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10- Di pietra e parole

Jeremy

Dopo aver cercato Emma in lungo e in largo sono stremato, fisicamente, certo, ma soprattutto psicologicamente; non riesco neanche più a continuare a camminare.

Come è potuto succedere? Come?!

Di una sola cosa dovevo assicurarmi: che Emma fosse al sicuro.

Neanche il tempo di rendermene conto e... Missione fallita.

Se le succede qualcosa non me lo potrei mai perdonare. Dio, sono un tale fallito...

E poi andiamo, teletrasporto?! Seriamente?!

Dovevo stare più attento, avrei dovuto fermarmi immediatamente nel momento in cui ho avvertito quella strana sensazione lungo la strada, non avanzare ancora. È tutta colpa mia.

Devo assolutamente trovare qualcuno che mi aiuti a trovare mia sorella, ci sarà pure qualche anima viva in questo bosco, giusto? Altrimenti cos' è che stavamo cercando?

Ricomincio ad avanzare in questa sera infinita con la speranza nel cuore di poter risolvere la situazione prima che succeda qualcosa di irreparabile.

Non riesco neppure a pensare a una tale eventualità, per cui cerco di tenere la mente occupata pensando ad altro.

Come se fosse possibile.

Non posso permettermi di crollare, non posso, non quando tutto dipende da me.

Stavolta sono davvero solo e devo imparare a fidarmi di me stesso e del mio intuito, non ci sarà nessuno a confermarmi di stare facendo la cosa giusta.

È arrivato il momento di dimostrare che, forse, anche io valgo qualcosa.

Qualche mese fa una consapevolezza del genere sarebbe bastata per farmi venire un attacco di panico, forse sto davvero facendo progressi.

Quando il mio orologio segna le 22:30 decido che forse è meglio riposare un po' prima di proseguire, continuare a camminare come uno zombie non sarebbe produttivo, così mi scelgo un angolo il più riparato e nascosto possibile e mi stendo appoggiandomi al tronco di un albero.

All'improvviso alcune immagini dei documentari sulla sopravvivenza che un tempo mi piaceva molto guardare assieme al nonno mi scorrono davanti agli occhi.

Dovrei accendere un fuoco per spaventare gli animali feroci? Dovrò nutrirmi di larve?

Aspetta, animali feroci? Oddio... Spero davvero che non ce ne siano. E se Emma ne dovesse incontrare uno?

Le mie paranoie miste ad un grande senso di colpa mi attanagliano la mente finché il sonno non ha finalmente la meglio.

Mi risveglio indolenzito alle cinque e trenta del mattino. Del sole neanche l'ombra.

Dunque non è stato tutto un sogno...

In questo momento vorrei tanto che il sole rischiarasse queste ombre per avere un po' di speranza in più, ma sopra ogni cosa vorrei tanto che Emma fosse qui.

Ripenso amaramente a quando davo certe cose per scontate: fino a ieri non avrei mai immaginato che mi sarebbe successa una cosa simile.

Prima di alzarmi mi levo il ciondolo che mi è stato regalato dai nonni e lo apro: il ritratto di Emma mi guarda sorridendo come se mi stesse incitando a non mollare, esattamente come farebbe mia sorella se fosse davvero qui con me.

Sento le lacrime salirmi agli occhi, ma poi le scaccio sforzandomi di continuare nel proposito che mi sono imposto ieri.

Devo essere forte.

Facendomi coraggio rimetto il ciondolo al suo posto e ricomincio ad avanzare, ma dopo poco comincio ad irritarmi nuovamente: credo di stare per impazzire, qui mi sembra sempre tutto maledettamente uguale!

Dopo più di un'ora sono talmente assorto nei miei pensieri da non rendermi neanche conto di essere finalmente arrivato in un luogo diverso da tutto ciò che ho visto da quando sono qui.

Sollevando lo sguardo il mio cuore comincia ad accelerare: davanti a me ci sono delle rovine che sembrano davvero antiche e lo sento, sento quel richiamo viscerale che avevo avvertito quando sono entrato nella foresta con il nonno ed Emma.

Qui è ancora più forte.

Allora non ci sbagliavamo, c'è qualcuno qui! O almeno c'era: quello che ho di fronte infatti non è un allegro e vivace villaggio, ma quello che un tempo doveva essere un piccolo palazzo e il suo giardino.

Come ipnotizzato scorro con gli occhi tutto quello che mi circonda: buona parte dell'edificio semicircolare in pietra è crollata e solo alcune colonne e alcuni archi sono rimasti nella loro posizione originaria; ciò che tuttavia è ancora in piedi è sufficiente per dare un'idea di come doveva apparire il palazzo ai suoi tempi d'oro.

Lo stile architettonico naturalmente è diverso, ma mi viene naturale fare un paragone tra queste rovine e quelle greco-romane che spesso si incontrano nel mondo al di là dell'arcata.

