Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 10

La compagnia riprese il viaggio il mattino seguente.

Nessuno dei due fece parola di quello che era accaduto la sera precedente e nessuno dei due era intenzionato a tornare sull'argomento.

Garreth dal canto suo aveva ben altro a cui pensare.

Da quando avevano lasciato il villaggio, il ragazzo aveva l'impressione d'essere braccato.

Era solo una sensazione ma come cacciatore aveva imparato a non sottovalutare mai il suo istinto.

Non ne aveva fatto parola con il resto del gruppo per non allarmarlo ma se ne pentì proprio quel mattino, quando Danise quasi si gettò tra le braccia di un gruppo di soldati reali.

Garreth non poteva dimostrarlo con certezza ma era convinto che quelle guardie stessero cercando proprio lui.

La scomparsa del primogenito del primo falconiere del re infatti sembrava una motivazione più che valida per spiegare la presenza degli uomini del sovrano in quelle zone.

<<Sono al servizio del re.>>aveva risposto Garreth all'espressione interrogativa di Danise, non appena le aveva fatto segno di nascondersi.<<Non posso esserne sicuro ma penso stiano cercando me.>>aveva continuato con un sorriso di scuse.

Al che la ragazza gli aveva lanciato uno sguardo truce ma aveva ugualmente iniziato ad indietreggiare. E sarebbero pure riusciti a svignarsela se Garreth non fosse inciampato, finendo maldestramente a terra e attirando sul gruppo di fuggiaschi l'attenzione del drappello di uomini armati.

Così ora si trovavano a dover scappare nel mezzo della Foresta, seguiti da una decina di soldati.

Ad un tratto, quando erano passati quindici minuti buoni senza che i due riuscissero a seminare i loro inseguitori, Garreth frenò di colpo.

<<Tu va avanti.>>disse a Danise, invertendo la corsa<<Salva Axel e te stessa, ci rivediamo alla Città Bianca>>le urlò dopodiché iniziò a correre incontro ai suoi aguzzini.

La ragazza, dal canto suo, lo guardò un attimo imbambolata poi invertì anche lei il senso di marcia e si affretto a raggiungerlo.

Quando gli arrivò accanto, il ragazzo era già sceso da cavallo, sfoderando la spada e preparandosi ad attaccare.

<<Ma sei impazzito?>>gli urlò contro Danise scendendo a sua volta dalla cavalcatura<<Che pensi di fare? Sono dieci contro uno, come pensi di sopravvivere?>>

Garreth non appena la vide arrivare sbiancò in volto e le corse incontro.

<<Vattene!>>esclamò spingendola verso il cavallo<<Va via!>>continuò ma Danise si divincolò dalla sua stretta.

<<No che non me ne vado, se non vieni con me. Non ti lascerò compiere l'impresa omicida che hai in mente.>>disse risoluta, mettendo le mani sopra i fianchi a mo' di

rimprovero.

A Garreth ricordò Elina quando si arrabbiava ed addolcì lo sguardo.

<<Non mi uccideranno, Is, te l'assicuro.>>la rassicurò<<Mio padre crede che tu mi abbia rapito o qualcosa del genere quindi sarai tu che potresti finire male.>>questa volta la vista gli si annebbiò<<Ho promesso di proteggerti e non ho intenzione di rimangiarmi la parola, per cui, ti prego, va' via.>>la implorò.

Danise lo guardò combattuta.

Non voleva abbandonarlo, non così presto. Si era affezionata al suo compagno di viaggio e se mai gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.

Ad un tratto qualcosa sibilò alle spalle di Garreth ed una freccia andò a conficcarsi nella spalla del ragazzo.

Danise urlò allarmata e gli corse accanto ma Garreth la spinse via.

<<Sto bene.>>mormorò tra i denti anche se stava mentendo spudoratamente<<Vattene, Danise, va' via.>>ripeté poi.

Questa volta la ragazza non poté far altro che obbedire.

Ma prima di andarsene, gli si avvicinò e gli prese il volto tra le mani costringendolo a guardarla negli occhi.

<<Resta vivo, okay? Ci ritroveremo e la prossima volta non ti libererai tanto facilmente di me.>>gli disse mentre Garreth annuiva e si sporgeva per un abbraccio veloce, nonostante la spalla urlasse di dolore.

<<Scappa.>>le sussurrò, lasciandole un fugace bacio in fronte, dopodiché la ragazza si voltò e spronò il cavallo, sparendo nella macchia.

Garreth non si era accorto di aver iniziato a piangere finché una folata di vento non gli aveva asciugato le lacrime dalle guance.

Lasciarla andar via era stata la cosa più dolorosa che avesse dovuto fare ma era l'unico modo per salvarle la vita, e per il momento quella era l'unica cosa che contava davvero.

E fu proprio la speranza che lei sopravvivesse l'ultimo pensiero che gli attraversò la mente prima che il dolore alla spalla si acuisse sempre di più, fino a farlo stramazzare a terra, privo di sensi.

La Foresta le scorreva accanto mentre Danise cavalcava senza fermarsi, sapendo che se l'avesse fatto avrebbe sicuramente invertito la corsa, precipitandosi da Garreth.

Ogni metro che la separava dal suo compagno di viaggio, apriva in lei una voragine, sempre più profonda, sempre più dolorosa.

D'istinto chiuse gli occhi, per cercare di arginare il dolore come era sempre stata abituata a fare ma la sua mente fu investita delle immagini della sera precedente.

Garreth che la stringeva a sé.

Garreth che la consolava.

Garreth che le prometteva che l'avrebbe sempre protetta, anche a costo della propria vita.

E finalmente lasciò a tutti quei sentimenti di uscire fuori.

Dolore, nostalgia, amore, riconoscenza.

Tutto si mescolò e uscì all'esterno, assieme alle lacrime, lasciandola più leggera.

Pianse per ore, incurante che qualcuno potesse sentirla singhiozzare senza ritegno, finché rapide com'erano venute, le lacrime cessarono.

Cavalcò fino ad un villaggio abbandonato, dove si fermò per cercare qualcosa da mangiare.

Non appena raggiunse il primo gruppo di case, scese da cavallo e si incamminò per le calli strette e tortuose, guardandosi attorno.

Sembrava che chiunque avesse abitato lì, fosse stato costretto ad andarsene in fretta e furia.

Vecchie cassette di legno, infatti, erano state rovesciate e la frutta e la verdura che contenevano erano lasciate a marcire tra i ciottoli levigati della strada; le imposte delle finestre erano spalancate e da alcuni balconi sventolavano ancora vecchi panni logori, lasciati ad asciugare al sole.

Danise venne assalita da un senso di desolazione e per un istante l'immagine del villaggio abbandonato venne sostituita da quelle derivanti dai ricordi condivisi dalla ninfa.

Sembrava che il tempo si fosse fermato e l'unico rumore che aleggiava in quel luogo era quello provocato dal vento e dall'avanzare suo e del cavallo.

La ragazza, nonostante il crescente disagio, continuò ad inoltrarsi tra le case.

Ad un tratto, quando credette di essersi persa, giunse davanti ad un'abitazione che sembrava meno abbandonata e decadente delle altre e decise che avrebbe passato la notte lì.

Legò Hadar -Garreth aveva insistito perché lo prendesse lei e alla fine non aveva potuto far altro che accettare- dopodiché entrò in casa, sfoderando il suo pugnale preparandosi a combattere eventuali minacce.

L'arredamento lussuoso e i vari dipinti alle pareti le fecero dedurre che quella in cui si trovava doveva essere stata la residenza di qualche famiglia importante, infatti quando arrivò nelle cucine non si stupì di trovare una fornita scorta di cibo.

E non la stupì neppure il constatare che la maggior parte delle pietanze era andata a male e una lieve muffa verdognola ne ricopriva la superficie. Ma la ragazza non si perse d'animo e riuscì ugualmente a trovare qualche pagnotta di pane ancora commestibile.

Dopo essersi sistemata, accese un piccolo fuoco magico, dato che uno vero avrebbe richiesto troppo tempo ed inoltre il fumo avrebbe potuto attirare su di sé i soldati del re sulle sue tracce e non voleva certo che il sacrificio di Garreth fosse stato vano.

Ad un tratto, mentre sbocconcellava un pezzo di pane, sentì un rumore dietro di sé che la fece sobbalzare.

Senza pensarci un secondo sfoderò il pugnale e ruotò su se stessa, pronta ad attaccare ma l'immagine che le si parò davanti la fece bloccare sul posto.

Perché davanti a lei, con gli occhioni azzurri spalancati, i capelli rossi che puntavano da tutte le parti, e un coltello in pugno, c'era una ragazzino di si e no undici anni.

Danise notò che sebbene avesse un'espressione spaventata, la presa sull'impugnatura del pugnale era ferma e decisa.

Senza indugiare oltre, la ragazza alzò le mani in segno di resa e addolcì lo sguardo.

<<Stai tranquillo>>gli disse facendogli segno di abbassare l'arma<<Non voglio farti del male. Ti va di sederti qui con me?>>gli chiese poi con dolcezza.

Il ragazzino la squadrò un secondo diffidente ma poi annuì e rinfoderò il pugnale, sedendolesi davanti.

<<Come ti chiami?>>gli chiese Danise, porgendogli un po' della sua cena.

<<Samael>>sussurrò il ragazzino, afferrando con foga il pezzo di pane e divorandolo in sol boccone.

<<Io sono Danise.>>sorrise la ragazza davanti a quella scena; probabilmente il ragazzino non mangiava da giorni.<<Dove sono i tuoi genitori?>>gli chiese poi con cautela.

Samael si bloccò un secondo, guardando fisso davanti a sé e Danise non poté impedirsi di provare pena per lui.

<<Sono morti.>>rispose infine con voce piatta e lo sguardo della ragazza si rattristò.

<<Mi dispiace.>>mormorò sinceramente quest'ultima<<So cosa vuol dire, anche i miei genitori sono morti quand'ero piccola.>>confessò, ricordando per un istante il sorriso di suo padre mentre, nelle notti d'estate, le insegnava a riconoscere le costellazioni. Sua madre invece non l'aveva mai conosciuta.

<<Io non sono piccolo.>>disse ad un tratto Samael, distogliendola dai suoi pensieri.

<<Cosa?>>chiese Danise confusa, riscuotendosi.

<<Ho detto che non sono piccolo.>>ripeté il ragazzino<<Hai detto che anche tu hai perso i tuoi genitori quando eri piccola ma io ho undici anni e so cavarmela benissimo anche senza di loro.>>spiegò alzando le spalle alla fine, come a sottolineare il concetto.

Danise lo guardò sospettosa.

Per certi versi quel ragazzino le assomigliava.

Il nascondere il dolore con l'indifferenza e la strafottenza era il suo asso nella manica, e col tempo ne era diventata talmente esperta che ormai le veniva naturale.

E forse fu proprio quella somiglianza con sé stessa che la spinse a chiedergli se gli andava di continuare il viaggio con lei.

Samael rimase un attimo incerto, fissandola dritto negli occhi, pozzi azzurri freddi come il ghiaccio contro smeraldi altrettanto impenetrabili, poi annuì e senza dire niente continuò a mangiare.

Danise sorrise automaticamente e per un momento fu felice di aver qualcun altro con cui continuare il suo viaggio ma la felicità durò poco perché nella sua mente ricomparve il volto di Garreth.

La ragazza chiuse gli occhi.

"Smettila"si impose "Devi dimenticarlo. Sii forte."

Ma mai come in quel momento le era stato così difficile ascoltare sé stessa.

Riaprì gli occhi con un sospiro e si accorse che Samael aveva smesso di mangiare, rannicchiandosi accanto al fuoco, gli occhi chiusi.

Danise sorrise intenerita e si alzò, andando a coprire quel corpicino con il suo mantello.

Poi si chinò, lasciandogli un lieve bacio sulla fronte.

<<Dormi, piccolo.>>gli sussurrò<<Da oggi, non sarai più solo.>>gli promise, dopodiché anche lei si accoccolò accanto al fuoco e, cullata dal suo crepitio, si addormentò mentre il cuore le sussurrava un'unica parola: Garreth.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro