Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

8


HUNTER

Uno schiaffo.
Uno schiaffo ha capovolto totalmente la situazione.
Non ho fatto in tempo a fermarlo. Non ho fatto in tempo a raggiungerla, a proteggerla dal ragazzo che adesso ho davanti agli occhi e voglio ridurre in cenere.
Prova a raggiungerla, forse dopo essersi accorto del gesto stupido e brutale che ha fatto nei confronti di una donna, della sua donna, quella che dovrebbe amare e proteggere e non schiaffeggiare. Si avvicina a lei ma con sguardo ancora pieno di furia.
«Non... farlo mai più», urlo irato come un pazzo.
Non ho mai odiato così tanto una persona. Non ho mai provato così tanto disprezzo e così tanta voglia di vendicare un torto a qualcuno che conosco appena.
Il sangue mi arriva dritto al cervello e afferrandolo per la camicia lo spingo contro una delle pareti mollandogli un pugno tanto forte da rompergli il naso e da stordirlo.
E vorrei continuare a pestarlo per quello che ha appena fatto ma, qualcuno mi tira indietro, mi bracca impedendomi di sbagliare, di ammazzare il figlio di puttana che ha appena mollato uno schiaffo alla donna più intrigante e sorprendente che io abbia mai conosciuto o incontrato.
«Calmati, Hunter. Così facendo ti ritroverai solo nei guai. Si tratta di Nolan Ruiz, ti ricordo», mi sibila all'orecchio il mio amico, cercando di mitigare la rabbia che sento montare maggiore nel petto.
È sempre stato lui a tenere a bada ogni mio istinto. Non mi sono mai spaventato davanti ad un altro pronto a lottare, anche ad armi impari. Issac invece ha sempre cercato di mitigare ogni situazione con la sua pacatezza. Ma, adesso, è arrabbiato quanto me. Lo vedo nei suoi occhi scuri come il buio che qualcosa lo ha toccato nel profondo.
Stringo i pugni. «Lasciami andare. Devo farlo fuori quel pezzo di merda che ha osato metterle le mani addosso», spingo il mio amico che, non riesce a trattenermi e, come un toro, punto su Nolan, ancora stordito dal mio pugno.
«Ti faccio a pezzi, lurido stronzo!»
Due ragazzi che si sono alzati insieme ad Issac, appena Nolan ha fatto quel gesto, mi placcano contro la parete.
«Sta buono amico. Ci pensiamo noi a questo farabutto. Tu va a cercare quella ragazza. Era sconvolta quando è scappata.»
Scappata? Che cosa significa che è scappata?
Mi volto di scatto per cercarla. I miei occhi vagano dentro questa stanza e non la vedono. Lei non c'è. Se ne è andata. È scappata. Come ho fatto a non accorgermene?
Cazzo!
Mi lasciano andare notandomi adesso spaesato. E, continuando a tenermi d'occhio, si avventano su Nolan che, si difende urlandogli addosso parole indicibili.
Issac si avvicina. «L'ho localizzata in questa zona. È tornata a casa», mi dice inviandomi la strada, le foto della casa e tutto quello che mi serve per trovarla.
«Va, qui ci pensiamo noi. Fammi sapere come sta quando la trovi.»
«Potrebbe avere lasciato il telefono di proposito a casa», gli faccio notare, sentendomi immediatamente agitato. «Non è una stupida.»
Issac nega. «Lo so che non è una stupida, altrimenti non ti terrebbe testa e ti darebbe tutto quello che vuoi da lei. Io dico che la troverai a casa. Ora come ora sarebbe il primo posto in cui rifugiarsi. È ferita nell'orgoglio, Hunter. Se non la trovi chiamami e troveremo insieme una soluzione per intercettarla. Adesso va!»
Guardo il mio amico poi Nolan che si avvicina a passo spedito provando a colpirmi. «Brutto bastardo che cazzo le hai fatto? Non è tua! Avvicinati ancora a lei e ti faccio fuori!», mi minaccia.
Viene afferrato e trascinato su una sedia.
Issac mi fa l'occhiolino. «Tenetelo fermo!», esclama in tono freddo schioccandosi le dita.
Esco fuori dalla stanza cercando di non andare nel panico e soprattutto di non tornare indietro per terminare quello che ho iniziato.
È la prima volta che ho una reazione del genere. È la prima volta che incontro una persona in grado di coinvolgermi così e non mi sono mai affezionato tanto in fretta. Non mi sento in colpa per quello che è successo, sono solo preoccupato.
Corro verso il porto e poi salendo sullo yacht, partiamo verso Miami. Controllo le coordinate e mi faccio lasciare in spiaggia per proseguire a piedi.
In questo frangente, cerco la casa di Iris che, si trova circondata da un boschetto di palme e rocce. Quasi nascosta e distante dalle altre case presenti.
La villa, lanciandole uno sguardo, è piccola, piena di vetrate chiuse. Intorno c'è solo un silenzio inquietante.
Il mio stomaco si contorce. Gonfio il petto e prima chiamo Nelson.
«Signore, sta bene?»
«Io... si. Domani portami a questo indirizzo che ti sto inoltrando, indumenti puliti e l'auto. Non importa quale.»
«Si, signore. Ma lei sta bene?»
«Io si. Iris... non lo so ancora. È successo un casino e la sto cercando. Ti racconto tutto domani. Scusa se ho disturbato te e Myrtle a quest'ora.»
«Non si preoccupi, signore. A domani.»
Riaggancio.
Suono il campanello un paio di volte. Non ricevendo risposta, notando un sentiero che gira intorno alla proprietà, lo seguo ritrovandomi a scavalcare il cancello basso del giardino che è chiuso. Superato questo, cammino lungo un vialetto ritrovandomi sotto una tettoia, davanti la porta di legno sul retro con la portazanzariera. Busso forte fregandomene di chi potrebbe sentirmi e chiamare la sicurezza.
