GUERRA DEL VIETNAM
Il pomeriggio di giovedì fu afoso, ma soprattutto silenzioso. Estremamente silenzioso, interrotto solo verso le quattro e mezza dall'urlo dei tifosi per il gol alla Repubblica Ceca e poi, circa un'ora e mezza dopo, per il raddoppio e la fine delle ostilità che decretarono il passaggio di turno degli azzurri agli ottavi.
Gianni ascoltava la partita per radio, correndo come siluro per i ristoranti e gli alberghi, rubando qualche fotogramma dalle piccole TV poste nelle cucine, dove i ragazzi che erano al lavoro sulle preparazioni per la cena smoccolavano e storpiavano i nomi dei giocatori cechi.
Al Wave One a Bellaria, il bar fremeva, attraversato da onde di muta eccitazione. L'unica che parlava era la Sonia, che se la prendeva con i giocatori italiani, rei di non correre abbastanza, nonostante in punteggio a favore. Il suo moroso ogni tanto sorrideva alle lamentele e si sporgeva verso il Fara, perculandola al suono di «Si vede che è del Cesena». E se lo diceva troppo forte, riceveva un cubetto di ghiaccio al volo sulla nuca.
Il Fara stava appollaiato al bar, buttando un'occhio alla TV ed un occhio alla spiaggia. Il suo titolare Nicola gli aveva permesso di guardare la partita solo se avesse continuato a dare un occhio anche alla spiaggia. Ma non c'era pericolo: in quelle due ore non si mosse una foglia. E il bagnino potè persino arraffare un Magnum e mangiarselo in pace, voltandosi verso la spiaggia solo per guardare i deretani e le tette delle bagnanti, cosa che peraltro faceva a prescindere da partite e gelati.
La Cinzia era a casa a mettere giù la tesi che doveva preparare per discutere a ottobre, lui ogni tanto la messaggiava giusto per mantenere quel cordone ombelicale che gli serviva in quelle giornate in cui lei era costretta a stare sui libri.
La situazione non era molto diversa al bagno del signor Armuzzi dove l'Elena si godeva lo stacco fino alle cinque sonnecchiando su un lettino. Fu la Mory stessa che la raggiunse con un messaggio, stufa di ciondolare in pensione tra clienti infervorati nella sala TV e anziane scocciate per la cagnara a metà pomeriggio.
ELE SEI IN PAUSA?
CI PROVO
Faceva una gran fatica a mettersi effettivamente in pausa, al solo pensiero di dover tornare a lavorare per l'orario dell'aperitivo, non riusciva nemmeno a sonnecchiare nel lettino, finendo per sfogliare distrattamente giornali di speteguless che le bagnanti lasciavano a fine giornata e che lo zelante bagnino Tommy le recapitava come un cane da riporto ben addestrato.
VIENI A FARMI COMPAGNIA?
La Mory ci sperava in quell'invito, e la barista lo aveva fatto con piacere, almeno si sarebbe passata quelle due ore parlando con qualcuno. La milanese si presentò con passo stanco, quasi da ultimo mammuth prima della glaciazione, si lasciò cadere nel lettino affianco alla collega.
«Odio il calcio».
«Sei nella nazione giusta, allora» ironizzò l'Elena.
«Tutta questa fregola di vedere le partite, ma non solo dell'Italia, ma tutte le partite, e le urla, e la gente di malumore se la nazionale non vince, e i commenti acidi a ogni passaggio».
«Scusa, Morena, a me non piace farmi i fatti degli altri» disse l'Elena, facendosi per un attimo seria, «ma non sei tu che esci con il tizio che tutte le sere gioca a calcio?».
«Gianni, si è vero, ma lui è diverso».
«Si, diciamo sempre così, lui è diverso» rise la barista.
«No, lui è veramente diverso, lui non parla di calcio, parla di calcetto con le squadre del bar».
«Tutte scuse, si vede che ti interessa, altrimenti non lo difenderesti» continuò, ammirando la Mory che si scaldava dopo essersi infilata da sola in quel discorso spinoso.
«Non mi interessa!» quasi ringhiò, così l'Elena si fece più seria, cercando la confidenza, più che la battuta.
«Tutto a posto, Morena? Vuoi parlare?».
L'interpellata sospirò.
«Non è facile per me. Sono abituata ad amicizie maschili e forse non ho fatto molta attenzione al rapporto con Gianni. Pensavo che fosse uno di quelli che ha la sua vita e ha il suo hobby e più o meno basta. Sabato però c'è stata una mezza incomprensione».
«Ha esagerato?» chiese l'Elena, che non ce lo vedeva uno come Gianni ad esagerare.
«No, no, anzi, l'ho messo in crisi io, perchè ero in crisi. E lui forse ha pensato che volevo qualcosa... che casino cristosanto».
«Aspetta, metti le cose in fila. Tu sei in crisi perchè?».
«Penso a uno, una cosa che pensavo fosse bellissima e un po' per colpa di tutti e due è finita a trascinarsi e si è spenta».
«Ma se ci pensi non si è spenta».
«Se ci pensassimo entrambi, qualcosa succederebbe, ma non è successa, non sta succedendo e non succederà. poi l'ho pure visto con un suo amico e due tizie. Quindi è spenta» replicò la Mory, un po' demoralizzata.
L'Elena sospirò, era innegabile che avesse davanti un'anima tormentata, e questo non faceva bene nemmeno a lei. Che una specie di scheletro nell'armadio ce l'aveva, e ogni tanto le tornava in mente.
«Era meglio se chiudevamo definitivamente, senza lasciare che tutto si spegnesse nel silenzio, e nella distanza. E ora mi sembra idiota andare da lui e dire "è finita", vorrei che lo dicesse lui. Ma cazzo, vorrei che non lo dicesse»
«Con Ale siamo stati molto tempo senza sentirci, veramente molto. A volte penso che sia stato un bene, perchè è come se ci fossimo incontrati di nuovo per la prima volta: nessuno dei due credo che pensasse all'altro. E' successo di botto, così».
«Non capisco se mi stai consigliando di smettere di pensarci, o se mi stai dicendo di non smettere di pensarci che in qualsiasi momento potrebbe riscoppiare l'amore».
«Non lo so, non sono molto brava in queste cose» poi fece una certa pausa, come se stesse valutando se dire o no qualcos'altro, «è rimasta anche a me una cosa a mezzo».
La Mory non seppe bene cosa pensare, considerando che pure Ale aveva una cosa a mezzo, ora si scopriva che pure l'Elena era messa nello stesso modo. E Mick si faceva strusciare dalla tipa ad orario aperitivo e lei, unica idiota, al primo mezzo abbraccio con Gianni, si era fatta mille paranoie.
«Ho capito, sono io quella che non è a posto» ironizzò, su sé stessa.
«No, no, anzi, tu hai ragione, da vendere! Dovremmo tutte avere la forza di dire le cose come stanno, per non mettere in difficoltà persone serie come te. e se poi riesplode l'amore, beh, tanto meglio!».
Ci fu un silenzio un po' imbarazzato, poi la Mory piazzò la domanda ficcanaso.
«Ma con chi eri a mezzo?».
«Un ragazzo. In realtà beh, in pratica un uomo».
E fu così che saltò fuori lo scheletro, un tipo sui trentacinque che usciva da una relazione molto lunga che lo aveva lasciato molto giù. Elena e il tizio, Ruggero, si erano conosciuti grazie al padre di lei, che lo aveva invitato a qualche cena per cercare di tirarlo su di morale. C'era una certa simpatia tra i due, e poi all'Elena dava l'idea di essere un cucciolone tutt'altro che portato ai colpi di testa.
I due avevano anche vagheggiato di fare un salto al cinema, ma poi la partenza anticipata per il mare aveva congelato i piani. E poi era andata com'era andata.
«Dai, se nemmeno ci sei andata al cinema, sei libera» ci scherzò la Mory, ma era la prima che non sarebbe stata in grado di ritenersi libera.
A quel punto, tanto valeva andare a farsi una specie di aperitivo anticipato, approfittando del fatto che tutti erano a vedere la partita dall'altra parte della passerella.
Tuttavia, quando uscirono dal bar con i loro bicchieri e le patatine e le olivine, si accorsero che diversi maschietti stavano preferendo un altro spettacolo sportivo: in uno dei due campi di pallavolo, un po' di ragazze stavano giocando a beach volley, e la partita non era per nulla amichevole.
Tra loro, la Mory riconobbe...
«La Debby?!».
A quell'esclamazione, in effetti in tono abbastanza acuto, una testa si girò tra quelle che guardavano. Era la Cinzia, la morosa del Fara, che impiegò un'attimo e poi mise a fuoco la milanese.
«Morena!».
Le due si abbracciarono e baciarono, quasi come vecchie amiche. Non avevano avuto ancora occasione di scambiare veramente quattro parole dopo la serata di sabato, quando si erano viste al Wave Bellaria ma la Mory era troppo affogata di lavoro.
«Pensavo che andassi al mare a Bellaria da Simone».
«Sto preparando la tesi, è un inferno, ho preso un mezzo pomeriggio di svago e ho pensato ma chi me lo fa fare ad andare fino a là? Poi tanto lui sta guardando la partita sicuramente. E così sono venuta qua che ci sono delle mie amiche di università. E mi ritrovo in mezzo alla guerra del Vietnam. La Debby è insopportabile in campo. Sloggiamo».
La Debby in effetti stava abbaiando ordini ad un paio di ragazze, sembrava il sergente Hartman, sudata e scarmigliata come mai l'aveva vista.
Il terzetto aperitivante si lasciò cadere nel tavolo più lontano dai luoghi di gioco, dove regnava una relativa quiete.
«Ma chi te lo faceva fare a stare a guardare loro giocare?» chiese la Mory, dopo aver fatto le presentazioni ufficiali. Le altre due si conoscevano ma più che altro di vista.
«Beh, in alternativa dovevo stare sotto l'ombrellone con la Stefy che dorme, ero tra due fuochi. Stavo già meditando di tornare a casa a studiare, voi non potete capire le battute sessuali che mi sono dovuta sorbire mentre quelle sei giocavano».
«Me lo posso immaginare» sospirò l'Elena, guardandosi il seno, «purtroppo ho due argomenti piuttosto dibattuti, tra i maschi. Fin dalle medie».
«Oh, le medie!» rise la Cinzia, «io alle medie ero una specie di novizia pronta ai voti, i ragazzi mi prendevano in giro, ma la fede mi ha preservata».
«Tu suorina?» chiese la Mory, incredula.
«Si, è una storia lunghissima, ma poi ho incontrato Simone».
«E ti sei rifatta! Che strano pensare che sei ancora con il tuo primo amore».
«Io ripensandoci ora non starei mai con quello scemo» disse la Mory sovrappensiero.
«No, ti prego. non mi dire che Simone è stato la tua prima volta» belò la Cinzia, affranta.
«Ma no!» si corresse la Mory, «Parlavo del tipo con cui sono stata la prima volta. E' stata un'esperienza terribile!».
Storse il naso al solo ricordo di quella giornata.
«Terribile? Addiritura!» chiese la Cinzia quasi in apprensione.
«Si, terribile. Eravamo leggermente ubriachi, perlomeno io perché lui era fattissimo. Il che è stato un bene, il giorno dopo aveva rimosso quasi tutto. Diciamo che me ne sono approfittata per fare la mia prima esperienza. Ma non lo farei più, infatti è stata la prima e ultima volta» sospirò e si affrettò a dire «No. Non chiedete perchè non vi racconterò nemmeno un piccolissimo particolare. Voglio dimenticare tutto».
«Non dirlo a me» rise l'Elena, «la prima volta è stata con il mio ragazzo di seconda liceo che, per paura di durare poco, a casa si era masturbato "un paio di volte". Se devo paragonare quel pomeriggio a qualcosa, penso a quei bambini sempre sul punto di addormentarsi davanti alla TV».
«Da noi si dice squacquerone» sorrise la Cinzia, strappando ilarità anche alle prime due.
«Però Cinzia, te che fai della facile ironia su di noi, tocca a te raccontare! Non credere di passarla liscia».
«No dai, non è il caso» replicò lei, imbarazzatissima.
«Dai, non ti vergognerai mica?».
«No, non è quello, è che non mi sembra il caso».
«Eddai, che cosa sarà mai successo?».
«No, è che, beh, Simone. Ecco, era abbastanza istruito».
«Aveva fatto un corso di perfezionamento?» pungolò l'Elena.
«Non lo so, ma fu una cosa abbastanza, ehm... inaspettata».
«Eh no, adesso racconti, che cacchio!» la spronò la Mory, ormai incuriosita di tutto quel preambolo.
«Me l'avete chiesto voi, ok?» puntualizzò la Cinzia, e iniziò un racconto surreale su quello che era riuscito a fare Simone nella prima ora di orologio con le dita e la lingua, in cui aveva assommato un numero di orgasmi clitoridei che non stavano nelle dita di una singola mano. A quel punto, lei già aveva capito che non se la sarebbe cavata solo con le dita e la lingua, ed aveva subito le gioiose penetrazioni del suo ragazzo che l'avevano lasciata scossa, stremata ma particolarmente appagata.
«E il giorno dopo ho acquistato il primo tubetto di Vagisil» concluse, serafica.
Dopo l'accurato trattato di fisiologia degli apparati genitali che tenne la Cinzia, l'Elena si sventolò con il vassoio dell'aperitivo «Ok, sono piuttosto accaldata. Cambiamo argomento che mi sento verginella».
Ma non parlarono di molto altro, perché la partita si concluse poco dopo e le sei uscirono con umori contrastanti. La Debby stava ululando contro una sua compagna di squadra.
«Ma io dico, ma che cazzo di cervello da criceto hai per dirmi che se schiaccio palla lunga a posto quattro, poi devo andare a difendere a posto uno?! A posto uno?! Guarda! Guarda le dita! Quattro» contando le quattro dita, «Uno! Te lo giuro Anny se non fossi mia amica ti avrei già preso a calci in culo».
Dall'altra parte le tre vincitrici ridacchiavano e canticchiavano:
«Debby
e Anny
due cuori nella pallavolo.
Debby
e Anny
amore a prima vista è».
E poi videro la Cinzia con qualcosa di liquido nel bicchiere a accorsero.
«Ci, ma fai aperitivo e manco ci aspetti, ma che stronza. Chiama la Stefy, dai, che quella dorme fino alle undici» disse una ragazza che la Mory non aveva mai visto, un fisico assurdo infilato dentro un costumino striminzito, scossa per le spalle da un'altra ragazza che le diceva all'orecchio qualcosa riguardante la partita appena vinta.
Dopo tre minuti, dalla passerella si presentò la Stefy lamentando di essere stata svegliata da un sogno bellissimo e che del beach volley non gliene fregava un cazzo. La Mory la riconobbe: era la ragazza che si strusciava contro Mick il lunedì in cui li aveva visti con Gek in centro a Milano Marittima.
Imbarazzata, la Mory provò a sganciarsi con la scusa di andare a salutare la Debby.
«Torricelli, paghi te, vero? Come minimo, te l'ho vinta io questa partita» si gloriò la Vale, lasciandosi cadere sulla sedia di fianco alla Cinzia e dandosi un'occhiata dentro il costume, «ho la sabbia anche nell'utero. Se squirto faccio i pirulini».
Le tizie risero con una punta di imbarazzo, la Torricelli promise un giro di acqua del rubinetto. Poi la Stefy inclinò il cellulare verso la Vale.
«Oh, domani sera Mick c'è».
«Si ma non vi imboscate come al Pineta, ok?» replicò la Vale, facendo fremere il gruppetto per quello scoop amoroso che fece virare subito il discorso. La Cinzia vide la faccia tesa della Mory, e capì al volo che quest'ultima evidentemente non aveva ancora ben superato la questione.
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