Si, suona bene: chiamerò così d'ora in poi il luogo in cui ho vissuto fino a ieri, questo deve essere per forza un mondo diverso.

Decido di avvicinarmi a quel che resta del palazzo; più avanzo e più mi ritrovo circondato da pietre ricoperte da bassorilievi, pezzi di colonne spezzate e statue in pietra morta.

Alcune sono a terra e rotte in più punti, altre mi fissano altere dai loro piedistalli, miracolosamente scampate allo scorrere del tempo ma non all'avanzare della vegetazione: rappresentano fanciulle o giovani uomini tutti in atteggiamento solenne.

I volti sono incredibilmente realistici, la semioscurità in cui sono immerse rendono i loro tratti ancora più marcati e, forse, malinconici.

La disposizione del sentiero e delle statue mostra ancora l'ordine e la simmetria che un tempo dovevano caratterizzare quest'antico giardino.

È un ambiente così affascinante, così misterioso: la foresta tutto intorno, le rovine, le statue, il silenzio... Fa pensare ad un'antica civiltà perduta e dimenticata, una civiltà rimasta sepolta nelle pieghe del tempo fino ad oggi, il giorno in cui io, con solo il rumore dei miei passi a farmi compagnia, ho rotto l'oblio che aveva per secoli sommerso ogni cosa.

Quando arrivo sotto al palazzo, anche se consapevole del rischio che qualche calcinaccio mi cada in testa, decido comunque di passare sotto all'arco che un tempo doveva fungere da ingresso principale. La curiosità è troppa.

Una volta dentro mi rendo conto che si è salvato più di quel che immaginavo: se l'ala alla mia sinistra è completamente crollata infatti quella destra ha ancora parte del soffitto e qualche parete ancora in piedi.

Facendomi strada tra le rovine arrivo in un ambiente che mi dà motivo di credere che il palazzo dovesse essere una sorta di luogo di riunione: quello in cui sono giunto infatti è un grande ed imponente salone dalla forma ovale.

Le pareti sono scolpite ad arte con motivi geometrici ancora perfettamente visibili, alcuni gradoni disposti lungo le pareti sia a destra che a sinistra della porta dalla quale sono entrato, anch'essi rivestiti in marmo come tutto il resto, dovevano servire da posti a sedere; sulla parete di fronte a me c'è una grande apertura circolare che dà sull'esterno.

Sul pezzo di parete a sinistra dell'apertura è scolpito un grande sole e sotto a quello vedo iscritte alcune parole che sembrano dei versi, altre parole si trovano a destra, ma sopra a quelle al posto del grande sole c'è una sottile ed elegante mezzaluna.

Quando mi avvicino e comincio a leggere mi rendo conto che quei versi vanno a formare due componimenti poetici, o almeno credo.

Per primo leggo in silenzio il testo sotto alla mezzaluna:

Il respiro della notte
sentirò sul mio corpo:
mai di nient'altro avrò bisogno.
La sapiente oscurità
che il superfluo nasconde
mi avvolgerà nel suo mantello
e sarà la luna ad illuminare il mio sentiero.
Non visto vagherò tra le ombre
seguendo le stelle che tutto sanno,
dal mio cuore il vento della sera
spazzerà via ogni inganno.
L'incanto della notte
ora mi scorra nelle vene,
sia la fusione della mia anima
con la magia del suo potere.

"Sembra quasi un incantesimo, o forse una sorta di giuramento", penso, e sorrido al pensiero che Emma troverebbe queste parole bellissime.

Emma... Devo assolutamente ritrovarla.

Passo poi a leggere il componimento inscritto sotto al sole:

La luce del giorno
sarà la mia guida,
conforto nelle avversità
che mi presenterà la vita.
Dei raggi del sole il custode sarò,
nessuna insidia nascosta mai temerò.
Avrò l'azzurro del cielo
riflesso negli occhi,
il rosso dell'alba
che il cuore mi tocchi.
La potenza del giorno
ora mi scorra nelle vene,
sia la fusione della mia anima
con la magia del suo potere.

Solo quando finisco di leggere mi rendo conto di stare parlando ad alta voce.

Queste sono parole che mi colpiscono nel profondo, apparentemente senza una vera motivazione logica.

Amo la poesia, l'ho sempre amata, questo è vero: tanti componimenti che ho letto e studiato mi hanno fatto emozionare, com'è giusto che faccia la poesia, ma stavolta è una sensazione diversa che mi pervade: è qualcosa di ancora più intenso, come un calore che prende a scorrermi nelle vene.

Chissà cosa significa... Vorrei tanto saperlo.

Sicuramente tutto ciò è legato al segreto di questo bosco, il segreto che ha portato via per sempre i miei genitori.

Giuro a me stesso che se c'è ancora qualcuno che vive qui io lo troverò e mi farò dire ogni cosa: ho bisogno di sapere e non intendo tornare a casa prima di scoprire la verità e naturalmente prima di aver trovato Emma.

Sempre che un modo per tornare a casa esista.

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