«Iris, apri. Sono Hunter. Voglio solo sapere se stai bene. So che sei a casa quindi non farmi entrare dalla finestra come un ladro.»
Attendo un paio di secondi più che impaziente. Una luce si accende. La porta si apre piano cigolando. Lei esce fuori con ancora addosso gli indumenti di prima, gli occhi tristi, distanti, rossi così come il suo naso piccolo e dritto.
«Che cosa vuoi?», chiede freddamente guardandosi intorno.
Si abbraccia infreddolita e per un paio di minuti ascoltiamo il silenzio interrotto dal frinire delle cicale e dalle onde che si infrangono sugli scogli a poca distanza da questo paradiso.
Le sfioro la guancia rossa come il fuoco e lei si ritrae.
Le ha proprio dato uno schiaffo forte quel bastardo. Ha intaccato la sua bellissima pelle delicata.
Pagherà per questo.
«Sto bene. Vattene e non tornare», dice freddamente.
Scuoto la testa e, prima che possa chiudermi la porta in faccia, sguscio dentro casa sua con agilità.
«Non ti ho invitato ad entrare. Senti, non ho voglia di litigare o parlare. Per favore, Hunter. Comportati da adulto e lasciami sola.»
La voce le si spezza e dentro di me ripiomba l'istinto di proteggerla. Afferrandole la mano, nonostante le proteste, l'avvicino e l'abbraccio.
Rimane rigida poi si adagia al mio petto e questo gesto, questa sua risposta mi fa tremare dentro di rabbia, di paura, di preoccupazione. C'è anche qualcos'altro sotto, nel profondo, ma non scavo a fondo per non averne la certezza di quello che già presumo possa essere.
«Nessuno ti farà del male», sibilo sulla sua spalla aggressivo. Digrigno persino i denti tenendo a mente l'immagine di Nolan Ruiz. «Nessuno ti toccherà mai più in quel modo.»
Prova ad allontanarmi ma non glielo permetto. Non gli permetto di rifiutarmi anche in questo modo. Non c'è secondo fine nel mio gesto.
«Sai di cosa ho bisogno? Di una bella bevuta. Hai del vino o qualcosa di forte e un po' di insaccati da mangiare?»
«Dici sul serio? Vuoi bere e mangiare dopo quello che è successo? Qui?», chiede sbigottita.
«Non mi offri qualcosa?»
Sospira. «Perché sei qui, Hunter?»
«Davvero non riesci a credere di essere interessante per uno come me?», sbotto.
«Ho smesso di credere alle persone.»
Il problema delle cose fragili non è solo che si spezzano. Quando un filo si strappa, un vetro si frantuma, un oggetto si rompe, non puoi più ripararlo e riportarlo come era prima.
Le persone sono così, puoi spezzarle, puoi tormentarle, puoi persino ferirle, ma quando chiedi scusa, non tornano più come prima. La fiducia è un filo sottile. Se la tagli non puoi più unirla al suo gomitolo.
L'abbraccio di nuovo. «Ti farò ricredere, Bestiolina.»
Scioglie l'abbraccio in fretta, non mi lascia assaporare la sensazione piacevole del suo calore, del suo profumo invitante sulla mia pelle che brucia per lei.
Indica intorno. «Questa è casa mia», dice impacciata. «Non troverai niente di lussuoso come nella tua.»
«Esplorerò più tardi per stanare qualche tuo segreto. Adesso, mi serve sapere dove si trova la cucina. Con tutto quel trambusto mi è venuta fame.»
Mi fa strada senza commentare. La cosa non mi piace. Dov'è finita Iris?
Dalla porta secondaria, dopo un breve corridoio dalle pareti tinteggiate di un verde acqua chiarissimo con delle rifiniture di gesso in alto, mi ritrovo davanti il suo ambiente. Semplice, in stile moderno, niente di ampolloso o troppo ricercato ma luminoso, arioso e neutro.
La piccola cucina alla mia sinistra con un isolotto al centro, da una parte il fornello e dall'altro due sgabelli. Elettrodomestici essenziali sulle superfici e un enorme frigo in acciaio incastrato tra due colonne.
Mi giro dall'altro lato e noto un divano enorme giallo in pelle ad L con delle coperte ripiegate all'angolo e i cuscini abbinati al grigio dell'ambiente in legno. Un tappeto morbido di un bianco sporco sotto un tavolo da caffè di vetro con i piedi in acciaio. Una parete attrezzata davanti piena di libri, dvd, uno stereo, un giradischi antico e l'enorme schermo piatto. Ci sono anche delle foto. Sulla parete invece, alle spalle del divano, un enorme quadro diviso in blocchi raffigurante lo scenario di un tramonto, forse uno scatto rubato da una macchina fotografica, magari la sua. Una palma all'angolo dalle foglie ampie e verdi, delle mensole piene di piante grasse piccole, oggetti e poi ancora libri.
Iris gira intorno all'isola della cucina, cerca dentro una dispensa mettendo sul bancone delle bottiglie prima di stapparne una di vino riempiendo i calici con praticità.
Annuso e poi assaggio sentendo il delicato sapore del rosso che mi ha appena offerto insieme ad un tagliere pieno di frutta, insaccati e grissini.
So che la sua famiglia possiede dei vigneti. Non mi stupisce che sappia scegliere un buon vino anche per un'occasione come questa.
«Che cosa stavi facendo?»
Decido di intrattenerla in una conversazione tranquilla prima di porle delle domande che continuano ad ammassarsi dentro la mia testa da parecchi minuti.
Sto impazzendo. Vederla così giù di corda mi provoca una brutta sensazione.
«Ero sotto le coperte a leccarmi le ferite come una bambina.»
