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CAPITOLO 2.3

Polvere

Man mano che la Triumph correva lungo la strada, il paesaggio cambiava gradualmente, fondendosi con la flora lungo i bordi della via. Non c'era vista più incantevole di quella. Di tanto in tanto si poteva scorgere l'ombra di una casa isolata, lontana da quelle circostanti. Poi, in una radura, una piccola mansione solitaria superava una fattoria poco distante. Il piccolo cottage, dallo stile antico, giaceva tranquillo sotto un cielo nuvoloso. Il mulino accanto all'abitazione girava silenziosamente, dirigendo l'acqua in un canale che circondava l'intera proprietà, mentre un vecchio pozzo, poco distante, restava immobile davanti al vento invernale. Era una costruzione abbastanza grande e simile a quelle viste in precedenza. Era il classico rifugio per coloro che desideravano sfuggire alla frenesia della città, simile alla dimora in cui risiedeva l'investigatrice: isolata e immersa nel verde, dove nessuno poteva rintracciarla.

Loren rimase immobile, osservando attentamente la casa. Esaminò ogni angolo, ogni finestra e ogni crepa della struttura. Mentre scrutava, cercò anche di vedere oltre essa, dove la foresta si estendeva alta e oscura. Un sottile brivido gli attraversò la schiena. Sembrava che la foresta rispondesse al suo sguardo, avvertendola di mantenere le distanze. Improvvisamente, la voce di Benjamin la raggiunse alle spalle. Quell'affermazione avrebbe fatto sobbalzare chiunque, ma lei rimase ferma, con gli occhi fissi sulla boscaglia, senza cambiare espressione. Non era facile spaventarla, così come non era facile farla abituare a un compagno, a qualcuno che la seguiva ovunque andasse. Nessuno aveva mai compreso e sopportato la tensione che cresceva ogni giorno quando si occupavano di un caso. Per fortuna, quell'evento sembrava diverso da quelli che aveva risolto in passato.

- Dietro la casa ci sono anche le stalle e gli orti - disse l'ispettore scivolando di fianco a lei.

- Quando la signorina Ellis è scomparsa, - iniziò la detective, - Qualcuno è venuto qui?

- Solo John, il proprietario della fattoria che abbiamo superato. -

Lei annuì, analizzando il terreno davanti a sé, dove il fango appiccicoso si mescolava alle erbacce e a qualche fiore che ancora resisteva al freddo portato dal vento. Mosse un primo passo, tenendo d'occhio il ragazzo dietro di lei che si muoveva un po' impacciato lungo il campo, inseguendo con lo sguardo attento l'investigatrice davanti a lui.

- Mettete i piedi dove li metto io - gli ordinò, avanzando ancora di più.

Così fece. L'ispettore Carter camminò dietro la ragazza, che con la testa china scrutava il terreno sotto di lei. Poi si fermò un attimo, chinandosi sul suolo viscoso che si attaccava alle scarpe. Nessuna donna sarebbe stata in quella condizione, ma per qualche strana ragione, era il luogo in cui lei voleva stare. Sapeva come muoversi e non le importava se la melma rovinava le sue calzature. Dall'interno del suo soprabito, la detective Sutton estrasse una fotocamera e scattò una serie di fotografie da diverse angolazioni, tutte nello stesso punto, quel segno estremamente piccolo che Benjamin riuscì a individuare solo in seguito.

- Una Leica? - si stupì lui, ricordando di averla vista una volta su dei giornali.

- Una Leica di seconda edizione - lo corresse l'investigatrice - Ha una misurazione più accurata, rispetto alla prima - continuò rialzandosi in piedi, tornando a camminare.

L'ispettore osservò attentamente il terreno, ma non scrutò nulla di rilevante. Decise quindi di avvicinarsi e notò una leggera impronta di scarpa che catturò immediatamente la sua attenzione. Si chiese come Loren avesse potuto notarla da così lontano, considerando quanto fosse impercettibile. La detective continuò a osservare il suolo e le tracce frammentarie che vi erano presenti. Erano poche e quasi completamente cancellate, ma in alcune di esse riuscì a distinguere il profilo della scarpa.

Si trattava di calzature pesanti, probabilmente degli stivali di taglia molto grande, che avevano percorso il terreno intorno alla casa e poi continuato sui gradini che portavano all'ingresso. Infatti, sulla terra si potevano ancora intravedere alcune impronte secche, più marcate e visibili. Le finestre della dimora erano oscurate da una tenda che non permetteva di vedere all'interno. La porta d'ingresso, invece, era chiusa a chiave. Non c'erano segni d'effrazione o violenza, tutto era silenzioso e stranamente ordinato. Questo le faceva capire che chiunque si fosse presentato aveva un modo per entrare senza problemi.

- Avete la chiave ispettore? - domandò a Benjamin, dall'alto della scalinata.

- No - 

La ragazza guardò la porta per un istante, mentre il giovane si affrettava ad avvicinarsi, discutendo sui metodi per entrare all'interno. Lei passò le dita tra i capelli, tirando fuori una forcina d'argento che inserì nella serratura. Con un solo scatto, la porta si aprì. L'ispettore rimase immobile, stupito e incredulo di ciò che aveva appena visto, poiché non aveva mai assistito a una cosa del genere in tutta la sua vita.

- Prego! - disse Loren.

Ancora sbalordito, Benjamin varcò la soglia della casa, seguito dalla ragazza che trovava estremamente affascinante. Si affrettò a spostare le tende, lasciando entrare la luce e aiutando la ragazza a esplorare l'ambiente circostante. L'ingresso si apriva su una delle stanze principali della casa, con una scala a chiocciola che portava al piano superiore. C'era una piccola toilette con specchio sotto di essa e un arco che conduceva alla cucina a pochi metri di distanza. Sul muro di fronte alla porta c'era un grande camino in pietra con piatti, bottiglie e teiere sul ripiano superiore. Di fronte al focolare, una sedia a dondolo era immobile, mentre davanti a essa un piccolo tavolo da pranzo si impolverava sopra un tappeto rosa antico. Alla sinistra del fumaiolo, invece, una libreria quasi piena di libri si trovava accanto a una seconda porta chiusa. 

L'ambiente stagnante portava con sé il cattivo odore della polvere, costringendo l'ispettore a spalancare la finestra. I deboli raggi di sole illuminarono le particelle di polvere che fluttuavano nell'aria. Il vento entrò anche lui, facendo dondolare la sedia. Benjamin si fermò a guardarla. L'immagine di Belle che leggeva, con i piedi appoggiati sui braccioli, lo colpì, facendogli trattenere il respiro.

- È una casa molto grande per una sola persona. - commentò l'investigatrice girovagando per le camere del pian terreno, guardando minuziosamente gli oggetti impolverati.

- Belle non viveva da sola...

- ... Belle? - domandò la ragazza innalzando un sopracciglio.

- È il suo soprannome... - spiegò ancora Benjamin, con gli occhi fissi sulla sedia. -... Comunque, viveva con suo padre.

- E dov'è quest'uomo?

- In viaggio. - rispose - Non credo che sappia della sparizione della figlia – Loren l'osservò attentamente - è partito qualche settimana fa.

- È nessuno si è interessato d'avvisarlo? 

- Non sappiamo dove sia.

- Quindi è un'altra sparizione di cui ci dobbiamo occupare.

- Non è una sparizione. Non ci ha detto dove si recava, ma l'intera città sa che Morris non sta mai via per più di un paio di settimane. -

La detective, dopo un profondo respiro, spostò una sedia dal tavolo e si sedette, tirando fuori un taccuino dal suo soprabito. Dopo aver scritto due righe su di esso, lo ripose e si alzò per fare alcune foto alla casa. Si soffermò su alcuni dettagli senza telecamera, come la libreria e la toeletta. Nonostante si sforzasse di capire, Benjamin, però, non riuscì a trovare nulla di rilevante. Come l'esterno non c'erano segni d'effrazione o violenza, solo un po' di polvere. Loren sembrava notare qualcosa che lui non riusciva a vedere, ma il sovrintendente decise di non chiedere per non dare una cattiva impressione. Non aveva mai visto una casa essere analizzata così attentamente, nemmeno durante l'Accademia. 

La ragazza si allontanò per un momento, andando a esplorare il piano di sopra. Dopo circa dieci minuti, tornò al piano terra con un'espressione malinconica, delusa per non aver trovato nessuna traccia utile. L'unica cosa che aveva attirato brevemente la sua attenzione era un fucile posizionato accanto al letto nella camera personale dell'uomo, un posto davvero insolito per conservare un'arma di quel tipo. Tuttavia, non sembrava rilevante per le indagini e si allontanò immediatamente, cercando di ascoltare i segreti dell'abitazione, come se potesse parlare.

- Cosa ha fatto la signorina Ellis quel giorno? - chiese la detective.

- Di solito...

- ... Non che cosa faceva di solito, ispettore - lo corresse Loren, interrompendolo - Ma cosa ha fatto quel giorno - Benjamin la guardò imbarazzato. Aveva capito immediatamente il suo errore, vergognandosi per ciò che aveva detto.

- Non lo so - rispose a sguardo basso - Passo tutto il giorno dentro la stazione e raramente esco. È una cittadina tranquilla, non succede mai niente d'insolito. Ogni tanto scompare una gallina o un animale domestico viene attaccato, ma è sempre a causa di altri animali - aggiunse, sentendosi in colpa per tale affermazione - Quel giorno non l'ho vista affatto.

- Come l'hanno avvisata della sua scomparsa, allora?

- È stato John.

- Il proprietario della fattoria? - domandò, ricevendo un breve cenno del capo come risposta.

Loren gli lanciò un altro sguardo, poi ripose la fotocamera dentro il soprabito e uscì dalla casa seguita dal ragazzo. Gli orti, situati dall'altra parte della casa, erano curati con grande attenzione, con le verdure disposte in un ordine quasi maniacale. Le stalle, pulite e ordinate, emanavano un intenso profumo di fieno riposto negli angoli esterni. A prendersi cura di tutto ciò era il signor Brown, affiancato dalla moglie. L'unico luogo in cui non poteva entrare era la casa, bloccata da una serratura chiusa. 

Loren continuò a vagare in cerca di un indizio, ma poi si fermò, attratta dall'oscurità della foresta che si trovava a pochi chilometri di distanza. Gli alberi, alti e con folte chiome, sembravano sfiorare il cielo. L'atmosfera emanava un'aura ipnotica, ma al contempo inquietante. La foresta esercitava un richiamo irresistibile, simile a quello del polline per le api. La detective Sutton, affascinata da quel buio, si avviò verso di essa senza rendersene conto, spinta da una curiosità crescente, ma prima di oltrepassare gli orti, Benjamin la bloccò.

- È pericoloso

- Non vedo nulla di pericoloso... anzi, mi sento molto attratta da lei... sapete se la signorina Ellis si è mai avventurata lì dentro prima di quel giorno?

- È pericoloso – ripeté ancora – lo sanno tutti qui a Spellmount.

Dopo, salirono in auto e lei lo incoraggiò a dirigersi di nuovo verso la stazione. Benjamin partì, ma non prima di essersi messo gli occhiali. Guardava la strada, ma con la coda dell'occhio contemplava la ragazza di fianco. Non aveva idea di chi fosse né quale fosse il suo piano, ma doveva fare in modo di tenerla lontana dalla foresta.

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