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37- La sentenza

Jeremy

«No, Emma, mi dispiace. Non posso credere al fatto che mamma e papà fossero d'accordo con quel pazzo: è assolutamente fuori discussione! Questi sono solo scherzi che ti gioca la mente per difendersi dal dolore!»

«È stata la nonna ad aprirmi gli occhi, io non mi sono inventata nulla! Ma mi stai ascoltando? Jeremy, dobbiamo tornare a Yakamoz, dobbiamo scoprire la verità prima del processo!» insiste per la milionesima volta mia sorella.

«Quelle parole di nostro padre sul fatto di dover tornare indietro ad aiutare Altair potevano voler dire qualunque cosa, non provano niente!» ribatto io cercando di mantenermi lucido, ma ormai le mie certezze stanno crollando sotto il peso delle parole di Emma.

«Papà sapeva che Axel avrebbe distrutto i Nuclei, questo è certo! Dunque la sua affermazione non può voler dire altro: cancellare il giorno e la notte era necessario a causa di una qualche ragione che dobbiamo scoprire! L'unica alternativa è che mamma e papà fossero complici della malvagità di Altair, cosa che escludo a prescindere!» dice.

«Puoi per favore smetterla di considerare ancora Altair ed Axel come due entità distinte?!» sbotto improvvisamente, irritato e agitato per le novità emerse questa sera, novità che potrebbero cambiare tutte le carte in tavola. Di nuovo.

Nonostante le mie resistenze in fondo so che Emma ha ragione: se quello che ci ha riferito la nonna è vero dobbiamo assolutamente indagare per capire cosa accadde veramente: è nostro dovere farlo.

Solo quell'ultimo tassello ci dirà chi fossero davvero Ophrys e Claire. E anche Altair.

«Hai ragione, scusa», dice Emma smorzando tutta la carica che aveva caratterizzato il suo ruolo in questa nostra discussione fino ad ora, spegnendosi di colpo.

«Scusami tu, Emma», dico infine sospirando.

«Hai ragione, dobbiamo tornare indietro, ma tu non riaccendere vane speranze nel tuo cuore, d'accordo? Non c'è ancora nulla di scritto.»

«Credimi, Jeremy, non lo voglio fare perché tra me ed Axel le cose tornino come prima: anche se davvero un motivo valido c'era, questo non toglie che lui mi abbia mentito per tutto il tempo. Un vaso rotto rimane rotto, aggiustarlo vorrebbe dire ritrovarsi con un fragilissimo contenitore tra le mani, il che non è proprio ciò di cui ho bisogno io. Voglio solo la verità, la voglio per mamma e papà, la voglio perché una persona sia giudicata in maniera giusta, avendo tutte le informazioni necessarie per poterlo fare. Solo questo», afferma lei, forse cercando di convincere più sé stessa che me.

«Certo, è come dici tu», decido di darle corda.

«Domani mattina allora torneremo a Yakamoz», concludo sporgendomi verso il comodino per spegnere l'abat-jour che rischiara la nostra camera; per fortuna l'alone luminoso che mi circonda sembra non disturbare Emma che, dopo avermi dato la buonanotte, si gira su di un fianco nel letto dall'altra parte della stanza per provare a dormire. Dubito che stanotte qualcuno di noi ci riuscirà.

***

La mattina seguente veniamo svegliati dal rumore di un cellulare che squilla; io ed Emma ci tiriamo a sedere ancora assonati, scambiandoci un'occhiata stranita nella pallida luce del primo mattino.

Poi improvvisamente ricordo: ieri sera per curiosità ho messo a caricare il mio telefono, che ora deve essersi acceso; mi affretto dunque ad afferrarlo, ma ormai chiunque mi stesse chiamando ha desistito.

Per la prima volta dopo un mese allora faccio scorrere le dita sullo schermo, un gesto che un tempo per me era estremamente naturale, mentre ora lo sento come un qualcosa di estraneo, un qualcosa che non vorrei mai più tornare a fare centinaia di volte al giorno.