Bevo tutto il vino passando la lingua sulle labbra. Lo faccio per attutire la rabbia, anche se è come mettere benzina sul fuoco. I suoi occhi seguono ogni mio movimento. Mi sento sotto osservazione.
«Davvero?»
Annuisce. «Avevo bisogno di un rifugio.»
«Possiamo anche portarci il vino e il cibo nel tuo rifugio e leccarci le ferite insieme, senza malizia. Che ne dici?»
«Che cosa speri di ottenere?»
È guardinga e ne ha tutto il diritto.
Metto le mani avanti. «Su quel letto ci hai dormito con lui?»
Si incupisce sfiorandosi la guancia ma nega. «Di solito preferisce dormire sul divano o andarsene a casa sua poco dopo avere finito. Non è il tipo da fare l'amore nel letto e restare, se è questo che vuoi sapere su Nolan.»
«Gli piace selvaggio?»
Le sfugge un sorriso. «Vieni, ti mostro il piano di sopra», cambia argomento.
Lei prende il tagliere e io i bicchieri con il vino seguendola.
«Non vuoi dirmelo?»
«No, è imbarazzante parlare della vita privata con il proprio ragazzo, con un altro che non si conosce e potrebbe pensare chissà che cosa di noi.»
Saliamo le scale presenti in soggiorno e mi ritrovo nella sua camera da letto.
È spaziosa, in ordine, eccetto il letto le cui lenzuola sono sgualcite. Tutto intorno profuma tanto di lei.
«No, non lo è. È una cosa che succede tra adulti.»
«Io non vorrei mai sapere che cosa hai fatto con la tua ultima fiamma», arriccia il naso.
«Ti risparmio i dettagli proprio con l'ultima che ho avuto. Direi che è stato più un attimo di follia finito male», replico e, per distrarmi osservo il suo ambiente. «Ti dico solo che ho trovato delle ciglia finte attaccate al cuscino e non immagini dove sono finite.»
Non commenta ma noto l'ombra di un sorriso aprirsi a stento sul suo bel viso, oggi triste.
Curioso intorno. Un enorme letto con le coperte bianche e azzurro ghiaccio al centro di una parete incorniciata dal gesso e tinta di un azzurro chiarissimo, quasi bianco, una cassapanca ai piedi in legno riciclato e intarsiato davvero bello su cui sono appoggiati due cuscini, due comodini ai lati del letto, con due lampade grandi e un libro da poco iniziato, un quadro sopra con la raffigurazione della: "Notte Stellata" di Vincent van Gogh. Un tappeto al centro della stanza, poi un armadio a parete alla mia destra, una finestra che conduce sul balcone con la vista mozzafiato sulla spiaggia. Una porta a poca distanza dal comodino dà invece accesso al bagno e una scala a chiocciola, di fianco all'armadio, al suo studio che, quando sbircio sporgendomi sembra pieno di libri. Da questa, proviene odore di carta e profumo di biscotti al limone. Dalla finestra intravedo anche una piccola serra in giardino e una vasca idromassaggio sotto una tettoia.
Iris posa il tagliere sul tavolo basso accanto a due poltrone grigie in pelle che si trovano davanti una delle vetrate. Ammiro le rose bianche dai petali aperti, nel pieno della fioritura, dentro un vaso di latta. Faccio lo stesso con i calici e la bottiglia uscendo fuori dalla finestra per ammirare il panorama, senza chiedere il permesso.
Da questa finestra, dal balcone, si intravede parte della spiaggia, le luci della città come le stelle, bellissime, tante e luminose in alto.
Quando torno dentro per non perdermi e per non dimenticare la ragione per cui sono qui, lei si è stesa su un fianco.
Sembra così piccola in un letto così grande e, forse un po' freddo.
Mi permetto di sedermi dall'altro lato. Mi muovo un po' di proposito facendo cigolare i perni del letto.
«È comodo. L'hai almeno omologato? Resiste agli urti? Sembra... come dire... un po' rigido.»
Nega. «No, non voglio che qualcuno trasformi la mia stanza in un ricordo negativo. Tantomeno che qualcuno lasci la sua impronta sul mio letto. Ecco perché Nolan non ha mai dormito qui.»
Mi sento in qualche modo fortunato di essere entrato nel suo rifugio con il suo permesso e di essermi seduto sul suo letto senza essere cacciato. Forse anch'io lo avrei fatto con lei. In qualche modo mi fido, è la persona più sincera e vera che io abbia mai conosciuto. È schietta e quando mi dice davvero quello che pensa di me, mi piace. Anche se, ammetto, mi ha un po' ferito il suo commento quando eravamo all'acquario.
Mi alzo, vado a recuperare i bicchieri e gli porgo il suo. «Alle prime invasioni», esclamo.
Sorride, triste, bevendo un sorso posando il calice sul comodino. «Non hai altro da fare?»
«A parte mangiare grissini con il formaggio spalmabile e bere vino insieme ad una donna che mi incuriosisce? Direi di no. Sono dove voglio essere.»
Si tira su a mezzo busto. «Vuoi mangiare grissini e bere vino nel mio letto anziché andarti a divertire da qualche parte?»
«Si, lo ripeto se vuoi ma non cambierà quello che voglio. Hai altro da fare a parte stare nascosta sotto le coperte?»
Riflette poi va a prendere il tagliere e dopo avere sistemato una coperta sul lenzuolo e un vassoio, mi fa cenno di iniziare.
«Non sei annoiato?», indaga guardinga masticando piano, quasi controvoglia.
Nego. «No, non faccio mai cose così e ho scoperto che mi diverte. È come entrare per la prima volta a Disneyland.»
Le passo un pezzo di grissino pieno di crema. «Non hai cenato. Rimediamo.»
