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11- Il Mondo Oltre l'Arcata

Emma

«Direi che per oggi possiamo fermarci, mi sembri molto stanca.»

Non appena Axel pronuncia queste tanto agognate parole mi lascio cadere a terra.

Sono esausta.

Credo di poter affermare senza sbagliarmi che questa sia stata la giornata più lunga della mia vita: mi sembrano passati secoli da quando stamattina ho trovato Jeremy accovacciato al sole fuori casa.

Jeremy... Quasi non riesco a respirare quando penso a ciò che potrebbe capitargli, a ciò che potrebbe stare passando.

Sto vivendo un incubo, l'incubo più oscuro in cui potessi mai precipitare: Jeremy è la persona più importante della mia vita, è lo specchio nel quale ho sempre ritrovato me stessa, è il mio migliore amico, è il mio gemello.

Nei momenti più difficili lui c'è sempre stato per me, ed io per lui; abbiamo vissuto tutto insieme fin da prima di nascere, ogni cosa, sempre. Sempre, ma non oggi.

È così ingiusto... Ma presto lo ritroverò, lo so, me lo sento fin dentro le ossa che tutto si sistemerà per il meglio: io e Jeremy siamo legati, lo saprei se il destino avesse deciso di portarmelo via.

Risvegliandomi per un attimo dai miei pensieri risollevo lo sguardo verso il ragazzo accanto a me.

Da quel fugace scambio di battute durante il quale avevo chiesto il nome al mio salvatore e poche altre cose io e Axel non ci siamo detti più nulla.

Fino a questo momento almeno.

Ho la testa piena di domande, certo, ma qualcosa mi frena dal porgli quelle che più mi stanno a cuore.

Ho bramato tanto queste informazioni, lo so... Quante volte ho sognato il momento in cui mi sarebbero state rivelate?

Naturalmente Axel non mi saprà dire quello che è successo ai miei genitori, ma sento che le dinamiche di questo posto c'entrano eccome con loro.

Il punto è che vorrei che il tassello iniziale mi fosse consegnato con Jeremy al mio fianco.

Se solo penso che questo sarebbe potuto essere il giorno più bello della mia vita... E invece sono qui a consumarmi dall'ansia e a pregare che non succeda a mio fratello nulla di male.

Le cose però sono andate così e io devo prendere in mano la situazione, ho atteso fin troppo.

Axel sta tirando fuori dalla sua sacca delle coperte.

"Sono davvero stata fortunata a trovarlo, cosa avrei fatto da sola?" penso mentre una piacevole sensazione di sollievo mi pervade.

«Non sei una persona che ama parlare molto, vero?» gli chiedo improvvisamente esprimendo a voce alta un pensiero, senza riuscire a trattenerlo.

«In genere non ho molte occasioni per parlare con qualcuno, ormai mi sono abituato ad avere come unica compagnia il cielo e gli alberi e con loro non mi servono parole», mi risponde lui dopo qualche istante, sempre con quella grande malinconia che sento trafiggere anche me ogni volta che i suoi occhi ambrati si posano sui miei.

Mi piacerebbe tanto chiedergli se la sua solitudine sia il frutto di una scelta personale o di un obbligo, ma non vorrei essere troppo indiscreta: dal modo in cui mi ha risposto mi sembra di capire che sia un argomento piuttosto delicato per lui.

«Sai, anche io tendo spesso a rimanere in silenzio. Credo che si possano comunicare molte più cose con uno sguardo o con un gesto che con le parole», dico vergognandomi un po' e con gli occhi bassi.

È un'affermazione molto personale per i miei standard, me ne rendo conto, per questo parlarne mi imbarazza un po': in genere certi pensieri li tengo per me, ma per qualche strano motivo sento che Axel riuscirà a capirmi.

«Sono perfettamente d'accordo, Emma», mi risponde infatti lui, per la prima volta con una luce diversa negli occhi, ma che purtroppo non basta per farlo sorridere.

«Hai più buon senso tu che l'intera Gente del Giorno: loro classificherebbero un'affermazione del genere come stupide sciocchezze», conclude poi.

La sua risposta, nonostante il mio stato d'animo, mi fa sorridere: è piacevole essere capiti da qualcuno ogni tanto.

Ma per il momento ho preoccupazioni più grandi a cui pensare, per esempio capire cosa voglia dire "Gente del Giorno", dunque decido di proseguire con le mie domande.

«Allora, quanto ci vuole per arrivare a Yaka... Ehm, scusami non ricordo il nome che avevi pronunciato», cambio discorso con un mezzo sorriso imbarazzato sulla faccia a causa della mia improvvisa amnesia.

Quando però sono gli angoli della sua bocca a piegarsi finalmente verso l'alto per la prima volta da quando ci siamo incontrati, mi immobilizzo.

Di solito non sono una che fa molto caso all'aspetto fisico dei ragazzi, ma in questo caso mi è assolutamente impossibile rimanere indifferente: se avevo notato che Axel era bello nel momento stesso in cui mi è comparso davanti, ora che quella tristezza profonda sembra per un attimo sparita dal suo viso questa consapevolezza mi piomba addosso come mai mi era successo per nessuno.

Rimango immobile a guardarlo in quegli occhi che finalmente vedo brillare mentre lui mi risponde:

«Yakamoz, la Città della Notte si chiama Yakamoz», mi corregge quasi ridacchiando.

«Da qui ci vorranno circa sette giorni, dal momento che non avevi in mente una destinazione precisa il portale ti ha trasportata in un punto a caso di questo mondo, sfortunatamente molto lontano da entrambe le città.»

«Cosa?! Sette giorni!?» esclamo ritornando alla realtà.

Non ci posso credere, questo proprio non me lo aspettavo.

«Axel, è troppo tempo, devo trovare mio fratello!» continuo poi cercando di calmarmi.

«Non c'è altro da fare, Emma, mi dispiace. Non possiamo sapere dove il portale lo abbia trasportato», mi risponde sembrando sinceramente dispiaciuto per la mia situazione.

"Non mi resta che accettarlo", penso desolata.

Andrà tutto per il meglio, devo e voglio esserne convinta.

«Ok, allora mi fido di te», affermo. Ed è la verità.

Mi sembra di leggere sul suo viso un certo turbamento causato dalla mia ultima affermazione, ma poi quell'espressione sparisce così in fretta che credo di essermela solo immaginata.

«Dunque, dal momento che siamo qui e non abbiamo altro da fare, mi spieghi in che razza di posto sono finita?» gli chiedo finalmente buttando fuori il quesito che più di tutti mi attanaglia.

Lui annuisce piano e poi, finalmente, comincia a parlare.

«So che sarà difficile crederlo, la Gente di Fuori solitamente è troppo pragmatica per concepire che il loro non sia l'unico mondo esistente, ma tu mi sembri diversa: non hai quasi battuto ciglio quando mi stavi raccontando che ti eri teletrasportata, quindi spero che mi crederai subito.»

«Hai ragione, ho visto cose che pensavo esistessero solo sui libri, ma questa, per quanto assurda, è la realtà. Sono pronta a tutto ormai, ti crederò», lo rassicuro, poi continuo:

«Quindi questo è un altro mondo? Non siamo più sulla Terra?»

«No, siamo sempre sulla Terra, ma il luogo in cui ci troviamo è separato e indipendente da tutto il resto del pianeta. Qui ogni cosa è simile ma anche estremamente diversa rispetto al Mondo di Fuori: il cielo è diverso, noi siamo diversi, le leggi naturali sono diverse.»

«Ma com'è possibile che nessuno conosca la vostra esistenza? Ormai è stato esplorato ogni angolo del mondo, come fate a rimanere invisibili?» chiedo sempre più affascinata.

«Qui ti sbagli», risponde.

«I di Fuori hanno esplorato ogni angolo del vostro mondo, non di questo. Dall'esterno questo mondo non è visibile: la foresta che tu hai attraversato fino al Confine, ovvero l'Arcata, si estende per appena pochi ettari.

Se però qualcuno vi entra e arriva a superare il Confine, come avete fatto tu e tuo fratello, ecco che entra in quest'altro mondo, ben più esteso della piccola foresta visibile dal Mondo di Fuori, mi segui?»

«Credo di capire, sì», confermo cercando di metabolizzare tutte le sconvolgenti informazioni che mi sta dando.

«E il portale lungo la strada? Di cosa si tratta?»

«Qui ci sono portali in tutti i luoghi più importanti: attraversane uno e quello ti trasporterà ovunque tu voglia, purché si abbia bene in mente la destinazione, ovviamente.»

«E quella lunghissima strada? Aggirando il portale si può continuare a percorrerla?»

«Sì, è possibile aggirare il portale, ma dopo di esso la strada continua solo per qualche centinaio di metri: il fatto che sembri quasi infinita non è che un'illusione, un effetto ottico causato dalla presenza del portale nel mezzo di essa. La strada fu costruita moltissimi secoli fa, però non se n'è mai scoperto il reale motivo.»

«Ho capito, continua pure», dico cercando di nascondere quanto io sia sconvolta da tutto questo.

«Devi sapere che fin dalle origini della nostra civiltà coloro che vivono qui sono divisi in due gruppi: la Gente del Giorno, che risiede per lo più nella città di Komorebi, e la Gente della Notte, che invece risiede a Yakamoz.

La differenza ora sta solo nel nome e in tutta una serie di ideali e comportamenti diversi che imparerai a conoscere col tempo, ma...» esita per poi riprendere:

«La distinzione originariamente era molto più profonda. I membri della Gente del Giorno avevano dentro di loro solo luce, gli altri solo tenebre. Questo ci permetteva di sfruttare l'energia dell'elemento che ci caratterizzava.»

