CAPITOLO 9
Hystera
Il sole non sorse quella mattina del 2 dicembre, poiché un uragano si scatenò con tutta la sua potenza, portando pioggia e grandine che picchiavano violentemente su tutto ciò che incontravano. Uscire per strada era pericoloso, ma un gruppo di uomini si muoveva faticosamente tra i sentieri della foresta che circondava Spellmount, urlando nomi che si perdevano nel fragore della tempesta. Nel centro abitato, nessuno si vedeva e nessuna vettura o carrozza si muoveva sulle vie deserte. Le luci degli edifici erano accese, così come quella della stazione di polizia, silenziosa e inquieta.
L'Ispettore Carter, con la testa tra le mani, rifletteva sulla lettera che, adesso, faceva parte di una serie di eventi senza risposta. Il mal di testa lo affliggeva e un incessante ticchettio lo infastidiva, riempiendo il suo cuore di emozioni contrastanti che non riusciva a controllare, aumentando così il suo livello di stress. Riusciva ad addormentarsi solo poco prima dell'alba, per poi dirigersi stanco alla stazione, dove con una tazza di tè caldo riusciva a riprendersi per un attimo. Guardando la mappa, Benjamin si concentrò sul nome di Leroy. Non stava più nella pelle all'idea che quell'uomo attraversasse la soglia, momento in cui il suo privilegio sarebbe finalmente svanito e nessuno avrebbe potuto intervenire per aiutarlo. Odiava profondamente quel ragazzo, poiché egli era il classico esempio dell'aristocrazia britannica corrotta, sostenuto dalla sua potente famiglia e dal suo denaro che gli permetteva di superare ogni ostacolo.
Il sovrintendente ricordava ancora vividamente ciò che era successo all'accademia e si tormentava ogni volta che gli tornava in mente. Nonostante fosse stato uno dei migliori studenti in termini di competenza e abilità, era stato superato da qualcuno che non possedeva alcuna virtù investigativa. Mentre lui veniva spedito da un paese all'altro senza avere l'opportunità di mettere in pratica le sue capacità, l'altro raggiungeva il successo, ottenendo il titolo di capitano e diventando un eroe nella grande guerra. E dopo tutto ciò che aveva raggiunto, cosa aveva avuto il coraggio di fare?
Henry Leroy aveva avuto l'arroganza di abbandonare tutto e rifugiarsi nelle campagne londinesi. Diceva di aver bisogno di riposo e tranquillità, ma in realtà, nell'ombra della sua casa, stava escogitando un passatempo per combattere la noia. Un ozio che avrebbe potuto essere risolto con la presenza di una moglie che gli avrebbe garantito anche la sua successione della dinastia. Belle, purché di umili origini, era sempre stata la candidata perfetta, con la sua bellezza e gentilezza. Aveva resistito a lungo, combattendo contro una famiglia che non faceva altro che aumentare i suoi debiti. Benjamin avrebbe voluto picchiarlo ogni volta che lo vedeva, quando andava a casa dell'amica per mostrare il suo status e riscuotere i pochi soldi che lei e suo padre guadagnavano faticosamente.
Circolavano molte voci sulla crudeltà di Francis Leroy, un uomo dalle virtù discutibili, ma l'ispettore era convinto che suo figlio Henry non fosse da meno, anzi forse fosse addirittura peggiore, e ciò che aveva fatto all'amica lo dimostrava. Fin dall'inizio aveva sospettato che fosse lui il responsabile di tutto ciò che stava accadendo e ringraziava la presenza dell'investigatrice Sutton per questo. Da giovane ispettore, Benjamin non aveva abbastanza autorità per poterlo arrestare, soprattutto dopo aver scoperto che Leroy aveva il suo sostegno all'interno di Scotland Yard. Bastava una telefonata e il sovrintendente sarebbe stato trasferito chissà dove, lontano dalla vita che si era costruito, lontano da Belle, così lontano da non poterla più aiutare. Seduto alla scrivania, il ragazzo contava i minuti e quando la tempesta, nel frattempo che si rifletteva sulla strada, si placò, anche se il vento continuava a soffiare violento per le vie della città, uscì dalla stazione.
