7
IRIS
Siamo fatti di attimi. Siamo fatti di parole perse nel vento, di difetti impossibili da aggiustare o migliorare, di paure inspiegabili, spontanee e pericolose, di sofferenza, dolore e lacrime. Siamo fatti a metà e abbiamo bisogno di sentire il cuore per intero. Siamo fatti per non restare soli, anche quando la solitudine potrebbe essere l'unica soluzione ad un corpo, una mente che sta male. Siamo fatti per amare, per provare sensazioni e sentimenti forti, indelebili, distruttivi per un cuore rotto che continua a battere. Siamo fatti di carezze, di sguardi nascosti e di baci non dati. Siamo fatti di così tante cose da continuare a sentirci insoddisfatti anche quando abbiamo tutto. Siamo così. Siamo fatti di tutto in un mare di niente.
Cerco di ricordare l'ultima volta in cui mi sono sentita così piena e felice da continuare a sorridere come una pazza sotto effetto di sostanze stupefacenti. Cerco di ricordare quando mi sono sentita così viva e me stessa in questi anni. Cerco di ricordare quando le cose non erano complicate, difficili. Cerco di ricordarmi senza pensieri, libera, spensierata e, mi rendo conto di essere solo caduta in una spirale buia che, giorno dopo giorno, mi ha risucchiato via la vita.
«Hai bevuto prima di raggiungermi? Lo so che esisti e, sarebbe impossibile non notarti. Sei ingombrante e vistoso», rispondo, dicendo la prima cosa che mi viene in mente.
Hunter soppesa il mio sguardo per qualche istante.
Un'attesa lunga, va a stressare il mio cuore che non ha ancora rallentato e non intende farlo neanche adesso che cerco di calmarmi, di riprendere fiato dopo quello che ho sentito e non solo tramite l'udito ma, sotto pelle, fin dentro le ossa, nel profondo della mia anima.
«So di essere vistoso. Come credi che si diventi famosi? Di sicuro non mi nascondo. Ho una bella faccia per non mostrarla al mondo.»
Ha la capacità di sdrammatizzare e di cambiare argomento in un lasso di tempo breve. Questo dettaglio mi piace e mi fa sentire a mio agio, specie il suo modo di fare. Non mi tratta con i guanti bianchi, mi affronta, mi stuzzica e mi terrorizza a morte come mi fa sentire.
«Non sei famoso», dico camminandogli accanto. «Hai solo un bel viso, niente di più.»
Siamo in mezzo ad una folla di persone urlanti. Tutti si divertono in questo magnifico posto che ho sempre desiderato rivedere aperto anche solo per una notte. Ed ora ecco che sono qui, in mezzo alle giostre, circondata dalle persone, dalle famiglie, dai sorrisi, dall'allegria, dalla musica e da lui. Lui che se ne sta vicino pur mantenendo una certa distanza per non opprimermi.
«Ah no? Dici?»
«Dimostrami il contrario.»
Non se lo fa ripetere. Ferma due ragazze ammiccando come uno squilibrato e, più che divertito dal modo in cui gli fanno le fusa, parla con loro per qualche secondo facendole ridere prima di passare al motivo per cui le ha fermate.
«Mi avete riconosciuto, vero?»
«E chi non ti conosce?», replica una delle due ragazze, facendogli gli occhi dolci.
Hunter mi indica. «Ad esempio lei. Volete dirglielo voi che sono famoso e apprezzato?»
Loro ridacchiano. «Sei fantastico! Se non ti prende lei ti prendo io.»
Gli chiedono persino una foto e lui glielo concede. Mi allontano entrando nel piccolo acquario dove non mi aspetto chissà quale attrazione ma al suo interno, trovo dietro una parete di vetro pesci tropicali meravigliosi.
Mi fermo sulla piattaforma ad osservare con un ampio sorriso e mi estraneo un po' dal frastuono che arriva dall'esterno.