"Perché diavolo lo usavo così tanto?" penso un attimo prima che centinaia di notifiche appaiano sullo schermo, sia tra le chiamate perse che tra i messaggi; dovevamo aspettarcelo... Anne ed Ezra hanno insistito nel provare a contattarci ogni singolo giorno dalla nostra partenza.

Un moto di tristezza mi invade il petto nel pensare a loro... Chissà cosa avranno pensato di noi in questo mese.

«Allora, chi era?» mi chiede Emma dal momento che sto fissando da parecchi secondi la sfilza di messaggi pieni di richieste di spiegazioni alla nostra sparizione.

«Ezra... Lui ed Anne hanno provato a contattarci in tutti i modi durante il nostro "viaggio"» le spiego.

«I nostri unici amici... Cosa facciamo, Jeremy? A questo punto è ovvio che noi non torneremo a Wells, non possiamo farlo, così come non possiamo dire loro la verità, ma non sarebbe neanche giusto sparire così, non se lo meritano!» afferma lei alzandosi e venendosi a sedere sul bordo del mio letto.

«E se a loro lo dicessimo? Che male potrebbe esserci in questo? Sono solo due persone in fondo...» rifletto non riuscendo ad accettare fino in fondo la cosa.

«Non mi va di mentire loro, né tantomeno sparire così dalle loro vite», concludo infatti.

«Pensa come un Guardiano, Jeremy: Anne ed Ezra sono solo due di Fuori, questo è vero, ma sono due di Fuori che possono parlare, raccontare. Potrebbero anche giurarci di non dire nulla a nessuno, anzi, sono certa che lo farebbero e che sarebbero sinceri, ma il rischio è troppo grande, non credi?» cerca di farmi riflettere mia sorella, a ragione.

«È vero che ai nonni era stato raccontato tutto, ma stavolta è diverso.»

«Già... Non dobbiamo dimenticare che l'unica difesa del Mondo oltre l'Arcata è una barriera che lascia entrare chiunque», ammetto.

«Però qualcosa dovremmo pur raccontare per giustificare il nostro comportamento, la nostra scelta di non tornare più...»

Emma allora apre la bocca per dire qualcosa, ma non fa in tempo a pronunciare una sola sillaba perché il cellulare inizia a squillare ancora: questa volta è il nome di Anne a comparire sotto ai nostri occhi.

A me ed Emma basta allora un solo sguardo per prendere una decisione: con mano tremante pigio il bollino verde, inserendo al contempo il vivavoce.

«Pronto», diciamo contemporaneamente, agitati più che mai.

«Cosa... Emma, Jeremy... Siete davvero voi?!» grida dopo qualche istante l'acuta voce squillante di Anne: la sua emozione è palpabile, è chiaro che non si aspettava una risposta.

«Ezra, corri, hanno risposto! Hanno risposto!» grida lei ancora.

«Anne, sì, siamo noi», dice allora Emma mentre un sorriso nostalgico le si apre sul viso.

«Oh ragazzi, ma si può sapere che cazzo è successo lassù a York?! Voi non potete capire quanto siamo stati in pena! Un mese e mezzo senza uno straccio di segnale di vita... Credevamo che vi fosse successo qualcosa di orribile!»

«Ragazzi, ma allora siete vivi! Porca puttana che sollievo!» si inserisce improvvisamente la voce di Ezra.

«Non sapete quanto ci dispiace di essere spariti così, ma ecco, vedete, durante tutto il tempo siamo stati in un posto dove nessun tipo di cellulare avrebbe mai potuto funzionare», dico cercando di misurare le parole.

«Non c'era campo? I vostri nonni vi hanno per caso portati a fare campeggio tra le montagne?!» ci chiede allora Anne, chiaramente confusa.

«Anne, ora come ora questo non è importante!» interviene Ezra.

«Piuttosto, diteci, avete scoperto la verità?» ci chiede poi senza giri di parole.

