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CUCCIOLO ARCOBALENO

«Mory, sveglia, per favore. Volevo parlarti»

La ragazza mugugnò, cercando di girarsi dall'altra parte. La sera prima, dopo aver trovato l'accordo con gli Armuzzi, era stata raggiunta da Gianni che le aveva proposto un posto in amministrazione in magazzino. Lei aveva detto che aveva già risolto e lui aveva fatto spallucce limitandosi a dire «Vabbè» e portandola a bere una birra e a parlare di come avrebbe organizzato la sua vita nel passaggio da direttrice d'albergo a barista part time.

Avevano fatto tardi, drammaticamente tardi, a parlare fuori dal locale con Gianni, tanto che il titolare era uscito con due caramelle in mano dicendo «Se ve ne andate ve ne do una per uno».

Tuttavia, queste notizie non erano in possesso della zia Stefania che continuò il suo tentativo di svegliare la nipote.

«Mory. Su, su, sono seria. Dobbiamo parlare».

La ragazza si tirò su, sbadigliando come un ippopotamo e stropicciandosi gli occhi.

«Che c'è, zia?».

«Non vogliamo che te ne vada. Giuro che non pensavo che la situazione tra tu e la mamma fosse così deteriorata. Quindi facciamo così, ti propongo un "affare": rimani a lavorare con noi, perché ci teniamo, sul serio! E nella settimana in cui ci sarà Valeria, starai in ferie. Non è nostra abitudine dare le ferie ai dipendenti a fine giugno, ma è per una buona causa».

La Mory si grattò la testa, era una bella offerta e sarebbe stata un'ottima soluzione. Ma era ancora alterata con la zia e la leggerezza con cui aveva preso accordi con la signora Valeria le bruciava enormemente.

«Zia, mi dispiace, ho già trovato lavoro».

«In mezza giornata?» chiese la zia, stupita.

«Si, mi sono data da fare».

«E dove sarebbe?» si interessò.

«In spiaggia, al bar» rispose la Mory, ermetica.

«In quale bagno? Sul serio ci sono ancora bagni a metà giugno senza baristi a tempo pieno? Mory stai attenta, posti così sono quelli che non trattano bene il personale».

«Mi tratteranno bene, mi conoscono» continuò lei sulla linea difensiva.

«Ma si può sapere che stabilimento è?» incalzò la zia, più che altro preoccupata che la nipote non finisse a far la schiava.

«Il bagno del signor Loris».

«E cercano full time? Loro?» chiese, dubbiosa.

«No, è un part-time, poi forse avrà bisogno anche Nicola a Bellaria nel locale...».

«Morena» la interruppe la zia, «capisco che io sia stata la prima a sbagliare, e me ne scuso. Capisco che tu voglia, in un certo senso, farmela pagare. Ma non metterti in lavori a chiamata, quando piace a loro, perché diventi una schiava».

«Non sarò una schiava. Andrò da Loris sabato ad orario aperitivo e domenica mattina fino alle due. Questo è già garantito».

La zia sospirò.

«Senti, seriamente, non voglio che tu stia al lavoro venti ore al giorno per sette giorni. Vai a fare le ore che ti ha promesso Loris, e le altre le fai qui da noi. Non cercare cose strane, impieghi in locali notturni e cose così. In fondo, sei sotto la nostra responsabilità».

«Non sono sotto la vostra responsabilità, sono maggiorenne, zia» replicò la nipote, lapidaria.

«Morena, sai di cosa sto parlando. Metti un attimo da parte tutti gli screzi con tua madre, pensa un secondo alla tua famiglia nella sua interezza. Se ti succedesse qualcosa, io con che faccia mi presenterei ai tuoi genitori e ai tuoi fratelli? Su, pensaci bene, e lascia stare questa cosa delle ore in più la notte».

La Mory si prese qualche secondo per pensarci, poi sospirò.

«E va bene, zia, accetto. Spero che tu non mi faccia altri scherzi del genere da qui alla fine dell'estate».