«Mi stai dicendo che potevate fare magie?» chiedo io che ormai pendo dalle sue labbra.

«In un certo senso sì, senza dubbio voi chiamereste così quello che potevamo fare», risponde paziente prima di continuare:

«La Gente di Fuori invece possiede sia una parte di luce che una di tenebre, per cui non può usufruire di alcun potere perché le due parti si equilibrano e si annullano a vicenda.»

Ok, questo va oltre tutto quello che avevo immaginato, però quello che ora finalmente ho scoperto non mi sembra assurdo o impossibile.

È tutto estremamente logico.

È come se una parte di me fosse già a conoscenza di tutto da sempre, come se tutto questo fosse un vecchio ricordo ormai dimenticato ora tornato a galla dal mio inconscio.

«Se tu mi vuoi portare a Yakamoz e non a Komorebi evidentemente fai parte della Gente della Notte, ho ragione?» gli chiedo.

«Sì Emma, è così», mi dà conferma di quello che già sospettavo.

«Però non vivi a Yakamoz, giusto? Altrimenti le occasioni di parlare con qualcuno non ti mancherebbero», oso chiedere non resistendo più, ma accorgendomi immediatamente di aver compiuto un passo falso: Axel sembra chiudersi a riccio nel sentire la mia domanda, abbassa lo sguardo e torna serio.

«Scusami, non intendevo essere invadente», cerco di rimediare alla mia eccessiva curiosità maledicendomi tra me e me.

"Cosa c'è di così oscuro nel passato del ragazzo di fronte a me? Cos'è che l'ha reso così solo, chiuso e triste?" non posso fare a meno di pensare.

Forse nulla, forse la riservatezza è semplicemente la parte più evidente del suo carattere; d'altra parte non lo conosco per niente, potrebbe benissimo essere così. Mi sto facendo troppi film mentali, ecco tutto.

«Esatto, non vivo più a Yakamoz. Ho una piccola casa in un angolo di questo mondo, ma molto spesso viaggio. Vago, più che altro», riprende lui, freddo, dopo alcuni istanti di silenzio, ma poi per fortuna sembra tornare l'Axel più sereno e allegro di poco fa.

«Ed esisteva una sorta di incantesimo per eliminare o la parte di luce o quella di buio da una persona che le possedeva entrambe?» cambio discorso per alleggerire ulteriormente l'atmosfera.

«Certo, esisteva. Veniva usato per coloro che avevano genitori misti e che quindi alla nascita possedevano entrambi gli elementi come i di Fuori. Una sola volta è stato compiuto su di una persona che veniva dal tuo mondo, l'unica oltre a te e a tuo fratello da spingersi tanto oltre da scoprire la nostra esistenza.»

La voce di Axel trema nel pronunciare queste ultime parole.

«Davvero siamo solo i secondi?» chiedo stupita.

«Sì, in generale la Gente di Fuori percepisce che deve tenersi lontana dalla foresta.»

«Non sareste più al sicuro se il Confine non lasciasse entrare piuttosto che non uscire? Così rischiate che chiunque si ritrovi a passeggiare per la piccola foresta scopra la vostra esistenza! È successo poche volte, certo, ma potrebbe succedere ancora!»

«Pensa: se tu andassi a sbattere contro un muro trasparente durante una comunissima passeggiata, cosa faresti una volta tornata a casa?» mi chiede Axel serio cercando evidentemente di farmi arrivare da sola alla risposta.

Ci penso un attimo e rispondo:

«Lo direi alla mia famiglia e ai miei amici, poi li porterei a vedere con i loro occhi lo strano fenomeno.»

«E in men che non si dica la notizia si espanderebbe e arriverebbero centinaia di curiosi e scienziati a studiare la misteriosa barriera, giusto?» continua lui.

«Immagino di sì.»

«Invece...»

«Invece così anche se qualcuno entra e vede non può tornare indietro a raccontarlo», lo anticipo io comprendendo improvvisamente.

Una sensazione di gelo mi piomba addosso non appena mi rendo conto di tutte le implicazioni di ciò che ho appena scoperto.

«Quindi sono bloccata qui per l'eternità?» trovo il coraggio di chiedere in un sussurro.

«La barriera al Confine, così come i portali, non li abbiamo creati noi al tempo della magia, Emma: essi ci sono semplicemente sempre stati, sono antichi tanto quanto questo stesso mondo. Noi ci siamo limitati a segnalarli in vario modo e a costruirci attorno le nostre case e il resto, ma nessuno di noi può cambiare le loro regole.

Il Confine può essere attraversato dall'interno solamente da chi possiede uno solo degli elementi: luce o buio. Tu li possiedi entrambi perché vieni da Fuori, io e tutte le altre persone di questo mondo, da diciassette anni, non ne possediamo più nessuno. Quindi non si può uscire, Emma, mi dispiace tanto.»

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