Capitolo 1
Ciao a tutti, mi chiamo Luca. Sono nato a Roma il ventinove agosto duemilatre, e sono morto a Roma l'undici novembre duemiladiciotto. Com'è possibile che ora voi stiate leggendo queste righe? Beh questo lo scoprirete dopo, se avrete la pazienza di ascoltarmi fino in fondo. Eh si, perché ho intenzione di raccontarvi la mia storia. Siete curiosi di sapere cosa c'è dopo la morte? Di vedere attraverso i miei occhi l'aldilà e di sentire attraverso le mie parole i miei pensieri? Beh io sono sempre stato curioso di sapere cosa c'era dopo la morte, e ho fatto realizzare questo mio desiderio. Certo, non mi perdonerò mai per aver fatto piangere tutte quelle persone al mio funerale. Scusate ragazzi. Scusa mamma. Scusa papà. Scusa Benedetta scusa Marco scusa Lorenzo e grazie per essermi stati migliori amici per i miei 14 anni di vita. Beh detto questo, e mi scuso con gli altri se li sto annoiando, iniziamo il racconto.
Tutto iniziò un 11 novembre, quando mi buttai da un palazzo a Prati (Roma). Questo, lo leggerete sui giornali tra qualche mese. Morii di una morte orribile e dolorosa. Adesso non perderò tempo descrivendovi la parte noiosa, il dolore e altre cose non proprio piacevoli. Vi dico solo, come potete ben immaginare, che non è stato proprio bello morire. Ma insomma, dopo essere precipitato nell'aldilà, vi assicuro che ero molto pentito della mia decisione di suicidio. Ero da solo, in mezzo al nulla, e non avevo idea di cosa fare. Diciamo che ero perso. In più, ero tipo invisibile. Percepivo il suolo sotto i miei piedi, ma non li vedevo. Quando provavo a toccare il mio corpo, venivo respinto da una forza tipo quella che respinge due magneti quando provate a unirli. Avete presente? Tra i due magneti non c'è niente, ma per quanta forza voi spingiate, non riuscirete mai a unirli. Beh, sei voi foste bloccati nel nulla, senza niente e nessuno, come vi sentireste? Io non sono coraggioso come sembro, e anzi, in quella circostanza ebbi davvero paura. Non potevo tornare indietro, nel mondo che conoscevo. Ero solo e abbandonato a me stesso. E così feci la cosa più stupida e innocente che potevo fare. Mi sedetti in quel vuoto luminoso, e piansi. Piansi molto, singhiozzando rumorosamente. Mi venne in mente la scena di cenerentola quando Cenerentola piangeva in giardino perché non poteva andare al ballo e come per magia appariva la fatina, quella che mi faceva tanto ridere da piccolo. A questo pensiero mi vergognai ancora di più e mi venne ancora di più da piangere, ma non mi trattenni, mi lasciai andare in un pianto disperato. Avevo scelto di perdere tutto. Come mi era venuto in mente? I miei cari allora saranno stati (o almeno così immaginavo) disperati dalla mia morte. Perché avevo deciso di sfidare la morte? Perché non avevo fatto come tutti gli altri? Perché sono così scemo? Oramai era troppo tardi. Non potevo farci niente. A questo pensiero smisi di piangere. Non potevo farci niente. Non avevo più niente da perdere.
Mi rialzai e mi asciugai le lacrime. Provai una grande vergogna per aver pianto, ma almeno ora mi sentivo meglio. Ora, dovevo fare quello per cui ero venuto qui. Volevo esplorare quella strana terra, quel posto fuori dal mondo. Proverò a descrivervela, ma non sono mai stato uno bravo con le parole. Era vuoto e freddo, ti metteva ansia e angoscia, che come due ombre mi scivolavano lungo la spina dorsale. Eppure era luminoso e abbagliante come un neon. Non vedevo la fine di quel vuoto immenso. Per terra, vedevo le mie lacrime, che scintillavano sotto la luce (che ora che ci penso, non proveniva da niente, c'era e basta). Mi resi conto che piano piano stavano scivolando da una parte, come se la terra fosse in discesa. Cosa potevo fare? Seguirle? Forse voi avreste fatto altro, ma io, decisi che se c'era davvero una strada che scendeva, sarei sceso. Di salire non me la sentivo, visto che venivo dall'alto. Ero lì per esplorare la morte, e Dante inizia dall'inferno no? E così, inizia il mio lungo viaggio.
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