Nessun comitato di benvenuto? Che delusione!
Ed eccomi qui. Di fronte a un portone in legno scuro, in tono con l'aria gotica dell'Istituto. Lo zio si è dimenticato di dirmi che si tratta di un castello pazzescamente grande con ettari di bosco che lo circonda.
Cinque gradoni in pietra attendono che io mi decida a percorrerli per entrare in quella che sarà casa mia per almeno una settimana. Non ho perso la mia vena ottimistica.
York ha aperto un portale per me per farmi arrivare qui in tempo per l'inizio delle lezioni. Ho abbracciato lui, Titus e lo zio prima di prendere il borsone e varcare la soglia luminosa.
Non ci sono state molte smancerie visto che gli uomini della mia vita le detestano, però ho avvertito il loro profondo affetto per me. E con il supporto magico che mi ha tatuato Sariah mi sento più tranquilla. Lo zio, invece, non pareva affatto tranquillo vedendo la sua unica nipote andarsene verso luogo potenzialmente pericoloso.
Mi scosto una ciocca di capelli dal volto e il braccialetto tintinna gioiosamente nella quiete mattutina. Sospiro e mi sfioro la pancia dove si trova il tatuaggio fresco di inchiostro: Sariah mi ha detto che sarà dormiente per qualche giorno dopodiché potrà uscire. Qualsiasi cosa voglia dire. Lo zio mi ha elargito un sorriso enigmatico e nessun'altra spiegazione quindi dovrò imparare strada facendo.
Meglio che entri...
Mi faccio coraggio, stringo i manici del borsone fino a farmi sbiancare le nocche e poi raggiungo i gradoni. Li salgo a passi lenti mentre continuo a studiare l'esterno dell'imponente edificio: possiede almeno quattro piani più due torri e una dependance.
Forse la ricerca sarà più lunga del previsto.
Mi fermo davanti al portone, incerta se bussare oppure no. Ma, alla fine, decido di entrare senza annunciarmi. Dopotutto lo zio ha mandato tutta la documentazione quindi mi stanno attendendo.
O forse no...
L'atrio è vuoto. Non che mi aspettassi un comitato di benvenuto però l'Istituto non sembra all'altezza del suo prestigioso nome. I nuovi iscritti dovrebbero venire accolti come minimo da un professore, ma pare che i paranormali abbiano altre usanze. Da un lato, preferisco così: non mi è mai piaciuto stare al centro dell'attenzione, cosa che sarebbe di sicuro accaduta se fossi in una scuola normale. D'altro canto, non so che fare. Cioè dovrei andare in segreteria per avere l'orario delle lezioni oppure in presidenza per avvisare del mio arrivo?
Ok. Calma, Leah!
Prendo un respiro profondo, lo trattengo dopodiché lo rilascio. Faccio questo esercizio per almeno tre volte e finalmente mi rilasso. Lo zio mi ha fatto vedere una piantina dell'Istituto prima di partire: la richiamo alla mente per cercare di ricordare da che parte si trova la segreteria.
La mappa dell'edificio, ci ha tenuto a precisare York, non è affatto dettagliata visto che si basa su racconti di ex allievi. Pare, infatti, che il Direttorio abbia distrutto le scarne informazione riguardanti quella scuola decenni fa, anche se non si conosce il motivo di tale gesto.
Chissà cos'avranno da nascondere?
Studio l'ampia entrata e non posso fare a meno di ammirarne l'architettura fantastica: vi è un camino maestoso con due poltrone rosso cupo posizionate vicino, alla mia destra una fila di quadri che rappresentano vari fasi della Prima Guerra e una statua rappresentante un condottiero di qualche tipo vista l'espressione truce che ha in volto. Sinceramente non sono una grande amante della storia, anche se conosco i fatti principali.
Continuo a camminare fino a che non raggiungo il centro dell'atrio che si divide in due corridoi identici. Di fronte a me, invece, vi sono due scalinate imponenti ricoperte da un tappeto scuro, che portano al piano di sopra, dove suppongo ci siano le stanze degli allievi.
«Vattene» afferma una voce bassa e roca, all'improvviso, facendomi sobbalzare.
Non ho sentito arrivare nessuno. Compio un giro su me stessa e mi trovo faccia a faccia con un ragazzo, o meglio col suo petto, visto che mi supera in altezza di svariati centimetri.
Come quasi tutti del resto.
Alzo lo sguardo e faccio un passo indietro per osservare meglio il tipo. Ha spalle ampie e un fisico asciutto. Indossa jeans e maglietta nera a maniche corte. Il volto è un delitto contro l'umanità: troppo bello per essere vero. Lo sconosciuto possiede occhi azzurri come il cielo di primavera, una mascella squadrata e labbra carnose da cui spuntano due zanne aguzze.
Ah, ecco...
Ovviamente è un vampiro. Non può essere altrimenti data la personalità molto socievole.