***
Nell'altra parte della città, all'interno della chiesa, Loren Sutton si liberò dei suoi pensieri, avvicinandosi all'altare della madonna. Abbandonò immediatamente ogni ragionamento appena varcò la soglia della cappella, facendo il segno della croce e sedendosi in uno dei banchi più lontani dalla navata. Il santuario era quasi deserto, con poche persone piegate sulle panche che sussurravano parole incomprensibili. Un cero si accese in lontananza, di fronte alla statua della vergine, e una campana risuonò nitida e potente sopra di loro. Si sentirono dei passi deboli allontanarsi verso una porta sul retro e un coro innalzarsi dal fondo della navata, creando uno sfondo per quei sussurri impercettibili. La detective inserì una mano dentro la camicetta, tirando fuori un crocifisso di legno che strinse tra le mani, mentre l'odore dell'incenso le inebriava i sensi. Appoggiò la testa su di esse e, dopo un sospiro, iniziò a recitare.
- In nomine patris, et filii et spiritus sancti - iniziò facendosi nuovamente il segno della croce - Pater noster, qui es in cælis: sanctificétur Nomen Tuum: advéniat Regnum Tuum: fiat volúntas Tua, sicut in cælo, et in terra. Panem nostrum cotidiánum da nobis hódie, et dimítte nobis débita nostra, sicut et nos dimíttimus debitóribus nostris. et ne nos indúcas in tentatiónem; sed líbera nos a Malo. –
Alzò lo sguardo, con le mani giunte in preghiera, fissando il crocifisso dietro l'altare. Fin da quando era bambina, aveva affidato la sua vita a Dio, trovando conforto nella fede durante i momenti più difficili. Non seguiva la messa, ma si rivolgeva a Dio quasi ogni giorno, parlandogli con intimità. Anche se non avesse pregato, l'ambiente della chiesa la rassicurava. Bastava mettere piede in quel luogo e tutte le sue preoccupazioni, angosce, paure e ansie svanivano nel nulla. Se c'era una cosa di cui era certa nella sua vita, era l'esistenza di Dio. Credeva in Lui e lo amava con tutto il cuore.
Mentre era china davanti all'altare della Madonna, il crocifisso che le pendeva dal collo rifletté la luce delle candele, rivelando una piccola pietra rossa incastonata. Loren recitava una preghiera dopo l'altra, in latino antico, senza mai fermarsi per prendere fiato. Infine, dopo l'ennesimo Padre Nostro, si alzò. Fece il segno della croce per l'ultima volta e, camminando vicino alle pareti, uscì dalla cappella. Sulle scale, ad attenderla, c'era Benjamin con un ombrello in mano, nel caso in cui la tempesta fosse tornata a colpirli.
- Non vi facevo religiosa. - disse l'ispettore, con gli occhi fissi sul crocifisso che ancora pendeva sulla camicetta.
- Dio è la mia unica risposta, l'unica soluzione, per questioni che la scienza non può spiegare. –
Benjamin la guardò, interrogandosi sul sogno che la coinvolgeva e che, in un certo senso, aveva un elemento di cristianità. Da giorni, quella visione lo colpiva quando si addormentava in sua presenza. In un giardino di alberi d'arancio, le sue onde ramate e i suoi occhi verdi fluttuavano sul prato, mentre le sue dita sottili e lunghe sfioravano le foglie e i tronchi degli alberi. Lui, seduto sull'erba, la osservava camminare, ascoltando non solo il fruscio del vento e della pioggia, ma anche il suo dolce canto che ricordava molto il coro delle chiese. La seguiva completamente incantato, affascinato da quella luce insolita ma meravigliosa che circondava la sua figura, senza prestare attenzione alla spada di luce che stringeva nella mano destra. Abbassò il capo in segno di obbedienza quando lei si avvicinò. E ogni volta, puntualmente, Benjamin si svegliava.
Non riusciva a spiegare perché facesse quel sogno, ma era sicuro che, come quando era vigile, non riusciva a sostenere il suo sguardo. Non era affascinato solo dalla sua bellezza e dal suo modo di agire, ma anche da qualcosa che non riusciva a spiegarsi. Un segreto che, però, non avrebbe mai scoperto, forse legato a quella spilla di quella squadra maestosa di cui sapeva ben poco. C'era qualcosa di diverso che la differenziava non solo dalle altre ragazze, ma dall'essere umano in generale. Tuttavia, perdendosi nei suoi occhi verdi, l'ispettore pensò che forse aveva letto troppi libri e che la fantasia gli stava facendo vedere cose che non esistevano. Loren era solo una donna, unica nel suo genere e diversa da tutte le altre che aveva incontrato, ma era semplicemente carne che respirava e pensava.
- Perché non mi avete aspettato alla stazione? - domandò la detective.
- Mi avevate detto di avvisarvi se Leroy fosse tornato a Spellmount - rispose lui, con un po' di entusiasmo.
- Sapete dove possiamo trovarlo?
- Al Bright Arrow, sicuramente. -
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