Io ed Emma ci scambiamo uno sguardo e sospiriamo, poi lei prende la parola.

«Anne, Ezra, ascoltatemi. Quando siamo arrivati qui ci è successa una cosa, una cosa davvero molto grande che ci ha portati a trovare la verità, questo sì, ma che ci ha condotti anche a tanto altro. Abbiamo capito il perché i nonni non ci hanno mai potuto dire la verità, ed è un motivo valido, questo ve lo assicuro, ma è anche lo stesso motivo per cui anche noi adesso siamo obbligati a non dire niente a voi.»

«Se lo facessimo molte persone sarebbero in pericolo... E poi lo abbiamo giurato», intervengo io.

«Ci dispiace, ragazzi, davvero. Se dipendesse da noi non vi nasconderemmo niente, ma non è così purtroppo», continuo.

«Ci state per caso prendendo per il culo?» sbotta allora Ezra, iniziando ad alterarsi.

Il suo tono ci fa male, certo, ma mai quanto le nostre parole ne stanno facendo ai nostri amici di una vita, di questo ne siamo entrambi consapevoli.

«Che cazzo vuol dire tutto questo? I vostri genitori facevano parte di una sorta di setta a cui adesso vi siete aggiunti anche voi?!» continua lui dall'altro capo della linea.

«Ezra, no...» dico.

«È vero, i nostri genitori facevano parte di qualcosa a cui ora ci siamo uniti anche noi, ma non è nulla che somigli ad una setta; più di questo non posso dire, perdonami.»

Per lunghissimi secondi è solo silenzio ciò che io ed Emma sentiamo provenire dai nostri amici. È evidente che nessuno dei due trova più qualcosa da dire.

«Quando tornate?» spezza infine il silenzio Anne, la voce rotta dal pianto.

«Non possiamo tornare, Anne, almeno non per il momento. La nostra vita non appartiene più a questo mondo, è qualcosa di più grande di noi a renderlo necessario», dice Emma con voce altrettanto spezzata, lasciandosi scappare quel qualcosa di troppo che però potrebbe convincerli a desistere.

«Ma voi lo volete? È davvero ciò che volete fare parte di questa cosa dei vostri genitori? Non vi stanno costringendo a fare nulla, vero?» continua lei, preoccupandosi per noi anziché arrabbiarsi come Ezra: ed io per questo le sono infinitamente riconoscente.

«Oh, no, nessuno ci costringe: qui abbiamo trovato la nostra strada, il posto a cui apparteniamo davvero. Noi vogliamo con tutto il cuore fare parte di tutto questo», le spiego io.

«Allora va bene... Ma non possiamo neppure venire a trovarvi?» ci chiede lei.

«Con le dovute precauzioni, non vedo perché voi un giorno non possiate venire a Boundary», afferma la mia gemella.

«Questo non è un addio, ragazzi, un giorno ci rivedremo, questo lo sento dentro, nell'anima. Non potremo raccontarvi molto, ma vedervi ancora ci riempirebbe il cuore di gioia», conclude.

«Allora voi aspettateci, così come noi aspetteremo voi. Un giorno ci abbracceremo ancora, questa è una promessa!» dice Anne con solennità.

«Sì, è una promessa», ci sorprende anche la voce di Ezra.

«Grazie della comprensione, ragazzi, siete gli amici migliori che potessimo mai desiderare. A presto», dico chiudendo la chiamata.

***

Dopo aver salutato ancora una volta i nonni, ovviamente promettendo loro di fare ritorno il prima possibile, ci siamo rimessi in marcia per Yakamoz.

Non abbiamo un'idea precisa di quello che faremo una volta arrivati là, ma immagino che chiederemo ad Alhena il permesso di parlare con Altair, spiegandole le ragioni dei nostri dubbi.

L'odio della Guardiana nei confronti del Notturno è però veramente molto forte: speriamo davvero che ci conceda almeno di provare a investigare, speriamo che si persuada del fatto che la verità potrebbe essere diversa da come tutti l'hanno conosciuta finora.