«E tu saresti?» replico, con un sorriso amichevole stampato in viso.
Non voglio farmi nemici già il primo giorno. E poi mi sembra che non abbia cattive intenzioni, se tralasciamo l'invito ad andarmene.
«Nessuno. Però dovresti proprio andartene» risponde lui, senza alcuna minaccia nella voce.
Bizzarro...
«Spiacente, ma non posso.» Scuoto la testa e una ciocca di capelli mi finisce sul viso. La scosto e noto che lo sguardo del mio amico vampiro segue il movimento. «Appurato questo... potresti dirmi dove posso trovare la segreteria?»
Tentar non nuoce...
Il ragazzo rimane in silenzio per svariati secondi, tanto che mi convinco che non risponderà. Sospiro e gli volto le spalle con noncuranza: è un azzardo dato che nemmeno lo conosco, però non credo che mi attaccherá.
Non mi ha dato l'impressione di volermi far fuori oppure è la mia vena ottimistica che fa gli straordinari.
«Segui il corridoio quasi fino in fondo. È la porta sulla sinistra» dice lui, quasi mugugnando.
«Grazie» trillo, girandomi di nuovo verso di lui, ma il vampiro è già scomparso nel nulla «oh, beh, sono decisamente strani gli studenti di qui. Poteva almeno presentarsi.»
Lo strano incontro mi lascia piena di curiosità e domande, che relego in un angolo del mio cervello. Ora come ora devo sopravvivere al primo giorno di scuola. Così scrollo le spalle e seguo le indicazioni del paranormale scontroso, giungendo davanti a una porta in legno chiaro con le cerniere in oro e la scritta segreteria incisa sopra.
Beh, un punto a suo favore...
Alzo una mano e busso due volte. Una voce femminile mi ordina di entrare e io obbedisco. Appena varco la soglia, il mio sguardo spazia sull'ambiente: l'ufficio è ampio con una scrivania sulla sinistra e una libreria sulla destra. Privo di finestre, ma di fronte a me vi è un'altra porta, che probabilmente conduce in presidenza.
«Buongiorno. Tu devi essere Leah, la nuova studentessa» esordisce la segretaria, schiarendosi la gola.
Riporto la mia attenzione su di lei: si tratta di una donna sulla trentina, con capelli neri e argento, occhi nocciola e un sorriso materna sulle labbra rosso fuoco. Indossa una camicetta rosa a maniche lunghe e al collo porta un ciondolo dorato.
«Sì. Sono io» annuisco anche con la testa, impacciata e in imbarazzo.
«Io mi chiamo Karen. Per qualsiasi cosa tu abbia bisogno, chiedi pure a me. Oggi sei dispensata dalle lezioni così avrai tutto il tempo di sistemarti» mi dice, continuando a sorridere dolcemente «se vuoi, ti accompagno alla tua camera. Dopodiché ti farò fare un breve tour dell'Istituto. Che ne dici?»
«Sembra perfetto» rispondo, in tono convinto.
Karen si alza e fa il giro della scrivania per mettersi al mio fianco. Indossa una gonna nera e scarpe col tacco così alte che io cadrei immediatamente.
«Mi dispiace non averti attesa nell'atrio, ma dovevo sbrigare delle pratiche» si scusa, con voce contrita, accennando alla pila di documenti che si trova sulla sua scrivania, proprio accanto al computer.
«Non si preoccupi» la rassicuro, torcendomi un ricciolo con l'indice «capisco perfettamente.»
Karen si rasserena dopodiché mi fa cenno di seguirla. Abbandoniamo il suo ufficio e ripercorriamo il corridoio a ritroso, tornando nell'atrio.
«Qui all'Istituto maschi e femmine dormono in ale separate. Va da sé che vi è anche una distinzione di specie. Lei è una strega giusto? Sarà in camera con Cora Foster.» La segretaria sciorina informazioni a ruota libera mentre saliamo la scalinata di destra. I suoi tacchi non producono alcun rumore grazie al tappeto scuro posto sui gradini.
Arrivate in cime, ci troviamo di fronte all'ennesimo corridoio tappezzato di dipinti. Alcuni raffigurano scene della Prima Guerra, altri paesaggi oscuri e desolati. L'atmosfera cupa è in tono con l'esterno del castello.
«Ecco qui. Questa sarà la sua camera per i prossimi anni» annuncia Karen, distogliendo la mia attenzione dalle pareti.
Ci siamo fermate davanti a una stanza priva di numeri o segni identificativi, a parte una specie di acchiappasogni fatto di piume sgargianti e perline. Inarco un sopracciglio, incuriosita dall'oggetto, ma evito commenti. Magari è una cosa da streghe e non vorrei che Karen scopra che, dopotutto, sono soltanto un'umana.
«Fantastico» esclamo, afferrando la maniglia e spalancando la porta con decisione.
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