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IRIS
Ci sono persone che non meritano neanche il tuo peggio. Eppure tu continui a dimostrare loro amore. Perché sei fatta così, non ti riduci in frantumi per non mostrare agli altri le crepe che ti hanno causato.
Qualsiasi cosa succeda, continuerò lo stesso ad amare. Non importa se sarò lontana, non smetterò di farlo solo perché qualcuno sta mettendo alla prova la mia vita. Gli incontri non sono del tutto casuali, non si possono scegliere ma sono dettati dal destino che, spesso mescola le sue carte e provoca rotture nel cuore irreparabili. Una sola cosa bella mi è arrivata nella vita e non intendo affatto lasciarmela sfuggire solo perché qualcuno sta tentando di minacciare la mia tranquillità, il mio futuro.
Ellen non ha idea del guaio in cui si sta cacciando. Può farmi di tutto, ma non potrà mai togliermi dal cuore quello che sento per lei adesso che è qui davanti a me.
Rivederla, lo ammetto, mi ha fatto un effetto strano. Ma come nel medesimo istante in cui l'ho vista l'affetto che ho provato per anni nei suoi confronti si è come dissolto, vaporizzato in una nuvola di rabbia che non accenna a placarsi nel mio animo ferito.
Perché lei non ha la minima idea dei danni che ho dovuto riparare a causa della sua assenza. Non ha idea del vuoto che mi ha causato. Non ha idea dei pensieri, degli incubi che mi ha provocato la sua scomparsa. Adesso che è tutto finito e so con certezza che è viva, mi sento usata, presa in giro, umiliata nel profondo. E averla davanti, a pochi passi di distanza, con quell'aria da stronza, non fa altro che alimentare la mia voglia di metterla al tappeto. Attualmente però, l'unica cosa che posso fare è ottenere anche con l'inganno da parte sua una confessione, continuare a farla parlare fino a quando qualcuno non verrà a liberarmi da questa stanza chiusa a chiave che inizia a farmi sentire soffocata.
Ellen si rialza togliendosi i capelli dal viso. Mi sta rovinando di proposito l'abito ma niente potrà mai riparare la ferita che mi ha inflitto quattro anni fa, niente potrà mai cancellare quei giorni passati a sperare in un suo ritorno. Niente potrà mai eliminare la sensazione di vuoto e adesso questo senso di indifferenza e disgusto che mi fa nauseare.
«Pausa?», chiede affannata.
Sta giocando con me. So quello che ha fatto, la conosco ancora bene. Non è mai cambiata. È la stessa ragazza che crede di essere furba e gioca al gatto e il topo con me, per vedere fino a che punto riesce a spingermi, fino a quanto riesco a resistere.
«Non ti sei allenata abbastanza negli ultimi anni?», passo il dorso sul labbro spaccato togliendo la striscia di sangue che si sposta sulla pelle della mia mano intaccando il pallore di cremisi. Mi ha colpita più volte apposta, lo sta facendo perché sa che qualcuno ci sta guardando.
«No, a dire il vero ho dovuto nascondermi fino a quando non ho acquistato una nuova identità. Ho portato per un po' di tempo una parrucca e indumenti diversi da questi, sono scappata più volte e ho scansato dei controlli, ma sono sempre rimasta me stessa.»
Dilato le narici scuotendo la testa. Pensa davvero di essere ancora la stessa? Davanti a me ho la ragazza stronza ed egoista di un tempo, è vero, ma ho anche una pazza che non si fermerà di certo senza avere versato un po' di sangue.
Non riesco proprio a trattenere le parole. La lingua parte in automatico. «Sei impazzita che è diverso.»
In risposta digrigna i denti bianchi e dritti. Per raggiungermi non ha badato a spese. Indossa persino un lungo abito da cerimonia. Avrà rubato l'identità a qualche giornalista e si sarà imbucata facilmente al matrimonio prima di nascondersi e attendere una mia mossa. Cosa che le ho servito su un piatto d'argento.
«Io non sono impazzita! Avevo un piano...»
Rido istericamente. La mia voce rimbomba in tanti piccoli echi e comprendo che siamo in un posto vuoto. «Un piano? Credevi davvero che qualcuno ti avrebbe aiutata? Ti sei solo illusa, Ellen. Nessuno ti aiuterà mai perché nella vita sei sempre stata una stronza opportunista. Hai fatto in modo che la gente ti guardasse con stupore, che ti temesse, ma non ti sei mai preoccupata o occupata delle persone che ti amavano. Le hai abbandonate e te ne sei sempre infischiata. Sei egoista e adesso non puoi che raccogliere quello che hai seminato.»
Il suo viso si indurisce. I suoi lineamenti si fanno marcati ed estrae da dietro il cuscino del divano, una fedele ricreazione della stanza da gioco della casa stregata dove si è svolta la festa la notte della sua scomparsa, una pistola.