Oltrepassare nuovamente il Confine per fortuna non ci fa perdere i sensi come la prima volta, ma l'effetto di stordimento che si abbatte su di noi ci accompagna per diversi minuti, almeno finché non raggiungiamo il portale invisibile sulla Lunga Strada.

Questa volta decidiamo di recarci direttamente nel cuore della Città della Notte per non perdere troppo tempo; dopo averlo stabilito io ed Emma saltiamo contemporaneamente nel vortice che ci attira verso di sé segnalando così la sua presenza.

Quello che ci aspetta a Yakamoz tuttavia non è assolutamente quello che ci aspettavamo.

«Perché tutta questa gente per le strade?» dice Emma, confusa quanto me.

«Oltre ai Notturni ci sono anche un sacco di Diurni. Questo non ha senso, a meno che...» le rispondo mentre un dubbio mi colpisce, lo stesso dubbio che ora anche Emma mostra di aver intuito.

«Alhena ci ha assicurato che il processo si sarebbe tenuto non prima di una settimana... Non può averci mentito così! Vorrebbe dire che la sua insistenza nell'allontanarci era dovuta al fatto di non volerci qui durante l'emissione della sentenza!» riflette lei impallidendo di colpo.

«Pensi davvero che Alhena ci abbia fatto una cosa del genere? E Anthemis? Se davvero fosse così anche lei doveva essere d'accordo», dico turbato.

«Forse hanno pensato che per noi sarebbe stato troppo penoso assistere all'eventuale esecuzione di quello che credevamo un nostro amico», afferma Emma provando a dare un'interpretazione dei fatti.

«Non è importante il perché, Emma! Se davvero il processo è in corso dobbiamo muoverci!» dico afferrando mia sorella per un braccio e trascinandola con me seguendo il fiume di gente che sembra dirigersi verso una delle piazze principali della città.

«Signore, potrebbe dirmi dove si svolgerà il processo?» chiedo ad un Notturno con una bimba sulle spalle che come noi sta cercando di farsi largo tra la folla.

Quello non appena vede me ed Emma sgrana gli occhi.

«Voi... Voi non siete i figli di...»

«Sì, siamo noi, però adesso abbiamo molta fretta, la prego, ci dica dove stanno processando Altair!»

«Non volete perdervi l'esecuzione dell'assassino dei vostri genitori, vero? Lo immagino, per voi deve essere stata così dura! Ad ogni modo vi devo ringraziare a nome di tutta la mia famiglia per...»

«La prego, ci dica dove!» insisto io con forza interrompendo nuovamente i suoi discorsi completamente inutili.

«In Piazza dei Rubini, ma...»

«Grazie!» grido allora per poi ripartire assieme ad Emma facendomi strada tra quest'impressionante marea umana, con il cuore in gola.

Emma se possibile è ancora più agitata di me e posso capirne il motivo: se dovessimo arrivare tardi...

Finalmente dopo minuti che paiono interminabili raggiungiamo la piazza indicataci, effettivamente la più Grande di Yakamoz; delle transenne sorvegliate da guardie tengono la folla lontana dal centro di essa, spazio in cui sono stati montati due palchetti in legno: su ognuno di essi stanno una decina di persone, Notturni da una parte e Diurni dall'altra, capitanati ognuno dalla propria Guardiana.

Lo sguardo di Alhena è duro e freddo, mentre quello di Anthemis sembra urlare la sua sofferenza più forte di qualunque grido: possibile che nessuno se ne accorga? Come si può essere tanto crudeli da mettere una madre in questa posizione? A presiedere una giuria ad un processo già scritto contro il proprio figlio? Perché Alhena non le ha consigliato di delegare qualcuno in sua vece? Da un lato Altair è pur sempre suo figlio, dall'altro è l'omicida di suo marito e forse anche del suo primogenito naturale... Come potrebbe non sentirsi spezzata in due?