Accetta ma i suoi occhi sono ancora troppo tristi.
«Sei andato a Disneyland?»
«Tutti ci sono andati.»
Arrossisce. «Io no», biascica leccandosi l'angolo del labbro pieno di crema.
«Dici sul serio?»
Conferma. «I miei erano troppo impegnati per portarmici ed io mi sono sempre dedicata ad altro, perdendomi le cose belle.»
Pulisco gli angoli della bocca. «Allora devi rimediare.»
«Potrei scappare stanotte, andare a Parigi e restare lì.»
«Risolveresti qualcosa adesso?»
Fa una smorfia ma non risponde.
Mangiamo in silenzio per un paio di minuti poi mi indica la porta. «Li c'è il bagno se hai bisogno.»
Toglie tutto dal letto e aprendo l'armadio, sparisce al suo interno per qualche minuto prima di comparire con i capelli legati e un pigiama estivo con gli unicorni tra le braccia.
Sorrido e lei mi guarda male. «Prendi in giro il mio pigiama e ti soffoco con un cuscino.»
Rido alzandomi. «Quello è per me?», chiedo indicando lo spazzolino.
«Si, puoi usare il bagno di sotto se vuoi lavare i denti o... fare una doccia. Sempre se non vuoi andare, ovvio. In quel caso sai già dove si trova la porta.»
Annuisco e la seguo con lo sguardo verso il bagno dove si rifugia per fare una doccia e forse anche per allontanarsi un momento da me.
Mi avvicino alla porta, resto in ascolto e valuto attentamente quello che voglio davvero fare, tenendo la mano sulla maniglia. Inspiro ed espiro poi giro la maniglia e notando la porta aperta entro.
Il bagno è spazioso, piastrelle chiare con qualche fiore come decorazione, tulipani. Una soglia di marmo con due lavandini rotondi e i rubinetti con rifiniture in argento e un mobile sotto, questo si trova a poca distanza dalla porta, sopra vi è uno specchio rettangolare e dei fari bianchi sulla trave ad illuminare gran parte del rettangolo pulito che odora di mandorle dolci. Un water alla destra, una porta da cui intravedo una lavanderia e poi su uno scalino, una doccia con la vasca a forma di triangolo e il vetro satinato proprio davanti a me.
Dietro a questo, c'è lei che si sta spogliando. Lancia fuori i vestiti, apre il getto emettendo un breve verso stridulo, modera il calore e si rilassa.
Non appena noto la sua silhouette, non rifletto più. Mi spoglio e, senza neanche pensarci o esitare, non calcolando la sua reazione, facendo piano, apro la porta della doccia e con un passo avanti, l'abbraccio da dietro.
Iris lancia un urlo e voltandosi con le mani sugli occhi per togliere la cascata dal viso, tenta di capire chi la sta stringendo così forte.
«Che diavolo fai?», strilla spingendomi.
Spalanca gli occhi poi si volta abbracciandosi, emettendo un urlo. «Ti prego, non dirmi che sei completamente nudo nella mia doccia.»
Rido divertito. «Non ti farò niente, Bestiolina. Di solito mi piace fare una doccia lunga e rigenerante da solo, con te però... deve essere più interessante. È la prima volta anche per me, Iris. E poi non sono così brutto da guardare.»
Chiude il getto avvolgendosi con un asciugamano che tira dal gancio a cui è appeso con una certa forza. Mi guarda negli occhi brutalmente, per non posare i suoi altrove, soprattutto sul mio amico che, si sta risvegliando e non poco dopo avere visto il suo corpo perfetto e completamente esposto. È ancora meglio di come lo avevo immaginato.
«Per favore, esci dalla doccia e smettila di guardarmi come un maniaco!»
Mi avvicino a lei. «Di cosa hai paura? Non stiamo facendo niente di compromettente.»
Mette le mani avanti posandole sul mio petto quando continuo ad avvicinarmi a lei che, indietreggia ritrovandosi contro le piastrelle fredde. «Non puoi entrare nella mia doccia mentre sto cercando di togliermi di dosso quello che ho sentito prima e abbracciarmi. Non puoi!»
Rido e mi spinge indispettita. «Non è divertente, Hunter. Avrei potuto anche farti scivolare e ammazzarti o annegarti accidentalmente per la paura.»
Rido più forte scuotendo la testa. «Ti preoccupi troppo. Rilassati, non c'è niente di male.»
Nega. Ovviamente non è d'accordo. «Sei un problema, Hunter Ford. Lasciatelo dire.»
«Non la prendo come un'offesa.»
«Non lo è. È pura e semplice verità.»
Fremo. «Non mettere il broncio o qualcosa prenderà ancora vita tra le mie gambe e saranno proprio uccelli senza zucchero per te, Bestiolina.»
Spalanca gli occhi poi, lentamente, li abbassa e, per la prima volta mi sento sotto osservazione in un modo che non saprei spiegare. Mi eccita da impazzire e allo stesso mi imbarazza perché il suo sguardo sa essere indecifrabile e critico.
Le tiro di dosso l'asciugamano cogliendola alla sprovvista. Urla provando a spingermi e, facendola voltare in modo tale da darmi le spalle, apro il getto caldo.
«Non essere invadente se non vuoi toccare niente, neanche per curiosità.»
Stuzzicarla mi fa impazzire. Non ha mai la reazione che ci si aspetta.
Ride. «Per questo mi hai appena fatto girare? Dissento, perché mi stai fissando il sedere e non è giusto. Non ho avuto modo di osservare meglio il tuo corpo.»
Annuisco scostandole i capelli dalla nuca. Trattiene il fiato smettendo di parlare.
«Si», sussurro. «Hai proprio un bel culo, lasciatelo dire. Mi permetto anche di rivelarti che il primo giorno ho un po' fantasticato su come farlo diventare rosso.»
