Il Tenente Becker
Il primo di giugno 1925 l'atmosfera che si respirava ad Ashbourne Manor era elettrizzante, sin dalle prime ore del mattino. I domestici già lavoravano con dedizione alla prima colazione mentre la casa era ancora silenziosa, l'unico rumore in effetti erano i borbottii sommessi di Jane la governante infastidita dalle numerose casse di alcolici che ingombravano la cucina. Sbuffava e bisbigliava, nella speranza che gli addetti agli allestimenti fossero arrivati almeno dopo che i ragazzi Ashbourne avessero finito la sacrosanta colazione preparata con amore e devozione.
Quando Frances entrò nella sala da pranzo trovò la tavola imbandita a festa e suo fratello Harry intento nel versare del tè bollente prima nella tazza della ragazza e poi nella sua. La accolse con un grande sorriso mentre i suoi occhi smeraldo luccicavano dall'emozione. I modi frenetici degli ultimi giorni avevano lasciato spazio ad una tranquillità quasi allarmante, ma d'altronde era consono di Harry non mostrare troppo le sue vulnerabilità, anche in casi più allegri come l'inizio di un evento tanto atteso.
«Buondì, buondì, buondì signorìn!» canticchiò allegro mentre prendeva posto a tavola, «spero tu abbia riposato bene questa notte, perché oggi ti attende una lunga giornata. Con soli cento inviti spediti, ci aspettiamo almeno il doppio della gente fuori dai cancelli pronta ad intrufolarsi. Ma non temere, non temere: sarà una serata esclusiva. Hai già scelto l'abito, cara?»
A Frances andò quasi di traverso il tè mentre lo sorseggiava al pensiero del dilemma dell'abito.
«Farò come al solito, Harry. Manderò Jane a spiare la concorrenza per vedere quale dei look è stato copiato, poi spunterò con il meno gettonato per distinguermi dalle altre donne. Vedi un po' cos'è costretta a fare una signorina di questi tempi per essere unica!»
«Sarai senza dubbio la stella più brillante» decretò infine il fratello in tono solenne, portandosi una mano al cuore e rivolgendo lo sguardo al cielo come in preda all'estasi. Quell'improvvisazione pseudo poetica fece ridacchiare Frances, che spinse orgogliosamente il petto in fuori dalla sua vestaglia in seta, accogliendo il complimento soddisfatta. Un ego così smisurato andava certo alimentato di tanto in tanto, del resto.
L'ora della colazione trascorse così allegra ma poco movimentata, concedendo ai due ragazzi gli ultimi attimi di pace prima della tempesta portata dal catering e dagli allestitori. Frances decise di farsi da parte e lasciare a Harry e Oliver l'onere di condurre le danze del pomeriggio, prendendosi il resto della giornata per dedicarsi alla cura di sé.
Iniziò da un bagno caldo per rilassare i sensi: accese diverse candele vicino la vasca e riempì l'acqua quasi fino al bordo, aggiungendo poi del sapone e dei mazzolini di lavanda. Accese il grammofono nella sua stanza e lasciò la porta che la separa dal bagno aperta in modo da poter godere della musica romantica che aveva scelto. Sebbene non fosse mai stata innamorata, Frances credeva profondamente nell'amore, così come nella famiglia. Fu cresciuta dai preziosi ricordi dell'adorazione che il padre nutriva per la madre e viceversa, dato che entrambi ebbero il lusso di sposarsi per amore e non solo grazie all'intervento delle loro famiglie. Frances sognava un amore passionale, totalizzante, di quelli che ti strappano il cuore dal petto e lo rimettono a posto più palpitante di prima; un amore dinamico, in cui i tasselli di uno combaciano perfettamente con quelli dell'altro. Insomma, un amore come quelli di cui aveva letto nei libri, ma non dubitò mai che questo potesse esistere nella vita reale. Nei pochi anni in cui aveva cominciato a prendere parte alla vita sociale mondana, innumerevoli corteggiatori l'avevano avvicinata, rapiti dal suo fascino e dai suoi modi spontanei, ma Frances non era facile da abbindolare: sapeva riconoscere le intenzioni dietro le parole, riusciva a leggere l'animo nascosto dentro gli occhi delle persone. Sapeva che un giorno sarebbe arrivato il suo turno, e fino ad allora non avrebbe di certo forzato qualcosa se non ci fosse stato prima il famoso colpo di fulmine.