Ho sempre cercato di avere un posto nella vita degli altri. Non ho fatto chissà quale acrobazia per entrarci. Mi sono sempre comportata secondo coscienza senza mai esagerare. In momenti come questi, mi sento sola, sola in mezzo a così tanta gente che non si accorge di me come persona, si accorge di me come un enorme conto in banca. Questo mi ha sempre spezzato un po' il cuore, fatto sentire a disagio tra le persone che, non capiscono come mi sento. È vero che con i soldi puoi fare qualsiasi cosa ma non puoi comprare l'affetto o l'amore di qualcuno, quello vero, quello puro. E non puoi neanche far tornare indietro le persone scomparse.
Ellen mi manca. Mi mancano i nostri battibecchi e, sono sicura che mi appoggerebbe in tutto ciò che sto facendo, aprendomi alla vita e al mondo senza avere paura. Da quando è sparita, ho sentito il bisogno di non chiudermi troppo, lei non lo avrebbe voluto. E così ho fatto, mi sono data da sola la forza per non morire lentamente. Eppure, nonostante tutto, continuo a sentire un enorme vuoto dentro.
Due braccia mi avvolgono il ventre disturbando i miei pensieri che, in breve deragliano altrove.
Trattengo il fiato, tremo, schiudo le labbra e provo a voltarmi ma vengo intrappolata.
«Perché sei scappata?», sussurra, premendo la guancia contro la mia.
La sua barba mi pizzica la pelle e il suo petto aderisce alla mia schiena infiammandomi la pelle.
Perché si comporta in questo modo?
Hunter sa essere proprio l'incoerenza fatta persona. Non è solo uno psicopatico del cazzo, è anche affettuoso a modo suo e questa cosa mi distrae. Perché da uno come lui: freddo, egocentrico, pieno di sé, non ti aspetti di certo questi gesti.
«Non sono scappata», dico, mantenendo la calma.
«Ti ha dato fastidio?»
«Non volevo perdere altro tempo», provo a staccarlo dal mio corpo. «Se vuoi ti chiedo anch'io una foto così te ne vai.»
Hunter non molla la presa, anzi, la stringe di più. Il suo fiato caldo percuote la mia pelle mandando brividi che scivolano lungo la mia spina dorsale.
«Ah no?»
Chiudo un momento gli occhi. «No, non volevo», sussurro con un filo di voce.
Sorride e per poco non mi ammazza. Sento le ginocchia tremare, liquefarsi e mi appoggio a lui che, trattiene il fiato.
«E perché?»
«Perché non siamo venuti qui insieme e perché odio chi si crede una star quando in realtà è solo uno psicopatico che tra poco perderà non solo le braccia ma anche i gioielli di famiglia.»
Non accenna neanche ad allentare la presa. Strofina la guancia sulla mia come un gatto. «Finché ti terrò così stretta non ti muoverai e non ucciderai i tuoi figli.»
Rido. «Miei? Nessuno ti vorrebbe come il padre dei suoi figli. Sei irresponsabile, scopi come un coniglio, bevi, fumi, vivi alla giornata e cosa non meno importante sei troppo impegnato a fare la star che a mettere la testa sulle spalle. Te lo traduco in parole più semplici: non sei affidabile.»
Mordo immediatamente il labbro. Da quando giudico così duramente le persone? Che diavolo mi sta succedendo?
«Scusa, questa era cattiva.»
Non si scompone. «So di non essere affidabile. Severo ma giusto come commento, il tuo. Mi ritengo d'accordo, anche se ammetto che mi ha un po' ferito sentirlo pronunciare da te», mi tiene testa. «In un certo senso... mi fa paura il tuo giudizio.»
Le mie dita sfiorano le sue mani, quelle vene in evidenza che, Dio, sono bellissime oltre ad essere morbide, calde. Piego un po' la testa continuando ad osservare le bolle che di tanto in tanto escono da una conchiglia finta dentro l'acquario.
Hunter mi annusa sfiorandomi il collo e la mia pelle si rizza.
Se ne accorge e sorride. «Non puoi più negarlo, Bestiolina!»
Lo spingo tirandomi indietro e lui barcolla leggermente. «Tu non negarlo e io ti lascio andare.»