Zia e nipote si abbracciarono, ma la Mory si riteneva perfettamente in grado di gestirsi. L'idea di arrotondare la sera da Nicola non fu accantonata del tutto.

****

«Ma te Ste sei fissata con questa cosa che devi trovare i ragazzi gay e farli giungere alla consapevolezza, dovresti imparare a farti i fatti tuoi».

La Vale si stava infilando il costume per andarsene in spiaggia e rimettersi a dormire. La sera prima aveva fatto immensamente tardi e aveva bisogno di riposo.

«Ma io lo faccio per lui, si vede che è in difficoltà a gestirsi da solo e noi potremmo dargli una mano» le rispose l'altra, ancora stravaccata nel letto, «mi fa tanto cucciolo arcobaleno che ha bisogno di un paio di amiche che lo aiutino».

«Ma quale mano potrai mai dargli che stiamo a Bologna tutto il tempo e scendiamo solo qualche volta! E poi sembra che tu stia parlando di un cane trovatello» rispose la Vale, guardandosi il didietro allo specchio, «che dici? Si vede abbastanza culo con questo?».

L'amica la ignorò.

«Ma proprio perché stiamo a Bologna che ne conosciamo tanti e potremmo presentargliene qualcuno».

«Secondo me dovresti farti un po' i fatti tuoi, te l'ho già detto. E poi non sono così convinta che sia gay, adesso vedrò quando andrò a farmi tatuare, che cosa farà quando gli sarò sotto, magari mi metto qualcosa di aggressivo» ridacchiò la Vale, mettendosi l'indice sul mento, fingendosi pensierosa.

«Ma perché non ti fidi? Io ci sono già stata da lui e a fatica mi ha guardato le tette. E di tette ne ho parecchie».

«E su questo non ci piove» ridacchiò l'altra.

«E poi anche in sala giochi, a proposito di aggressiva, ti sei strusciata per un'ora e lui non ha fatto una piega, hai persino esagerato».

«Ma io non esagero, io sono così».

«Infatti sei così, sei esagerata».

«Anche per 'sta cosa, tu hai la fissa che io sia esagerata. Ma io mi sento bene nel fare così, mi piace questo mio lato e mi piace vedere la reazione dei ragazzi».

«Dai Vale, questa storiella puoi raccontarla ad altri, non a me. Non è una cosa che fai di natura, tu sei esagerata per calcolo. Punto».

«Va bene, sarò esagerata, ma non per calcolo, al massimo per indole. E non potrai non dire che non è divertente, è la cosa più divertente. E mi riesce anche bene» si gloriò la Vale, ammiccando all'amica e mandandole bacini, «allora, si vede abbastanza culo, o no?».

****

Dopo aver passato la mattina e il primo pomeriggio a sistemare gli arrivi del sabato, la Mory si prese mezz'ora per farsi la doccia, si cambiò e si avviò verso lo stabilimento di Loris.

Era un po' che non scendeva in spiaggia ad orario aperitivo, la musica si sentiva già ad una trentina di metri dallo stabilimento. Come da indicazioni di Loris, si diresse al bar di destra, la parte più vecchia dello stabilimento, a cui di recente era stata aggiunta una parte nuova, sulla sinistra, acquisita tra il 2003 e il 2004 da Loris.

Al bancone, con quattro o cinque clienti che sostavano parlottando tra loro, c'erano le stesse due ragazze che aveva visto all'opera qualche giorno prima, quando era scesa a cercare lavoro. La salutarono e si presentarono. Una era Elena, l'altra era Linda. La prima era una ragazza alta poco più di lei, con dei capelli neri raccolti a coda e dei bellissimi occhi che, si disse la Mory, in pochi avrebbero guardato dato il seno prorompente. La seconda era più minuta e più scura di pelle, ed un modo di fare più titubante. Probabilmente aveva l'età della Mory o un anno in più, forse era la prima stagione al mare.

