L'UNICO DEI TRE A CUI NON PIACE
La Mory lavorò un po' nel suo mondo quella mattina, e dalle undici e tre quarti, quando la Stefy e la Vale si presentarono in spiaggia, le salì una specie di ansia, che terminò quando si caricò l'ultimo sacco dell'immondizia sulle spalle e se ne liberò, facendo uno squillo al suo contatto.
La Stefy salì pigramente dal lettino, dondolando la pochette da mare, le arrivò a tiro e le scoccò due baci sulla guancia per poi aggiungere «Scusa stamattina, ero morta».
«Fa niente, fa niente. Dove ti vuoi mettere?».
«Non in mezzo al casino. Andiamo sul retro».
Alla Mory tornò in mente la volta in cui, su quei divanetti, aveva accidentalmente rotto il naso al povero Seba. La sua interlocutrice ci si lasciò cadere pesantemente dopo essere passata dal bar a farsi fare due spritz.
«Allora, che mi volevi dire?» chiese la Mory, sorseggiando il liquido arancione.
«All'inizio, fai conto a marzo, siamo venute giù da Bologna dove facciamo l'università, e ci siamo beccate per caso con Mick. E ci ho parlato, e mi ci sono trovata bene. Ovviamente lui non sapeva di me e la Vale, e nonostante non lo sapesse, e nonostante noi fossimo state un po' sopra le righe, lui non aveva fatto una piega».
«In che senso "sopra le righe"?» chiese la Mory, innervosita.
«Beh, hai visto la Vale in azione. Tende ad essere un po' provocatoria, niente di vergognoso, però dai, l'hai vista, sta un po' addosso».
«Un po'» ironizzò la Mory.
«Ma comunque Mick, nulla. Allora ho pensato che fosse gay».
La Mory scoppiò a ridere.
«Eh, vabbè, l'avevo vista così. Siamo tornate giù e abbiamo iniziato a frequentarci, e gli sono stata un po' addosso per vedere di spronarlo, di uscire dal guscio, di farlo diventare un ragazzo sereno con sé stesso e con il proprio orientamento. L'ho portato in una discoteca LGBT Friendly, gli ho anche proposto di conoscere qualcuno, che lo avrei aiutato, ma lui ha sempre glissato. E pensavo "Ma che strano tipo". Poi ci si è messa la Vale, ma più che altro per sfuggire a Giorgino».
«Giorgino... Muratori?» chiese la Mory.
«Ma lo conosci?».
«Si, lasciamo stare».
«Ecco appunto. Giorgino, non so come sia potuto accadere, in pratica una volta è venuto a sapere che la Vale aveva avuto un "contatto ravvicinato" con una ragazza, che poi ero io, ma lui non lo sapeva. Lui le ha parlato, le ha detto cose tipo ma si tranquilla, serena, però se continui a non cagarmi non puoi pretendere che io creda fino in fondo che sei etero. E la Vale, per una serie di motivi suoi, ha fatto molta fatica ad accettarsi, e figurati, con Giorgino che le ha detto così, un po' non se l'è mai sentita di dirgli in faccia che aveva rotto il cazzo, un po' ha fatto di tutto per sembrare etero».
«Compreso saltare in braccio a Mick» chiuse la Mory.
«Si» sospirò l'altra, «da qui l'equivoco, penso. Ma da qui anche il fatto che ho visto i tuoi occhi. E gli occhi non mentono. Tu provi ancora qualcosa di forte per lui. E per come la vedo io, e per come Mick non ha nemmeno mai allungato una mezza mano né su di me, né su quell'altra zoccola da avanspettacolo-».
«Parlavi di me?» cinguettò la Vale, saltandole in braccio a sua volta, e in un attimo le scolò lo spritz.
«Esatto. Stavo dicendo che Mick è stato veramente un signore con noi» riprese la Stefy.
«Altroché!» esclamò la Vale, «E confesso che gliene abbiamo fatte parecchie. Ti ci sei anche imboscata una sera in spiaggia da sola a farci il bagno di mezzanotte, sperando si trasformasse in un polpo».
«Ma sentila! Sei andata a farti tatuare da lui e ti sei presentata praticamente senza reggiseno» ribatté la Stefy, oltraggiata dalle accuse.
«Che stronza che sei, ti ci sei strusciata un'ora sul cubo al Pineta mentre mi lasciavate con quel pezzo di merda di Giorgino! Ma ancora parli!?».
«Va bene, va bene» disse la Mory, abbastanza sconvolta, «ho capito. Però ragazze, ve lo dico. Io forse provo ancora qualcosa di forte per lui, ma lui? Se prova ancora qualcosa allora perché non fa il primo passo? Perchè?».
Le due si guardarono. Poi fu la Stefy a rompere il silenzio.
«Non lo so, e non me ne capacito. Ma giuro che lo becco e gli faccio sputare il rospo una volta per tutte».
****
Lunedì, in tarda mattinata. La porta dello studio di Gek si spalancò e la Vale e la Stefy piombarono dentro con aria determinata, puntando il povero dipendente che stava riordinando i cataloghi.
«Tu adesso vieni a prendere un caffè con noi».
«Du gust is megl che uan» ridacchiò Gek sporgendosi. Mick si girò verso di lui e cercò di gelarlo con lo sguardo, ma non ci riuscì minimamente, così si arrese a chiedere una "Pausa" e venne trascinato via come Ulisse alle prese con Scilla e Cariddi.
«Facciamo una bella chiacchieratina e ci confessi per bene se hai qualcuna per la testa! E bada bene di non mentire! Perchè sappiamo essere malvage!» intimò la Stefy, una volta messa a sedere la loro vittima in un tavolino.
«Cosa volete che vi dica? Che ogni tanto penso a qualcuna? Si, c'è , anzi c'era una».
«Per caso è una barista milanese?» disse la Vale ammiccando.
«Pensi ancora a lei vero?» chiese la Stefy seria.
«Alla Mory? Ma è acqua passata ormai, ho preso solo sdentate. E, sinceramente, non ho voglia di prenderne altre. Ma voi come fate a saperlo?».
«Sappiamo un sacco di cose noi, cocco, e non cambiare discorso. Sai quanto ho rincorso la Vale, cocco?» chiese l'altra a bruciapelo.
«Eh, non so, ma per voi è diverso».
«In che senso?».
«Vabbè, voi siete due ragazze. Dai, è diverso».
«E' uguale, stupido. L'amore è uguale! L'amore non molla! Ci ho messo quattro anni, un mese e quattro giorni! Non ho mollato! Mica come te che dopo cinque messaggi hai piantato tutto lì perchè eh, la distanza, eh, i suoi non mi vedono bene, eh, magari lei trova un tipo del suo paese... Mick, cazzo, nemmeno tu riesci a vederti bene da fuori. Io pensavo che fossi gay, eri così bello, gentile, dolce, accomodante, sensibile! Eri perfettamente gay, e si era convinta pure la Vale!».
«Confermo» annuì la Vale, «che fa ridere sta cosa che quando uscivamo in tre, l'unico a cui non piaceva la figa eri te».
«Ehi, non scherziamo, a me piace... la figa».
«No, non è vero, a te non piace la figa, a te piace la barista della spiaggia. A me piace la figa» replicò la Vale.
«Dialogo sui massimi sistemi» si intromise la Stefy, «comunque, al di là di tutto, devi andarla a beccare, cioè, pesantemente, capito? Stalkerizzala, corrile dietro, cazzo, mettila in un angolo, falla sentire desiderata! Dai».
«Mhm Stefy, quando fai così mi bagno» aggiunse la Vale, con aria trasognata.
Mick cercò di levarsi dall'impiccio di quell'ennesima scena surreale smozzicando un «Ok, adesso vedrò come ricontattarla, come farmi sentire».
«Eh no, bello mio, eh no. Noi la andiamo a beccare alla fonte. Mica te ne vai, mica fai il codardo. Dai, in queste settimane ti ho spronato in tutti i modi ad essere te stesso e a non avere paura delle conseguenze. E sei innamorato» continuò la Stefy.
«E poi, scusa se mi intrometto» aggiunse la Vale, «capisco i tuoi problemi. Avevamo i tuoi stessi problemi. E se glielo dico e mi dice di no? E se poi non va come deve andare? Beh, fregatene. Ogni lasciata è persa, meglio un rimorso che un rimpianto».
«Una rondine non fa primavera. Non ci sono più le mezze stagioni...» ironizzò la Stefy, poi si fece di nuovo seria, «Quindi, posto che oggi la poveraccia lavora tutto il giorno all'albergo, e stasera noi non ci siamo perchè la Vale ha troppe robe da smaltire, domani la becchiamo. E non tentare di fuggire, perché ti troviamo».
Mick annuì, con un mezzo sorriso.
****
«Allora, te ne rimani tappato in casa stasera o vai a fare il gioco delle tre carte con le gorgoni?» chiese Gek al suo sottoposto, tanto per parlare, il giorno dopo.
Mick lasciò passare la battuta, ma puntualizzò.
«Lo sai che stanno assieme?»
«In che senso?» si fece attento Gek.
«Che sono fidanzate. Tra loro» ridacchiò Mick.
