad: toccava a lui chiamare adesso. Tuttavia Sveva rimase di sasso quando, nel porgergli il cellulare, Rashad candidamente obbiettò: «Ma io non ho bisogno di chiamare nessuno!»

«Scusi l'indiscrezione, ma come farà allora ad andare a Pisa?»

«Ovvio: verrò con lei. Non ho nessuna conoscenza a Pisa. Non vorrà farmi la scortesia di lasciarmi qui?»

Sveva rimase senza parole...
Quell'uomo era davvero incorreggibile. 










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