Inarca la schiena quando le mie mani si posano per pochi istanti su questo che, è davvero sodo. Gira un po' il viso mentre le sue mani trovano sostegno sulle piastrelle. «Hunter!»
Uno spasmo mi fa irrigidire. Trattengo a stento un verso. Mi avvicino lo stesso a lei premendo il petto sulla sua schiena. Lei blocca le mie mani. «Non... farlo. Non confondermi», balbetta.
«Stiamo solo facendo una doccia, Bestiolina! Non ho altre intenzioni.»
«Visto che non posso girarmi perché hai paura che io veda il tuo... insomma hai capito cosa, puoi passarmi lo shampoo e smettere di premerti addosso o fissare il mio fondoschiena, immaginando chissà che cosa di osceno? E per la cronaca, sento che sei eccitato.»
Per farle capire che non ho brutte intenzioni, anche se mi fa formicolare tutto il corpo, avvisto lo shampoo sulla mensola. Ne prelevo una noce e senza neanche chiederle il permesso inizio a massaggiarle la cute mentre si insapona, cercando di non arrossire.
Emette un breve verso, un mugolio sommesso, tenuto tra i denti, si alza persino sulle punte dei piedi e stringo i denti.
Cazzo! Mi si sta rivoltando contro.
Iris si lascia attraversare dal getto e poi mi fa cenno di voltarmi per ricambiare. «Tocca a me!»
«Dovrei abbassarmi», esclamo. «Sei un po' bassa.»
«Sono bassa perché così devi metterti in ginocchio», replica con un ghigno.
Non me lo faccio ripetere e sono subito comodo, in attesa e anche divertito. «Eccitante! Bella anche come battuta.»
Le sue dita si posano sulla mia cute dapprima lente poi con maggiore pressione. Mi rilasso e quando smette mugolo insoddisfatto prima di ritrovarmi addosso la cascata.
Chiude il getto e si nasconde in fretta sotto l'asciugamano. Recuperandone un altro mi invita a coprirmi e così faccio seguendola davanti lo specchio dove laviamo i denti guardandoci dal riflesso, sorridendoci di tanto in tanto come due ragazzini.
Sputo la poltiglia mostrandole i denti e lei per poco non si strozza per non ridere. Mi spinge. «Smettila di fare il pagliaccio!»
Le passo il dito sul bordo del labbro e lei subito dopo lo lecca inumidendolo prima di passarci sopra un po' di balsamo che profuma di miele.
Mi appoggio al ripiano. «Iris!»
Mette le mani dietro la schiena. «Non è colpa mia se sei entrato nella mia doccia mentre ero nuda e adesso continui a pensare al mio corpo esposto e ti fai male da solo perché non puoi avermi.»
Cazzo se è vero!
Inspiro ed espiro. «Lasciami solo. Ho bisogno di un momento.»
Sorride, ma, anziché allontanarsi, si avvicina. Adesso che cosa fa?
Sfrontata, sfiora il bordo dell'asciugamano e la mia pelle.
Dilato le narici. «Iris!»
Batte le ciglia. Lo fa lentamente sollevando gli occhi nei miei che si perdono in quell'azzurro mescolato al verde. «Volevi sapere cosa sento. Ricorda allora queste parole: 'Frustrazione', 'Brividi' e 'Paura'», sussurra allontanandosi.
Vorrei tanto fermarla, stringerla ancora e inspirare il suo odore, tenere addosso il suo lieve calore, quella freschezza che emana e sentire la mia pelle pizzicare. Ma so che la spaventerei perché si è già pronunciata abbastanza. Mi ha dato la risposta che aspettavo.
Mi calmo e poi esco dal bagno, notando che si è appena sdraiata sul letto.
«Vuoi che dorma sul divano?»
Morde il labbro squadrandomi. Mi piacerebbe entrare dentro la sua testa, camminare tra i suoi pensieri e sedermi tra i suoi battiti, ascoltarli fino a morirne. Ma, posso solo fidarmi dei suoi occhi, lo specchio di quell'anima tormentata.
«Se mi tocchi ti soffoco!»
Spegne le luci e la stanza piomba nel buio.
Mi stendo su un fianco e osservo le sue spalle grazie alla luce proveniente dall'esterno, dalla luna e dalla vetrata rimasta aperta.
La tenda bianca svolazza e di tanto in tanto arriva uno spiffero freddo più che piacevole sulla pelle.
La stanza profuma di biscotti insieme al suo odore tenue che, non andrà più via dal mio corpo.
«Puoi mettere un muro di cuscini se hai paura che invada il tuo spazio.»
Gli sfioro la spina dorsale con l'indice e lei inarca la schiena.
Il suo respiro cambia in fretta. «Non mi ha mai toccata così.»
Mi fermo, allontano la mano. «Chi?»
«Nolan. Non mi ha mai preso per mano, mai sfiorata così delicatamente. Non mi ha mai imboccata o fatto ridere così tanto. Non mi ha mai abbracciato sentendo che stavo male. E non mi ha mai schiaffeggiata. Oggi è stata la prima volta che lo ha fatto in quattro anni. Devo proprio sembrarti patetica adesso. In più ho un ragazzo che non conosco nel mio letto e mi sento una persona orribile.»
Nego avvicinandomi. Il mio fiato le colpisce la nuca e la sua pelle si rizza.
Le circondo la vita con le braccia. «Posso tenerti con me per una notte?»
«Vuoi che mi rilassi e faccia finta di niente?»
«No, voglio che dormi con me.»
Si accorge delle nocche violacee. «Gli hai mollato un pugno?»
«Lo avrei massacrato di botte se non mi avessero fermato e detto che eri scappata. Così, ho messo da parte tutto e sono corso qui da te. Se ti stai chiedendo come ho fatto a scoprire dove abiti è semplice, il mio amico sa come rintracciare chiunque.»
