22- Prime verità
Emma
«Hey, non ti pare di essere qui da sola da un po' troppo tempo?»
A queste parole sollevo il viso, fino a un attimo fa posato sulle mie ginocchia piegate, e tento di sorridere al mio gemello, che nel frattempo si è seduto di fronte a me osservandomi attentamente.
«Avanti, dimmi tutto, come hai sempre fatto. Che hai combinato con Axel?»
«Oh Jeremy...» inizio con voce ancora rotta e l'animo pesante.
«Io... Noi... Ci siamo baciati, prima, quando sono andata a chiamarlo. Non so che mi sia preso!»
«Hai una cotta per lui, questo è evidente», continua mio fratello in tono dolce e comprensivo dopo qualche istante, lasciandomi interdetta per un attimo.
«Io non lo so, in fondo lo conosco da pochissimo e non so quasi nulla sul suo conto, come prima ho avuto modo di sperimentare, eppure...»
«Eppure lui ti fa provare cose che non avevi mai sentito per nessuno, giusto?» mi precede.
Non posso che annuire. Ormai è chiaro quale direzione abbiano preso i miei sentimenti.
«È stato bello almeno?» continua maliziosamente, facendomi diventare rossa e imbarazzata come non mai.
«Jeremy!» grido distogliendo lo sguardo e puntandolo a terra, anche se non posso impedire che un grande sorriso si apra sul mio viso.
«Allora? Sto aspettando.»
«Si, è stato molto bello», affermo convinta tornando a guardarlo negli occhi.
«Certo che lui è stato davvero uno stronzo a baciarti sapendo di starti tenendo nascoste ancora troppe cose...» riflette mio fratello ad alta voce facendomi sospirare e scuotere la testa.
«No, lui la prima volta mi ha fermata proprio per questo motivo... È che a me non è importato e l'ho fatto lo stesso», confesso vergognandomi di me stessa.
«Ho seguito solo il cuore dimenticando completamente la testa, anzi, la testa proprio non si è fatta sentire. È tornata in vita solo quando ho visto Axel fare quella magia per salvarti.»
«Beh, Emma, mi dispiace dirtelo ma allora la colpa è solo tua, non puoi di certo essere arrabbiata con Axel dal momento che è stato così onesto con te, non ti pare?»
«Hey ma non eri tu quello che lo odiava e non si fidava di lui?» dico ridacchiando e gettando addosso a mio fratello delle foglie secche, facendolo scoppiare a ridere.
«Dico solo che se fosse stata una cattiva persona si sarebbe approfittato di te e dei tuoi sentimenti senza tanti scrupoli, invece non lo ha fatto. Questo per me gli fa guadagnare un bel po' di punti!»
«Sì, hai ragione, qui la colpa è soltanto mia», affermo sollevando le spalle.
«Dopo gli parlerò.»
«Abbiamo anche qualcos'altro di cui parlare col caro Axel, credo», dice Jeremy tornando serio.
«Prima gli ho parlato, gli ho detto chi era nostra madre. Lui la conosceva, Emma, ha detto che lei è stata una delle sue più care amiche. E conosceva anche papà.»
Per i primi quindici secondi, non riesco a proferire parola.
«Cosa?» riesco a dire poi in un sussurro.
«Era sconvolto, ha completamente perso le staffe quando ha capito chi siamo davvero. Ha cominciato a blaterare che era sicuro di averci visti morti accanto ai nostri genitori quel giorno, che non era possibile che noi fossimo davvero figli di Claire e Aaron. Si è convinto davvero solo quando mi ha chiesto se siamo gemelli. A proposito, perché non glielo hai detto?»
«Non mi è neanche venuto in mente, non pensavo fosse importante specificarlo...» dico, ancora piuttosto scossa.
«Vedi, lui allora non è l'unico ad averti tenute nascoste delle cose!» ci tiene a sottolineare.
«Comunque ha detto che ci racconterà tutto al suo ritorno.»
«Quindi Axel ci ha visti quando eravamo ancora in fasce? Prima che venissimo affidati ai nonni?»
«Credo proprio di sì, Emma. Pensa, probabilmente ti ha anche tenuta in braccio!» afferma scoppiando a ridere mentre io torno ad arrossire.
«Hey non c'è niente da ridere! È imbarazzante!» Lo rimprovero decisamente a disagio. Questa cosa mi fa sentire davvero strana.
«Emma, pensaci un attimo, fra pochissimo conosceremo tutta la verità su mamma e papà, ci pensi?» cambia fortunatamente discorso Jeremy placando le risa e tornado serio.
«Già, alla fine ce l'abbiamo fatta», confermo un attimo prima di sentire la voce di Axel che ci chiama.
Subito il mio povero cuore accelera il suo ritmo, le mie guance tornano ad imporporarsi al sentire di nuovo la sua voce e la mia mente non può fare a meno di farmi passare davanti agli occhi la scena del bacio di appena qualche ora fa, di farmi sentire ancora la sensazione delle sue labbra sulle mie e le sue braccia che mi stringevano a lui.
"È stato semplicemente il primo bacio che ogni ragazza sogna", non posso fare a meno di pensare con gli occhi lucidi mentre io e il mio gemello ci dirigiamo verso la piccola radura che farà da sfondo, finalmente, alla verità che abbiamo trovato dopo una ricerca durata tutta la nostra vita.
***
Non appena i miei occhi si posano su Axel capisco subito che qualcosa non va:
due occhiaie profonde gli contornano i bei occhi ambrati, sul suo viso non c'è l'ombra di un sorriso e le sue mani sono ferite come se avesse preso a pugni qualcosa o qualcuno fino allo sfinimento.
Sembra stanco, sfinito, più tormentato del solito.
È perché ora sa chi siamo, ne sono sicura.
E questo potrebbe cambiare tutto.
«Sedetevi», ordina serio senza neanche guardarmi in faccia.
«Axel, che hai fatto alle mani? Hai bisogno di essere medicato!» dico agitata facendo un passo verso di lui, ma vengo bloccata subito da un suo gesto:
«Non preoccuparti di questo, sto bene», afferma mentre prendiamo posto.
«Prima di tutto... Emma, perché diavolo non mi hai detto che Jeremy era tuo gemello? E perché hai taciuto il fatto che è stato vostro nonno a portarvi all'Arcata? Io avrei capito subito la verità e sarebbe stato molto meglio per entrambi!» continua in tono di rimprovero lasciandomi non poco sorpresa e amareggiata.
«Per quanto riguarda Jeremy, ho dato per scontato il fatto che fossimo gemelli e al nonno e alla volontà di scoprire la verità sulla nostra nascita poi non volevo pensare prima di aver ritrovato mio fratello. Volevo affrontare un problema alla volta. Perdonami Axel...»
«Non scusarti, non ne hai motivo», mi risponde lui più dolcemente scuotendo la testa.
«Adesso siamo pari», conclude.
«Ora, Jeremy, dimmi esattamente quello che ti è stato riferito a Komorebi», dice poi rivolgendo la sua attenzione a mio fratello, che comincia subito a raccontare.
«Innanzitutto voglio sottolineare che nessuno nella Città del Giorno sa chi siamo davvero, non ho detto nulla mentre Abies mi ha raccontato la storia di nostra madre», inizia.
«Questo è un bene, Jeremy, davvero», conferma Axel sospirando, probabilmente per il sollievo.
«Abies ha detto che Claire è stata trovata da Ophrys svenuta oltre l'Arcata, così lui l'ha portata a Komorebi dove è stata accolta da Corylus e Anthemis. Qualche mese dopo i due si innamorarono, o almeno, Ophrys si innamorò, dal momento che nostro padre si chiamava Aaron, non Ophrys...»
Mentre Jeremy parla io non riesco a distogliere lo sguardo dal mio Axel, che ora sembra più sofferente che mai: guarda a terra tenendo i pugni serrati, una smorfia contratta sul volto, come se stesse trattenendo le lacrime.
Quante gliene ho viste versare da quando sono qui? C'è mai stato un risveglio tra i pochi che abbiamo condiviso in cui i suoi occhi non fossero arrossati?
E quante volte mi sono chiesta cosa gli passasse per la testa quando d'improvviso ammutoliva con lo sguardo perso a fissare il vuoto?
"Perché una persona sola deve patire tutto questo?" mi chiedo.
Dio, vorrei così tanto che mi raccontasse tutto, che si sfogasse.
Certo, prima lo ha fatto e sono felice di questo, ma davvero tutti i suoi tormenti sono dovuti al fatto di aver vendicato nell'unico modo possibile la rovina del suo mondo? Mi risulta difficile crederlo.
Certo, prova del senso di colpa per non aver anticipato le azioni di Altair, ma da qui a tormentarsi in questo modo dopo tutti questi anni...
«Sbagliato», dice improvvisamente Axel interrompendo Jeremy e distogliendomi dalle mie riflessioni.
«Vostra madre amava Ophrys, lo amava con tutta sé stessa: se quello non era amore, allora l'amore non esiste.»
«Ma allora perché nostro padre...» provo a chiedere.
«Ophrys è vostro padre», mi interrompe Axel facendoci sgranare gli occhi.
«Aaron è un soprannome che gli diede Altair quando erano piccoli, era il nome segreto con cui solo lui lo chiamava durante i loro giochi da bambini e poi anche una volta cresciuti. Non vi so dire il perché, ma evidentemente vostro padre ha voluto usare il suo soprannome per presentarsi ai vostri nonni quando Claire lo mandò ad avvertirli che era bloccata in un altro mondo.»
«Ma quindi Anthemis è nostra nonna! E Corylus era nostro nonno...» dice Jeremy ancora sconcertato dalla rivelazione.
«Sì, è così», conferma Axel, serio.
«Ecco perché gli occhi della Guardiana mi avevano ricordato tanto i nostri», riflette mio fratello rivolgendosi a me, che a differenza sua non riesco a proferire parola.
«Un attimo...» chiede poi improvvisamente Jeremy aggrottando le sopracciglia, evidentemente appena folgorato da un dubbio.
«Come mai non ci hai riconosciuti dai nostri nomi? Se eri così amico dei nostri genitori avresti dovuto conoscerli!»
«Claire e Ophrys vi diedero altri nomi: Emma e Jeremy devono essere quelli più adatti al Mondo di Fuori che vi diedero i vostri nonni», risponde Axel.
«Ma allora quali sono i nostri veri nomi?» chiedo inquieta.
«È così strano pensare che il nome a cui sono sempre stata solita rispondere sia falso...»
Axel allora mi guarda intensamente, tacendo e mordendosi il labbro inferiore come se proferire quei due nomi gli costasse una fatica enorme, come se fosse consapevole che, una volta pronunciati, non sarà più possibile tornare indietro.
«Adhara e Jasione: il nome di una stella per Emma e quello di un fiore per Jeremy, nomi tipici rispettivamente della Gente della Notte e della Gente del Giorno», sbotta alla fine chiudendo gli occhi e stringendo i pugni, facendo ripiombare il silenzio.
"Adhara", penso incredula, "il nome di una stella, io porto il nome di una stella, un nome da Notturna..." Questa constatazione ha il potere di togliermi il fiato.
Questo è il nome che mamma e papà volevano che io portassi, un nome meraviglioso che richiama gli astri a cui tanto sono devota, un nome di cui andrei fierissima sempre.
Ma io non lo posso portare, ormai è tardi perché mi appartenga davvero: io sarei stata Adhara se fossi cresciuta qui, se i Nuclei non fossero mai stati distrutti, se mamma e papà ci fossero ancora. Se tutto fosse andato per il verso giusto io sarei una persona completamente diversa, sarei Adhara, ma le cose non sono andate così: il destino mi ha portato ad essere Emma, un destino che non posso ignorare o fingere che non sia mai esistito.
«Io sono Emma, sono sempre stata Emma, è questo il mio nome: non voglio essere chiamata diversamente», dico allora sollevando lo sguardo e spezzando il silenzio.
«Idem per me», dice prontamente mio fratello, annuendo.
«Io sono Jeremy.»
«Allora sarete Emma e Jeremy per sempre, ragazzi, e nessuno potrà mai dirvi che questi non sono i vostri veri nomi, perché li avete scelti», dice Axel, chiaramente sollevato dalla nostra decisione.
«Axel, ti prego, raccontaci tutto dall'inizio: la faccenda è più complicata di quanto pensassi e mancano ancora molti pezzi» continuo io.
Il ragazzo dagli occhi ambrati annuisce, poi comincia a parlare.
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