L'ultima settimana fu caratterizzata da giorni buoni. Non aveva avuto alcuna di quelle brutte visioni, né un incubo durante la notte. Si disse che probabilmente aveva solo bisogno di qualche distrazione, convincendosi che col tempo sarebbero andate via del tutto.
Mentre la voce di Mamie Smith usciva melodiosa dal grammofono, Miss Ashbourne si decise a tirarsi fuori dalla vasca anche se controvoglia.
Si vestì per il giorno e decise di trascorrere del tempo sul balconcino della sua stanza disegnando. Il suo soggetto preferito, senza dubbio, era il boschetto poco distante da Ashbourne Manor dove spendeva pomeriggi interi immersa nella natura. Prese a disegnare concentrata il ruscello che scorreva tra i frassini alti del suo posto del cuore, luogo che non aveva mai condiviso nemmeno con il fratello di quanto ne era gelosa. Quello era il suo rifugio segreto, dove il tempo si fermava e tutto intorno a lei si riempiva di magia, nonostante avesse ancora il ricordo dell'ultima spiacevole visita. Smise immediatamente di disegnare quando nella sua mente si accese il pensiero di quell'orribile allucinazione avuta qualche settimana prima. Quanto ancora avrebbe dovuto combattere i suoi sensi di colpa? Era vero, i deliri l'avevano abbandonata da qualche giorno e sperava non tornassero più, ma al tempo stesso viveva con la coscienza sporca. Non si azzardò mai a raccontare a nessuno la verità, e il solo pensiero la fece rabbrividire, cosicché allontanò con forza quell'idea e mise da parte il suo disegno, senza più voglia di continuarlo.
Non poteva permettere a nulla di condizionare il suo umore quel giorno, nemmeno a quegli spiacevoli avvenimenti, così decise di andare a sbirciare al piano inferiore come procedessero gli ultimi preparativi.
Oliver Blake quasi rovesciò una cassa di champagne quando la vide scendere le scale. Cercò di far finta di nulla e poggiò la cassa su uno dei tavoli sistemati nel grande atrio, mentre la punta delle orecchie gli andava a fuoco. Si appoggiò con entrambe le mani sul tavolo, rivolgendo un debole sorriso a Frances: era visibilmente provato.
«Credo che meriti un aumento» lo punzecchiò lei, raggiungendolo e aiutandolo a sistemare le bottiglie fuori dalle casse.
«Lo credo anche io, sai?» rise lui, passandosi una mano tra i capelli per scompigliarli nel suo solito gesto.
«Andiamo, Oliver» disse poi Frances, prendendo le mani di lui tra le sue, «ci divertiremo un mondo stasera. Balleremo e berremo tutta la notte, e quando la musica sarà finita e gli invitati saranno tutti andati via, noi continueremo a ballare sotto le stelle fino quando le caviglie non ci faranno piangere dal dolore!»
«Potrei ballare con te tutta la notte e ti assicuro che, se ci fossero lacrime, sarebbero solo di felicità».
Oliver si pentì immediatamente di quello che si lasciò scappare. Frances, tuttavia, non colse romanticismo dietro quella frase ma rise divertita, cosa che lo rincuorò non poco. Mentre la ragazza si allontanava verso lo studio di suo fratello, Oliver prese a imprecare sottovoce, "stupido... idiota", rischiando di rompere qualche bicchiere di cristallo urtato con il gomito.
Harry, dentro lo studio, era impegnato a studiare delle carte che avevano poco a che vedere con la festa della sera stessa, sotto stretto consiglio del suo consulente. Accettò di buon grado quel suggerimento per sfuggire all'ansia trepidante che gli premeva contro il petto sin dalla mattina e, con il suo solito sigaro in una mano, si immerse nel lavoro per qualche ora. Quella sera ad Ashbourne Manor sarebbero arrivati anche certi uomini d'affari da Londra con cui Harry voleva intrattenere rapporti commerciali, ma quello non lo preoccupava: il suo fascino dava i suoi risultati sia con le donne che con il mondo del lavoro.