Si volta. «Non farlo più. Non picchiare più nessuno per me.»
I suoi occhi sono lucidi e si sta trattenendo. Deve tenerci molto a quel coglione. Mi chiedo perché, come sia possibile. Le sfioro lo zigomo ancora arrossato.
«Non te lo prometto. Ti ha dato uno schiaffo e meritava una lezione. Non si toccano le donne in quel modo. Non si toccano neanche quando non vogliono essere toccate. Non si toccano...»
Le sue dita si avvicinano alle mie labbra, si spostano sulla mia barba accarezzandomi la guancia ad occhi chiusi.
Mi abbasso e le sfioro la fronte con le labbra. «Non scappare più», sussurro.
«Grazie», mormora abbassando gli occhi.
L'avvicino e lei si lascia circondare dalle mie braccia e stringere al petto nascondendosi sotto il mio mento. Un gesto così naturale e sorprendente.
«Tregua per qualche ora», mugugna, addormentandosi più che sfinita.
Veglio su di lei per un tempo apparentemente breve. In realtà passano delle ore. Vedo la luna abbassarsi, il cielo schiarirsi e le stelle sparire lentamente.
Non riesco proprio a dormire, a togliermi dalla testa l'immagine di lei che viene colpita. E poi i suoi occhi spalancati, la mano sulla guancia.
Avrei dovuto farlo a pezzi quel mostro. Come può averle fatto una cosa così brutta? Come può averle fatto del male se è indifesa e piccola? Come può non averla protetta?
La stringo. Averla tra le braccia mi fa sentire strano.
Non credo di avere mai dormito con qualcuno così a stretto contatto. Non credo di avere mai avuto la voglia così forte di esserci, di prendermi cura anche se per qualche ora di una persona sconosciuta.
La osservo. Il viso sereno, quel lieve livido sulla guancia più evidente, le lunghe ciglia incurvate che mi verrebbe voglia di sfiorare e poi ancora le labbra a cuore, un po' più carnose e pronunciate, il respiro lento, i capelli legati e ormai asciutti.
Mi avvicino premendo la fronte sulla sua con delicatezza. «Mi farai impazzire. Cadrò a pezzi per te. Non posso permettermi una cosa simile, Bestiolina. Mi dispiace, non posso.»
Inspiro e poso le labbra all'angolo delle sue sentendo una forte scossa. «Però farò tutto il possibile per tenerti al sicuro da quel bastardo. Nessuno ti toccherà mai più in quel modo. Nessuno.»
Si muove nel sonno nascondendo il viso contro il mio petto e trattengo il fiato. Ho paura che senta il frastuono provocato dal mio cuore e si svegli a causa del rumore.
Ma Iris rimane addormentata e io continuo ad osservarla come uno psicopatico, un maniaco, cercando di non perdermi nessuna delle sue espressioni e di tenerle a mente per quando saremo tornati alla realtà e saremo a distanza.
Non dimentico che questa è solo una tregua.
Il mio telefono ronza da qualche parte in maniera rumorosa. Lo cerco e sono costretto a staccarmi da lei, seppur con riluttanza, per andarlo a recuperare dal bagno, dove è rimasto. Potrebbe essere una emergenza, mi dico per non tornare da lei e ignorare chiunque stia disturbando questo momento.
Pesco il telefono dalla tasca. Notando il numero di Nelson mi affretto a rispondere prima che possa riattaccare.
«Si?»
«Signore, scusi se la disturbo a quest'ora. Ho lasciato un borsone davanti la porta e la sua auto si trova sul retro dell'abitazione. Le ricordo che siete invitati ad una riunione di lavoro per le dieci presso "Villa Ford". I genitori di Iris Harrison saranno presenti e anche i suoi, signore.»
Passo una mano tra i capelli. «Mio padre ha organizzato tutto, sul serio? Deve tenerci davvero a questo progetto segreto.»
«Ha lasciato un messaggio in segreteria, quella dell'ufficio e mi sono premurato a farglielo sapere, signore. Visto che non è a casa, spero sia puntuale tra qualche ora.»
Sbircio nella stanza e la piccola grande donna continua a dormire.
Mi fermo sulla soglia appoggiandomi allo stipite della porta. L'asciugamano avvolto intorno al suo corpo pallido, i capelli in ordine e l'espressione tranquilla sul viso segnato da quello schiaffo. Mi irrigidisco.
«Ci saremo, salvo intoppi», replico a denti stretti. «Grazie e va a dormire o Myrtle mi ammazza.»
Sento il suo sorriso. «Certo signore, a dopo.»
Mentre torno a letto, controllo le chiamate e i messaggi.
Issac a quanto pare ha conciato per le feste Nolan e poi si è sbronzato insieme a tutte quelle ragazze. La festa ha avuto successo e i membri del club sperano di ricominciare presto. Ma, bisogna essere cauti.
Trovo una serie di messaggi da parte di mio padre che mi chiede supporto nel suo progetto, di cui ancora non conosco niente e poi ancora qualche altro messaggio da parte di mia madre, di mia sorella e di qualcuno che adora scrivere nei gruppi di famiglia che, silenzio sempre.
Vado a recuperare il borsone e quando salgo, cerco di non fare rumore.
Poso il telefono sul comodino e rimango per un po' con le spalle appoggiate alla testiera del letto. I miei occhi vagano intorno e non mi sento come un estraneo, piuttosto sono a mio agio.
Questa casa, rappresenta il suo nascondiglio, il suo porto sicuro. Non vive di certo negli agi ma sembra sentirsi meglio senza. Non ha dei camerieri o qualcuno che provvede ad ogni sua esigenza. Questo dettaglio mi incuriosisce e mi fa capire quanto sia matura e adulta.
Ma, c'è qualcosa che nasconde. Perché allontanarsi dalla sua famiglia? Lo ha fatto per scelta o per una ragione ben precisa?
Iris si agita. La sua mano cerca qualcosa sul lenzuolo e spalanca gli occhi scattando a metà busto. Si volta e accorgendosi che sono sveglio, che ci sono, scivola di nuovo con la testa sul cuscino.
Le sfioro la guancia scendendo lungo la spalla. Lei osserva ogni mio movimento poi afferra la mia mano tenendola al petto.
Il suo battito va a mescolarsi al mio. Così forte e intenso da farmi sentire in alto mare.
«Dormi», mi dice, con voce roca.
Scivolo davanti a lei. «Sei bella anche mentre dormi. Puoi essere brutta per un istante?»
Ride. «Ok. Indosserò il pigiama con gli unicorni.»
Prova ad alzarsi ma la fermo.
«No, non indossarlo. Sarebbe peggio, fidati.»
«Disse colui che indossa ancora l'asciugamano e ha lo sguardo preoccupato.»
Scivolo di nuovo giù, davanti a lei, sedendomi su un fianco. «Hai dormito bene?»
Ci pensa. «Si, ma voglio ritornarci ancora in quel posto tranquillo quindi... smettila di rimuginare e di pensare e dormi. Fai troppo rumore anche quando stai in silenzio.»
Le sfioro la guancia. Mi afferra la mano e osserva il suo gesto quasi spaesata, come a dire: 'Che diavolo sto facendo?'.
Me lo chiedo anch'io mentre cerco di metterla a suo agio, giocando con le sue dita prima di intrecciarle. Non resisto e tirandola, la spingo su di me.
Si ritrova adagiata al mio corpo. Si agita e la blocco ammonendola con uno sguardo freddo. «Non agitarti troppo, Bestiolina.»
Smette di dimenarsi. Capisce che non voglio farle niente e che sto cercando di tenerla impegnata.
«A cosa pensi?»
La domanda mi sorprende. Come ha fatto a capire che qualcosa non va?
Guardo il tetto poi i suoi occhi. «Sai a cosa penso...»
«Non dovresti. Non è successo a te di essere schiaffeggiato davanti a tutti per avere sfidato il tuo ragazzo.»
Prova a scappare ma la schiaccio intrecciando le braccia sul suo fondoschiena. «È stata colpa mia.»
«Non sei responsabile di quello che dico o faccio. Nessuno lo è. Ho esagerato, l'ho stuzzicato mentre era sotto pressione e ubriaco. Dovevo scansarmi e invece ho lasciato che mi cogliesse alla sprovvista. E non ho fatto niente per difendermi. Sono solo scappata come una codarda.»
Mi agito. «Lo stai giustificando?»
«No, certo che no. Ha sbagliato ma è pur sempre una persona a cui tengo e... non faccio altro che pensare: 'perché?'», abbassa le spalle, le sue dita sfiorano il mio petto disegnando piccoli cerchi. Sembra assorta.
Mi lascio accarezzare dal suo gesto. «Perché è un bastardo.»
Morde il labbro fermando il dito. I suoi occhi si posano sulle mie nocche. «È per questo che hai reagito male o c'è qualcos'altro?»
Come lo ha capito?
A volte mi fa paura il modo in cui comprende al volo.
«Io e il tuo ragazzo ci conosciamo da un po'.»
Si fa attenta e si solleva ritrovandosi a cavalcioni su di me. Mi tiro su anch'io, appoggiandomi alla testiera del letto.
«Quanto significa un po'?»
«Direi anni», ammetto. Perché mentirle?
I suoi occhi si aprono. «Anni?»
Annuisco. «Si. Io e Issac lo conosciamo sin da quando eravamo ragazzini. Tra le nostre famiglie non è mai corso buon sangue e neanche tra di noi. Sempre in competizione.»
«Che cosa ha fatto?»
«Sai già che ha fatto qualcosa o mi stai solo mettendo alla prova per vedere come ti rispondo alla domanda trabocchetto?»
Abbozza un sorriso. «Mi hai beccata. Ok, conosci Nolan, da anni, tra le vostre famiglie non corre buon sangue e neanche tra di voi. Quindi... vi odiate per questo o perché lui ha fatto qualcosa?»
«Perché credi che sia stato lui? Potrei essere stato io o il mio amico.»
Tira il labbro con i denti. «Nolan è impulsivo. Non mi stupirebbe scoprire che in passato lui abbia fatto qualcosa di grave o cattivo, in grado di spingere chiunque ad odiarlo.»
Lo conosce e potrebbe essermi utile scoprire qualcosa in più su di lui per metterlo al tappeto una volta e per tutte.
«Diciamo che non è uno stinco di santo il tuo uomo», dico. «Mi stupisce che non sia qui», ghigno sapendo anche perché.
«Anche a me», dice agitandosi. Forse arriva lei stessa alla conclusione.
Abbassa gli occhi dalle mie labbra all'addome e poi raggiunge la mia vita. Sulle sue guance si forma un alone di rossore in grado di illuminare i suoi occhi limpidi come acqua che scorre.
Mi avvicino e gonfia il petto trattenendo il fiato. Le sollevo il mento con due dita e abbasso il mio viso all'altezza del suo.
«Circolano ancora quelle parole dentro la tua testa?»
Deglutisce. «Si, perché lo chiedi?»
«Perché potrei anche baciarti adesso e prendermi quello che voglio. Lo vedo dai tuoi occhi che sei attratta e non puoi nasconderlo.»
Tira indietro la testa nonostante la mia presa. «Sei troppo convinto di sapere tutto. Sei solo uno stronzo!»
Sorrido. «Invece sono sincero e so esattamente quello che provoco alle persone.»