Provo a voltarmi e me lo permette tenendomi ancora stretta a sé. Il mio petto aderisce al suo. Sollevo gli occhi dalla sua camicia sbottonata sui primi passanti e risalgo lungo la sua gola, poi sulle labbra per raggiungere le sue iridi chiare.
«Soffro anche il solletico quindi non emozionarti troppo per questa mia reazione.»
Mi afferra il mento quando provo a tenerlo alzato. «Trovi sempre una risposta a tutto, eh?»
«Smonto ogni tua affermazione e sono sincera. Non voglio che ti illudi e mi prendi per cattiva come un bambino capriccioso.»
Dandogli un colpetto riesco a staccarmi da lui e ad uscire con un sorriso nascosto tra le labbra. Sento ancora addosso il suo calore e la sua impronta sul mio corpo, anche il suo profumo così avvolgente e persistente. Nolan non mi ha mai tenuta stretta così, non mi ha mai fatto sentire il suo calore, la sensazione di non essere poi così sola. Si è sempre limitato a qualche abbraccio veloce.
Scuoto la testa. Non dovrei fare certi paragoni. Nolan è il mio ragazzo, Hunter un estraneo che nell'arco di pochi giorni sta mettendo a soqquadro tutto, soprattutto ogni mia certezza.
Compro un sacchetto di popcorn e vado a sedermi su una panchina rivolta verso la spiaggia.
«Non offri?»
Hunter incrocia le braccia sullo schienale della panchina, alle mie spalle.
Sollevo il sacchetto. «Eri impegnato a gongolarti», esclamo fissando le onde in lontananza che raggiungono la riva in un via vai lento, rilassante.
Gira intorno alla panchina sedendosi accanto e prendendo una manciata di popcorn si gode insieme a me il silenzio in questa zona e la pace.
«Mi è sempre piaciuto questo posto», dice, guardando davanti a sé. «Piace anche a te perché è tranquillo, non è vero?»
«Si. Se chiudi gli occhi senti solo la pace. Tutto si allontana per pochi istanti e ti senti libero.»
Giro il viso e notando il modo in cui mi fissa, avvicino un popcorn alle sue labbra poi ne aggiungo altri tre e lui accetta la sfida facendomi ridere quando non riesce a masticare o a dire "popcorn", perché ha la bocca piena.
«Adesso ho bisogno di bere qualcosa», dice deglutendo con una smorfia. «Troppo sale. Ho la lingua impastata. Se volevi farmi fuori non ci sei riuscita.»
Pulisco le dita. «Vado a prenderti qualcosa.»
Nega alzandosi. «Andiamo insieme. Non dovresti camminare da sola.»
Questa sua accortezza mi lusinga e indico la strada facendomi condurre verso un piccolo chiosco dove prendiamo da bere.
Camminiamo fuori dal Luna Park e in breve ci ritroviamo in spiaggia; senza neanche accorgercene lasciamo i nostri passi sulla sabbia liscia senza tornare indietro.
«Perché mi guardi così? Ho qualcosa in faccia?»
Hunter fa un mezzo sorriso. «No, non hai niente sul viso. Sei bella.»
Inarco un sopracciglio. «Lo zucchero o il sale... che cosa ti ha fatto più male?»
Scrolla la testa. «No, mi piace guardare le cose belle. E tu sei simile al tramonto. Sai fare sognare ad occhi aperti, sai mozzare il fiato e sai anche trasmettere dentro l'angoscia di una nuova notte da passare in solitudine.»
«Non ti facevo così... poetico.»
Ride. È come un graffio al cuore quel suono che esce dalla sua bocca. «Non sai tante cose di me. Ad esempio che sono... poetico.»
«A quanto pare adesso lo so», fisso i piedi che affondano nella sabbia dopo avere tolto le scarpe. «Ma non sono bella. In realtà sono un disastro.»
«Chiunque può guardarti, in pochi possono invece vedere davvero quello che non vedi tu. Accetta i complimenti ogni tanto, Iris.»
«Grazie», rispondo in tono dolce.
«Stai meglio?»
