Rifugiarsi a villa Camelia
Pov Allyson
Più tardi, Paul, accompagnò Allyson a villa Camelia.
In auto, mentre conversavano, le spiegò di aver recuperato i suoi abiti senza problemi, rassicurandola che Phillip non si era opposto. Seguendo le sue indicazioni, gli aveva consegnato il foglio con il nome della clinica e i dettagli dell'appuntamento già fissato.
Warton, forte della sua esperienza militare, le riferì di averlo persuaso ad accettare la visita di controllo, ma ammise di sospettare che l'uomo si aggrappasse all'illusione che, sopportando le cure, Allyson sarebbe tornata da lui.
Lei serrò le labbra, le unghie affondarono nel palmo: dopo il tradimento di Phil, non c'era spazio per il perdono.
Ora il lavoro era la sua priorità assoluta. Desiderava chiudere in modo definitivo quel capitolo doloroso della sua vita e concentrarsi sul futuro.
Durante il viaggio, pensò a Gresham: non lo aveva incontrato per il resto della mattina.
Sapeva del suo impegno in una riunione con i rappresentanti della Governance e, sebbene l'avesse sollevata dagli incarichi istituzionali, non poteva fare a meno di provare un senso di delusione. La stanchezza, però, iniziava a farsi sentire: la spalla le doleva e si accorse che, la mano, aveva cominciato a gonfiarsi.
Quando raggiunsero la loro destinazione, trovò che l'ordine e la cura dell'edificio riflettessero la precisione maniacale del suo capo.
Paul la scortò al portone: una massiccia struttura in legno scuro con dettagli in ferro battuto. Una donna sulla sessantina con i capelli grigi e un sorriso accogliente, le aprì.
L'agente la salutò con un cenno, poi dimostrando di avere familiarità con la casa, trasportò il bagaglio nell'alloggio, prima di congedarsi.
«Mia cara dottoressa Legrant, finalmente la conosco! Sono Norah, la governante.» esordì con un tono squillante.
«Gresham le ha parlato di me?» replicò con curiosità.
«Sì, ho saputo come vi siete conosciuti. Diciamo che è rimasto colpito dalla sua personalità. E non capita quasi mai.» ridacchiò l'anziana.
«Colpita in senso positivo, spero,» disse, schiarendosi la voce mentre cercava di intuire quanto potesse sapere. «Sa, ogni tanto discutiamo.»
«Oh beh, con Hug è facile farlo. Ha le sue idee.»
«Hug?» Allyson si massaggiò la guancia, gli occhi curiosi.
«È il nomignolo che gli hanno dato da bambino. Eugene non gli piaceva. Invece al lavoro lo chiamano Genio ma immagino già lo sappia.»
«Non credo gli piaccia molto nemmeno quello,» scherzò Allyson e risero complici.
«Venga le faccio strada.» disse Norah scostandosi per farla passare.
Attraversarono l'ampio ingresso: un corridoio dai soffitti alti, con pareti ornate da pallide stampe floreali. Pochi metri e si ritrovarono all'aperto. Mentre percorrevano il loggiato, sostenuto da bianche colonne di pietra levigata, l'aria fresca, con il profumo di terra umida e lavanda, l'avvolse in una sensazione di calma.
Il rumore dei loro passi riecheggiava scandendo l'avvicinarsi a una piccola entrata indipendente, incorniciata da rampicanti rigogliosi, che conferivano alla dépendance un'atmosfera accogliente.
Superati tre gradini, entrarono in una zona giorno luminosa e ben organizzata. Un divano, collocato sotto una finestra ampia, permetteva alla luce naturale di inondare la stanza.
Norah la informò, che il frigorifero, era stato rifornito di poche cose essenziali, per ogni suo bisogno.
In un angolo sulla sinistra, un tavolo rotondo con quattro sedie, invitava a immaginare colazioni tranquille e momenti di relax.
Attraverso un piccolo corridoio, si accedeva alla camera da letto arredata con un matrimoniale dal design classico, un armadio capiente e un comò.
Il bagno, disponeva di una bella doccia moderna con la porta in vetro.
Norah le spiegò che l'alloggio era stato del custode, che si occupava anche del giardino, e che aveva fatto ritorno in Galles dalla vecchia madre per prendersene cura. Gresham stava cercando un sostituto, ma per ora non si era presentato nessuno.
«Non mi aspettavo un posto così. Penso che mi piacerà.» commentò, allargando le braccia per sottolineare la sorpresa.
«Eugene vuole che i suoi collaboratori si sentano come a casa.» Le sorrise soddisfatta e aggiunse. «Sono felice che le piaccia. Qui avrà la giusta privacy, ma se ha bisogno di qualcosa, non esiti a chiedere.»
«Grazie, è tutto perfetto,» rispose sentendo l'ansia sciogliersi, dopo giornate lunghe e difficili.
La donna lasciò che sistemasse le sue cose.
Allyson, rimasta da sola, posò il trolley accanto al letto e si sedette sul bordo, godendosi un momento di tranquillità. La spalla le doleva ancora, così decise di farsi una doccia per rilassarsi.
L'acqua calda lenì la tensione, sciogliendo la stanchezza accumulata. Quando finì di lavarsi, si avvolse in un soffice asciugamano bianco, sentendosi rinvigorita. Indossò abiti comodi e, con passo rilassato, attraversò il porticato dirigendosi verso una ampia vetrata illuminata.
Si trovò nei pressi della cucina padronale: un ambiente accogliente e studiato con cura. Al centro dominava una penisola rivestita di marmo chiaro, circondata da sgabelli con sedute in legno. Sopra di essa erano disposte alcune stoviglie e un vassoio con una teiera fumante. Poco distante, un ampio tavolo rotondo ospitava un vaso di fiori freschi, aggiungendo un pò di colore.
Lungo le pareti, mobili frassino si alternavano a pensili con ante in vetro opaco. Sul lato opposto, un moderno forno a incasso e un frigorifero in acciaio conferivano alla cucina un tocco contemporaneo. Infine, sotto una piccola finestra affacciata sul cortile, un lavello completava il tutto.
Allyson trovò Norah intenta a sistemare dei dolcetti dentro la biscottiera.
Appena la vide le sorrise contenta. «Ha trovato subito la strada! Stavo per chiamarla, pensavo che un po' di tè caldo potesse farle piacere,» disse, porgendole una tazza fumante.
«Grazie, è proprio ciò di cui avevo bisogno,» rispose accettando e assaporando la bevanda aromatica.
«È quello che piace a Eugene, il black Ceylon.» Si sedettero insieme al tavolo.
«Un gusto deciso.» Osservò lei.
Le luci che arrivavano dalla vetrata creavano un'atmosfera intima e di pace. L'anziana iniziò a parlare di Villa Camelia, raccontando aneddoti sulla storia della casa colonica.
«Hug ha ereditato la dimora dalla madre; lady Emily Whitemore,» disse Norah, sorseggiando il suo tè. «In origine, questo posto, godeva di coltivazioni che alimentavano la passione della nobildonna. Poi per questioni familiari la passò a Eugene che la ristrutturò.»
«Non sapevo che i genitori fossero degli aristocratici.» Allyson si sorprese per quelle rivelazioni, anche se la governante si limitava nelle confidenze, consapevole del proprio ruolo; eppure continuò, concedendole un'inaspettata fiducia.
«Solo dalla parte di madre, che sposò Arthur Gresham, un alto diplomatico della Corona.»
Lei annuì e aggiunse incuriosita. «Ho avuto il piacere di conoscere Lyndon, ma il resto della famiglia? Se non sono indiscreta.»
«Non lo è affatto! Se Eugene la ospita qui, vuol dire che ha stima di lei. Non è un segreto per nessuno che ha una sorella, Mytea, la secondogenita. Purtroppo, ci furono delle incomprensioni, e non si frequentano spesso, l'unico è il fratello maggiore.» La governante continuò seria. «Mi prendo cura di Hug da quando era piccolo, è diventato come un figlio per me, visto che non mi sono sposata.»
«Le è molto affezionata.» concluse sorridendo la dottoressa.
«Sì, gli feci una promessa da bambino che ho mantenuto.» rispose con un tono fermo.
Allyson rimase sorpresa per la notizia, ma al momento non insistette temendo di essere scortese.
La donna sollevò lo sguardo e fu diretta. «Eugene non ha voluto entrare nei dettagli, ma mi ha detto che è in una situazione delicata. Mi ha chiesto di fare il possibile per farla sentire a suo agio, visto che, i suoi genitori abitano lontano.»
Legrant tossì interdetta per quella rivelazione e ammise. «Ho avuto problemi con Phillip, il mio ex, e ho dovuto trasferirmi qui. Ma non vorrei disturbare.» Allyson immaginava che sapesse qualcosa, ma Norah non lo manifestò e fu accomodante.
«Nessun disturbo, qui potrà riprendersi.» disse indicando la fasciatura. «Ma non voglio tediarla, sappia che mi fa piacere avere degli ospiti. Hug è sempre così preso dal lavoro, e spesso, sono sola.»
Lei sorrise scuotendo la testa. "Ma ha una fidanzata, a quanto ne so."
La governante sollevò la mano per scacciare un pensiero irritante. «Elisabeth non è una donna adatta per lui.»
Si alzò in fretta, prendendo le tazze. La dottoressa, stupita per quella frase, l'aiutò a sbrigare la tavola e l'anziana, riprese a parlare con serenità.
«Mia cara, lavorare con Eugene sarà stimolante ma anche complicato! Lo so che è esigente, ma se sarà paziente, si troverà bene con lui. In più, le confido, che apprezza molto quello che fa.» ridacchiò Norah riponendo le ceramiche nella lavastoviglie.
A Allyson piaceva che conversassero da amiche, il suo calore gentile le suggeriva che l'aveva accettata con fiducia.
Come le avesse letto nel pensiero, sbottò. «Ora basta tensioni, dottoressa! Qui a Villa Camelia avrà un rifugio sicuro.»
Legrant annuì. «Grazie, allora ne approfitto per riposarmi un po'.»
«Bene, ragazza mia. Io sono in giardino a potare le rose.» Rispose l'anziana alzandosi.
Allyson si accomiatò per raggiungere il piccolo appartamento.
Dopo aver chiuso la porta, si diresse nella camera, indossò una tuta e si sdraiò sul letto. Con un sospiro di sollievo si lasciò avvolgere dalle lenzuola fresche profumate di lavanda. Chiuse gli occhi e si sentì al sicuro. La tensione accumulata nei muscoli si sciolse mentre si lasciava cullare da quella sensazione di pace e serenità.
Solo verso l'ora di pranzo Norah bussò con discrezione, lei si alzò, e la accolse nel piccolo soggiorno.
«Le ho preparato del cibo caldo,» disse entrando con un sorriso. «È pasta con verdure che provengono dalla serra,» continuò, posando il piatto sulla tavola. Il profumo del basilico fresco e del pomodoro riempì l'aria.
Legrant la guardò confusa, nascondendo la mano fasciata dietro la schiena. «Non doveva disturbarsi. Ho a disposizione una cucina e posso darmi da fare.»
«Ma è nostra ospite e Eugene si è raccomandato che oggi riposasse,» le annunciò la governante con un sorriso caldo.
«È gentile da parte sua,» rispose Allyson prendendo le stoviglie e una caraffa di acqua. Si accomodò e addentò una forchettata di pasta.
«È davvero buona» disse al primo boccone, «lei ha pranzato?»
«Stia tranquilla l'ho fatto, non come Hug che mangia poco, perché accampa sempre la scusa che è preso dal lavoro.»
La giovane sollevò la forchetta ridendo. "Cosa direbbe se lo obbligassi, da medico, a nutrirsi adeguatamente? Me lo immagino già arrabbiato per la mia intromissione."
«Dico che sarebbe un'ottima idea,» rispose accompagnandola nella risata e dandole un buffetto sul polso.
L'anziana signora era così felice che iniziò a parlare della passione per l'orto e la serra. Descrisse con amore e dedizione le piante che curava, e il tempo volò: un'ora passò senza che se ne accorgessero.
«Porto io le stoviglie in cucina. Mi faccia fare qualcosa! Poi ne approfitto per indugiare ancora un po' a letto. Vorrei che la mia spalla guarisse in fretta,» aggiunse, toccandosi il punto dolorante.
La governante, con la sua consueta premura, le propose di cenare insieme al ritorno di Gresham.
«Sarebbe un piacere averla con noi per cena,» disse, con un tono che non ammetteva repliche, «E poi,» continuò facendole l'occhiolino, «Eugene stasera deve dare il meglio di sé come padrone di casa.»
Legrant esitò per un momento prima di accettare l'invito.
«D'accordo ci sarò.» la assecondò, sentendo che quella serata avrebbe portato non solo del buon cibo, ma anche una piacevole compagnia.
L'anziana, felice del risultato, la lasciò sola. Lei decise di concedersi un lungo pomeriggio di relax. Si sedette sul divano, e guardò il cellulare. Lo schermo era rimasto muto per tutto il giorno, immaginò che Gresham, non avesse voluto disturbarla
Prese le medicine per la spalla dolorante e si dedicò con attenzione alla medicazione della ferita sulla mano, pulendola e applicando una nuova fasciatura. Si distese nel letto lasciandosi cullare dal brusio del giardino.
Si risvegliò poco prima del tramonto. Dalla sua stanzetta sentì il rumore familiare dell'auto diplomatica che rientrava nel vialetto. Si stiracchiò, sentendo i muscoli risvegliarsi dopo il lungo riposo, e si alzò con calma. Decise di vestirsi per la sera scegliendo un paio di jeans e una semplice camicetta di cotone colorato che la facesse sentire a proprio agio. Si ravvivò i capelli, e diede un ultimo sguardo allo specchio per assicurarsi di essere in ordine. Non era più pallida come all'arrivo, ora aveva un'aria fresca e riposata.
Si diresse verso la cucina della villa padronale.
Mentre camminava sotto al porticato, la raggiunse il profumo intenso del cibo che le fece venire l'acquolina in bocca.
Sperava, con tutta sé stessa, in una serata piacevole, e di riallacciare, almeno in parte, il rapporto con Gresham.
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