Dieci
"Liam, ti va di andare al lago quest'estate?"
Il ragazzo annuì. Era sempre bello passare del tempo con sua madre. Laureen era una donna piena di vita e sempre con il sorriso sulle labbra, una di quelle persone che ci tiene ad aiutare gli altri dimenticandosi di se stessa.
Anche in quel momento lo stava facendo, organizzando l'estate con suo figlio mentre si sentiva male.
Erano diversi giorni che accusava malori al ventre, ne aveva parlato con la sua dottoressa ma aveva liquidato la cosa come meteorismo.
Liam non era troppo preoccupato, complice il fatto che sua madre si mostrava sempre al meglio di sé.
Erano ancora a casa, se fosse rimasto ancora dieci minuti avrebbe perso il bus per andare in università, così prese la borsa e diede un bacio sulla guancia a sua madre.
"Da quando hai iniziato l'università mi manchi sempre un sacco"
"Mamma..."
"Ma sono fiera di te" La donna lo strinse forte al petto, quel calore Liam l'aveva sempre adorato. I suoi amici lo prendevano sempre in giro, soprattutto Robert, che lo chiamava mammone. Ma a lui non interessava. Sua madre aveva sofferto tanto nella vita, l'aveva cresciuto da sola sobbarcandosi responsabilità più grandi di lei e lui riusciva a vederlo.
"Oggi faccio una lista delle cose da portare al lago!" Era solo maggio, tuttavia l'entusiasmo di sua madre lo contagiò, lasciandolo di buon umore tutto il giorno.
Nessuno dei due era ancora consapevole del fatto che Laureen non avrebbe fatto in tempo a fare quel viaggio.
Liam aprì lentamente gli occhi, facendo una buffa smorfia perché il sole che filtrava da una finestra gli dava fastidio.
Cercò di muoversi ma il suo corpo non era del tutto d'accordo. Dovette provarci per una buona mezz'ora prima che riuscisse a coordinarsi.
Lentamente i ricordi di ciò che era successo riaffiorarono, il macchinario che aveva collegato al corpo cominciò a suonare.
Ricordò il momento in cui il rosso l'aveva colpito, la pace e la calma che aveva provato, poi si rese conto di essere in una stanza d'ospedale, un medico entrò per controllarlo.
"Ragazzo, sei un miracolato, se non ti avessimo preso in tempo saresti morto dissanguato"
Accanto a lui un infermiera controllava i parametri vitali di Liam.
Il ragazzo sentiva il corpo intorpidito, così chiese al medico se fosse normale.
"Certo, hai perso molto sangue e sei stato privo di sensi per otto giorni, il tuo corpo deve riassestarsi, ma starai bene"
Liam ripensò a sua madre, a cosa aveva provato quando stava morendo, doveva essere una sensazione simile alla sua visto quanto si era avvicinato al creatore.
Una guardia entrò nella stanza, segno che era ancora sorvegliato dalla polizia. Gli diede solo una rapida occhiata prima di sparire oltre la porta per fare una telefonata, probabilmente al direttore del carcere.
Lentamente e con pazienza, Liam riuscì a riacquistare il pieno controllo del suo corpo e dopo due settimane tornò in carcere, con la promessa che avrebbe riposato per ulteriori due settimane prima di fare alcunché. Non era una promessa difficile da mantenere viste le sue condizioni.
In ospedale non aveva potuto ricevere visite, ma aveva sentito chiaramente la voce dei suoi amici che litigavano con la guardia fuori dalla porta.
In fin dei conti, erano gli unici rimasti, si sentì anche in colpa per aver dubitato di Giorgio.
Mentre attraversava l'atrio che l'avrebbe riportato nel suo inferno tanti pensieri gli affollarono la mente.
Cosa era successo in quelle tre settimane di assenza? Cosa sarebbe successo da quel momento in poi?
Avrebbe mai avuto una vita normale?
Arrivato alla sua cella, con tutte quelle domande irrisolte, aveva le lacrime agli occhi.
La stanza era vuota, probabilmente erano tutti all'ora d'aria.
Si distese lentamente sulla sua brandina, facendo attenzione alla fasciatura che portava al collo.
C'era mancato davvero poco, ma era vivo.
La domanda che più di tutte lo tormentava era: perché?
Che senso aveva essere vivo in quella situazione? Per quale motivo si era salvato?
Forse il suo compito sulla terra era trovare l'assassino che l'aveva incastrato, probabilmente era l'unico modo in cui avrebbe potuto riavere una parvenza di normalità, anche se... Sarebbe riuscito a viverla normalmente, poi?
Con tutte le cose successe, con tutto quello che aveva visto, poteva davvero tornare alla sua vita tranquilla?
Sospirando cercò di riposare, socchiudendo gli occhi, tuttavia un flashback della sua vita prima del carcere gli tornò in mente come un fulmine, ridandogli la voglia di continuare a tentare...
"Liam, devi aiutarmi, Giorgio non la smette di chiamarmi"
Il ragazzo fissò Allison, pensando che forse stesse esagerando.
"Lo sai com'è, farebbe qualsiasi cosa per te, sono anni che ti corre dietro"
La ragazza cominciò a piangere, stringendosi contro di lui. Liam la abbracciò, fuori da casa sua, con Giorgio che sarebbe arrivato a momenti.
"Mi fa paura" gli sussurrò all'orecchio, sembrava davvero terrorizzata.
Liam non pensò che Giorgio fosse un cattivo ragazzo, probabilmente Allison stava solo ingigantendo la cosa.
Le prese il volto tra le mani, aveva il mascara che le colava sul viso.
In verità quella reazione eccessiva un po' lo sconvolse, ma non volle ammetterlo, altrimenti avrebbe dovuto dubitare del suo migliore amico.
"Si risolverà tutto, gli parlo io, va bene?"
La ragazza gli rivolse il primo sorriso da quando l'aveva vista, annuendo.
"Solo tu puoi aiutarmi, sei il suo migliore amico, ti prego fallo ragionare, non ne posso più!" Liam la riprese tra le braccia, sperando che Giorgio non arrivasse in quel momento. Spesso si era mostrato geloso anche dei suoi amici, Allison era una vera ossessione per lui.
Per cui Liam cercava sempre di evitarla, quando poteva. Tuttavia in quel momento era disperata, sarebbe stato disumano ignorarla.
Purtroppo non era ancora consapevole che Giorgio fosse arrivato in anticipo e li stesse osservando con lo sguardo cupo, nascosto dietro un albero.
Liam tornò alla realtà, rendendosi conto che aveva dormito più del solito, visto che era notte inoltrata.
Tuttavia in cella Geremias non era mai tornato, così cominciò a chiedersi se avesse avuto problemi per colpa sua con il rosso.
Sperò che stesse bene, che fosse al sicuro.
Vide una luce in corridoio, sentì dei passi di scarpe pesanti e un biglietto strisciare da sotto la porta blindata.
Si alzò lentamente, aspettando che il messaggero andasse via.
Prima di prendere il biglietto fece un respiro profondo, poi lo raccolse.
"Non morire per favore, dobbiamo ancora rivederci"
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