Mentre penso a tutto ciò lo sguardo mi si posa su di una figura accovacciata più in basso, sul selciato della piazza: inginocchiato ai piedi dei due palchi, legato con quelle strane corde bianche e luminose che avevo già visto nel momento della sua cattura, si trova Altair. Ormai ciò che rimane di lui non è altro che l'ombra di quello che era stato: ha i vestiti a brandelli, i capelli sporchi e annodati, il viso gonfio e tumefatto da scuri lividi violacei, il labbro spaccato e sanguinante; tiene gli occhi aperti a stento, da un momento all'altro potrebbe lasciarsi cadere a terra per non alzarsi più, questo è evidente... Nelle celle di Yakamoz le guardie devono essersela spassata parecchio in questi giorni.

Anche se non sono ancora certo della sua innocenza non posso fare a meno di provare una grande pena per lui, oltre che rabbia.

Rabbia nei confronti di coloro che hanno compiuto quelle violenze e nei confronti di chi le ha permesse.

Nessuno merita un trattamento del genere, specie prima dell'emissione di una giusta sentenza. Capisco l'odio degli abitanti di questo mondo nei confronti di Altair, covato nel cuore per anni interi di penombra e assenza di magia, ma questo non doveva succedere. Questo mondo è bellissimo, sì, ma ha bisogno di migliorare ancora, questo è fuori discussione.

Gli occhi di Emma nel momento in cui si posano su di lui si riempiono istantaneamente di lacrime e le sue mani si stringono forte attorno alle transenne di legno: in cuor suo è già convinta dell'innocenza del suo Axel, questo è chiaro.

Se fosse così potrebbe non perdonarlo per le sue bugie, certo, ma senza dubbio non lo vorrebbe mai né morto né ridotto in quello stato.

«Jeremy, dobbiamo fare qualcosa! Dobbiamo fermare tutto!» afferma Emma, agitata ma allo stesso tempo risoluta.

«Calma, Emma... Non possiamo di certo bloccare tutto così! Innescheremmo una rivolta istantanea! La gente aspetta da anni questo momento e di certo non crederà a nessuna delle nostre perplessità circa lo svolgimento dei fatti! Hai sentito il Notturno di prima: dava Axel già per condannato!»

«Non possiamo di certo rimanere qui a guardare senza fare niente mentre Axel viene condannato a morte senza tutte le prove!» sbotta lei.

«Dobbiamo parlare con Alhena, anzi, soprattutto con Anthemis! Lei è l'unica che fermerebbe tutto se sapesse che abbiamo delle prove che potrebbero scagionare e riabilitare suo figlio! Inoltre ha l'autorità per farlo: se riuscissimo ad avvicinarla senza per questo interrompere il processo...»

«Hai ragione», le rispondo io.

«Dobbiamo raggiungere la scala del suo palco: le guardie ci faranno passare quando ci riconosceranno!»

«Bene, andiamo allora!»

Così ricominciamo a farci strada tra la massa di persone per fare il giro della piazza, ma ogni passo conquistato ci costa minuti interi di spintonamenti e gomitate.

Non siamo ancora a metà strada quando la voce della Guardiana della Notte riempie la piazza, dando inizio al processo.

«Siamo qui oggi per stabilire quale sia la migliore pena da far scontare al qui presente Altair, figlio adottivo di Corylus, il quale diciassette anni fa si macchiò dei crimini che tutti conoscete, ma che per correttezza ricapitoleremo. Nel giorno infausto dello scontro tra Yakamoz e Komorebi, il suddetto Altair rubò e distrusse i due oggetti più sacri del nostro mondo, pienamente consapevole delle conseguenze che i suoi atti avrebbero avuto tanto sulla Gente del Giorno, che lo crebbe, tanto su quella della Notte, a cui apparteneva e si diceva fedele.