Dovrei provare terrore, mostrarne almeno un po' per salvarmi la vita ma non ho la minima reazione. Non provo niente a parte questa sensazione di nauseante schifo che sento aumentare quando i miei occhi si posano nei suoi.
Mi fa tanta di quella rabbia da stare male. Il mio cuore fatica a non perdere il controllo, così come il mio corpo che vorrebbe tanto reagire e attaccare. Eppure mi trattengo, perché farei solo il suo stupido gioco.
«Adesso tu stai zitta e mi fai spiegare», dice con affanno nella voce.
Qualcosa non va in lei. Sta iniziando a crollare. Presto farà qualcosa di insensato ed io devo assolutamente fermarla se non voglio rimetterci le penne. Non possiamo più continuare in questo modo.
«Ok, hai tu la pistola in mano non io», dico mostrandole i palmi.
Indica il divano ed io mi siedo mentre lei, in piedi, inizia a grattarsi la testa e poi a camminare avanti e indietro per qualche minuto.
Perché è così tanto nervosa adesso? Ha proposto lei di parlare.
«Tu non hai idea di quello che otterrò», inizia.
«Spiegami tutto. In fondo sono tua prigioniera qui dentro, puoi persino costringermi ad ascoltarti. Cosa che ho fatto nelle ultime ore e per tutta la vita», la stuzzico. «Sono molto presente nella vita degli altri quando ne hanno bisogno. A volte vengo però abbandonata per anni o ignorata o addirittura perseguitata.»
Mi guarda male puntandomi l'arma contro ma notando che non sono spaventata sposta la canna verso il muro e spara senza esitare.
Trattengo un urlo ma non mi sposto, non tremo, continuo a guardarla negli occhi tenendo per me ogni sensazione.
La mia reazione le provoca agitazione maggiore. Adesso so che la pistola è vera ma lei sa anche che non mi spaventa morire, che può farmi quello che vuole, tanto non ritorneremo mai indietro.
Sono morta così tante volte che adesso mi è impossibile credere nel buio eterno.
«Si, esatto, dovrai ascoltarmi. Adesso però rispondi ad una domanda, è stato bello scoparti l'uomo di un'altra?»
«Stai facendo la gelosa con me proprio tu che sei andata a letto persino con Nolan? Non sei proprio riuscita a trattenerti a quanto pare. Hunter è mio marito, non è mai stato il tuo uomo.»
«Tu lo sapevi!», gesticola tenendo ancora la pistola carica e senza sicura in mano. Perché non riesco a credere alle sue parole? Perché continuo ad avere il sospetto che lei mi stia nascondendo ancora qualcosa?
«Lo hai sempre saputo e che cosa hai fatto? Ti sei approfittata della mia assenza per accaparrarti lui, il suo patrimonio, il suo corpo...»
«Mi sono accaparrata lui e il suo cuore. Ho già i miei soldi e il mio patrimonio. Inoltre se fossi stata presente sapresti perché ci siamo fidanzati. Ovviamente poi da cosa nasce cosa... e adesso siamo marito e moglie. Tu non avesti mai amato Hunter come lo amo io, Ellen. Perché sono i soldi quelli che vuoi, non una persona che capisca l'errore che sei. A te non importa delle persone, non ti importa dei sentimenti. Vuoi solo essere ricca e potente.»
Si alza come una molla. «Sta zitta o ti faccio esplodere il cervello», mi urla puntandomi la pistola sulla tempia. Le mie parole l'hanno punta dove fa male.
Sorrido. «Premilo», la incito. «Premilo e non avrai niente di tutto quello per cui hai faticato in questi anni. In fondo, volevi anche i miei soldi, la mia vita, la mia famiglia...»
Preme l'arma più forte sulla mia carne poi si volta e ringhia tenendosi la testa tra le mani. «È iniziato come un gioco. Doveva solo essere una sfida, invece...»
«Hai preteso sempre di più e tutto ti è esploso in faccia quando ti sei accorta che le persone che credevi di tenere in pugno stavano andando benissimo avanti senza di te. Ti sei arrabbiata e allora hai iniziato proprio con me. Credevi di potermi fare fuori, invece... eccomi ancora qui.»
Nega. «Non lo avrei mai fatto...»
«Non personalmente. Hai usato Nolan per farmi del male fisicamente e mentalmente. Ti sei divertita a manipolarlo e quando l'ho lasciato hai capito che non avresti più potuto giocare e allora hai attuato il tuo secondo piano. Hai persino fatto esplodere la mia casa, il posto in cui vivevo e per che cosa? Per la tua stupida sete di vendetta.»
Fa una smorfia. «Smettila di parlare e lascia che ti racconti dall'inizio. Non volevi conoscere la verità?»
Il suo continuo ignorare le mie parole mi fa infuriare.
Guarda l'ora poi sorride. Perché? Che sta succedendo?
Si siede davanti a me accavallando le gambe dopo avere posato la pistola sul tavolo basso ed essersi riempita un bicchiere. Me ne passa uno che non accetto ma lei alza una spalla e beve, tracanna in poche sorsate il liquido ambrato prima di picchiare il bicchiere vuoto sulla superficie e guardarmi come un rapace pronto all'attacco.
«Una delle mie coinquiline mi ha fatto conoscere questo posto. Dovevo solo ballare, fare quattro chiacchiere con quei ragazzi e solo se lo volevo, portarmi anche a letto qualcuno degli uomini più grandi e in cerca di avventura. Facevo la puttana, è vero. Mi divertiva provocare quegli uomini frustrati e dare loro quello che volevano quando lo meritavano. Mi divertiva spingerli al limite per poi negargli il divertimento. Così i giorni sono diventati mesi e...»
«Perché non me lo hai detto?»
Mi guarda come per darmi già la risposta con questo semplice gesto. «Sei sempre stata moralista e pudica. Hai sempre cercato di aiutarmi, te lo riconosco, ma io non volevo essere aiutata. Mi servivano solo i soldi. Ah, scusa se ti ho derubata per anni. La mia era solo una precauzione. Diciamo più un piano di emergenza.»
Mordo il labbro sentendo la pelle bruciare. Quei soldi sono già scomparsi dal suo conto. Quando ho saputo del bel gruzzolo, ho fatto in modo che restasse senza alternative, che si sentisse braccata, proprio come mi sono sentita io quando ho perso il mio posto. Dubito che lo sappia, pertanto le do la notizia.
«Sai già che ho ripreso tutto. Non sei l'unica ad avere un piano B.»
Serra i denti e la mano sul ginocchio fino a sbiancare le nocche. «Quei soldi mi servono e tu me li restituirai o farò in modo che dei tuoi nuovi amici non ne rimanga niente», sorride.
Non so che cosa si nasconda dietro questa sua malcelata minaccia ma so quello che tengo al sicuro io. Le mie dita si posano sulla cintura dell'abito ridotto un mucchio di brandelli a causa degli attacchi d'ira di Ellen.
«Perché lo facevi veramente?», provo a distrarla per potere premere quel dannato bottone ed essere localizzata. La prima volta non è andata bene, adesso spero solo di avere almeno due secondi per mandare un segnale.
«Hai ragione, non era solo divertimento. Avevo puntato ad una persona che conosci.»
«Chi?»
«Il padre di Nolan.»
Corrugo la fronte e per poco non spalanco gli occhi incredula strozzandomi con la mia stessa saliva. «Stai dicendo sul serio? Il signor Ruiz?»
Annuisce lieta di avermi finalmente sorpresa, ed io premo le dita sul bordo della fascia sperando di avere azionato quel dannato arnese.
«Si, mi servivano i suoi capitali per raggiungere Hunter Ford. Ci saremmo sposati io e Ruiz, avremmo divorziato nel giro di qualche mese. In questo modo avrei avuto la mia bella fetta da potete usare. Un pezzo di torta che mi avrebbe fatto raggiungere i Ford, soprattutto Hunter.»
Sentire pronunciare il suo nome da una bocca diversa dalla mia mi fa uno strano effetto. Non credo di potercela fare a resistere ancora.
«Ad ogni modo stava andando bene il mio rapporto con il signor Ruiz. Questo fino a quando non ci ha scoperto Nolan. Allora ha pensato bene di farmi sparire. All'inizio è stata sua l'idea. Mi ha tirato quello scherzo del club proprio perché sapeva a cosa ambivo. Mi avrebbe dato tutto quello che volevo se mi facevo da parte e allora gli ho permesso di stare con te. Già... ti ho venduta a lui e mi sono divertita a svelargli ogni tuo segreto per conquistarti. Mi sono divertita ad ordinargli di farti male. Non sono stata brava?»
Il sangue inizia a ribollirmi dentro. La pelle sfrigola e stringo il pugno sotto il palmo. «No, hai fallito miseramente. Sai chi sa corteggiare bene? Hunter. Sai chi è bravo a letto? Hunter. Nolan non è mai stato all'altezza, ma questo lo sai anche tu. Com'è stato andare a letto con il padre e poi con il figlio?»
«Mi stai dicendo che non eri innamorata di lui? No, non è possibile...»
Noto il suo stupore e decido di giocarmi bene questa carta, fingendo di essere la stronza che non ha mai conosciuto. «Già, è stato facile usarlo, farlo struggere un po' per me, fargli inventare di tutto per conquistarmi. È stato divertente e anche doloroso perché come sai mi ha anche fatto male. Adesso so perché, ma alla fine ognuno ha sempre quello che si merita. Lui è in carcere, io sono sposata. E tu? Tu che cosa hai ottenuto da tutto questo?»
Si alza provando ancora una volta ad attaccarmi. Tengo d'occhio la pistola ma lei non sembra pensarci, così mi lascio afferrare e con un calcio mando l'arma sotto il divano.
Mi molla uno schiaffo ed io la spingo mandandola contro il tavolo dove sbatte la testa e si rialza dopo qualche minuto più che stordita. «Sei diventata una stronza», sorride. «Mi piace. Finalmente hai tirato fuori gli artigli.»
«Ho imparato dalla migliore, no?»
Torna a sedersi bevendo un altro bicchiere come se niente fosse. Non si accorge della pistola ed io ho il tempo di cambiare posizione.
«Non sei curiosa di sapere dove sono stata?»
«Si, dove ti sei nascosta? Nolan non è poi così sveglio come sembra.»
«Già. Non è stata una passeggiata per me ma alla fine sono riuscita a liberarmi di lui. Sono scappata nello stato vicino, mi sono costruita una identità diversa e ho vissuto per un po' di tempo da sola. Avevo soldi a palate per tenermi lontana da te; anche appartamenti, scopate gratis con il tuo ex quando ti diceva che sarebbe partito e in realtà veniva a trovarmi, usandomi per sapere qualcosa in più su di te. Inconsapevolmente lo facevo confessare per avere tue notizie. Avevo tutto fino a quando non lo hai lasciato e ti ho vista in una foto...»
Aggrotto le sopracciglia facendomi adesso attenta. «Quale foto?»
«Un giornalista ti ha immortalata in quell'inutile stand dove ti facevi sfruttare gratuitamente. Eri con lui, stavate parlando, sembravate intimi. Ricordo ancora quel trafiletto: "Un nuovo amore per lo scapolo d'oro di Miami?", e poi ancora: "Colpo di fulmine per Hunter Ford?". È stato come un una doccia gelata in pieno inverno per me.»
«E da allora hai iniziato a seguirmi, a tormentarmi, a farmi male. Non ti sei mai fermata, perché?»
«Perché lui doveva essere mio. Come ha potuto rifiutarmi quella notte?»
Faccio la vaga ma lei sorride. «Non fare la finta tonta, sai che Hunter era in quel club quella notte. Sai che mi ha tenuta a distanza da lui quasi come se avessi la lebbra.»
«Hai fatto dei video, a cosa ti servivano esattamente?», smetto di mentire. Ormai le carte sono tutte scoperte.
«Avevo un accordo con Nolan. Prima di sparire dovevo girare dei filmati in quel posto, scattare delle foto e poi mandargliele. Li avrebbe fatti incriminare per la mia scomparsa e avrebbe usato quei filmati per estorcergli denaro e confessioni utili alla sua azienda. Qualcosa però è andato storto, visto che qualcuno ha insinuato che eri stata tu e il club non si è più riunito per un po'.»
Sono stupita. Ellen se ne accorge ma non smette di sorridere con soddisfazione.
Perché fare tutto questo? Davvero la vedetta è sempre stato il suo unico movente?
«L'hai fatto solo per i soldi?»
Si guarda intorno distratta, inizia poi a toccarsi. «La pistola», sussurra. «Dove... dove hai messo la pistola?»
Sollevo le mani. «Io? Non ne so niente. Avevi in mano quell'arma fino a poco fa.»
Si agita e si avvicina rabbiosa. «Ridammi la pistola o ti ammazzo a mani nude!»
Stringe le mani sul mio collo facendo tanta pressione ma reagisco graffiandole il viso, causandole un urlo. Poi le mollo una testata e recuperando la pistola gliela punto addosso. «Fammi uscire da qui, adesso!», le ordino. «Non è più un tuo gioco. Adesso ho io l'arma, vediamo se riesci a fare quello che ti dico per una volta.»
«Non hai il coraggio di...»
Sparo colpendo il tavolo e lei urla indietreggiando come un animale.
Ride. «Ti ho sottovalutata, ma tu hai sottovalutato me», ghigna e facendomi uno sgambetto si riappropria della pistola. «Adesso si che ci divertiamo.»
L'impatto contro il tavolo che si spezza non è dei migliori. Mi manca l'aria, tanto è forte il dolore che sento sulla schiena.
Ellen ride come una pazza prima di fermarsi e tremare. «Hai ragione, non l'ho fatto solo per i soldi. L'ho fatto per te, per poterti tormentare. Volevo vederti soffrire, struggerti dal dolore. Volevo vedere quanto ci tenevi a me, quanto mi volevi bene. All'inizio un po' mi è dispiaciuto, poi però ho capito che mi stavi dimenticando così ti ho seguita e ho iniziato a lasciarti qualche indizio. Un po' come quel volantino...»
Non è possibile! Sgrano gli occhi battendo un paio di volte le palpebre e lei annuisce. «Sapevo che prima o poi qualcuno sarebbe tornato lì. Quando poi Nolan me lo ha detto ho fatto in modo che tu trovassi quel foglio.»
Sono sempre più confusa ed esausta ma continuo ad ascoltarla, ad incanalare ogni sua risposta per non perdermi niente, per potere mettere, finalmente, insieme ogni pezzo di questo complicato quadro.
«Io mi fidavo di te...»
Ride. Non riesce proprio a smettere. «Ed io non potevo permetterti di avere tutto. Sei sempre stata come la mia bambola.»
Quest'ultima affermazione mi fa accapponare la pelle. Mi spaventa il suo sguardo e mi alzo prima che possa avventarsi su di me e farmi male un'altra volta.
La spingo. «Come hai potuto?», urlo. «Io ti volevo bene e tu non hai fatto altro che lasciarti annebbiare dai soldi, dalle ricchezze, dal potere!»
Mi stringe la mano sul mento lasciandomi il solco delle sue dita. «Non capisci? Non ci arrivi ancora? Tu non sarai mai sua, Iris. Tu sei mia. Mia soltanto. Ecco perché li ho attirati in una trappola. Ecco perché il tuo maritino è scoppiato in aria come un petardo.»
Scuoto la testa. «No...»
Mi scimmiotta. «Apri gli occhi, Iris. Apri gli occhi e renditi conto che solo io ti amo davvero!»
Indietreggio fino ad inciampare e cadere mentre lei annuendo ad una delle mie tante domande inespresse, si abbassa sulle ginocchia. «Credevi davvero che fossi attratta da Nolan o da Hunter o da tutti quelli che mi sono portata a letto? Erano solo delle distrazioni, dei mezzi, dei tentativi per farti preoccupare e legare maggiormente a me. Così mi avresti protetta e amata...», prende fiato. «Ma tu non hai mai provato niente per me. Non ti sei mai accorta che bramavo le tue attenzioni!», i suoi occhi adesso sono cerchiati di rosso mentre i miei lasciando andare le lacrime.
«Hai accoltellato Hunter perché volevi liberarti di lui?»
Annuisce. «Volevo i suoi soldi, non lui. E quei soldi ci sarebbero serviti ad entrambe per stare insieme. Avevo un piano bene elaborato ma tu hai rovinato tutto.
Non posso crederci. No, non posso... io...
Dio, non respiro!
Inizio ad andare in iperventilazione. Mi sventolo poi scuoto la testa. «No...», sussurro.
«Si, Iris. Ho sempre fatto tutto questo per te. Perché volevo meritarmi un posto accanto a te. Sapevo di non essere all'altezza e di non avere la tua famiglia dalla mia parte così ho escogitato un piano per accumulare ricchezze e un giorno poterti avere tutta per me. Perché con quel patrimonio niente ci avrebbe mai divise. Invece tu...», torna ad avere quello sguardo duro e a tratti assente. «Tu non hai esitato un momento a firmare quel contratto. Non hai esitato un momento ad avvicinarti a quel bastardo privo di cuore e di amore...»
«Sta zitta!», urlo. «Hunter non è così!»
Lei si irrigidisce. «Come puoi amare un mostro del genere? Come puoi avermi dimenticata tanto facilmente?»
«Ellen io non ti ho mai dato motivo di pensare che potessimo stare insieme. Perché non mi hai mai detto niente?», singhiozzo. Ormai gli argini si sono rotti.
«Perché non avresti mai capito. Perché se lo avessi detto i tuoi fratelli, la tua famiglia o chiunque si sarebbe messo in mezzo. Proprio come è successo con Nolan poi con Hunter...»
Scuoto la testa. Non voglio più sentirla. «Mi fai schifo! Come hai potuto farmi così tanto male?», la spingo e corro verso quella dannata porta scuotendola, urlando a squarciagola aiuto.
Sento lo scatto della sicura della pistola che viene posizionata contro la mia nuca.
«Urla ancora e ti faccio saltare il cervello.»
«Me lo chiami amore questo?»
Mi volto e lei mi si schiaccia addosso con una forza che non avevo ben calcolato e mai sentito da parte sua. «Io e te, proprio come un tempo. Adesso che ho fatto fuori tutti, vivremo insieme, da sole. Saremo felici...»
La guardo fissa negli occhi stringendo il pugno in vita. «Credi davvero che io voglia stare con un'assassina come te?»
Le mollo un colpo con rabbia sul viso rompendole il naso e provo ancora ad aprire la porta. Questa chissà come si spalanca con un rumore sordo ed io corro fuori.
Sento Ellen urlare poi inseguirmi mentre il ticchettio dei suoi tacchi e dei suoi passi mi avvolge. «Torna qui! Torna immediatamente qui!»
Non so dove mi trovo ma premo ancora il localizzatore sperando che questo funzioni. Corro dentro queste stanze vuote. Siamo in un magazzino abbandonato ed io avanzo a tentoni rischiando di farmi male ad ogni passo. Inciampo nel vestito e quando raggiungo un portone cerco di aprirlo usando tutta la mia forza. Piango e mi dispero chiedendo aiuto, ma nessuno arriva. Nessuno eccetto Ellen che mi raggiunge come un ariete di sfondamento, mi afferra e mi sbatte a terra puntandomi ancora la pistola addosso.
Non sento più il fiato quando mi molla una pedata dietro l'altra sulle costole.
«È inutile che urli. Nessuno ti verrà mai a cercare. Nessuno ti troverà mai. Tu sei e sarai sempre mia. Ti terrò con me, vedrai che staremo bene insieme», sorride perfida mentre prendendo la forza necessaria le faccio uno sgambetto e corro di nuovo dall'altra parte del magazzino dove spero di trovare una via d'uscita.
Mi infilo in un un corridoio buio e pieno di polvere. Ellen, ancora una volta, mi raggiunge e mi spinge contro la parete con una forza che rischia di farmi perdere i sensi. «Non puoi scappare!»
Provo a correre ma preme il piede sulla gonna dell'abito e questo mi fa cadere a terra. Non demordo e con uno strattone riesco a strapparne un pezzo. Faccio due passi e sento solo una fitta sulla coscia dopo lo sparo.
Non mi rendo conto della gravità della situazione fino a quando non mi ritrovo a terra, l'abito si macchia velocemente di rosso. Non ho tempo per contare i danni, una pazza avanza verso di me e devo metterla al tappeto se voglio uscire viva da qui dentro, mi dico.
Lascio che mi raggiunga. «Hai visto quello che mi hai fatto fare?», mi urla. «Sei sempre stata testarda, Iris. Smettila di fermarmi, smettila di combattermi. Tanto sei sola adesso. Hai e avrai sempre e solo me!»
La guardo con disprezzo. «Io ho già la mia famiglia!»
Chissà come la disarmo sparando tutti i colpi contro il muro alle sue spalle facendola urlare e poi con il calcio della pistola la colpisco e lasciandola priva di sensi corro verso quelle scale che potrebbero portarmi fuori, in un balcone, in qualsiasi posto ma lontano da qui.
Mi affanno a causa della ferita alla gamba che brucia come fuoco e continua a lasciare una scia di sangue alle mie spalle. Aumento il passo e raggiungo l'ultimo piano dove trovo una porta senza lucchetti. La spalanco. Questa provoca un forte rumore metallico. La chiudo sempre più affannata e trovando una sbarra metallica la infilo nel mezzo delle due aste guardandomi intorno.
Sono sul tetto di un magazzino abbandonato. Sono lontana dalla città, vicina al mare, alla mia villa. Ecco come ha fatto...
Porto le mani sulla testa e scivolando a terra singhiozzo disperata. «Come ha potuto? Come?»
Il respiro è sempre più raro e l'aria irrespirabile. Mi sento così male da perdere i sensi per qualche istante.
Non so quanto tempo sia passato. Intorno non è più buio e silenzioso. C'è qualcosa, un rumore di eliche e un tonfo continuo, dietro l'altro proveniente dalla porta, poi ancora delle voci.
Mi sollevo come meglio posso guardando la porta appannata ai miei occhi. Si spalanca e da questa esce una persona. Ma non ce la faccio a prestare attenzione e mi affloscio di nuovo al suolo.
«Iris!»
Due colpetti al viso. «Iris, piccola svegliati!»
Riconosco questa voce tra le tante. Apro lentamente gli occhi e mi scappa un singhiozzo, tanto è forte l'emozione che sento. «Sei qui...», tossisco sentendo qualcosa di disgustoso in bocca.
«Iris, ti prego rimani sveglia. Ti prego...», la sua voce perentoria mi trattiene. «Fallo per me. Resisti.»
Hunter mi abbraccia premendo le labbra sulla mia fronte mentre provo ad abbracciarlo. «Sei qui...»
«Sono qui!», dice affannato. «Sono qui e non ti lascio più da sola. Sarai costretta a denunciarmi per tenermi lontano da te.»
Mi sfugge un sorriso mentre accarezzo il suo viso. «Mi sei mancato», tossisco e sputo del sangue.
Hunter strappa un lembo dell'abito e lo stringe intorno alla mia coscia. Sotto di me si è allargata una pozza rossa e inizio a sentirmi debole, prosciugata, al freddo. «Devi restare sveglia, ok? Tra poco ti porterò fuori da qui.»
«Ellen... lei...»
Non faccio in tempo perché fuori dalla porta esce proprio lei. Tiene una lama sul collo di Issac che sembra scusarsi per essersi lasciato prendere così alla sprovvista.
Hunter si alza aiutandomi, stringendomi forte a sé. Guarda male Ellen ma lei sembra disposta a tutto pur di ottenere quello che vuole: me.
«Lasciala andare o il tuo amico muore», lo minaccia. «Non vuoi che gli faccia male, vero?»
«Scordalo! Lascia andare Issac o passerai un grosso guaio», replica freddo, calcolatore e deciso a non sottostare al suo volere. «Lascialo!»
«Ho detto... non toccare Iris o ammazzo il tuo fottuto amico!»
Ellen preme la punta della lama sul collo di Issac dalla quale inizia a scendere un rivolo di sangue. Lo fa per dargli una dimostrazione.
Signiozzo. Hunter mi tiene più stretta a sé. «Perché fai questo? Basta!», strillo. «Fermati!», la supplico.
«Ellen, ti consiglio di fermarti.»
Lei ride. «Siete come degli scarafaggi. Dovevate morire in più occasioni invece avete continuato a cavarvela. Ma non adesso. A meno che non mi consegni Iris», replica.
Hunter nega ancora sempre più rigido e arrabbiato. «Stai giocando con il fuoco.»
«E tu con la vita del tuo amico. Lo vuoi morto? Bene, ti accontento!»
Urlo, spingo Hunter e barcollo verso di lei mentre lui prova a fermarmi. «Ok, è me che vuoi? Bene, vienimi a prendere!»
Mi allontano da Hunter e mi sposto verso il bordo del terrazzo. Guardo in basso e mi sento mancare.
Ellen ringhia di frustrazione, lascia andare Issac spingendolo rabbiosa a terra e corre verso di me.
«Non un passo in più», le dico.
Lei si ferma. «Smettila con questa farsa da bambina e allontanati da lì», ordina.
Dietro di lei Hunter e Issac stanno agendo per fermarla, dopo avere capito il mio piano. Dalla porta escono anche alcune guardie.
«Ellen, è finita», sussurro.
Si volta e scatta in avanti verso di me, mi afferra si fa scudo con il mio corpo puntandomi la lama sul collo. «Un passo avanti e la uccido!», ringhia loro minacciosa. «Che nessuno si muova!»
Nessuno lo fa tranne io che ormai stanca di sentirmi così debole mordo la sua mano facendola urlare e facendole cadere la lama a terra che sposto lontano con un calcio.
«Stronza!»
«Avrai quello che meriti», rispondo rabbiosamente.
«Nessuno ti avrà mai!»
Non ho neanche il tempo di reagire o di rendermi conto di quello che sta per fare perché mi trascina con lei. Si lancia all'indietro ed io ho solo l'istinto di aggrapparmi al bordo mentre lei tenta di farmi staccare le mani per buttarsi giù dal magazzino alto tre piani.
Hunter corre subito da me, mi tiene forte per il braccio cercando di sollevarmi, Issac fa lo stesso con l'altro braccio mentre nel vicolo si crea subito un gruppo di agenti che tentano di organizzarsi qualora dovessimo cadere. In breve, infatti, trasportano un materassino.
Guardo Hunter. «Ti amo», gli sussurro. «Qualsiasi cosa accada... prenditi cura...», non riesco a parlare. Sto usando le mie ultime forze per reggermi mentre Ellen continua a ringhiare, ad oscillare e a tirarmi giù con lei.
«Non le permetterò di farti ancora del male», ringhia Hunter provando a tirarmi su con uno sforzo disumano. «Io ti amo e non permetterò più a nessuno di farti del male!», ripete con più forza.
Riescono a sollevarmi ma rimango piegata a metà busto, impigliata, mentre Ellen si dimena tirandomi la gonna, poi le gambe.
«Nessuno ti avrà mai!»
Le mollo un calcio e allora si arrampica provando ad attaccare Hunter quando lui cerca di trascinarmi sul terrazzo. Issac può fare ben poco perché mi sta tenendo per evitare che io precipiti giù.
Allora salgo sul cornicione cercando di mettermi in salvo. Non mi sento affatto stabile ma al momento mi sento in salvo. Purtroppo Ellen si arrampica dietro di me e tenta di spingermi.
«Dovevi essere mia!», sta urlando. «Iris, dovevi essere solo mia!»
Hunter prova a togliermi le sue mani di dosso e lei gli si avventa contro, ma un agente spara e lei scivola precipitando giù.
Chiudo gli occhi e quando li riapro Hunter mi sta abbracciando forte, non sono più sul bordo ma a terra. «È finita, piccola. Adesso sì che è finita.»
«Non ce la faccio più...», una lacrima scende lungo la mia guancia. «Scusami...»
«Iris? Iris?»
Riaprire gli occhi in un tentativo goffo mi fa quasi male. Una luce, seppur tenue, ferisce i miei occhi. Mi sollevo piano e corrugo la fronte trovandomi in una stanza che conosco bene.
Quando ricordo quello che è successo perché dei flash mi si parano subito davanti, mi tocco accorgendomi che indosso una vestaglia di seta comoda di un tenue azzurro ghiaccio e una flebo è attaccata al mio polso. Scosto la coperta e ho una fasciatura alla gamba che è rigida anche se riesco a muoverla. Stacco la flebo e scendo piano dal letto posando bene i piedi sul pavimento dell'appartamento di Hunter.
Avanzo verso il bagno zoppicando e finalmente svuoto la vescica. Lavo poi le mani e quando sollevo lo sguardo sullo specchio noto con tristezza la serie di lividi sul mio viso pallido. Lo sciacquo cercando di non piangere, di non sentirmi male al ricordo di quei terribili momenti che non andranno mai via.
Nella vita ti dicono sempre 'prima o poi passa'. In realtà tutto quello che passa, resta. Ti resta dentro. Non se ne va più.
Esco dal bagno e raggiungo la porta che faccio scorrere piano. Il suono della tv a basso volume, il rumore delle tazzine che cozzano sul piattino mi raggiunge insieme all'odore del caffè. Tendo allora l'orecchio.
«Quando si sveglierà?»
«Ha vissuto l'inferno, concedile un altro paio di giorni.»
«È passata una settimana! I medici dicono che sia normale ma io... non sopporto tutto questo.»
«Amico, hai almeno dormito un po'? Sembri distrutto.»
«Dormire? Non posso dormire! Ho troppe cose di cui occuparmi.»
Issac sospira. «Ellen è ancora in ospedale con fratture su tutto il corpo ma si riprenderà e andrà al processo perché è capace di intendere e di volere. Non richiederanno neanche la perizia psichiatrica per lei. I giornalisti non hanno pubblicato niente di cattivo su di voi, anzi, hanno parlato bene del matrimonio e vi augurano tanta felicità. La nostra famiglia sta bene e Nelson si è già ripreso e continua a lavorare anche se lo hai spedito in vacanza.»
«Sono preoccupato.»
«Per che cosa?»
«Per il trauma psicologico che Iris ha subito. Non sappiamo come reagirà quando si sveglierà.»
Avanzo piano verso di loro per placare questa sofferenza che emana Hunter.
Issac è il primo a notarmi. «Lo sapremo a breve», replica indicandomi.
Hunter si volta e si alza immediatamente avvicinandosi quasi con affanno prima di sollevarmi e tenermi per i fianchi. Lo abbraccio forte inspirando il suo profumo, inebriandomi con il suo calore.
«Ciao», mi sussurra sulla spalla dopo averla baciata. Sento il suo corpo premersi sul mio e se dapprima è teso, non appena sente la mia pelle, la mia essenza, si rilassa.
«Ciao», saluto.
Issac si schiarisce la voce. «Io vado. Ci vediamo domani. Iris, è bello vederti in piedi», detto ciò esce dall'appartamento.
Non mi stacco da Hunter che sembra volere la stessa cosa.
Preme la fronte sulla mia. «Non ti lascerò andare più, Bestiolina», sussurra.
Ad occhi chiusi cerco le sue labbra. «Non farlo mai», rispondo con un filo di voce ritrovando il senso di appartenenza.
Si stacca di un centimetro dalle mie labbra, a distanza di un respiro. «Ti amo. Ho avuto così tanta paura di perderti», dice premendo di nuovo la sua bocca sulla mia con avidità e disperazione.
«Non mi hai perso», inizio scivolando lungo il suo corpo. «E se non sbaglio mi hai fatto una promessa», sussurro. «Spero tu intenda mantenerla.»
Abbozza un sorriso e il mio cuore sussulta prima di tornare al suo ritmo naturale. «Aspettavo che ti svegliassi per mantenerla», risponde in fretta.
Avvicino il suo viso. «Allora... si parte?»
«Si, si parte adesso», mi spinge verso la stanza. «E se non erro abbiamo ancora una notte di nozze in sospeso io e te.»
Le cose brutte capitano. Non contano le lacrime, il dolore. La vita non ti regala mai niente di buono e il destino ti porge sempre un conto salato da pagare. Ma bisogna sempre sapere andare avanti, trarre il meglio da ogni situazione, anche da quella più difficile.
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