Mi sorprende sempre quando mi chiede come sto. «Si, grazie per averlo chiesto. Ma... tu come stai?»
«Io? Bene. Mai stato meglio.»
«Sembri un po' teso», dico, mordendo la cannuccia.
Tossicchia e gli mollo un colpetto per farlo riprendere. «Ho detto qualcosa di sbagliato?»
La sua testa oscilla lievemente. «No, ma non direi certe cose dopo quello che ti ho confessato prima.»
Bevo un lungo sorso evitando di guardarlo. «Intendevo che sembri un po' rigido, pensieroso, con la mente altrove», spiego.
«No, sto bene.»
Inarco un sopracciglio. «Bugiardo patologico», sussurro.
Cammino per qualche metro da sola e sono così concentrata da non rendermi conto di niente di ciò che sta per accadere.
Hunter mi solleva come una piuma, caricandomi in spalla. In un nano secondo mi ritrovo sollevata, il bicchiere oscilla rischiando di versare tutto il contenuto sulla sabbia.
«Che diavolo fai?»
«Ho sentito quello che hai detto. Il bugiardo qui presente ha proprio voglia di farsi un bel bagno insieme a te.»
Alzo di scatto la testa. «No. No. No. Sta buono e non farmi proprio questo.»
Percepisco il suo sorriso. «Non ti va?»
«Sei pazzo? No.»
Mi toglie il bicchiere dalle mani, la borsetta e poi lancia qualcosa che esce dalle tasche, il suo telefono e il portafoglio. Cammina per un po' indietro. Capisco tardi cosa sta facendo per impedirglielo perché, parte di corsa e in breve, mi ritrovo sott'acqua, sommersa totalmente e immersa nel buio.
Riemergo più in fretta che posso e poi lo spingo infuriata boccheggiando, passando le dita sugli occhi. Per fortuna non avevo un trucco eccessivo in faccia e ho il mascara resistente all'acqua.
«Brutto stronzo!», tiro giù la sua testa ma è così forte da non muoversi.
La cosa mi fa infuriare maggiormente mentre lui ride passandosi sensualmente una mano tra i capelli. Si allontana guardando il cielo mettendosi comodo sulla superficie dell'acqua facendo il morto dopo avere lanciato un urlo.
Cerco di tenermi a galla e dopo un paio di istanti esco dall'acqua sciogliendo i capelli. Strizzo gli indumenti. Impreco mentalmente contro di lui che, esce dall'acqua proprio come avevo immaginato ore fa, quando ero infuriata e dentro la mia testa si stava materializzando la sua immagine per poterlo odiare prima di essere storpiata dalla bellezza, dalla sensualità.
Si ferma davanti a me sbottonandosi la camicia.
Spalanco gli occhi e mi volto sentendo le guance prendermi fuoco. «Che diavolo...»
«Mi sto togliendo la maglietta, sono zuppo. Non voglio prendermi un raffreddore. Si asciugherà prima così», replica divertito girandomi intorno. «Anche tu dovresti spogliarti.»
Afferra le mie mani nonostante la mia opposizione e le preme sul suo petto ancora coperto dalla camicia ma caldo come una coperta in pieno inverno.
«Toccami, Iris.»
«È una proposta indecente!»
«No, ti sbagli. Devi farlo per capire quello che non hai mai provato davvero con nessun altro. Inutile nasconderlo.»
Fa scivolare le mie mani sulla camicia poi le porta sulla sua pelle calda, un contatto diretto che mi fa agitare dentro.
«Chiudi gli occhi», mi sussurra all'orecchio.
Per assurdo faccio come dice. Rimango ad occhi chiusi mentre le sue mani guidano le mie lungo il suo petto scolpito, liscio, raggiungono l'addome.
Il suo respiro cambia così anche il mio.
Vorrei tirare indietro le mani ma le sue continuano invece a tenerle strette.
«Che cosa senti?»
Impossibile descriverlo, penso. È un qualcosa che si deve solo provare. Hunter non mi sta solo provocando, mi sta chiaramente facendo provare qualcosa che non pensavo di potere sentire così forte addosso e dentro.