Oltre a ciò quello stesso giorno, sotto agli occhi di tutti, pugnalò a morte Corylus, Guardiano del Giorno e suo padre adottivo: questo fatto tuttavia, per quanto estremamente riprovevole dal punto di vista umano, non può considerarsi punibile in quanto accaduto durante una battaglia in cui i due soggetti in questione combattevano su schieramenti opposti. Tuttavia, il secondo omicidio da lui perpetrato è assolutamente giudicato meritevole di condanna: Altair, dopo avere assassinato Corylus, colpì a morte anche Deneb, Guardiano della Notte e, è bene che ormai tutti voi lo sappiate, suo padre biologico.»

A queste parole di Alhena un enorme boato scuote la piazza, tanto che io ed Emma siamo costretti a portarci le mani alle orecchie.

«A morte! A morte!» inizia a gridare la folla, ormai inferocita, impedendoci di proseguire nella nostra lenta avanzata verso il palco dei Diurni.

La situazione ormai si sta facendo sempre più critica.

«Silenzio!» grida allora Anthemis dalla sua posizione rialzata e dominante, talmente forte che mi chiedo se stia usando una qualche magia per amplificare il volume della propria voce. Incredibilmente quasi tutti ubbidiscono all'ordine della Guardiana del Giorno, tacendo e calmandosi.

«Non è vostro compito stabilire la sentenza! Saranno le giurie qui presenti a farlo in vostro nome! Giurie che, come sapete, sono state scelte estraendo a sorte tra tutti i membri adulti delle due Genti!» continua lei, imperterrita, tentando di dare sfoggio di tutta la sua forza e, soprattutto, imparzialità.

Solo adesso capisco. Anthemis ha precisamente voluto salire su quel palco: la sua posizione di Guardiana era già fragile per via del suo legame con Altair, non prendere parte al processo avrebbe fatto pensare a molti che si fosse schierata al fianco di suo figlio. Per lei allora sarebbe stata la fine.

«Jeremy, forza, continuiamo a camminare finché la gente è calma!» mi incita Emma, così riprendiamo ad avanzare.

«Bene», riprende Alhena.

«Altair, prima che le giurie si esprimano, hai qualcosa da dire in tua discolpa? Hai la possibilità di provare a difenderti.»

Continuando ad avanzare io ed Emma tendiamo le orecchie per cogliere le parole di Axel, sperando che dica qualcosa, che spieghi come stanno le cose in realtà... Ma niente di tutto questo succede: per lunghissimi secondi non una sillaba esce dalla bocca del Notturno al centro della piazza.

«Non ho niente da dire», afferma infine facendo perdere un battito sia a me che a mia sorella, che ci guardiamo allibiti: possibile che la speranza della sua innocenza ci abbia tratto così tanto in errore? Possibile che la nonna ricordasse male?

"Ma no, è impossibile, Axel stesso aveva affermato di poter spiegare ogni cosa! Perché non lo fa adesso che ne ha la possibilità?" penso senza fermare la mia avanzata.

Poi però ripenso al tono con cui il Notturno ha appena pronunciato quelle poche parole: il tono di una persona che non ha più niente per cui vivere.

Se davvero Axel dovesse essere in qualche modo innocente, in ogni caso è consapevole che nessuno ormai gli crederebbe: l'odio nei suoi confronti è troppo alto. Inoltre ha dovuto vivere in totale isolamento per anni, con tutto il suo mondo che malediva il suo nome per un crimine che era necessario, un crimine che magari quel mondo lo aveva pure salvato. Oltre a tutto questo anche il dolore per la morte di Ophrys, suo fratello e migliore amico, e la recente consapevolezza del fatto di aver perso per sempre anche Emma.

Se davvero Axel è innocente, è ovvio che ormai la morte gli appaia come l'unica strada da percorrere per liberarsi da tutta questa sofferenza.

O forse è semplicemente colpevole, ma questo deve essere accertato prima della sentenza.

«D'accordo, Altair, hai avuto la tua occasione», dice Alhena, visibilmente soddisfatta della piega che stanno prendendo le cose.

Sollevando lo sguardo su Anthemis, invece, scorgo su di lei solo una grande delusione: probabilmente sperava che Axel esponesse delle motivazioni che lo avrebbero scagionato. Ad ogni modo ora è lei ad essere costretta a prendere la parola.

«Giuria del Giorno, Giuria della Notte, è il momento di votare. Le opzioni sono tre: assoluzione, carcere perpetuo, oppure... oppure morte», dice, non potendo non esitare su quell'ultima parola.

«Chi vota a favore dell'assoluzione dell'imputato?» domanda poi proprio nel momento in cui, finalmente, io ed Emma raggiungiamo le transenne ai piedi del palco, nel punto in cui si trova un passaggio sorvegliato da una guardia del giorno, un uomo di circa trent'anni alto e ben piazzato.

Nessuna mano si solleva.

«Siamo i nipoti di Anthemis, lasciaci passare, dobbiamo parlare urgentemente con la Guardiana!» dice Emma rivolgendosi alla guardia, la quale però non sembra intenzionata a lasciarsi persuadere.

«So chi siete, ma non sono autorizzato a farvi passare. Non potete di certo interrompere il processo! Mettetevi comodi e godetevi la condanna di quel assassino invece di fare tante storie!» dice quello, guardando trucemente Emma.

«Bada a come parli, guardia!» sbotto allora io, non vedendoci più dal nervoso e dall'angoscia che mi divora.

«Siamo i figli del principe Ophrys ed io sono l'erede di Anthemis, non ti permetto di mancarci di rispetto! Facci passare, è un ordine!»

«Chi vota invece per il carcere perpetuo?» continua nel frattempo la voce della Guardiana del Giorno, un po' meno salda di prima; anche questa volta nessuna mano si solleva.

«Da quanto mi risulta Anthemis non ha ancora fatto alcuna dichiarazione ufficiale a riguardo. Potete dire qualunque cosa, ma io non prenderò mai ordini dalla puttana di Altair o da suo fratello!» la guardia non riesce neanche a terminare la frase perché Emma lo colpisce senza esitare con un manrovescio.

«È solo grazie a noi se questo mondo è ripartito e se tu hai avuto indietro i tuoi poteri, maledetto stronzo!» grida poi, furente e punta nel vivo.

«Chi vota per la condanna a morte?» dice infine Anthemis, a stento controllando la voce. Tutte quante le persone facenti parte delle due giurie sollevano una mano. Alhena sorride.

«Questa me la paghi, troia!» grida la guardia portandosi una mano al viso, ma ormai la nostra attenzione non è più minimamente rivolta a lui.

È troppo tardi. Ormai solo una cosa rimane da fare: io ed Emma ci guardiamo per un attimo, poi iniziamo a gridare.

«Fermi! Anthemis! Ascoltaci, abbiamo delle cose importanti da riferirti!»

Di colpo tutta l'attenzione della piazza si rivolge verso di noi: centinaia di occhi ci fissano basiti, più di tutti quelli delle due Guardiane.

Anche Axel ha sollevato il viso nella nostra direzione: la sua espressione è talmente sorpresa che probabilmente starà pensando di avere un'allucinazione.

«Emma, Jeremy...» dice Anthemis spezzando l'innaturale silenzio che è si è venuto a creare.

«Guardia, lasciali passare!» ordina dopo alcuni secondi, riprendendo il controllo della situazione.

L'uomo in bianco allora non ha altra scelta che scansarsi dall'apertura fulminandoci con lo sguardo.

Rapidamente saliamo i pochi gradini che conducono al palchetto e ci avviciniamo ad Anthemis, sotto gli sguardi sorpresi di buona parte della popolazione di questo mondo.

«Ragazzi, ma siete forse impazziti?! Che cosa ci fate qui?» ci chiede a bassa voce affinché nessuno possa sentire.