Erano le nove di sera e dal piano inferiore iniziavano ad aumentare i chiacchiericci degli invitati in arrivo, insieme al ticchettare dei calici di champagne gli uni contro gli altri. Frances era nella sua camera da letto ancora in lingerie in compagnia di Jane la governante, di cui non aveva alcuna vergogna a mostrarsi quasi nuda, dato che la stessa l'aveva cresciuta come figlia propria. Era ben intenzionata ad arrivare per ultima alla festa e fare la sua grande entrata nel foyer davanti a tutti i presenti. Accese una sigaretta mentre sorseggiava il suo champagne con l'aria di una diva, con Jane alle sue spalle che spacchettava con attenzione i vestiti nuovi comprati con Oliver in High Street. Dal balcone spalancato vedeva i cancelli aperti da dove si facevano strada macchine sfavillanti lungo il viale che conduceva alla casa, intanto che altre posteggiavano al di fuori della proprietà. Da ognuna delle vetture scendevano persone in tiro dagli abiti più luccicanti e i capelli perfettamente ordinati, pronte a sfilare lungo la strada come se fosse una passerella. Gli unici che ancora non si vedevano erano proprio i proprietari di casa, i fratelli Ashbourne. Anche Harry, infatti, voleva farsi desiderare prima di deliziare gli ospiti.
Passò un'altra mezz'ora e la villa era già piena di vita. Dai giardini sul retro il quartetto jazz aveva iniziato a suonare saltellanti musiche a cui gli invitati, ancora troppo timidi e sobri per unirsi, fecero da sfondo per il momento. A quel punto, Frances mandò Jane in missione: bisognava capire se e quante donne avessero copiato l'acconciatura che la signorina aveva sfoggiato durante l'ultimo ballo e quale degli abiti non era stato copiato.
Jane tornò dopo pochi minuti con il fiato corto.
«Abito bianco e abito petrolio fuori gioco, Miss Frances» disse, premendosi una mano sul fianco, «in più, tutte le signore portano i capelli corti o raccolti»
«E capelli sciolti siano, allora».
Frances trepidava d'emozione. In quell'attimo, nessun brutto ricordo di allucinazioni avrebbe potuto guastare il suo umore. La stella stava per entrare in scena.
Fu solo dopo un'ora dall'inizio dell'evento che la signorina si decise a presentarsi alla folla. Decise di indossare un bell'abito color ruggine, dal corpetto impreziosito da tante paillettes e gemme color ambra e il taglio delle frange asimmetrico. Dipinse le sue labbra di un dolce color pesca e lasciò i morbidi capelli sciolti scivolare lungo la schiena scoperta. Con le scarpette da ballo indossate, infine, era pronta.
Spuntò silenziosamente sul pianerottolo mentre gli invitati all'interno erano presi dalle proprie conversazioni. Ai lati delle pareti, i tavoli erano pieni di bicchieri di cristallo che venivano prontamente riempiti dai camerieri in smoking con champagne e liquori di ogni tipo. Vedeva Harry balzare da un tavolo all'altro, più elegante che mai, introducendosi tra i diversi gruppi di persone che conversavano, rubando l'attenzione delle donne libere e di quelle degli altri, una mano impegnata dallo champagne e l'altra da una sigaretta.
Quando Frances iniziò a scendere le scale molti occhi curiosi le si puntarono addosso, fin quando pian piano tutta la sala si girò per osservare il gioiello più prezioso di Ashbourne Manor che accoglieva tutti quegli sguardi con uno splendido sorriso. Lo stesso sorriso che, come dissero gli invitati da quel giorno in poi, sembrò illuminare Banbury per il resto dell'estate.
Tra tutte le persone che la osservavano rapiti, lo sguardo più insistente venne senza dubbio da un affascinante gentiluomo vicino la porta d'ingresso che Frances non conosceva, ma a cui rivolse ugualmente uno sguardo ammiccante. Il ragazzo evidentemente non se lo aspettava, perché i suoi occhi color ghiaccio tentarono per un istante di interrompere il contatto visivo, ma si ricompose presto accennando un inchino mentre un ghigno malizioso gli solcava il viso.
Arrivata alla fine delle scale si aggrappò al braccio teso di suo fratello, mentre con cenni cordiali della mano salutava i presenti, e lui la portò a fare un tour dei giardini imbanditi a festa. Grandi tavoli rotondi ricoperti di tessuti color oro popolavano il grande prato che si stendeva davanti a loro, dove circa una centinaia di persone chiacchieravano allegre e danzavano al ritmo del jazz.
«Cosa ne pensi, cara sorella?» le chiese Harry, sorridendo compiaciuto.
«Non avresti potuto fare di meglio»
«Ora, dedichiamoci un po' ai convenevoli» disse poi, guidandola verso uno dei tavoli a cui erano sedute donne intente in discussioni frivole e piene di pettegolezzi e uomini tutti d'un pezzo che probabilmente parlavano d'affari.
«Signore, signori» li interruppe Harry, «permettetemi di presentarvi il centro del mio universo, mia sorella Frances Louisa Ashbourne».
Gli uomini scattarono in piedi e le porsero un inchino, mentre le donne la guardavano ammaliate. Frances, purtroppo, non aveva mai goduto di una vera amicizia femminile in vita sua, pur desiderandola tanto; da parte loro, le donne che le si presentavano in quei contesti sociali erano spesso più interessate al fratello che a lei.
Scoprì che i signori erano concorrenti di suo fratello, che da diverso tempo cercavano di comprarlo per portarlo dalla loro parte. Harry si lasciava lusingare, ma amava troppo essere capo di se stesso per cedere.
La musica allegra si diffondeva nell'aria e gli invitati non ballavano più solo davanti la banda, ma anche vicino ai tavoli, lungo il vialetto, sin dentro la villa. Frances e Harry si scambiarono uno sguardo d'intesa e si congedarono senza dire una parola per unirsi alla folla scatenata. Mr Ashbourne guidò la signorina al centro della pista e prese a farle fare giravolte, saltellando a destra e sinistra, insinuandosi prepotentemente tra la gente divertita, mentre Frances rideva e urlava e tutti intorno a loro si stringevano in cerchio battendo le mani a ritmo di musica. La ragazza diede prova di tutto il tempo dedicato allo studio delle sue passioni, sfoggiando movimenti audaci e facendo girare la testa agli invitati intenti a seguire le sue sottili caviglie volteggiare sul prato. A fine brano gli ospiti dedicarono loro un sonoro applauso mentre i fratelli si inchinavano grandiosamente verso la folla.
Raggiunsero poi Oliver Blake in un tavolo poco distante per riprendere fiato e, contemporaneamente, fumare un'altra sigaretta.
«Ti prendo da bere» disse Harry prima di sparire tra la folla.
«Che spettacolo avete dato, eh?» commentò Oliver, alzando il suo calice in segno di brindisi.
«Ci si può sempre superare nella vita, tuttavia» rispose la voce di un uomo alle spalle della ragazza, che girandosi riconobbe come il ragazzo dagli occhi di ghiaccio dell'atrio, «mi conceda di far sfigurare suo fratello, signorina» aggiunse poi, porgendole la mano. Frances non seppe se sentirsi lusingata dalle attenzioni di quel misterioso, affascinante sconosciuto o indispettirsi per l'insinuazione riguardo suo fratello. Ma in quanto a malizia, ormai si sa, quell'uomo poteva solo essere pane per i denti di Frances Ashbourne.
«È un'ardua impresa, signore, ma noi Ashbourne adoriamo le sfide».
Si inoltrarono tra la gente e presero a danzare; era difficile tenere il passo del ragazzo, tanto che Frances pensò si trattasse di un professionista, ma questo non la intimidì.