«Iris, rispondi», sibila avvicinandomi a sé con uno strattone.
Gli finisco addosso e dalle mie labbra sfugge un gemito. Arrossisco e stringo gli occhi.
Abbassa il viso. «Dimmelo!»
«Mi confondi», sussurro affannata.
«Perché?»
«Devo and...»
Preme il pollice sulle mie labbra mentre la sua mano si sposta sulla mia nuca. Mi fa sollevare il viso e i suoi occhi mi fanno cadere nella trappola. «Di cosa hai paura?»
«Io non ho paura. Io sono impegnata con un altro e tu non puoi farmi questo», dico e fuggendo dalla sua presa, recupero le mie cose e corro sulle scale cercando Nolan per tornare a casa.
Merda. Quando mi vedrà in questo stato si infurierà, sopratutto quando vedrà anche Hunter con gli indumenti bagnati.
Getto via i pensieri allontanandoli. Nolan non mi farebbe mai del male. Lui capirà.
Mi guardo intorno ma non so neanche dove cercarlo. Chissà dove lo ha potato Issac, l'amico di Hunter che, sta puntando proprio su di me.
Lo sguardo fiero, la camicia abbottonata, i capelli bagnati e scompigliati, gli occhi pieni di luce.
«Vuoi tornare dal tuo ragazzo?»
«Si.»
«Ok.»
Si incammina ed io, dopo un attimo di esitazione lo seguo verso la casa stregata o meglio, la struttura che lo era un tempo.
Un buttafuori ferma Hunter. Non appena si accorge di lui, scusandosi, lo lascia subito passare.
«Lei è con me. Assicuro io per lei», dice freddo.
Corrugo la fronte salutando con un cenno del capo l'omone enorme e così tanto alto da farmi sentire una nana. Lui ricambia con un mezzo sorriso.
Superiamo un tappeto rosso costellato da fari bianchi che accecano le mie iridi e una tendina di cristalli, entrando in uno stretto corridoio dove c'è odore di vaniglia e fumo.
Per istinto, mi avvicino a lui. Le nostre dita si sfiorano. Le sue spalle si irrigidiscono e si volta di scatto. Indietreggio, ritrovandomi con la schiena contro il muro. Preme subito i palmi ai lati della mia testa sui pannelli e i nostri occhi ancora una volta si scontrano. La mia mano però, questa volta si muove posandosi sulla sua guancia per abbassargli il viso.
Freme. Le sue pupille si allargano impercettibilmente.
Strofina il naso sul mio. «Siamo su un filo sottile.»
Sento le sue labbra sulle mie e una forte scarica raggiunge il mio basso ventre. Ansimo. «Come funamboli?»
«Si. Come funamboli rischiamo di cadere.»
Le sue labbra... le immagino morbide e al sapore di cose proibite.
Deglutisco inspirando di scatto. Allento la presa e lui si allontana rendendo indolore tutto questo momento.
«Sto facendo fatica, Iris.»
Sbuffa abbastanza forte appoggiandosi alla parete davanti a me. Passa frustrato una mano tra i capelli prima di scrollarla. «Non mi sono mai trattenuto così tanto. Mai.»
«Perché lo fai?»
«Perché sono masochista!»
Staccandosi dalla parete piena di pannelli di un nero lucido pieno di glitter, cammina lungo il corridoio fermandosi davanti una porta color oro.
«Tutto quello che vedi qui dentro, tienilo per te», ordina. «Nessuno vuole problemi.»
Aggrotto la fronte ma annuisco più che incuriosita.
Appena apre la porta, una musica abbastanza forte, un ritmo martellante, fuoriesce insieme ad una calotta di fumo.
Hunter mi afferra per mano e con uno sguardo da falco, mi guida tra la folla.
Supera chiunque tenti di fermarlo stringendo forte la stretta sulla mia mano. Le nostre dita sembrano sul punto di fondersi. Un gesto che prendo come un modo per non abbandonarmi, per non farmi sentire sola.
Si ferma solo un momento dandomi il tempo di osservarmi un po' intorno.
Un enorme bancone lucido circondato da sgabelli e da persone ben vestite che prendono da bere e ridono parlando tra loro.
Abbasso gli occhi sui miei indumenti ancora umidi e poso per istinto una mano sui miei capelli sciolti e bagnati che devono darmi tanto l'aria di un pulcino.
Non ho tempo per rendermi presentabile come questa gente.
Tantissime bottiglie alle spalle dei due barman che stanno servendo dei drink insieme a noccioline, tartine di pesce e olive. Niente birra o cocktail da quattro soldi; solo champagne, vini pregiati e liquori costosi.
Un buffet pieno di frutta e cibo intorno ad una statua di ghiaccio dove dal piedistallo esce a fiumi lo champagne versandosi in una vasca, la gente immerge i bicchieri per berlo. La cosa più assurda di tutte è l'angelo, o meglio: l'uccello dell'angelo, dalla quale stanno bevendo alcune ragazze ridendo e filmando il momento da postare da qualche parte.
Hunter intercetta il mio sguardo e fermandosi si avvicina proprio a questo. Mi passa uno stecchino pieno di frutta e quando le ragazze si allontanano, ubriache ed euforiche, sorride con malizia.
«Vuoi provare?»
«Scordalo!»
«Andiamo, solo un sorso», ghigna. «Voglio vedere come bevi.»
Scrollo la testa masticando piano. «Non se ne parla. Non mi vedrai bere da quel piccolo coso.»
«Ti piace più grosso e lungo? Potevi dirlo prima.»
Lo spingo e lui si concede una risata che coinvolge anche me.
Il momento carico di tensione di prima, si è come dissolto dopo un paio di battute.
Hunter intercetta qualcosa in mezzo al frastuono e indicando un punto, afferrandomi di nuovo per mano, entriamo in una stanza simile ad un casinò.
«Il tuo ragazzo sta disputando una partita importante con dei pezzi grossi. Vuoi disturbarlo?»
Fisso Nolan che, se ne sta seduto a bere e a fumare. È a proprio agio anche se ha uno sguardo diverso, severo. Dietro di lui una ragazza gli serve da bere e... lo tocca.
Da quanto è qui dentro? Chi è quella ragazza?
«Voglio andare a casa.»
«Se vuoi posso accompagnarti io.»
«Si, dammi solo un momento. Devo almeno avvisarlo.»
Mi incammino verso Nolan. Alza appena gli occhi dalla partita. Ha perso un mucchio di soldi ed è evidente che Issac sappia come si gioca e, soprattutto sappia come spolpare un ragazzo ricco.
«Io me ne vado.»
«Ok», replica distratto e forse anche ubriaco. «Finisco questa partita e sono da te, tutto tuo, piccola.»
Guardo male la ragazza e lei si allontana. «Non mi accompagni? Vuoi davvero che torni da sola a casa?»
«Sto giocando, non vedi?»
«Ok, me ne vado allora.»
«Si.»
Issac solleva gli occhi una sola volta prima di puntare. Nota che sono arrabbiata. Sembra persino divertito e forse, si aspetta proprio quello che sto per dire.
«Credo proprio che tornerò a casa con Hunter e me lo porterò a letto così saremo pari. Una bella scopata per ripicca è proprio quello che ci vuole. Non credi?»
Non so perché lo dico, tantomeno perché sento di non avere scalfito minimamente l'ego di Nolan.
«Si», si ferma, mi guarda e poi scatta in piedi dopo avere lanciato le carte sul tavolo da gioco, accorgendosi che sono bagnata come un pulcino.
«Che cosa hai detto?»
Non so di preciso per cosa sono più furiosa e disgustata e ancora delusa e triste, so solo che sento il cuore battere al tempo di una marcia di guerra che conduce verso l'oscurità.
Incrocio le braccia. «Hai sentito bene. Sono stanca di aspettarti e per cosa? Una partita? Ti sta spennando vivo e neanche te ne accorgi. Sei più stupido di quanto pensassi.»
