Un lavoro prestigioso
Allyson
Due giorni dopo, Allyson rimase interdetta nel trovare l'agente Warton fermo davanti alla porta dell'ambulatorio medico. La sua presenza le risultò inaspettata e il suo atteggiamento rigido indicava che la questione fosse di grande importanza.
«Dottoressa Legrant, il signor Gresham la sta aspettando,» disse con gentilezza.
«Non capisco, non può venire da me?» rispose allargando le braccia, sconcertata da tutto quel rigore.
«Ma infatti, è qui! E per ragioni di sicurezza l'aspetta dentro,» ribatté l'uomo, facendo un cenno verso la porta chiusa.
Ancora incredula per quella visita inaspettata, ma che le procurava un piacevole stupore, Allyson aprì incuriosita e vide subito il dirigente. Si trovava in piedi accanto alla scrivania, dove aveva posato una cartellina colorata.
«Buongiorno, mi dispiace di non averla avvisata,» esordì lui con un sorriso largo.
La sua voce sembrava calma, ma il ticchettio delle dita sul legno del tavolo rivelava che non si sentiva a suo agio in ospedale.
Lo osservò preoccupata. «Che le è successo? Credevo stesse bene.»
«Infatti, mi sento meglio,» sottolineò mantenendo lo sguardo fisso su di lei. «Volevo parlarle, ma ho deciso di approfittarne per la medicazione.»
Allyson abbassò la testa, non prima di aver notato quanto fossero magnetici i suoi occhi grigi. Il ciuffo di capelli sulla fronte era stato pettinato con cura. Sembrava rasato di fresco, emanava un sottile profumo di dopobarba che aveva riempito la stanza.
Indossava un abito costoso a tre pezzi chiaro, completato dal solito gilet damascato. Nonostante quel tipo di abbigliamento fosse comune tra i dirigenti del MI5, Gresham si muoveva con un'eleganza naturale.
Lei si schiarì la voce e prese il controllo: «Allora procediamo con la medicazione, così può parlarmi.»
Legrant gli indicò un appendiabiti dove poteva sistemare i vestiti. Gli lasciò il tempo per prepararsi e l'uomo lo fece con cura meticolosa, togliendo infine la camicia e liberando il braccio ferito. Portava una maglietta intima bianca che metteva in risalto le sue spalle larghe. Si lisciò con le mani i calzoni e si sedette sul lettino.
«Come si è sentito? Ha avuto problemi?» chiese mentre si avvicinava per togliere la fasciatura.
«Ho seguito le sue istruzioni alla lettera e sono guarito in fretta. Niente riunione al pomeriggio, se questo può farla stare tranquilla.» rispose Eugene con un tono leggero.
Intuì che lui fosse in tensione e mantenne un comportamento professionale, alleggerendo al contempo la conversazione per cercare di metterlo a suo agio.
Gli sorrise ironica. «Alla fine mi ha ascoltato,» disse. «Deve essere stato un evento raro, da quello che ho sentito su di lei.»
Gresham rise, un suono basso e caldo. «Le voci girano dunque. So a cosa pensa, al nomignolo che mi hanno affibbiato: il Genio.»
«Non ascolto più di tanto, mi creda,» ribatté divertita.
Tolse la fasciatura con delicatezza, Eugene si scostò leggermente.
«Le ho fatto del male?» chiese fissandolo.
«Non si preoccupi, non mi piace stare in questo posto e soprattutto mezzo spogliato,» rispose lui, deglutendo a vuoto.
Allyson inarcò le sopracciglia ed esaminò la ferita, notando che Gresham sembrava estraniarsi durante la medicazione.
«Sta andando meglio di quanto mi aspettassi. Le resterà una modesta cicatrice, ma non ha bisogno d'altro. Le metterò solo un cerotto che potrà togliere fra un paio di giorni. E finisca la terapia.»
«Alla fine non era nulla di grave,» disse il Genio, visibilmente sollevato.
«Già, però poteva finire molto peggio. Come è possibile con la scorta attenta che si ritrova?»
«Avrà visto le notizie... Il mio lavoro al fianco del Primo Ministro a volte mi mette in situazioni di pericolo.»
Lei mugugnò. «Sì, ho letto delle intemperanze del PM. Spero non succeda spesso.»