"Chissà che fine ha fatto la Debby" si chiese, ripensando alla vecchia barista di Nicola, ed al suo fare energico, mentre Linda iniziava a spiegarle le informazioni più importanti, a farle vedere i contenuti dei cassetti frigoriferi, facendo persino una rapida sortita al piccolo magazzino posteriore. E poi fu solo lavoro, scandito dalla musica tenuta poco meno che a livelli da discoteca. Quando si fecero le otto e tre quarti, la ressa da aperitivo era pressochè finita. Le ragazze lavoravano a rallentatore, con le facce stanche e il sorriso di chi vede vicina la fine del turno.

«Qui si batte la fiacca, soprattutto lei, signorina Rigoni» esclamò un tipo avvicinandosi al bancone con un gran sorriso.

«Ale! Finalmente ti sei svegliato» rispose l'Elena. Linda ridacchiò, la Mory sospese ogni giudizio, rimanendo a vedere cosa succedeva.

Il ragazzo non arrivava alla trentina, era piuttosto magro e non particolarmente abbronzato, con l'aria leggermente stralunata. si sporse e baciò appassionatamente la barista che lo aveva salutato.

«Che ti faccio?» riprese l'Elena.

«Non hai idea di cosa mi fai» replicò lui, giocandosi una battuta un po' scontata, «comunque una roba leggera, Vodkaredbull poco vodka e molto Redbull che devo sgobbare».

«Tu che dici con me che devi sgobbare» replicò lei, mettendosi a ridere.

Le scaramucce andarono avanti per qualche minuto ancora, Mister Ale si intrattenne poi qualche minuto con Loris, infine tornò masticando un quadretto di pizza preso dall'aperitivo.

«Bella mia, vado a lavorare! Se passi sono felice».

«Passo. Nel senso che vado a letto» rispose l'Elena, con l'aria stanca.

Lui parve deluso, ma l'Elena era in piedi probabilmente dalla mattina, era comprensibile che si sentisse cucinata al tramonto.

«Ma se vuoi ti mando la Mory che è pimpante, ha lavorato solo tre ore» sorrise l'Elena, rivolgendosi alla nuova collega.

«Ma dove mi mandi?» chiese l'interpellata, che manco sapeva di cosa si stesse parlando. Gli altri tre risero.

«Wave Bellaria!» esclamò Linda, che evidentemente aveva programmi già ben definiti per quella nottata di sabato, «se vuoi ci andiamo assieme alle mie socie».

La Mory, titubante, mormorò un «Magari si, ma non ti assicuro nulla. Te lo faccio sapere dopo la doccia» e le due si scambiarono il numero di cellulare.

Poco dopo, autorizzate da Loris, staccarono, tornandosene a casa.

«Fa il barista al Wave? Il tuo ragazzo, dico» chiese la Mory con l'Elena, mentre pedalavano verso le rispettive destinazioni, superate dal Booster della Linda che sfrecciò a casa decollando sulle radici di Milano Marittima.

«No, lo so che non ha molto la faccia, ma ci fa il deejay» rispose la nuova collega, ridendo al pensiero di quanto Ale fosse lontano dai canoni del deejay glamour.

«Ah, ecco perché si sveglia a quest'ora» ridacchiò la Mory, «Siete una bellissima coppia, veramente».

«Ma non sai che pena per arrivare fino a qui».

«Non si direbbe, te lo assicuro».

«Invece si. Ci siamo riuniti solo da un mese. Prima ci sono state un po' di peripezie. E un lungo silenzio» sospirò l'Elena, «spero che questa seconda volta funzioni veramente. Ormai non siamo ragazzini, penso che l'abbia capito anche lui, è finita l'epoca di giocare con i sentimenti».

La Mory ripensò a lungo a quelle parole, mentre tornava verso l'albergo, ancora indecisa se andare a vedere il luogo del suo ipotetico terzo lavoro.