Nolan gratta la guancia. «Sono affari, dubito tu possa capire.»
«Certo, io non capisco, come sempre del resto. Invece tu capisci proprio al volo tutto, eh? Hai sentito quindi quello che ti ho detto, bene. Adesso me ne vado, una bella serata con un estraneo nel mio letto, che mi desidera, è proprio quello che ci vuole per superare la delusione di un ragazzo stupido che non riesce a tenerlo nei pantaloni mentre è lontano dalla sua ragazza.»
Sento delle esclamazioni dietro. Qualcuno bisbiglia ma, intorno c'è silenzio. Adesso attendono una risposta da parte di Nolan, sempre più rosso in viso.
Mi fissa poi sgrana gli occhi accorgendosi che sono in disordine. «Dove cazzo sei stata?»
«A divertirmi, proprio come hai fatto tu lasciandomi sola. È così che vuoi farti perdonare?»
I suoi occhi si posano su Hunter e notando che anche lui è bagnato, contrae la mascella.
«Iris, te lo chiederò una sola volta: che cazzo hai fatto con lui?»
Drizzo le spalle. «Un bagno e mi è anche piaciuto!»
Scatta in avanti, verso di me minaccioso prima di colpirmi con uno schiaffo che non riesco proprio ad evitare.
«Che cosa hai detto? Ripetilo piccola viziata!»
Non solo Hunter ma anche Issac e altri ragazzi gli si mettono davanti lasciando i bicchieri o le carte che tengono in mano.
«Che cazzo fai?», gli sbraita addosso qualcuno.
Sono sconvolta. Mi sfioro la guancia che adesso brucia come fuoco e continuo ad indietreggiare.
Nolan li spinge provando ancora ad avvicinarsi a me ma, mi fanno da muro e gli impediscono di fare un altro passo verso di me e colpirmi ancora o di sbraitarmi addosso. Mi proteggono senza conoscermi.
Non sento quello che dicono a Nolan. Iniziano persino ad urlare. Le loro voci però, sono confuse perché sento solo il mio cuore battere così forte da farmi male.
Non era mai successo. Non aveva mai alzato le mani. Che cosa è cambiato?
Barcollo fuori, verso la porta. Inciampo e mi ritrovo con la faccia vicino ad tabellone pieno di volantini. I miei occhi faticano a mettere a fuoco perché pieni di lacrime che non intendo lasciare uscire.
Afferro il primo che ho davanti, ha qualcosa di vagamente familiare. Lo osservo. Una carta da poker, un cuore al centro, la scritta...
Il mio cuore si ferma, le orecchie fischiano, la mente inizia a perdersi nei ricordi.
Mi giro intorno e prendo sempre più consapevolezza. L'avvertimento di Hunter, il buttafuori, il lusso sfrenato, il gioco d'azzardo e fuori tutto nella norma, un club in un posto diverso dal solito, unico per una serata fatta di vizi e lussuria.
Sono entrata nel club. Come Ellen ci sono dentro per una notte.
Ansimo e annaspo in cerca d'aria.
No. Non è possibile. No. No. No.
Spalanco la porta e le gambe mi tremano rischiando di farmi cadere. La nausea mi sale e quando metto piede fuori spingendomi sul retro, mi piego in due dalla nausea.
Sarà solo un caso. Quel volantino non vuol dire niente. Provo a convincermi, scivolando un momento contro la parete, accovacciandomi a terra.
Mi sento frastornata come se mi avessero dato una botta in testa. È come se la mia vita si fosse appena strappata in tanti piccoli pezzi e sparsa qua e là da un colpo improvviso di vento.
Sollevo il viso ancora dolorante e poi dandomi un certo contegno, scappo verso il porticciolo da dove siamo arrivati.
Trovo il motoscafo pronto e mi faccio accompagnare a Miami da un ragazzo, pagandolo più del necessario.
Infine, cammino a lungo sulla spiaggia, sotto un cielo pieno di stelle che mi conducono a casa.
Chiudo tutte le porte, le finestre, spengo le luci e sfinita, mi nascondo sotto le lenzuola.
♥️
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