«E lei chi sarebbe?» gli chiese d'impeto, mentre il giovane la faceva piroettare senza sosta.
«Non sono un esperto di moda, signorina» cominciò lui, inchinandosi per baciarle la mano, per poi riprendere freneticamente la danza, «ma credo che il suo foulard borgogna le sarebbe stato d'incanto anche con questo abito. Tenente Louis Finn Becker, è un onore».
Frances fu colta alla sprovvista da quel commento mentre la musica si fermava e gli ospiti applaudivano, tanto che non riuscì a trattenere un risolino sorpreso.
«È forse anche una spia, Tenente?» rispose, ma proprio in quel momento arrivò Harry che la afferrò da un braccio e la tirò via dal ragazzo.
«Basta così» disse rivolto al Tenente, lo sguardo infuocato e la mascella serrata. I due si fissarono in silenzio per diversi minuti mentre Frances cercava di capire cosa stesse succedendo, da una parte gli occhi malinconici di Becker e dall'altra la furia di suo fratello.
«Sono venuto solo per te, Harry»
«Non qui».
I due si allontanarono dalla folla senza degnare Frances neanche di uno sguardo, il ché la lasciò ancora più incuriosita e li seguì in segreto mantenendosi a distanza per non farsi scoprire. Non riusciva a cogliere una sola parola della conversazione che stavano avendo, ma riconosceva il freddo linguaggio del corpo di suo fratello sciogliersi man mano che il Tenente spiegava le sue ragioni, fin quando entrambi non tacquero. D'improvviso, poi, si strinsero in un forte abbraccio come due fratelli separati da anni e la curiosità di Frances non poté resistere più: corse da Oliver a chiedere spiegazioni, ma neanche lui conosceva il Tenente.
Sedette spazientita con lui per qualche tempo, finché i due non si unirono al loro tavolo con dei grandi sorrisi stampati sul viso.
«Chiedo scusa» disse Harry, dando una pacca sulla spalla al suo ospite, «sono lieto di presentarvi il Tenente Becker, mio grande amico dai tempi dell'università»
«Un'amicizia così grande che non te ne ho mai sentito parlare, caro» rispose Frances, forse un po' troppo audacemente.
«Avanti, Frances, non fare la permalosa. Il Tenente è tutto tuo, se ci tieni tanto»
«In realtà, fratello, non ci tengo affatto: non mi piace chi si presenta con l'inganno» sentenziò offesa, per poi lasciare il tavolo e procurarsi qualcosa da bere. Frances odiava i segreti, sebbene lei stessa ne stesse custodendo uno molto importante da tempo, ma era decisa a scoprire la verità sul grande amico dai tempi dell'università mai sentito nominare prima, e che suo fratello aveva accolto inizialmente con tanto astio.
Frances evitò cocciuta la compagnia di suo fratello e del Tenente Becker per il resto della serata. Piuttosto, si fece guidare in sfrenati balli dai più svariati accompagnatori, intrattenendo molte conversazioni con deliziose signorine venute fin da Londra per attendere alla loro festa, tra cui una simpatica donna, Miss Charlotte, con cui trovò un'innata intesa che le rese compagne per tutta la durata dell'evento. Alla fine del concerto, quando ormai era già notte, Frances si lasciò convincere dagli insistenti incoraggiamenti della sua compagnia al tavolo per chiudere la serata in bellezza con un'esibizione. Lusingata ma non del tutto intimorita, si avvicinò al quartetto chiedendo di arrangiare per lei un'ultima canzone: Masculine Women & Feminine Men, che avrebbe cantato accompagnata dalla banda e dalla voce maschile del solista. Fu un vero spettacolo: Frances coinvolse il pubblico inebriato nell'ultima danza, resa provocatoria dalla scelta di quella canzone, girando tra i tavoli dove la gente batteva le mani a tempo, soffermandosi in particolare su quello dove stavano seduti suo fratello, Oliver e il Tenente Becker, a cui dedicò qualche verso della canzone in modo quasi sprezzante. Questo, però, non fece che divertire il giovane, che la acclamò ancora di più, non intimidito da una bella sfida.
