6- Tutto per una promessa
Jeremy
Fa uno strano effetto varcare la soglia della casa: tra queste pareti non posso fare a meno di sentirmi estremamente inquieto.
Queste sono le stanze che hanno visto mia madre nascere, giocare, ridere, crescere... E non tornare più. Il solo pensiero mi fa rabbrividire.
Questo è il luogo che ha fatto da sfondo a tutto quello che successe, tutto ciò che ha sconvolto e annientato la vita normale che avrei potuto avere, e io sto per scoprire in cosa consistette quel qualcosa.
Una sgradevole sensazione di nausea mi piomba addosso assieme a mille altri pensieri: "E se non riuscissi ad accettare quello che mi verrà raccontato? Se fosse un qualcosa di così atroce da risultare insopportabile?"
No, devo essere forte, non ho aspettato tutti questi anni e percorso tutti questi chilometri per nulla.
Cominciando a guardarmi intorno per scacciare l'ansia noto che l'arredamento è raffinato ed elegante, abbastanza simile a quello della casa decisamente più piccola che abbiamo lasciato questa mattina a Wells: il buon gusto dei nonni è visibile anche qui.
«Vi accompagno di sopra, così vi sistemate», dice improvvisamente nonna Ada, mogia più che mai, rompendo il silenzio.
Io ed Emma allora la seguiamo lungo una ripida rampa di scale tirandoci dietro le pesanti valige, giungendo ad un piccolo corridoio sul quale si affacciano diverse stanze; la nonna si dirige verso una di esse e, aprendo la porta, ci invita ad entrare: si tratta di una camera molto semplice ma ben curata, nello stesso stile del resto della casa.
«Dovrete condividerla, ragazzi, a meno che uno di voi non voglia occupare quella che era di vostra madre», dice incerta la nonna.
Io ed Emma ci guardiamo: siamo d'accordo.
«No nonna, questa andrà benissimo per entrambi, non riusciremmo a stare nella camera della mamma, sarebbe troppo... Insomma nessuno di noi due se la sente», le risponde mia sorella.
«Certo, lo immaginavo, comunque se volete darci un'occhiata è quella in fondo al corridoio», dice guardando con estrema malinconia la porta che ci ha appena indicato.
«Ora disfate i bagagli, vi aspetto giù», continua prima di lasciarci soli.
«Emma, te la senti?» chiedo allora alla mia gemella cercando di non far trasparire l'angoscia che in questo momento mi sta divorando, ma fallendo miseramente.
«Siamo qui per affrontare il passato, non per fuggire da esso, Jeremy. Finalmente tutte le risposte che cerchiamo sono a portata di mano, adesso che siamo qui dobbiamo cercare di capire il maggior numero di cose possibili, quindi anche se sarà dura noi dobbiamo entrare lì dentro, sei d'accordo?» mi risponde lei guardandomi negli occhi.
Come al solito ha già capito tutto.
«Emma io non credo di farcela», le confido coprendomi gli occhi con le mani.
La verità è che mi vergogno a mostrarmi per quello che sono in realtà, nient'altro che un debole e un codardo, ma con Emma non ho bisogno di nascondermi e lei me lo dimostra anche questa volta: mi prende le mani e le allontana delicatamente dal mio viso per poi abbracciarmi.
«Tu sei più forte di quello che pensi, Jeremy, lo hai dimostrato innumerevoli volte: tu puoi sopportare questo e molto altro, io lo so», mi incita per poi staccarsi da me.
«Grazie sorellina, non so cosa farei senza di te», le rispondo grato per il coraggio che ogni giorno è capace di infondermi.
«Se mi chiami un'altra volta così te li puoi scordare gli incoraggiamenti la prossima volta!»
«Ok, ok, scusa!», rispondo alzando le mani in segno di resa.
Subito dopo chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo, poi mi avvicino alla porta rettangolare di legno scuro e poso una mano sulla maniglia in ferro.
«Pronta?»
«Si», dice Emma sorridendomi per darmi coraggio.
Quando apro la porta compaiono alla nostra vista un letto in un angolo della stanza, una scrivania in legno, scaffali pieni di libri e una finestra che dà sul bosco dietro la casa; racimolando un po' di coraggio faccio qualche passo all'interno seguito da Emma.
Subito noto che, su una mensola accanto alla scrivania, si trova una vecchia fotografia incorniciata che raffigura un gruppo di ragazze; una di loro è minuta, ha limpidi e gioiosi occhi castani e capelli color cioccolato, mossi e corti fino alle spalle: è la mamma quando aveva la nostra età.
Nella casa di Wells sono sparpagliate molte altre foto che la raffigurano, foto che testimoniano la vita di mia madre prima di imbattersi in ciò che poi la portò via per sempre, qualunque cosa fosse, dunque per fortuna conosco molto bene il suo viso a differenza di quello di mio padre.
Di lui so soltanto che i suoi occhi erano più azzurri del cielo e del mare messi assieme.
Per i primi minuti nessuno dei due riesce a parlare: stare qui dentro fa male, tanto, ancora di più di quanto avessi previsto.
Dio, vorrei così tanto essere più forte, più sicuro di me stesso... La verità è che Emma lo è molto più di me.
Sono io quello che ha sempre paura di fare le scelte sbagliate, che non è mai all'altezza della situazione, che è terrorizzato di rimanere da solo un giorno perché abbandonato da tutti.
Era da tanto che mi sentivo così a disagio con me stesso, nell'ultimo periodo a casa pensavo che le cose stessero migliorando. Mi prendo la testa tra le mani.
Forse se i miei genitori fossero ancora qui le cose sarebbero migliori, mi darebbero coraggio e fiducia in me stesso. Non che i nonni non lo facciano, ma...
«Avrei tanto voluto conoscerla», sussurro ad un tratto quasi senza accorgermene, con voce rotta, guardando la vecchia foto di mia madre assieme a quelle che credo siano alcune amiche.
«Si, pure io. E anche il papà», mi fa eco Emma con voce altrettanto triste.
«Emma! Guarda qui!» esclamo sforzandomi di scacciare i miei cupi pensieri non appena scorgo una piccola scritta sbiadita su un pezzetto di carta, dimenticato sulla scrivania da chissà quanto tempo.
Subito lo prendo in mano e glielo mostro.
«Aaron», legge lei.
«È il nome di papà!» dice sorpresa prima di cominciare a sorridere.
«Deve averlo scarabocchiato la mamma poco dopo averlo conosciuto!»
«Teoria interessante!» rispondo io prima di metterle in mano il biglietto.
«Tienilo tu», le propongo.
«Grazie Jeremy!» dice mettendoselo in tasca.
***
Dal momento che questa mattina ci siamo dovuti alzare molto presto, poco dopo cena siamo andati tutti a dormire, ma io non riesco proprio a prendere sonno: mi rigiro continuamente nel letto senza trovare pace, ho troppi pensieri per la testa per addormentarmi.
Oggi per me è stata una giornata davvero molto intensa: tornare qui ha fatto riaffiorare dentro di me demoni che reputavo sconfitti già da tempo; raggiungere
la verità sarà molto più difficile del previsto per me.
I respiri regolari di Emma dall'altra parte della stanza mi fanno capire che lei si è già addormenta profondamente: "Beata lei..." penso sospirando.
Ad un tratto dei rumori spezzano la quiete della notte, rumori provenienti dal corridoio, così incuriosito esco piano dal letto e mi affaccio fuori dalla mia camera.
Subito mi accorgo che la porta della stanza dei nonni, quella di fronte alla nostra, è socchiusa: sono le loro voci che ho sentito; stanno discutendo piuttosto animatamente, anche se moderando il tono per non svegliarci.
Ignorando la coscienza che cerca di convincermi a non origliare, mi avvicino di soppiatto per sentire meglio quello che sta succedendo.
È stano, i nonni di solito non litigano mai: venire qui deve averli scombussolati parecchio, sinceramente non capisco proprio il motivo della loro scelta.
«James, stiamo sbagliando tutto, non te ne rendi conto? È una follia! Non dovevamo neanche pensare di tornare qui!»
«Ada, lo abbiamo giurato, è la cosa giusta da fare anche se non ci piace! Lo dobbiamo ad entrambi, non possiamo deluderli così!»
«Ma ti rendi conto di quello che stai dicendo? Nostra figlia è morta! Morta! Non è un gioco, vuoi davvero esporli a un così grande pericolo?»
«Se non lo facciamo la morte di Claire sarà stata completamente inutile! Lei è morta ponendo fiducia nel fatto che giunto questo momento noi avremmo fatto ciò che lei ed Aaron ci hanno chiesto!»
«Possibile che non te ne importi nulla di loro? Come fai ad essere così crudele? Io non ti riconosco più, James!»
«Ada, ti prego, non piangere... Pensi davvero che non mi interessi, che io non voglia loro bene? Li amo infinitamente e tu lo sai benissimo! Ascoltami, noi non possiamo capire quello che spinse nostra figlia a fare ciò che ha fatto, sappiamo solo che teneva a quel mondo e a quella gente più che alla sua stessa vita e noi dobbiamo accettarlo.»
«Non voglio perderli, James, non voglio... Mi hanno già portato via per sempre Claire, non potrei sopportare che anche loro vadano incontro allo stesso destino pur potendo evitarlo!»
«Anche a me piange il cuore, Ada, ma sapevamo fin dall'inizio che questo giorno sarebbe arrivato, non possiamo tirarci indietro ora. Claire amava i suoi figli, se avesse ritenuto che quel mondo fosse troppo pericoloso per loro non ce lo avrebbe chiesto. Dobbiamo fidarci di lei e rispettare le sue volontà.»
«Maledetta quella volta che abbiamo comprato questa casa!» sbotta allora la nonna, stavolta alzando davvero la voce carica di disperazione.
In questomomento le assi di legno sotto miei piedi scricchiolano e così, per evitare difarmi trovare lì acquattato come un ladro, torno velocemente in camera mia e mirimetto a letto. Sono davvero sconvolto. Di cosa diamine stavano parlando?Quali pericoli pensano che io ed Emma corriamo qui? E se questo è un postopericoloso, perché diamine ci siamo venuti?
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