«Si preoccupa per me?» lui alzò gli occhi divertito.
«Lo farei per chiunque.» rimarcò la dottoressa senza tentennare.
«Almeno è una persona franca, diversa da quelli che mi stanno intorno per il loro tornaconto,» ridacchiò, mostrando una fila di denti bianchi e perfetti.
«Quindi è circondato da persone sincere?» chiese con una punta di sarcasmo.
«In un certo senso, ha ragione. Non ho tanti amici.»
«Mi dispiace,» replicò scusandosi mentre finiva di sistemare il cerotto.
«Non deve dispiacersi, sto bene anche così.» rimarcò alzandosi dal lettino. «Ci metterò un po',» disse indicando i suoi vestiti.
«Immagino,» asserì la giovane con una smorfia rilassata. «Almeno questa volta non le ho rovinato la camicia che costa quanto due settimane del mio stipendio.»
Il dirigente la osservò e abbozzò un sorriso serafico. «Il mio compito è ben retribuito, ma come vede comprende qualche episodio inaspettato. Intanto le spiego, così non le porto via troppo tempo.»
Allyson si accomodò dietro la scrivania, lui aggirò il lettino e rimase in piedi. Si allacciò i polsini in sequenza, poi si interessò alla cravatta. Le sue mani non tradivano alcun tremore. Appariva tranquillo, quando iniziò a conversare.
«Immagino sappia che lavoro per la sicurezza del paese, principalmente mi occupo dei membri del governo. In questo momento il Primo Ministro è la mia priorità.»
«Ha attirato numerose critiche, a quanto so.» Affermò lei intrecciando le braccia.
«Vero, si è impegolato in delle decisioni discutibili che non hanno riscosso il favore della gente. Ma il mio incarico è proteggerlo limitando i danni e portarlo a fine mandato.»
Allyson lo osservò con attenzione. Dalla voce capiva che non era contento della piega che avevano preso le cose, ma dal volto non traspariva nulla, dimostrava di avere un forte legame con le istituzioni.
«Di cosa ha bisogno, signor Gresham? Se mi chiede aiuto come medico, qualcosa che non va c'è.»
Lui si rivestì e indossò la giacca, si sedette di fronte a lei. Probabilmente non aveva l'abitudine a stare dall'altra parte della scrivania, ma accettò la posizione di inferiorità con sufficienza.
«Garrel ha preso una strada distruttiva da un po' di tempo. Immagino che comprenda che quello che sto rivelando è un segreto di stato. Almeno per ora.»
La dottoressa annuì, portando i gomiti sul tavolo. I suoi capelli si sciolsero e le caddero in avanti. Allyson notò gli occhi di Gresham fissarsi nei suoi per un breve momento. Poi, lui si schiarì la voce e continuò.
«Purtroppo, beve troppo e fuma. Il diabete ne risente, e ha periodi di malessere generale che teniamo nascosti al pubblico.»
Lei lo guardò con incredulità. «Non mi dica...»
Il Genio si morse il labbro inferiore. «Dice che bere lo aiuta ad acquisire certezze, ma finisce solo per stare male.»
L'uomo ridacchiò, si massaggiò la guancia con un movimento rapido. «Avere un medico che mi supporta prima e durante le conferenze per limitare i danni sarebbe di grande aiuto.»
Sospirò scettica. «Cosa dovrei fare, di grazia? Non vorrà che lo segua per trattenere le sue intemperanze? Perché non lo fate dimettere?»
«La crisi del paese non lo permette al momento. Tra sei mesi, crediamo che potrebbe essere possibile.»
Era chiaramente seccato per la situazione, ma riprese a parlare con determinazione. «Vorrei istituire un distaccamento sanitario presso la sede del MI5 con poteri ampi sia per il personale che per le alte cariche. Se accettasse, lavoreremmo spesso insieme, specialmente durante le riunioni del Primo Ministro.»
Allyson rimase a bocca aperta, non si aspettava una proposta del genere. «Il mio lavoro è fare il medico, non inseguire politici,» replicò sorpresa, «e non è il mio mondo!»
Lui capì subito il suo disagio.
«Le garantisco che, se accetterà, avrà il tempo necessario per acquisire esperienza e avrà un ambulatorio indipendente dove gestirà le emergenze di alto livello, lavorando a stretto contatto con la dirigenza.»
«Dovrò presiedere alle conferenze?» chiese incuriosita.
«In caso di necessità, sì. Anche ad alcuni ricevimenti, specie per i motivi che le ho esposto.»
La giovane esitò cercando di assorbire la notizia. Il dirigente la incalzò.
«Se non le piacerà presenziare, potrà sempre ritirarsi. Non è obbligata.»
Legrant elaborava in velocità quel cambiamento di vita che non si aspettava, ma che la intrigava.
Si prese del tempo e lui aspettò con pazienza, tamburellando con le dita sul bracciolo.
«Perché io? Immagino si sia informato su di me,» sbottò alla fine, lasciandosi cadere sulla spalliera della poltrona.
«Stia tranquilla, mi sono assicurato che abbia i titoli adatti. Diciamo che mi ha fatto una buona impressione. È schietta e decisa, non si intimorisce e, per quello che ho visto, reggerebbe bene qualsiasi dirigente.»
«Compreso lei quindi?»
Lui ridacchiò. «Certo, infatti mi ha sopportato da quando mi ha conosciuto.»
Allyson si sporse in avanti. «Le ho dato questa sensazione?»
«Direi di sì, ma dobbiamo solo affiancarci, ed essere una squadra, nulla di più.»
La dottoressa tornò ad appoggiarsi allo schienale e sospirando mormorò. «Posso pensarci?»
L'uomo si mordicchiò il labbro. «D'accordo, ma non più di tre giorni,» rispose pronto, poi si alzò.
Sembrava divertito dalla situazione in cui l'aveva messa.
Prima che se ne andasse lo fermò, incuriosita dal loro primo incontro.
«Ho una domanda. È rimasto coinvolto nell'attentato ai danni di Sir Garrel?»
«Sì, diciamo che mi sono trovato nel mezzo.» Si sfregò la mascella con forza. «Potrebbe accadere ancora. Se questo le sembra un problema, cercherò di provvedere.»
Lei si scostò i capelli dalla fronte, ma si rese conto del gesto avventato. La manica le era scivolata indietro, rivelando l'ematoma sul polso e lui lo notò e strinse le labbra.
Allyson troncò subito la conversazione nascondendo la mano. «D'accordo, ci penserò.» aggiunse seria.
L'uomo, in modo inaspettato, si fece cupo e perse la sua leggerezza, tanto che concluse con una freddezza inaspettata. «Le lascio la cartella con il contratto e gli incarichi. Ci troverà il numero diretto di Arianne. A presto, dottoressa Legrant,» si girò e uscì con un cenno del capo.
Rimasta sola, Allyson impiegò alcuni minuti per riprendersi dalla reazione di Gresham. Aveva osservato il suo volto mutare, passando da un'espressione impassibile a una di chiara intolleranza: si era accorto dei lividi. Forse il suo atteggiamento derivava dalla meticolosa attenzione che riservava al suo staff, che superava di gran lunga la mera professionalità.
Arricciò le labbra pensierosa, poi prese la penna e cominciò a giocherellare, lo sguardo perso nel vuoto.
Se avesse conosciuto la situazione familiare con Phillip, l'avrebbe assunta lo stesso? In fondo riguardava la sua vita privata, cosa c'entrava con il lavoro?
Rifletté sull'offerta di Gresham: una sfida intrigante, sebbene un po' al di fuori delle sue corde. Tuttavia, sentiva di poter affrontare quel mondo. Al college, aveva gestito il partito studentesco e interagito con il rettore. Inoltre, cresciuta in una famiglia di insegnanti, era stata coinvolta fin da giovane in numerose conferenze.
Anche accettando la proposta, avrebbe continuato a esercitare la sua professione, non come al Crown, ma pur sempre nel campo medico.
Trascorse il resto della giornata nervosa per la decisione da prendere. Parlare con il suo ex sarebbe stato inutile, dato che si era già rivelato possessivo e geloso. Tuttavia, sentiva di doverlo avvertire con il dovuto tatto.
Con tutti quei pensieri in testa, si presentò da Sir Geoffrey Barrow, il primario, per chiedere un consiglio. Il professore, già ben informato sulla situazione, la incoraggiò, lodando le qualità del Genio.
Senza rendersene conto, Eugene Gresham si era già insinuato nella sua vita.
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