«Anthemis, abbiamo buoni motivi per credere che ci fossero delle cause ben precise sotto alle azioni di Altair! Non fu pura malvagità, era tutto un piano di cui erano a conoscenza anche i nostri genitori e Deneb! Dobbiamo indagare più a fondo prima di condannarlo!»

Alle nostre parole un lampo di speranza si accende negli occhi verde-azzurri di Anthemis, un lampo che subito contagia anche noi: forse non è troppo tardi.

Tutto questo però ha vita breve: la Guardiana infatti torna presto ad incupirsi.

«Ma ragazzi... Come potete dire questo? Altair stesso non ha detto nulla in sua difesa, ed io ero presente quando lui uccise Corylus e Deneb, io ho visto!» afferma la Guardiana, una disperazione crescente nella voce.

«Non stiamo dicendo che non fece le cose di cui è accusato! Stiamo dicendo che c'era un motivo dietro a tutto! Un motivo che potrebbe essere più che valido a giustificare Altair! Nostra nonna ha affermato che Ophrys, dopo averci consegnati in fasce a lei e al nonno, quando Claire già era stata uccisa, disse di dover tornare ad aiutare suo fratello!» insisto io.

«Dobbiamo almeno provare a farci ascoltare! Non possiamo permettere che Altair venga ammazzato senza essere certi della verità!» afferma poi Emma, decisa.

«Questo è sicuro, Emma. Se le cose stanno così questa sentenza non può essere valida!» afferma Anthemis tornando ad illuminarsi.

«Lasciate fare a me.»

La Guardiana allora torna a voltarsi verso il suo popolo, pronta a tentare il miracolo.

Axel invece continua a spostare lo sguardo tra me, Emma, ed Anthemis, confuso e terrorizzato.

«Gente del Giorno, Gente della Notte, illustri giurie, ascoltate. Ho appena appreso che questa sentenza va annullata immediatamente: sono emerse infatti nuove prove da vagliare attentamente e con cognizione di causa. Procederemo a nuove indagini, in seguito le giurie saranno riconvocate.»

«Anthemis ma che diamine stai dicendo?» sbotta furibonda Alhena dall'altro palchetto mentre la folla inizia a gridare il suo disappunto.

«A morte subito! A morte subito! Vuoi solo prendere tempo per salvare quel cane di tuo figlio!»

Prima che chiunque di noi riesca a fare qualunque cosa, scoppia il caos.

«Se non lo ammazzate voi ci penseremo noi!» urla ancora la folla mentre in molti cercano di scavalcare le transenne, trattenuti a stento dalle guardie che tentano di difendere il perimetro. Sfere di energia, sia blu che bianche, iniziano a volare per la piazza, scagliate sia dai ribelli sia dalle guardie che tentano di fare del loro meglio per arginare il pericolo. Coloro che vengono colpiti rimangono al suolo.

Nonostante la loro maggiore preparazione in ambito di magia e combattimenti, tuttavia, le guardie sono in netta minoranza.

Axel in tutto questo continua a non reagire: se ne sta inginocchiato, immobile, lo sguardo spento e vuoto piantato al suolo, il corpo scosso da leggeri brividi.

«Che cosa facciamo adesso?!» dice Emma portandosi le mani tra i capelli, impaurita quanto tutti noi.

Ma proprio mentre Anthemis sta per aprire bocca, forse per proporre qualcosa, la gente nella piazza, non riuscendo a sfondare le difese delle guardie, inizia a scagliare contro Axel tutto ciò che capita a tiro, arrivando addirittura a strappare pietre e ciottoli dal selciato.

«Assassino! Parricida!» gridano tutti, ma il Notturno non sembra neppure sentirli.

Pochi istanti dopo, tuttavia, molti oggetti tra cui qualche pietra arrivano a colpirlo, facendolo stramazzare al suolo.

«Axel, no!» grida allora Emma impallidendo di colpo.

Così, senza che io possa fare niente per fermarla, in un attimo salta giù dal palco per raggiungerlo, cercando di proteggersi la testa dai colpi a cui ora è esposta tanto quanto lui. 

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