****

Giunta all'albergo, la ragazza si fece strada in giardino tra i clienti che si godevano la splendida temperatura mite della sera, portandosi verso lo stanzino. Salutò pigramente lo zio, che faceva le parole crociate al bar. Gli avventori di giugno non erano persone molto mondane, alla sera bevevano thé, qualche uomo si concedeva birre chiare sotto l'occhio vigile della moglie. Le richieste al bar non andavano mai molto oltre questo.

«Tutto bene nei bar seri?» chiese lo zio, scherzando.

«Tutto bene, comunque c'è gente che sta veramente male» replicò lei, pensando a certi "sempregiovani" con la panza e la fronte ormai ampissima, che tentavano disperatamente di vestirsi come i ventenni nel tentativo di rimorchiare le ventenni agli aperitivi in spiaggia.

Sulla porta della cucina vide Giulio che si faceva aria con uno strofinaccio. Era anche lui in procinto di staccare, dato l'orario.

«Di solito con quelle facce si torna dal sabato notte, non si parte» ironizzò lui.

«Lascia stare, sono un po' stanca per la giornata».

«Quindi adesso, tisana al finocchio o allo zenzero e ci vediamo domattina».

«Zenzero grazie. Sono abbastanza cotta per pensare di fare serata».

«Peccato, già ti ci vedevo a ballare sui cubi al Molo 9-5».

«Bah, non sono brava in geometria, Giulio. E te cosa fai?» relicò lei cercando di sviare il discorso.

«Letto, letto letto letto».

«Wow, un vero uomo d'acciaio!».

Risero alla battuta, poi la Mory gli buttò lì la domandina con noncuranza.

«Sei mai stato a ballare al Wave a Bellaria?».

«Una volta, la musica è un po' troppo house ma il posto è bello, è un po' più fighetto del Batija».

«Ma più o meno quanto dista da qui? Riesco ad andarci in bici?»

«Se sei Paolo Bettini o Fabian Cancellara» rise lui, «sono circa quindici chilometri. In bici, auguri! Al massimo ci vai in scooter».

Quando vide la faccia un po' delusa della ragazza, aggiunse:

«Se vuoi ti presto lo scooter, che tanto vengo in albergo in bici. Devi andare a beccare qualcuno?» chiese, interessato nascostamente alla risposta.

«No, mi hanno chiesto se vado a fare qualche sera. Ma non l'ho detto con la zia perchè si preoccupa che io lavori troppo».

«E io? Povero stagista sfruttato?».

«E' giusto che ti sfruttino, sei stagista e non sei nemmeno parente della titolare. Comunque prima di confermare che ci vado, volevo vedere il posto, magari ci faccio un salto stasera».

Giulio le diede l'indirizzo di casa e la Mory salì a farsi un'altra doccia perchè ne sentiva il bisogno, poi messaggiò a Linda che sarebbe andata per i fatti suoi al Wave, che si sarebbero beccate là. Infine scelse qualcosa per un posto "fighetto" come lo aveva definito lo stagista di cucina, e scese. Lo zio non le risparmiò la battuta da "ragazza della notte" e lei si limitò a rispondere con un sorriso, infilando decisa la porta, in direzione Casa di Giulio.

Il ragazzo la aspettava su un dondolo del piccolo giardino.

«Finalmente, stavo per addormentarmi» la accolse lui.

«Se ti dondoli sul dondolo dopo una giornata di lavoro, è normale».

Si diressero verso il retro di casa, dove era parcheggiata una Alfa 147 rosso fuoco, che lui indicò con «Ecco la mia gioia, vuoi farci un giro?».

Al solo pensiero di percorrere con una Alfa le dissestate strade di Milano Marittima, la Mory glissò adducendo il ritardo, Giulio le tirò fuori il vecchio Phantom impolverato e pieno di adesivi di Polini, Malossi, LeoVinci (quando non era ancora LeoVince).

«Occhio che fa i centoventi» disse lui, accarezzandolo.

