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19- Fuga da palazzo

Jeremy

Inutile dire che quanto accaduto tra le strade di Komorebi non abbia reso per nulla felice la Guardiana della città. Non che lei addossi su di me la colpa: è perfettamente consapevole dello stato d'animo in cui riversa il popolo del giorno, tuttavia, pur non essendosi rimangiata la parola datami sulla mia semi-libertà, ha sospeso seduta stante le mie visite turistiche.

In ogni caso, dal momento che molte aree del palazzo sono da me visitabili liberamente, in questi giorni la mia occupazione principale è stata spulciare tra i libri della biblioteca per cercare di assimilare il maggior numero di informazioni possibili sul mondo in cui mi trovo.

La biblioteca è una sala meravigliosa, cilindrica, dalle pareti ondulate sulle quali si aprono a distanza regolare le une dalle altre tantissime nicchie che ospitano i volumi dalle copertine colorate, inframezzati da ceramiche e maioliche dall'aspetto prezioso.

Sul soffitto un'apertura circolare chiusa da un pannello di vetro permette alla poca luce di penetrare all'interno; al centro della stanza spiccano un divanetto e due porticine: l'angolo lettura.

Non credo che la risposta alla domanda di cui più mi interessa trovare una risposta sia tra le pagine di questi libri, ma tentar non nuoce.

C'è davvero un modo per attraversare il Confine pur avendo in sé entrambi gli elementi o nessuno? Prima di conoscere la verità ero sicuro che i miei genitori non ci avrebbero mai intrappolati qui senza una via di fuga, ma se la mamma era una Notturna... beh... non sono più così sicuro delle sue intenzioni.

In questi giorni non riesco proprio a darmi pace: da un lato la preoccupazione per ciò che potrebbe essere capitato ad Emma, dal momento che le guardie non la trovano da nessuna parte, dall'altra, appunto, la storia di mia madre.

Ora conosco un pezzo della vicenda, certo, ma ci sono ancora troppe cose che non quadrano. Chi era nostro padre, Aaron? Quando lo conobbe? Prima o dopo la storia con Ophrys? Era di questo mondo oppure dell'altro? Dove siamo nati noi?

Il nonno ci disse che era ora che vedessimo il luogo al quale apparteniamo davvero, dunque deve essere qui che siamo venuti al mondo. Io ed Emma, in ogni caso, siamo mezzosangue, dunque nostro padre era un Diurno? O la mamma ci concepì quando ancora non aveva compiuto il rito? Ormai mi scoppia la testa con tutte queste domande.

E poi, mi sento solo più che mai: non ho nessuno con cui parlare qui, qualcuno che mi capisca... Non so per quanto riuscirò a resistere ancora.

Stanco e amareggiato decido di chiudere il libro dall'arzigogolata copertina in pelle che ho tra le mani e di alzarmi dal divanetto per riporlo dove l'ho trovato, poi mi dirigo verso la mia stanza.

Camminando lungo i corridoi silenziosi del palazzo i miei passi riecheggiano rumorosamente, ma all'improvviso sento un rumore nuovo, passi affrettati e un concitato vociare che non avevo mai sentito prima qui dentro.

Sta succedendo qualcosa, ne sono sicuro. Affretto il passo per arrivare in camera il prima possibile, ma non appena imbocco l'ultimo corridoio che mi rimane da percorrere vedo venirmi in contro quattro guardie con addosso delle espressioni ben poco rassicuranti.

«Eccolo finalmente! Prendetelo!» ordina una di quelle, e Abies, che è tra loro, esegue.

«Si può sapere dove ti eri cacciato!?» mi grida contro lui prendendomi per un braccio e cominciando a tirarmi.

«Questa faccenda di un di Fuori che scarrozza liberamente a palazzo è una vera follia!»

«Abies, si può sapere cosa sta succedendo? Dove mi portate ora? Non ho fatto nulla...» chiedo basito cercando con fatica di non inciampare mentre quello mi trascina velocemente lungo il corridoio.

«Temiamo che qualcuno si sia introdotto illecitamente a palazzo, dunque tu devi stare dove possiamo trovarti: un di Fuori tra i piedi durante un'emergenza è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno!»

«Cosa?! Un'intrusione?! Ma come...»

Senza degnarmi di un'ulteriore risposta Abies apre la porta della mia stanza e mi spinge all'interno; sento la chiave girare nella serratura e il rosso ordinare a un collega di rimanere di guardia, poi i passi affrettati delle altre guardie allontanarsi correndo.

Ancora confuso per quanto accaduto mi lascio cadere sul letto.

Chi potrebbe mai essere? Dei Notturni forse? I minuti passano lenti e la mia agitazione sale. Improvvisamente sento la guardia fuori dalla mia porta gridare. Alzo la testa di scatto, il cuore a mille. Strani rumori, grida, colpi alla porta. Qualcuno sta cercando di entrare. Resto immobile, incapace di reagire, finché la porta non cede:

«E tu chi saresti?» esclamo facendo un passo indietro.

Il ragazzo davanti a me non ha il tempo di rispondere perché un'altra persona lo supera entrando nella stanza e fiondandosi su di me.

Quando la vedo il cuore mi esplode di gioia:

«Emma, sei qui, grazie a Dio stai bene!» grido stringendola a me; non ho più intenzione di lasciarla andare, mai più. Se penso a come poteva finire questa storia... Invece Emma ora è qui, ora finalmente tutto andrà bene, lo so.

«Jeremy, non sai quanto sono stata in pena per te!» mi risponde lei staccandosi e sorridendomi.

«Dunque le guardie ti hanno trovata?» le chiedo, ma lei fa di no con la testa.

«No, noi siamo stati più veloci di loro!»

«Noi? Emma ma come...»

«Emma, dobbiamo andare via subito, presto!» le dice il ragazzo di prima, interrompendoci.

«Jeremy, siamo qui per liberarti, devi seguirci subito!» afferma mia sorella prendendomi per mano e voltandosi verso lo sconosciuto, ma io la fermo.

«Come scusa? Siete stati voi ad entrare di nascosto nel palazzo? E soprattutto, chi è questo?» chiedo indicando il ragazzo.

«È stato lui a salvarmi, Jeremy, puoi fidarti!» tenta di rassicurarmi lei sorridendo e facendo un segno di intesa al suo accompagnatore.

Questa cosa non mi piace per niente...

«Ora però dobbiamo andare», continua tornando a guardarmi.

«Emma, non abbiamo un posto dove andare oltre a questo!» rispondo scettico.

«Certo che ce lo abbiamo! Andremo a Yakamoz, lì saremo liberi!»

«A Yakamoz?! Ma sei impazzita?! Questo qui non ti ha raccontato nulla sui Notturni? Oh aspetta, non dirmi che è un Notturno pure lui...» sbotto spaventato.

«Sì, lo è, Jeremy, ma la Gente della Notte non è come la descrivono qui, devi fidarti di me!» cerca di insistere lei.

«Dobbiamo andare, Emma, presto!» insiste ancora il Notturno.

«Emma, non ti rendi conto del pericolo che hai corso a stare tutto questo tempo da sola con un Notturno, chissà quante fandonie ti avrà raccontato! Anthemis può aiutarci! Rimaniamo qui!» la prego io, quasi scongiurandola.

«Jeremy!» grida lei afferrandomi per le spalle e guardandomi intensamente:

«Ti fidi di me?»

«Certo, l'ho sempre fatto...»

«Allora seguici, ti racconterò ogni cosa quando saremo fuori da qui! Fallo per me, Jeremy! Fidati, ti prego!»

Il suo è uno sguardo sicuro e risoluto, lo sguardo di una persona che è assolutamente convinta di quello che sta facendo: Emma non è il tipo da credere a qualunque cosa le venga detta, per cui se lei si fida di questo ragazzo io mi fido del suo giudizio, ma credo sia una vera follia voltare le spalle all'unica persona che potrebbe aiutarci e dimostrare alla Gente del Giorno di essere i degni figli di nostra madre.

Ma d'altra parte che alternative ho? Non voglio in alcun modo separarmi nuovamente da mia sorella e se questo è l'unico modo... va bene.

È folle, ma lo faccio per Emma. Lei di solito sa sempre quale sia la cosa giusta da fare, spero che sia lo stesso anche questa volta; se poi mi accorgerò che davvero è stata ingannata farò di tutto per salvarla.

«D'accordo, spero davvero tanto che tu abbia ragione», accetto lanciando un'occhiata al Notturno dagli occhi ambrati.

Effettivamente a guardarlo non sembra cattivo, d'altra parte però neanche Altair doveva sembrarlo se ha ingannato due intere città per anni.

Usciamo velocemente dalla stanza in fila indiana, il più silenziosamente possibile per evitare che le guardie che stanno setacciando il palazzo ci trovino; accanto alla porta la guardia che mi stava sorvegliando giace a terra, immobile.

«Tranquillo, è solo svenuto, Axel non gli ha fatto del male!» mi rassicura Emma notando il mio sguardo sgomento.

Tale "Axel", come lo ha chiamato mia sorella, inizia così a guidarci attraverso il palazzo: sembra sapersi muovere molto bene qui dentro.

Emma spesso si volta verso di me per assicurarsi che io stia bene, ed io ogni volta glielo confermo, ma in realtà sto morendo di paura: se ci trovassero adesso cosa ne sarebbe di noi? Cosa ci farebbe Anthemis ora che non siamo più così innocenti?

Per molto tempo la nostra fuga non incontra intoppi. Ci troviamo al piano terra del palazzo ora, quello destinato alle domestiche e alle guardie: ci siamo arrivati per miracolo essendoci nascosti più volte per non farci vedere dai manipoli di guardie che corrono a destra e a manca.

«Emma, loro sanno che qualcuno è entrato illecitamente, avranno sicuramente messo guardie a tutte le uscite!» le sussurro a bassa voce mentre entriamo velocemente in una stanza laterale per non essere visti da una domestica con delle lenzuola tra le braccia che ha appena svoltato l'angolo.

«Quella a cui sto pensando è l'ultima porta alla quale penseranno, se siamo fortunati sarà libera», mi risponde invece Axel controllando che non ci sia più nessuno.

«Se lo dici tu...» gli rispondo scettico.

Finalmente arriviamo nelle cucine, ovviamente deserte dal momento che sono inutilizzate da anni. Davanti a noi, la porta d'uscita.

Tutti e tre corriamo verso di quella, ma prima di poterla raggiungere una voce che conosco bene, troppo bene, ci blocca.

«Fermi!» grida Abies, facendoci voltare di scatto, ad un passo dalla libertà.

Il rosso stavolta è davvero furente, fuori di sé: animante per la corsa con la quale ci ha cercati per tutto il palazzo, sudato, gli occhi castani iniettati di sangue, il pugnale stretto in mano puntato verso di noi.

«Non muovetevi», dice lentamente.

«Fra una manciata di secondi arriveranno tutte le guardie del palazzo: ho ordinato loro di scendere qui immediatamente quando ho capito il vostro giochetto. Nessuno conosce il palazzo meglio di me, nessuno!» continua.

«Emma, Jeremy, voi andate, ci penso io a lui!» afferma il Notturno spingendo mia sorella dietro di sé e sfoderando anche lui il pugnale che teneva allacciato alla vita.

«Presto!» insiste senza distogliere lo sguardo da Abies.

«No! Non ti lascerei mai qui da solo!» afferma Emma invece di scappare come mi stavo preparando a fare io. Sta scherzando, vero?

«Emma! Andiamocene prima che arrivino altre guardie!» insisto io cercando di spingerla fino alla porta, ma lei oppone resistenza in maniera del tutto sconsiderata.

«No! Jeremy, lasciami subito!» grida, e immediatamente Abies approfitta del momento di confusione per balzare in avanti contro Axel.

Emma si porta le mani alla bocca per non gridare quando i due si scontrano, vedo chiaramente quanto sia terrorizzata all'idea succeda qualcosa al suo Notturno.

Penso di non aver mai visto mia sorella affezionarsi così velocemente a una persona in vita sua; d'altra parte Axel l'ha aiutata in un momento di disperazione, quindi posso anche capirla.

La lotta tra Abies e Axel intanto continua a suon di pugni, schivate e fendenti: si vede chiaramente che entrambi sono estremamente abili nell'arte del combattimento. La tensione è talmente elevata che comincio a tremare dall'agitazione anche io mentre sorreggo mia sorella, la quale fissa la scena davanti a noi come in trance.

Improvvisamente l'equilibrio che sembrava esserci tra i due contendenti si spezza quando Abies ferisce di striscio Axel sulla gamba: subito quello cade malamente portandosi una mano sulla ferita, sul viso una smorfia di dolore. In un attimo Abies gli è addosso.

«Axel, no!» grida Emma gettandosi in avanti mentre due grosse lacrime le scendono dagli occhi spalancati dal terrore: io la trattengo, ma Abies non appena sente il grido si volta verso di lei con un'espressione confusa sul viso, dando così il tempo ad Axel di colpirlo con la gamba sana allo stomaco.

Subito il rosso si piega in due dal dolore e il Notturno balza in pedi.

«Via, presto!» grida iniziando a correre verso di noi anche se con fatica per via della ferita alla gamba.

Tutti e tre ci precipitiamo fuori; oltre alle imprecazioni si Abies già si sentono le grida delle altre guardie che stanno per irrompere nelle cucine.

Corriamo, corriamo a perdifiato su per la collina a picco sul mare che domina Komorebi fino ad immergerci nella foresta e poi ancora oltre: ci fermiamo solamente davanti ad un arco creato con rami di legno intrecciati tra loro, uno dei portali della Città del Giorno.

Axel prende per mano Emma e me per un braccio trascinandoci con sé chissà dove, lontano dal pericolo delle guardie e dalla sicurezza che solo Anthemis poteva offrirci.

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