Al termine della sua esibizione, la banda iniziò a smontare mentre la maggior parte degli invitati non avevano ancora intenzione di terminare la serata. Frances si unì con Miss Charlotte al tavolo del fratello, con un piano ben preciso in mente.
«Dunque, Tenente» iniziò punzecchiante, mentre sorseggiava piano dal suo calice in cristallo, «non vi ho mai visto da queste parti. Cosa la porta a Banbury?»
«Fortuna, immagino,» rispose lui, sorridendo beffardo e compiaciuto, «dato che ho avuto l'onore di fare la sua conoscenza».
Harry storse il naso a quell'osservazione e scosse il capo in segno di divertito disapprovo, ma non aggiunse nulla.
«E che ne sa lei, Tenente, che sia stata davvero una fortuna questa? Potrebbe certo essere la sua più grande sciagura»
«Quale sciagura potrebbe mai portarmi la vostra deliziosa compagnia?» ribatté lui immediatamente, come se avesse la risposta pronta a tutto. Quei modi sfacciati e provocatori non potevano che dare sui nervi a Frances, abituata lei stessa a mettere in difficoltà le persone.
«Più di quante tu ne possa immaginare, caro Louis» intervenne Harry sorridendo e strizzando l'occhio alla sorella.
«Non riesco ancora a trovare un difetto, amico mio. Ma perdonami se cambio argomento: ti porto notizie interessanti da Londra. La società dei Brindleton sta andando in rovina e ci si aspetta solo che qualcuno la acquisisca»
«Sai bene che gli affari rovinosi della grande città mi interessano quanto un semplice succo di mirtillo scambiato per un buon Vermut».
Becker si sciolse in una risata sincera. «Forse gli anni non ti avranno cambiato,» disse, «ma credo che un giorno apprezzerai che i cambiamenti non sono da evitare, ma da rincorrere. Così come lo spirito di noi umani è sempre in evoluzione, anche gli affari lo sono: ed è bene che ci si adatti».
Harry sorrise e non aggiunse altro. Fu lì che Frances capì che tra i due c'era stata un'antica complicità a lei sconosciuta, custodita in segreto dal fratello per anni forse, e adesso ne era tremendamente attratta e smaniosa di saperne di più.
«Allora lei è solito intrufolarsi alle grandi feste per parlare di affari, Tenente?» gli domandò curiosa, assottigliando gli occhi mentre cercava di studiare lo sguardo di ghiaccio che aveva davanti.
«O per godere della compagnia di belle donne, sì. Ma devo dire, Miss Ashbourne, che lei mi ha quasi rubato il cuore questa sera».
Frances fece per rispondere ma fu interrotta quando il quartetto musicale al completo si avvicinò al tavolo e tutti si alzarono per complimentarsi. Allora si accorse del Tenente Becker che, stringendo il fianco della bella pianista che li aveva rallegrati per tutta la sera, le posò un bacio sulla guancia. Questo piccolo gesto fece affondare il cuore della ragazza nel petto e in un attimo capì di essere caduta nella trappola di validazione e gratificazione di un uomo per la prima volta nella sua vita. Perché? Perché quello che provava non era offesa o disprezzo, ma una sconcertante, sorprendente, infima gelosia che partiva dalla punta delle dita fino a farle bruciare il cervello.
Fino a quel momento era convinta che il Tenente fosse sulla buona strada per diventare il suo nuovo giocattolino, invece si sbagliava di grosso.
«Gentili amici, vi presento la proprietaria delle mani più aggraziate di Banbury, Miss Christine Grenville» la introdusse Becker, facendola accomodare al loro tavolo. La signorina Christine era una bella donna, poco più grande di età di Frances a giudicare dall'aspetto, e sfoggiava un abito e una pettinatura all'ultima moda.
«Come le chiamavano quelle nuove prostitute alla radio?» sussurrò Frances all'orecchio di Harry, che quasi si affogò con lo champagne che stava bevendo.
«Per l'amor del Cielo, Frances!» tentò di rimproverarla, ma non riuscì a nascondere una risata sotto i baffi, che Frances accolse con approvazione.