«Colpo di scena. Le hai talmente depresse che si sono gettate tra le braccia l'una dell'altra» ribattè il capo, poi si fece un po' più serio, «Ma quindi quelle due gnagne sono lesbiche? Che spreco».
«Beh, dal loro punto di vista, no».
«Dai smettila di fare il Lesbo Friendly. Oggettivamente è uno spreco. E quindi ora che fai? Ti metti sulle tracce della milanese?» si interessò Gek, ricordandosi del siparietto di due lunedì prima.
Mick ci aveva pensato molto. Aveva mandato anche diversi messaggi alla Mory, sempre più accalorati. Dal terzo in poi, lei aveva preso a rispondergli, e questo per lui, era stato un grandissimo passo in avanti, tanto che non vedeva l'ora fosse sera.
Al Bagno del signor Armuzzi c'era un sacco di gente, Mick non arrivò prestissimo, perchè la Vale e la Stefy non brillavano per puntualità. E poi, mentre stavano per accomodarsi, la Vale ricevette la chiamata della Torricelli che le chiedeva se aveva voglia di giocare a beach nei campi centrali a Cesenatico che tanto erano tutti a guardare la partita.
«No, Chià cazzo non me lo puoi dire a quest'ora per venire a Cesenatico, cioè allora vieni qua te... No, i campi sono liberi... E chi prendi di quarta? No, la Stefy non gioca, fa la sostenuta. Poi deve fare la babysitter a Mick».
La Stefy le lanciò un'occhiataccia e le piantò due dita nel fianco.
«Ahia cazzo, no, vedi, s'è arrabbiata! Stefy! Stefy dai giochi?! La Torricelli ha detto che se non giochi, ti manda Giorgino sotto casa».
«Tremo di paura» replicò l'altra.
«Stefy, gioca. Giuro che non scappo. Sono deciso, ci siamo messaggiati. Voglio veramente stare di nuovo a quattr'occhi con lei» si intromise Mick, e le due fecero un verso simile a quando vedi un gattino puccioso.
«Dai Chià, ti ho rimediato la Stefy, ma non stanchiamola troppo che dopo noi due abbiamo da fare» cinguettò la Vale al telefono, la sua amica, in uno scatto di orgoglio, le rubò l'apparecchio dalle mani.
«Sentite, coppia demmerda. Stasera vi straccio, chi mi dai di compagna? Oh, la Debby! Vinciamo facile, prepara il portafoglio Torricelli, che ti faccio spendere tutta la tua rata universitaria in alcol per me. Tu e la tua amica qui che stasera sta all'asciutto» gridò la Stefy al telefono, poi mise giù e riconsegnò alla Vale.
Finì che quelle quattro si scannarono nel campo di beach volley, e ogni tanto Mick si girava a guardarle, causa urla o battibecchi per una palla chiamata più o meno out. Ma erano attimi, perché subito riprendeva a guardare la Mory, chiedendosi perché avesse lasciato scivolare via il loro rapporto.
Che idiota.
Eppure se lo era fatto ancora, quel discorso. Aveva già attraversato quella fase dove si era detto di gettare il cuore oltre l'ostacolo e come andava andava. Invece i suoi mille dubbi e le sue mille paure, da quando si erano risentiti dopo il capodanno di Cortina, se lo erano inghiottito di nuovo, pensiero dopo pensiero, messaggio dopo messaggio, fino a che, nemmeno di messaggi ne erano rimasti.
Prese il cellulare, sapeva che la Mory non ci poteva guardare, con quel casino, ma le scrisse lo stesso.
SEI SPLENDIDA
Poi tutto precipitò dentro l'evento che erano andati a vedere e che improvvisamente reclamò il suo spazio. La nazionale italiana vinse una semifinale del campionato mondiale, non succedeva da un po' e la gente letteralmente impazzì stappando birre e bottiglie di spumante e facendosi la doccia a vicenda e urlando le peggiori cose ai tedeschi.
Mick fu abbracciato da sconosciuti, bevve da bottiglie di provenienza indefinita e, alla fine, fu sospinto fuori finendo quasi dentro il campo da beach.
«Oh, siamo in finale del mondiale!» disse alla quattro giocatrici, allegro.
«E chi se ne frega» rispose la Debby, sdegnosa, «non romperci i coglioni e vai a limonare la tua barista».
Allora Mick, per l'ennesima volta preso a male parole, si tuffò dentro la bolgia dello stabilimento, si fece strada fino ad arrivare di fianco al bancone. Guardò la sua Mory che cantava il ritornello di Seven Nation Army dei White Stripes, e la chiamò.
«Mory!».
Lei si girò, disse qualcosa come «Sto lavorando!» ma le prese un po' di sgrigna.
L'Elena le diede un spinta dicendole «Se non vai te, ci mando la Linda che è più spiccia» e la Mory si avvicinò con cautela.
«Ti ho guardato tutta la sera».
«Mi stimo di essere più interessante di ventidue in braghette» disse lei, sorridendo, poi, indicando fuori il campo «e quattro in costume da bagno».
«Mory, quando stacchi, seriamente, voglio parlare».
Il "Bacio! Bacio!" urlato dalle quattro attaccate alle reti del campo, fecero lievemente arrossire la Mory, che però non intendeva mollare facilmente il punto. Voleva vedere Mick prendersi tutte le proprie responsabilità, voleva sentirlo parlare anche di futuro, non solo di presente.
Non si sarebbe accontentata di un pendentino da smontare ai primi cambi di umore dei genitori, non aveva più quindici anni, era finita l'epoca dei sogni sulle favole Disney.
****
Era mezzanotte, ormai. Si sentivano ancora i clacson e le urla, in giro per le strade.
La Mory e Mick se ne stavano su un lettino, un po' distanti.
«Sono contento. Che tu abbia deciso di parlarmi» iniziò lui, «E mi dispiace, mi dispiace davvero tanto per tutto».
«La fai un po' facile. Non è mica il Giubileo».
«Dai, non scherzare. Sono serio!»
«Sono serissima» replicò lei, ancora molto sulle sue, «sai quante volte ho pensato "magari lo sento" ma poi? Per allungare il periodo di scambio messaggi, e poi ritrovarmi con la stessa scena, delle occasioni per sentirci che si diradano, fino a scomparire. Io non voglio una cosa del genere. Se non ci sono presupposti diversi, perchè dovrei pensare che andrà diversamente?»
«Perchè siamo cresciuti»
«E chi me lo dice? Cosa mi dice che siamo cresciuti? Io forse potrei pensarlo di me, ma di te?».
«Perché non mi hai chiamato appena arrivata? Anche tu ti sei arresa».
«Hai ragione, ho preso in mano il telefono mille volte per farlo. Ma poi mi bloccavo. Non avevo voglia di rincorrere qualcosa che sarebbe durato solo un paio di mesi. Ho bisogno di certezze, voglio affianco qualcuno che stia al cento per cento con me, con la testa sempre qui, e non a rimuginare sul passato. Ho per caso torto?».
Mick sbuffò.
«Non lo so, non ne ho idea. Vorrei solo che ti fidassi, che mi dicessi che credi in me, che se vuoi mi dedicherò a te e che... che diventeremo una vera coppia e andremo a vivere assieme, non lo so!».
Lui forse si spazientì.
«Mory, mi hanno insultato in diversi, perché mi sono comportato come mi sono comportato con te. Insulti, minacce, telefonate minatorie. Ho capito anche da questo che ho sbagliato. Dal modo in cui tutti mi vedevano, come se io fossi stato l'unico che ancora non avevo capito quanto fossi centrale ancora, nella mia vita. Guarda quelle due sceme, da quanto non le cagavo, pensavano che io fossi gay, mi hanno persino portato in un locale gay!».
Risero.
«Ma veramente non ti facevano effetto?»
«No» disse lui, un po' troppo in fretta.
«Giura, non ti hanno fatto nessun effetto nemmeno quando sono venute mezze nude a farsi tatuare?».
«Lì stavo lavorando».
«Quindi ti hanno fatto un po' effetto. confessa».
«Io penso solo a te» disse lui, cercando di sviare il discorso.
«Confessa!» disse la Mory, cercando di afferrargli un dito per torcerlo, ma lui fu lesto a spostarsi verso il lato del lettino, ma quest'ultimo basculò e si ribaltò facendoli finire uno sull'altro. A pochi centimetri l'uno dall'altra.
«La sincerità è uno dei requisiti minimi per stare con me. Io le ho guardate, sono davvero due belle ragazze».
«Hai guardato anche qualcun altro?» chiese mesto.
«Certo, parecchi» rispose seria guardandolo negli occhi «Ma non cambiare discorso».
«Morena, loro hanno dei corpi bellissimi, non dico di no. Ma non è stato come quando ho fatto il piercing a te, non lo è mai stato, con nessuna. Tu mi hai sempre preso per il cervello. E io non voglio perderti di nuovo, te lo giuro. Ho imparato dagli errori, e ti darò dimostrazione. Prendimi in prova».
Lei non disse nulla, ma unirono le labbra, in un bacio dolce e liberatorio, rovesciati nella sabbia, il 4 luglio 2006.
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