TROPPI CARTONI ANIMATI
Quella mattina, la Mory si era ripromessa di passare le ultime ore con i fratelli, prima della loro partenza.
Finalmente la settimana di vacanza della madre era giunta al termine, la Mory non sopportava più di comportarsi come una fuggitiva solo per non rischiare di imbattersi nella signora Valeria, agguerrita più che mai nel fare un bel cazziatone alla figlia, non appena l'avesse vista.
«Zia, chiamami i bambini, ma non dire che ci sono io»
La Mory spiava dalla reception la sua famiglia che faceva colazione, voleva evitare la madre fino all'ultimo secondo, quando sarebbe stato inevitabile salutarla già sul predellino della carrozza ferroviaria.
La zia sbuffò alzando gli occhi al cielo .«Mory, lo sai che prima o poi dovrai parlarci».
«Poi è meglio che prima. Non ho la minima voglia, ma soprattutto non penso di avere le forze per farlo. Sono sdrenata in questi giorni».
«Ci credo che non hai le forze, stai sempre in giro fino a tarda notte!».
La voce della madre le arrivò da dietro, tagliente e provocatoria, accompagnava i fratelli spingendoli avanti a sé, come due condannati.
«Mamma» salutò secca e annoiata la Mory, pronta allo scontro come se la sua genitrice fosse il boss finale del videogioco.
Quest'ultima rimase per un attimo in attesa, come se la figlia dovesse in autonomia raccontarle per filo e per segno il suo ultimo mese in Riviera. La ragazza, invece, con un colpo di scena, spiazzò tutti.
«Anna, Corrado, devo andare in posta a spedire queste lettere, volete venire a fare un giro con me? L'ultimo giro, dai!».
I bambini furono lietissimi di abbandonare la madre che aveva passato l'ultima settimana a borbottare come una caffettiera.
Quest'ultima, sconcertata, non ebbe modo di replicare se non con un flebile «E non hai nulla da raccontare?».
«No».
La madre fu come colta da uno schiaffo a seguito di quella negazione, e così il cervello, sventuratamente, ripartì.
«"No"?! tutto quello che dici dopo tutto questo tempo è "no"?! Arrivo e scopro che fai un secondo e pure un terzo lavoro! Che ti vedi ancora con quel... mi viene fastidio solo a pensarci!»
«Chi, mamma? Perché ultimamente mi vedo con un sacco di persone. Non vedi?! C'è la fila fuori in strada. Serviamo il numero... diciotto!».
La Mory era sempre più vicina a esplodere, non le piaceva per niente il tono saccente e soprattutto indignato della madre, in più il telefono che aveva tra le mani la avvisò dell'arrivo di un messaggio. Mick.
CIAO, POSSIAMO VEDERCI?
Quelle semplici, anzi, agli occhi di lei banali, banali parole non servirono ad altro che a far esasperare ancora di più la ragazza che ne aveva piene le scatole di quel litigio, le sembrava inutile ed infinito, ma la madre continuava a parlare.
«Che stupida che sei! Io volevo dire-» la Mory interruppe bruscamente la madre che rimase con le parole sospese nella bocca.
«Sono stupida? Allora gioco ad armi pari!».
«Non ti permettere! Io intendevo-».
«Cosa? Cosa intendevi mamma? Perché a me sembra di aver capito bene quello che intendevi, quindi quella che non si deve permettere sei tu. Sono stanca di tutto questo. Sono ormai maggiorenne ma mi tratti peggio di Anna e Corrado. Cosa ti ho fatto di male?» il silenzio della madre le diede un po' di sollievo, aveva vinto quella battaglia, anche se ne era uscita abbastanza scossa e con un filo di magone.
«Bene. Ora vado con i piccoli a fare un giro così respirano un po' anche loro. Prometto di non farli lavorare in nero nello scantinato di un negozietto di indiani».
La zia rise sotto i baffi, la madre un po' meno, le parole della Mory non l'avevano lasciata indifferente. Appena i figli furono fuori dalla porta, diede sfogo alla sua frustrazione con la sorella.
«Ma cosa ho sbagliato?».
«Tutto?» rispose la sorella alzando gli occhi dalla grande agenda scarabocchiata ovunque. Poi, riprese con più calma, spiegando, «Senti. La Mory è davvero una brava ragazza, non lo dico solo perché è mia nipote. Io qua ne vedo di ragazzini della sua età. Pochissimi farebbero quello che fa lei».
«Ma perché è andata a cercare anche altri lavori? Il patto era che lavorasse qui da te, non in giro di notte per locali».
La zia sbuffò e prese un gran respiro.
«Sai perché ha cercato un altro lavoro? Perché sapeva che saresti venuta tu qui, a controllarla e soprattutto giudicarla. Per non restare senza fare niente una settimana si è trovata quel lavoretto» disse in modo abbastanza alterato, stufa di tutta quella situazione, «Io non ho figli, ma se mi fosse capitata una ragazza come la Mory ne sarei andata fiera».
La madre rimase senza parole per la seconda volta nel giro di pochi minuti.