«Suvvia, Harry, dimmi qualcosa!» lo supplicò sottovoce, stando attenta a non farsi sentire dal resto del gruppo immerso in una conversazione, «chi è quest'uomo? Da dove salta fuori?».
Harry sospirò e si mise in piedi. «Vieni con me» le disse, e insieme presero a passeggiare per il giardino che pian piano si andava svuotando.
«Il Tenente Becker è stato uno dei miei più grandi amici, forse il più importante in effetti. Ci conoscemmo nell'agosto del 1911, entrambi avevamo appena iniziato l'università a Oxford. Lui studiava Legge, mentre io come ben sai seguivo il corso di Economia, ma ci ritrovammo coinquilini nello stesso dormitorio. Diventammo come fratelli, Frances. Eravamo gli studenti più brillanti all'epoca, ma anche i più combina guai. Non perdevamo occasione di organizzare qualche scherzetto qua e là. Ma questo non ti interessa, non voglio che ti influenzi.
Comunque sia, passammo due anni meravigliosi insieme, diventando sempre più stretti, fin quando, ecco...»
«...fin quando? Continua!»
«Fin quando entrambi non ci innamorammo della stessa ragazza. Marion Bay, questo era il suo nome. Marion era una ragazza così intelligente, dolce, forse un po' troppo timida e discreta, ma questo insieme alla sua bellezza ci fece perdere la testa ad entrambi.
Io e Louis entrammo in competizione. Da fratelli, divennimo nemici e tutte le nostre azioni divennero finalizzate alla conquista di Marion».
Harry si fermò per fare una pausa e trasse un ultimo sospiro.
«Vinse lui, Marion scelse lui. Non lo riuscii mai a perdonare per aver messo una donna davanti alla nostra amicizia».
«Beh, sembrerebbe che tu lo abbia perdonato stasera. Cos'è cambiato? Come ti ha manipolato?» intervenne Frances furiosa.
«Non mi ha manipolato, Frances, al contrario: sono stato io codardo nei suoi confronti negli anni a venire. Al finire dell'università, Louis e Marion erano fidanzati ufficialmente, ma poco dopo lei si ammalò gravemente e morì in poco tempo, lasciando Louis straziato dal dolore e, per di più, con nessun altro al suo fianco. Non gli mandai mai neanche una lettera di condoglianze quando lo venni a sapere, all'inizio ero troppo orgoglioso, ma con il tempo me ne pentii amaramente. Quando l'ho visto stasera per la prima volta dopo anni, tutti questi sentimenti confusi sono ritornati a galla insieme, e non sapevo come comportarmi. Vedendolo insieme a te, poi... lasciamo stare. Ma sta di fatto che, più di chiedere lui il perdono a me, spettava farlo al contrario. E spero che possa essere sufficiente il mio rammarico».
Frances si sentì mortificata per il suo comportamento nei confronti del Tenente, e ancor di più nel vedere suo fratello così amareggiato. Gli posò gentilmente una mano sulla spalla e gli sorrise.
«Credo che anche lui non aspettasse altro, sai?» cercò di consolarlo, ammorbidendo finalmente l'espressione del fratello. Tornarono insieme al tavolo dove il gruppo di amici li stava aspettando e sedettero con loro, con Miss Charlotte intenta in una vivace conversazione con la nuova arrivata Miss Grenville. Frances gettò alle spalle il risentimento provato nei confronti della pianista e si comportò in modo cordialmente distaccato sia con lei che con il Tenente Becker. Non aveva dimenticato il tono adulatorio con cui egli le si era rivolto durante il loro ballo e poco prima che arrivasse la signorina Christine, con cui era evidentemente impegnato: non poteva che trattarsi di un donnaiolo spregiudicato. In più, non fu facile dimenticare il racconto di come voltò le spalle a suo fratello a causa di una donna, il ché la fece dubitare sul valore che il Tenente dava all'amicizia e delle sue intenzioni verso Harry, sbucando dal nulla dopo così tanti anni, specialmente dopo aver subìto lui il torto più grande tra i due.
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