«Quando te lo devo riportare?» chiese lei, rimanendo sul concreto.

«Con calma che tanto sta in garage, io adesso non vivo, con questo bel lavoro estivo. E se dovessi avere una botta di vita, la farei con la mia adorata, con la sua aria condizionata e con la sua autoradio, tutto acquistato con il sudore della fronte» replicò Giulio, orgoglioso, e si sporse dentro l'Alfa accendendo il quadro e facendo partire l'autoradio a palla con un pezzo di quelli spudoratamente tunzettari.

Il disagio durò non più di sette secondi, quando la madre di Giulio si sporse dalla finestra intimando lo spegnimento oppure il trasferimento sotto un ponte del ragazzo.

«Senti, ma se ti pago assicurazione e bollo, me lo affitti per questa estate?»

«Oh, certo, ti faccio anche lo sconto, se vuoi» replicò lui ben contento di aver incassato qualche euro senza fare nulla.

****

Il Wave Bellaria fece un gran effetto alla Mory. Aveva esperienze di discoteche milanesi e di alcuni locali frequentati qualche anno prima, ma quello sembrava proprio concepito per essere diverso dagli altri, per essere unico e difficilmente imitabile. Tutto lo staff portava magliette nere con il logo del locale, una M inscritta in un cerchio azzurro e verde.

Messaggiò con Linda e la raggiunse dentro. era assieme ad altre due amiche e le quattro si salutarono con l'entusiasmo di chi si conosce dalle elementari. Alla Mory non dispiacque avere qualcuna che conosceva dentro al locale, che pareva enorme ed era pieno di gente. Linda e le sue amiche sembravano tre variazione sul tema della canotta scura con la gonna di jeans. Tiravano lunghe sorsate ai drink e facevano commenti sghignazzando alla volta dei tipi più bonazzi.

«Vado a bere pure io» puntualizzò, perchè va bene l'amicizia, ma non con la gola secca, «sapete in che bar è Nicola?».

«Non so se lavora al bar, ma di solito quello centrale» le disse Linda, indicando la struttura poco lontana, impavesata di neon azzurri.

Si appressò al bancone, ma di Nicola non si vedeva l'ombra, in compenso si presentò di corsa un ragazzo già perfettamente abbronzato, che aveva due bicchieri in mano.

«Ciao! Che ti faccio?» le chiese, arraffando lo scontrino della consumazione.

«Fammi un Cubalibre» replicò lei.

Poi passò una delle bariste, tolse di mano i due bicchieri al ragazzo urlando «Manu almeno dalli via i bicchieri che hai in mano, porcatroia!».

Appena appoggiò i bicchieri ai due proprietari, afferrò un cubetto di ghiaccio e lo infilò giù per la schiena al collega che lanciò un grido di disappunto.

«La professionalità è la nostra parola d'ordine» fece lui, servendo la Mory, «io sono Manuel, se hai bisogno, torna tutte le volte che vuoi».

Non fece in tempo a girarsi che si ritrovò faccia a faccia con il Biscia

«Ah ma vedi che eri te! Ma sei da sola?» chiese lui, dubbioso.

«Si, ma lo sai che non sei il mio tipo» replicò lei, tanto per fare una battuta, ma lui non si scompose, rimase relativamente freddo.

«Da quel punto di vista sono già a posto, milanesina» e così dicendo arrivò al bancone, urlò «Sonia!» e la barista del cubetto di ghiaccio arrivò quasi di corsa scoccandogli un bacio a stampo.

«Ok Eros adesso cavati che devo lavorare».

Il Biscia rise, poi si girò verso la Mory.

«Non dico bugie, come vedi. Tu piuttosto, hai novità?».

Pur notando la freddezza del Biscia, lei non fece riferimenti agli screzi tra lui e Gianni.

«Sono giù per la stagione, il resto si vedrà. Nicola sostiene che potrei fare qualche sera anche qua».

«Buono a sapersi» rispose lui, alzando il bicchiere e salutandola.

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