«Io...devo fare alcune cose, magari li raggiungo. A dopo».
La signora Valeria corse fuori seguita dalle risa delle sorella.
«Va là "ho delle cose da fare"! Vai dai tuoi bambini».
****
«Dai Vale, andiamo al mare. E' mezzogiorno, sei un bradipo».
«No, dai, oggi non ne ho voglia».
La Stefy le riservò un'occhiata incazzata, poi cambiò un po', si riappoggiò al letto, di fianco a lei. Si mise ad accarezzarla, dolcemente.
«Ci abbiamo messo anche troppo».
«Lo so, ma sai che non è facile. Per me».
«E' più difficile fare continuamente finta di essere amiche etero poco propense ad impegnarsi con i bei tipi della Riviera».
«"Belli"» sorrise la Vale, «belli dentro, forse».
«Dai, allora stai su da questo letto».
«Ma, per lo meno» disse la Vale con aria angelica, «mi posso mettere lo stesso il costume esalta-culo?».
«Quello te lo puoi anche tatuare, bella mia».
Una volta al mare, la Stefy cercò la ragazza di Mick. Aveva una mezza idea di scambiarci due parole, perchè in effetti, in quegli ultimi giorni, pure il loro comportamento non aveva dato una mano a chiarire le idee. Ma la Torricelli già incombeva con la palla in mano ed i capelli legati alti.
«Chiara, datti pace!» la apostrofò.
«Ma va là, la Debby ha detto che se non ci batte nemmeno oggi, sposa Giorgino» replicò tra il serio e il faceto, «Vale, gli hai veramente spezzato il cuore».
«Lui ha stracciato il cazzo. Siamo pari» ridacchiò la Stefy, che si era già guardata in giro, trovando il solito tran tran in spiaggia: sguardi fuggevoli, battute a mezza voce tra maschi. Nulla di nuovo.
****
La Mory, verso le cinque, si presentò al bar del bagno dopo aver messo sul treno del ritorno sua madre, Anna e Corrado. Non si poteva certo dire che fosse un fiore, anzi tutt'altro. Sembrava accusare quei continui rovesci, quelle situazioni deludenti che le avevano danzato attorno negli ultimi giorni.
Doveva rispondere a Mick, lo doveva fare, si era presa l'obbligo di farlo appena si fosse liberata di quella ingombrante e lamentosa madre, che dopo averli raggiunti in centro sembrava essersi placata un pochino, probabilmente c'era lo zampino della zia. Ma all'atto pratico, una volta giunta allo stabilimento per iniziare il "turno", ancora non lo aveva fatto, rispondere a quel messaggio sembrava essere diventato una punizione.
L'Elena la vide, e subito capì che non doveva essere andata proprio perfettamente, la sera prima, ed in generale, quei giorni in cui genitori ed ex-amori l'avevano perseguitata.
«Tutto ok, Morena?» le chiese, allungandole il canovaccio per farsi dare una mano ad asciugare tazzine e piattini.
«Insomma. Ho appena messo sul treno mia madre e finchè la carrozza non è uscita dalla stazione, si è lamentata su quello che avevo fatto qua» poi prese una pausa, come a decidere se dire il resto, «E poi Mick ieri è venuto a Bellaria mentre lavoravo, è venuto al bancone con una tipa, ma lo so che non stanno insieme. E boh, forse sono stata un po' distaccata, non dico di no, ma non ha detto una parola».
«Secondo me sono due gemelli. Uno è buono, uno è malvagio. Non c'è altra spiegazione» concluse Linda, sventolandosi con un vassoio.
«Comincio a pensarlo pure io» replicò la Mory, «poi manda questi messaggini tutti dispiaciuti».
«Beh, vedila così» disse l'Elena, «per lo meno è uscito dal mutismo».
«Ben misera uscita. Continuo a pensare che stia sbagliando a non darci un taglio».
«Faresti bene» disse Linda, «sei qui in vacanza, hai anche più tempo libero di ragazze sfortunate come me. Io se fossi in te non mi terrei "prenotata" per uno che in una settimana ti ha mandato un messaggio e quando ti ha vista ha sempre fatto scena muta».
La Mory guardò l'Elena, attendendo una conferma, ma quest'ultima sospirò.
«Non me la sento di dirti che la penso nella stessa maniera. Vengo da una esperienza totalmente diversa, e poi è ancora talmente fresca! Io penso che dovresti seguire le tue sensazioni. E credo, ma magari mi sbaglio, che proprio perché non gli hai mai detto "Ok, basta" in cuor tuo, ancora ci speri».
«Tu Elena hai guardato troppi cartoni animati» concluse la Linda, che si stappò di nascosto un Bacardi Breezer, scolandolo in quattro sorsi.
****
Erano le otto di sera di sabato. La Stefy e la Vale risalirono dalla spiaggia pigramente. La seconda si lamentava del lavoro extra che era stata costretta a fare nel pomeriggio per sostenere i ritmi della faida tra la Torricelli e la Debby.
La Mory uscì con un sacco dell'immondizia ritrovandosi faccia a faccia con le due, le salutò un po' bruscamente e proseguì. La Stefy approfittò per mettere in atto il suo piano, mandando avanti la Vale accostandosi alla stanca barista.
«Ciao, scusa, praticamente non ci siamo nemmeno presentate, sono Stefania» disse, tutto d'un fiato, «e vorrei, con la massima calma, scambiare due parole con te».
«Riguardo a?» replicò la Mory, seccamente.
«Michele».
Cosa si doveva aspettare da quelle "due parole"? E in fondo, voleva veramente sentirle? D'un tratto si richiuse a riccio.
«Senti, sono ancora in servizio. Devo finire di lavorare. Non so quando stacco».
«Non voglio insistere, ma credo che si potrebbero chiarire alcuni punti. Poi non ti darò il mio parere, perché penso che non te ne fregherebbe nulla, ma almeno vorrei darti qualche informazione in più su questi ultimi giorni un po' "incasinati"».
La Vale, stufa di aspettare, si appressò alle due, ferme davanti al cassonetto dell'immondizia. Tutta sorridente si sporse dicendo «Ciao, la Stefy ti sta molestando? Se vuoi la porto via».
Lì a due passi, la Mory ebbe modo di vederle con qualche attimo di calma. Erano due ragazze oggettivamente belle, che attiravano lo sguardo e non facevano nulla per nascondersi. Ed erano culo e camicia con Mick.
Si sentì triste, svuotata.
«Devo tornare a lavorare, scusate» disse, ritornando verso il bagno.
«Per Mick, pensaci... ehm, non so nemmeno come ti chiami».
«Morena» replicò, allontanandosi.
C'era una gran mestizia nell'aria, la Vale la annusò, e prese il coraggio a due mani.
«Ehi, Morena!» le corse appresso, la fermò.
«Che c'è ancora?!».
«Stefy, vieni qua!» urlò la Vale, poi tornò a guardare la barista, «ci ho messo un attimo ma ho capito. Pensi che stiamo facendo le galline con Mick. Ma ti sbagli, io e lei stiamo assieme».
La Vale abbracciò calorosamente l'amica, che si sciolse, restituendo. La Mory fu presa da una leggera vertigine.
«Aspetta aspetta, cioè, state proprio "assieme"?» chiese, affiancando i due indici.
«Si, quindi per Michele, beh, noi siamo fuori gioco» ridacchiò la Vale.
Il "Morenaaa!" dell'Elena la riportò sulla terra. La Stefy ne approfittò tornando a ripeterle «Pensaci a quelle due parole, ti faccio uno squillo se mi dai il numero».
La Mory le dettò rapidamente il numero e se la battè verso il bar.
****
Alla pensione della zia, la cena era sempre leggerissima. Quella sera, la giovane barista, dopo la doccia, si mise a sedere davanti a un piatto di lasagne in confezione extra-large perchè lo zio l'aveva vista un po' sbattuta e quindi «mangia che riprendi le forze».
Piena come Venezia durante i giorni di carnevale, la Mory si alzò da tavola, salì in camera beccheggiando come un galeone in tempesta, e si appoggiò nel letto ripromettendosi di sentire qualcuno, magari Gianni, o Seba, o rispondere a Mick.
Si addormentò miseramente, risvegliandosi solo la mattina dopo alle cinque e mezza a causa del fresco che veniva dalla porta finestra completamente aperta ma, soprattutto, a causa delle bestemmie che stava tirando il tizio del camion dell'immondizia, bloccato da un parcheggio orrendo di un SUV.
Buttò l'occhio al cellulare, trovandoci zero messaggi ma uno squillo di un numero che non aveva salvato in rubrica. Chi poteva essere?
Quando si fecero le otto di mattina, si diresse allo stabilimento di Armuzzi, provando a chiamare il numero sconosciuto, ma quando passò davanti al cassonetto dell'immondizia, fu folgorata dal ricordo della coppia di ragazze che...
«Pronto?» disse una voce cadaverica al di là del telefonino.
«Stefania, scusa! Mi ero dimenticata che ti avevo dato il numero! Scusa per l'orario».
«Mhm» ruminò la Stefy dall'altra parte, «scusa ma abbiamo fatto tardissimo. Se ci vogliamo vedere, facciamo più tardi».
La Mory, dispiaciuta per averla svegliata dopo una notte passata probabilmente a ballare, si sentì in obbligo di darle ragione.
«Io stacco verso le due e mezza».
Silenzio.
«Stefania?» chiese la Mory, titubante. Ripeté il nome a voce un po' più alta.
«Scusa, scusa, mi ero riaddormentata. Dicevi?».
«Io stacco alle due e mezza. Se vuoi mi fermo al mare o ci diamo un appuntamento, non so».
«No dai, verremo al mare. Forse, dipende se la bestia qui deve giocare con qualche invasata».
In sottofondo, lievissimo, quasi come un sussurro, si sentì la voce della Vale.
«Fottiti, bradipa».
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