«Allora perché ti trattieni?»
Ottima domanda. Lascio la presa. «Perché sarai tu a supplicarmi.»
Ride provando a scivolare sul letto ma la fermo con le mani sui suoi fianchi. Le mie mani scivolano sulle sue natiche e ansima quando le stringo.
«Sarà difficile resistere visto che lavoreremo insieme nei prossimi giorni», dico.
Sbianca. «Che cosa?»
«Nelson, il mio maggiordomo nonché uomo tuttofare che è per me un secondo padre, mi ha informato che tra qualche ora siamo invitati alla villa per iniziare le trattative dell'affare tra i nostri genitori. È gradita la nostra presenza. Però, conoscendo mio padre: non è una richiesta o un invito...»
«È un ordine», conclude lei con un filo di voce.
Non sembra contenta. Neanche io in realtà lo sono. Ritrovarmi a casa, con lei dall'altra parte ad opporsi sarà si divertente ma anche difficile da sostenere. Già sto facendo fatica a non saltarle addosso quando è avvolta da un asciugamano senza niente sotto, figuriamoci tra qualche ora con quell'aria capricciosa.
«Dobbiamo proprio?»
«Non ti va?»
«Di lavorare per i miei solo perché ho studiato legge, laureandomi con il massimo dei voti e avere preso anche una specializzazione per i loro comodi? No, non mi va affatto.»
«Un avvocato, eh?», ghigno.
Mi punta il dito contro. «Non pensarlo più.»
Rido. «Cosa? Che saresti sexy con un tailleur, piegata su una scrivania davanti a me?»
Emette un verso di esasperazione e cade sul letto con le mani sul viso. «Perché? Perché sei così?»
Rido spingendomi su di lei. Afferrandola per le cosce la tiro giù e lei posa le mani sulle mie spalle per reggersi.
Arrossisce. «Hunter, che stai facendo?»
Affondo il viso sul suo collo. Dio, era da troppo che volevo farlo.
Inspiro inebriandomi con il suo profumo. «Volevo vederti in difficoltà. Vuoi che mi stacchi?», le sfioro la gola con le labbra, mi sposto lentamente verso l'orecchio.
Le sue mani premono sulle mie spalle in risposta. «Si?»
Lascio un bacio sul collo. «Dovrai aspettare per un morso, bellissimo collo di Iris», parlo alla sua pelle.
Ride. «Hunter sono impegnata e tu mi stai...»
Ci ripenso e fremendo le do un morso. Urla ma non allento la presa e succhio la porzione così tanto da farla ansimare. Sollevo il bordo dell'asciugamano piegandole il ginocchio. Mi spingo in su e continuo a tenere tra le labbra la sua pelle, del collo, sotto l'orecchio.
Allarga le gambe e tenendone una muovo i fianchi ascoltando il suo respiro che si spezza.
«Non ti piace come ti faccio sentire, Bestiolina?»
Mi ferma. Mi guarda dritto negli occhi. «Stai davvero cercando di confondermi?»
Torno a baciarle il collo. «Funziona?»
«Direi di sì», balbetta corrugando la fronte.
Sorrido sulla sua pelle provocandole un brivido dietro l'altro. «Meglio.»
«Che cosa speri di ottenere?»
«Te», sussurro.
Smette di dimenarsi. Apre e richiude la bocca. «Me?»
«Si. E sai che cosa farò?»
Non le do neanche il tempo di rispondere o di trovare una soluzione perché le mie dita si insinuano tra le sue cosce.
Le stringe. «Hunter, no!», sorride.
Soffre il solletico?
La cosa mi diverte e muovo le dita verso l'interno coscia e lei ride provando a fermarmi.
«Soffri il solletico, chi lo avrebbe detto.»
La faccio ridere così tanto da lasciarla senza fiato e poi le bacio ancora il collo prima di lasciarla libera.
Riprende aria sventolandosi, asciugando le lacrime. «Non farlo più!», mi picchia con il cuscino.
Lo afferro e abbracciandolo, a pancia in giù, chiudo gli occhi. «Svegliami tra qualche ora.»
Prende l'altro cuscino mettendosi come me.
Sbircio con un occhio. Ci guardiamo e ci avviciniamo. Le nostre dita si sfiorano e giocano per un lasso di tempo interminabile e piacevole.
La guardo negli occhi e mi rendo conto che abbiamo tutti bisogno di andare avanti, cambiare destinazione e perderci per un giorno, un mese, un anno o solo per qualche ora. Abbiamo bisogno di sentirci sbagliati nel posto giusto, meno soli di fronte all'ignoto. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci venga a prendere dove ci siamo persi. Abbiamo bisogno di lasciarci andare, lasciare alla vita il potere di trascinarci altrove, magari lontano o magari no.
La guardo negli occhi e non vedo solo smarrimento o tristezza, vedo tanta forza d'animo. Vedo che bisogna perdersi per ritrovarsi e amarsi, che bisogna andare avanti anche se distrutti o stanchi, che bisogna trovare la forza per rialzarsi. Vedo lei e in riflesso vedo anche me. Mi vedo attraverso i suoi occhi che, lenti si abbassano prima di chiudersi del tutto.
Non so quanto tempo rimango a dormire, so solo che mi sento riposato quando una serie di colpi forti mi risvegliano.
Lancio un'occhiata alla finestra e fuori il cielo è chiarissimo, in camera entra un leggero venticello. «Che succede?», brontolo.
Iris si tira su guardando intorno stordita. I suoi occhi vagano ovunque prima di scendere dal letto stiracchiandosi davanti a me.
Mi alzo e la seguo di sotto mentre dalla porta principale qualcuno continua a bussare energicamente.
Lei mi guarda insicura. Le passo subito davanti e senza esitare apro la porta.

♥️

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro