5
IRIS
Merda. Merda. Merda.
Questa proprio non ci voleva. Nolan non è mai venuto a trovarmi in libreria. Che cosa c'è di diverso in lui? Che cosa è cambiato? Ho dimenticato un nostro appuntamento?
In questi ultimi giorni sono parecchio stressata e tendo a deconcentrarmi facilmente e a perdermi le cose importanti.
Avanza a passo spedito mirando proprio su Hunter. Il tizio borioso, ha un nome ed è adatto a lui, gli calza proprio a pennello.
Mi irrigidisco quando Nolan mi circonda la vita con un braccio avvicinandomi a sé possessivamente, un po' troppo per i miei gusti e le mie abitudini.
Non siamo mai stati una coppia che mostra in pubblico quanto ci tiene o quanto amore ha da trasmettersi. Ci siamo sempre limitati a camminare vicino o mano nella mano. Niente effusioni, niente dimostrazioni eclatanti.
Mi chiede se è tutto ok continuando a guardare in cagnesco Hunter, un po' come se volesse attaccarlo da un istante all'altro e io, guardo quest'ultimo, cercando di dirgli di andare, di non fermarsi o trattenersi oltre perché potrebbe finire male.
Nolan non è il classico bello che non parla. Ha la lingua lunga e più volte si è ritrovato al centro di una rissa dove, ha quasi sempre sbaragliato l'avversario. Ma Hunter non sembra neanche vedermi, anzi, affronta Nolan che, si presenta a lui con la sua tipica spavalderia.
Quando viene a trovarmi con una certa frequenza, so che ha qualcosa in mente. Forse è arrabbiato per il modo in cui ieri l'ho fermato e adesso vuole mettermi alla prova. Trovarmi con un altro non deve essere facile per lui. E, anche se non stavamo facendo niente di compromettente, conosco Nolan.
Immagino già il litigio che avremo non appena Hunter se ne andrà dalla libreria.
Passo subito alle presentazioni per non creare buchi sospetti. I due si stringono la mano un po' troppo forte scrutandosi.
Guardo Nolan con dolcezza e cautela. Sto per andare nel panico senza una ragione. Ma avere Hunter così vicino e lui stretto al mio corpo mi provoca una strana sensazione di pericolo.
«Ci concedi due minuti?»
Abbassa il viso. Mi sorprende quando mi posa un bacio sulle labbra, delicato. «Certo, fa pure.»
Rimango intontita e lo seguo ad ogni passo, guardinga, mentre si sposta verso la vetrata osservando fuori con le mani dentro le tasche dei jeans.
Riprendo a respirare quando è lontano da me. «Scusa, ma adesso è meglio se te ne vai», mi sposto verso la cassa.
Nolan ci osserva dal riflesso del vetro. Sento proprio il peso del suo sguardo addosso. Mi si scarica sulla pelle come pioggia fredda e improvvisa.
Hunter continua invece ad avere una stranissima espressione stampata in faccia. Il suo viso nell'arco di un attimo si è incupito. Non c'è più nessun ghigno, nessun sorriso ad increspare lo zigomo e ad accendere i suoi occhi azzurri.
«Posso davvero lasciarti con lui?»
La domanda mi sorprende. Sorrido per non ridere istericamente. Tra tutte le cose che ci sarebbero da dire perché proprio questa?
«Si, ovvio che puoi lasciarmi da sola con lui, insomma è il mio ragazzo», rispondo nervosamente.
La faccia di Hunter ancora una volta si trasforma. Adesso sembra quasi sul punto di vomitare.
La sua espressione è come il cielo al tramonto. Cambia così in fretta da non riuscire a capire se sia arrabbiato o disgustato o sorpreso.
«Il tuo... ragazzo?», assottiglia una palpebra.
«Si?»
Annuisce stringendo le labbra. «Prendo "Alice nel paese delle meraviglie", voglio regalarlo a mia nipote», dice a voce un po' troppo alta.
«Hai una nipote?», chiedo piano spostandomi di corsa al piano di sopra. Qui, per un lungo istante mi sento al sicuro, lontano dai due fuochi accesi, e lascio uscire un lungo sospiro.
Che brutta situazione!
Prendo il volume che mi ha chiesto, uno dei miei preferiti insieme a: "Il Pricipe Felice" che, scendo di sotto e lo infilo dentro una confezione porgendogli l'acquisto.
Lui mi lascia il resto come mancia, che è un po' eccessiva.
«Grazie», dice con una certa calma che fa paura. «Sei stata davvero utile e molto dolce», aggiunge alzando il tono. «E si, ho una nipote e anche un nipote», replica piano sporgendosi un po' come se stesse per confessarmi uno dei suoi segreti più intimi.
Sorride notando la mia espressione stupita e imbambolata. «Sono zio, chi lo avrebbe mai detto?», mi fa anche l'occhiolino mentre si allontana.
Nolan, si volta. Lo segue fino all'uscita e quando Hunter non c'è più, avvicinandosi, mi afferra per i fianchi e premendomi a sé mi bacia con possesso.
Lo fermo agitata. «Stai bene?», chiedo confusa dalla sua reazione. Gli sfioro poi la fronte con il dorso della mano.
Afferrandola la porta alle labbra. «Mai stato meglio. Sei uscita presto stamattina. Non abbiamo fatto neanche colazione insieme. Mi sono trovato nel letto tutto solo.»
Gonfio il petto quando abbassa il viso baciandomi il collo. Indietreggio e lui, approfittandone, mi spinge verso l'ufficio.
Una piccola stanza di qualche metro quadrato con una scrivania su cui vi è un portatile, un mobile pieno appoggiato alla parete con la carta da parati di un marrone scuro, pieno di raccoglitori e cartelle, una lampada alta all'angolo e una palma.
Mi agito ancora una volta dentro cercando di non andare nel panico. L'istinto però ha la meglio su di me.
«Nolan, no», dico spingendolo. «Non qui.»
Corruga la fronte passando una mano tra i capelli. «Che c'è?», chiede come se non capisse.
«Ho il ciclo», replico, dico proprio la prima cosa che mi passa per la testa e mi sento una bugiarda. «E sto lavorando.»
Mi abbraccia. «E da quando è un problema avere il ciclo?», mi preme contro la parete sollevandomi una gamba. Mi attacca il collo con baci e morsi.
«Sto male, non mi va, davvero.»
Si stacca da me uscendo dalla stanza più che irritato. Lo seguo ma si ferma senza preavviso al centro della libreria, sul tappeto persiano rosso, e voltandosi mi guarda male.
«Mi spieghi che ti succede?», urla.
Sussulto. Non alza mai la voce ma quando lo fa mette un po' di paura.
«Non mi succede niente.»
«Iris, è la seconda volta che mi rifiuti. Che cosa c'è che non va?»
Il sangue mi ribolle nelle vene. «Che cosa c'è che non va? Davvero non te ne accorgi? Te ne vai per intere settimane, torni e vuoi solo svuotarti, ecco cosa c'è che non va! Sono stanca, Nolan. Stanca di essere per te solo un passatempo per una notte. Non sono la tua bambola. Non mi chiedi mai come sto o come mi sento. Organizzi tutto senza chiedermi quello che mi piace, se sono d'accordo o...»
«O cosa? Continua», urla avvicinandosi più che minaccioso.
Rimango ferma, immobile e pronta ad ogni sua mossa.
Lo scampanellio della porta mi fa sussultare un'altra volta.
«Scusate, credo di avere dimenticato... un altro volume», esclama Hunter. La sua voce si affievolisce.
Per un nano secondo, mi sento sollevata della sua presenza. E lo ringrazio mentalmente per la tempestività con cui è tornato.
Mi ricompongo assumendo la mi tipica area professionale. «Certo, dimmi pure il titolo», la voce mi trema.
Nolan sbuffa e si chiude in ufficio dove lo vedo sedersi più che nervoso dopo avere fatto avanti e indietro un paio di volte.
«Qualcosa non va?»
«Che ci fai di nuovo qui?», chiedo a bassa voce, tenendo d'occhio Nolan.
«Ho visto tutto dalla vetrina sul retro. Dovevate chiudere la porta se volevate un po' di privacy. Ti ha messo le mani addosso senza il tuo volere?»
Salgo di sopra senza una ragione e lui mi segue. Lo fermo. «Che cosa vuoi da me?»
«Ti ha fatto del male, Iris?»
«No, stavamo solo discutendo, come ogni coppia. Non è un tipo violento.»
«Cerco la Bella e la Bestia», dice con un sospiro, ma noto che si trattiene.
Mi sposto verso il reparto giusto indicando il libro in alto dove non arrivo. Lui lo prende porgendomelo ma prima tiene sollevato il braccio. Oppone resistenza. «Sicura di stare bene?»
La sua domanda in un attimo mi manda in tilt il cervello.
Sto bene? No, non sto affatto bene. Continuo a navigare in mezzo ai cocci del mio cuore. Ad ogni passo fatto mi ferisco.
«Si», scendo di sotto incartando il libro senza riuscire a guardarlo negli occhi. «Serve altro?»
«Peter Pan?»
«Vola basso, Hunter», brontolo correndo a prendere il libro.
Mi sorride. «È tutto», dice.
Nolan esce dall'ufficio mentre digito lo scontrino. «Ecco. Grazie e buona giornata», lo saluto.
Le nostre dita si sfiorano e sento una forte scossa propagarsi sul mio corpo intero.
«Grazie a te. Ci si vede, Iris!»
Lo guardo andare via e, non appena la porta si chiude, Nolan corre a mettere il cartello "chiuso".
«Che cosa fai? Sai che qui ci lavoro per aiutare...»
Mi blocco. Il suo viso è una maschera di furia. «Stavamo discutendo. Hai detto che non ti faccio decidere o non chiedo mai la tua opinione, ma sei tu a non dire mai di no. Non hai mai disdegnato, Iris!»
L'ho ferito nell'orgoglio. «Mi dispiace, volevo solo...»
«NO!», urla, mi ferma prima che possa continuare.
Indietreggio. «Stai dando di matto quando sai di avere torto!»
«Io non ho mai torto!», sbraita.
Sbuffa poi si avvicina. Rimango immobile. Il mio cuore batte forte, così forte da farmi male.
Il problema non è quando perdi la pazienza, ma quando perdi la fiducia e quel pezzo di cuore che ti lega alle persone a farti diventare indifferente. Soprattutto quando capisci che non c'è più speranza di ritornare indietro. E allora che cosa fai: ti aggrappi al passato fingendo di non capire o vai avanti e rischi di cadere?
«Invece si! Sei egoista! Non ti preoccupi mai per me. Non mi rendi davvero partecipe della tua vita. Mi fai sentire un oggetto da usare e accantonare per settimane. Io non ho bisogno di presenze assenti nella mia vita. Ho bisogno di qualcuno che ci sia, che mi capisca anche quando non parlo o non riesco a spiegarmi. Ho bisogno di qualcuno che non mi faccia sentire inadatta o sbagliata.»
Scrolla le mani sulla testa. «E dimmi che altro vuoi, perché non hai mai chiesto niente!»
Ellen aveva ragione: "volere è potere". Io non sono mai stata in grado di pretendere qualcosa. Non sono in grado di chiedere amore. Do il mio senza mai aspettarmi niente in cambio.
Lo guardo dritto negli occhi. «Voglio il ragazzo che mi ha conquistata mentre il mio mondo stava andando a pezzi. Voglio il ragazzo che mi ha fatto sorridere e mi ha dato il primo bacio davanti il portone di casa dopo avere visto un film al cinema che per inciso: faceva schifo. Voglio il ragazzo che mi guardava si con desiderio ma anche con interesse. Voglio il mio ragazzo, non uno stronzo borioso che ritorna dopo essersi divertito e pretende di portarmi a letto o marca il territorio come un cane», la voce mi esce stridula.
«Iris...»
Scuoto la testa. «Nolan, tu mi hai delusa così tante volte da non riuscire neanche a contarle. E non te ne sei neanche accorto. Ho capito tutto, ho accettato tutto. Adesso però basta», sussurro.
Vado ad aprire la porta. «Torna quando sai cosa significa rispettarmi», detto ciò corro in ufficio chiudo la porta e con uno scatto di ira faccio cadere a terra quello che c'è sul cassettone.
Nolan bussa alla porta. «Iris, che succede lì dentro? Apri.»
Scuoto la testa. «Vattene!»
«Prima dimmi che cosa ci faceva quel tizio in questo posto. Sai almeno chi è?»
«Hunter? Ti ho detto che è un cliente? E hai visto anche tu che ha comprato dei libri per bambini, per i suoi nipoti.»
«Sai il suo cognome qual è?»
«No, che importanza ha adesso?»
«Importa eccome adesso, Iris. Quello lì è Hunter Ford.»
Cosa? No, impossibile. Me lo avrebbe detto. Lo avrei capito. No. No. No. Così le cose si complicano perché i miei stavano parlando con i suoi genitori.
Inspiro ed espiro. Rischio di avere una crisi di nervi. Massaggio la fronte. «E quindi? Voleva solo dei libri.»
«Come cazzo fai a non accorgerti di come ti guarda la gente, soprattutto come ti divorava con gli occhi Hunter Ford, il multimiliardario di Miami? Ti faceva gli occhi dolci e ti ha persino salutato in quel modo!»
Apro la porta. La spalanco e spingo Nolan. «E tu come fai a non accorgerti che la tua ragazza sta male a causa tua?»
Non risponde. Gonfia il petto e mi abbraccia. So che l'ho colpito e l'ho affondato.
Picchio i pugni contro il suo petto. «Ti odio!»
Mi stringe. «Smettila e abbracciami. Facciamo pace.»
Alzo gli occhi al cielo. «Nolan, non possiamo fare finta di niente. Abbiamo un problema.»
«Lo so. Prima ho reagito male, mi dispiace, piccola. Perdonami», si inginocchia premendo la guancia contro il mio ventre.
«Che cosa fai?»
«Ti chiedo scusa in ginocchio. La vista di quel coglione borioso mi ha fatto reagire in maniera spropositata. Ero venuto qui con le migliori intenzioni e invece ho fatto un gran casino. Mi dispiace, so di non dovere dubitare su di te.»
Mi sento confusa. «Che significa?»
«Che sono geloso», dice sollevandomi il mento. «Vederti vicino ad un altro, a tuo agio, mi ha fatto reagire male. Posso farmi perdonare?»
Lo spingo. «Non si tratta di perdono. Tu... non ascolti. Non vedi che c'è qualcosa che non va tra di noi.»
«Da quanto stiamo insieme, Iris?», chiede.
«Quattro anni.»
«E questo non ti basta? Stiamo bene insieme. Siamo sopravvissuti a cose più difficili. Perché dobbiamo discutere quando possiamo aggiustare le cose parlando, chiarendo?»
«Ok, parla. Sono mesi che mi usi. A me non sta bene questa cosa.»
«Io non ti uso, Iris. Non l'ho mai fatto. Ho rispettato i tuoi tempi, ti ho tenuto compagnia quando eri giù. Ti ho fatto da amico, da consigliere, da tutto quando invece avrei voluto essere solo il tuo ragazzo. Dovresti essere felice per me adesso che ho un lavoro rispettabile e sono entusiasta di fare qualcosa che mi piace. Invece mi chiedi di rinunciare perché ti sentì trascurata. Un po' egoista, non credi?»
Mordo il labbro. Nolan ha la capacità di raggirarmi in qualsiasi modo. Proprio adesso, mi sta facendo sentire inutile, ingrata. Un tempo al suo posto c'era Ellen a trattarmi in questo modo. Qualcuno direbbe che me la sono cercata, un'altra volta.
Scuoto la testa. Sono proprio un caso patologico.
Mi sposto verso il bancone prima di girare di nuovo il cartello con la scritta "aperto". «Grazie per essere stato sincero e per avermi rinfacciato l'aiuto che mi hai dato quando la mia amica è sparita! Mi sembra di avere ringraziato abbastanza, ma a quanto pare non così tanto», indico fuori arrabbiata. «Vattene, devo lavorare», continuo.
Saluto chi entra in libreria.
Nolan si incupisce. La sua testa fa su e giù. «Ok, ma ne riparliamo stasera. Andiamo in un posto, ti va?»
«Solo se non hai intenzione di fottermi, in ogni senso. Perché non risolverò i problemi venendo a letto con te.»
Solleva l'angolo del labbro. Si avvicina e abbracciandomi mi dà un bacio sulle labbra premendole un po' più a lungo per farmi cedere. «Testona, vengo a prenderti dopo», dice strizzandomi una guancia.
Lo spingo e lui mi riavvicina a sé. «Mi terrai il muso?»
«Si, sarà divertente vedere se riesci a farmi cedere.»
Accetta la sfida. Lo vedo da come il suo sguardo viene attraversato da un lampo carico di divertimento.
«Non sfidarmi», mi sussurra.
Lo lascio andare e sospiro quando è fuori dalla libreria sentendomi meno oppressa.
Servo alcuni clienti poi scendo in cantina. Riempio due bicchieri portandoli di sopra e quando torno spostandomi verso la cassa, lui è lì, seduto sul divano, all'angolo, il libro "Il Principe felice" in mano.
Hunter è un ragazzo statuario, bello da vedere. È proprio come la scultura di una bellissima operata d'arte. Non fa da sfondo a nessuno, piuttosto mette fuori fuoco chiunque gli stia accanto. Nei suoi occhi chiari, contornati da lunghe ciglia scure, mostra un oceano inesplorato, pieno di insidie e tesori nascosti.
Mordo il labbro sedendomi accanto a lui. «Perché sei di nuovo qui?», chiedo già stanca.
Chiude il libro. «Volevo assicurarmi che stessi bene. Sei davvero fidanzata con quello?»
Fisso le dita che tengo in grembo. «Si, sto con lui da quattro anni ma non siamo fidanzati, non ufficialmente.»
Una smorfia esce fuori dalle sue labbra. «Fammi indovinare, prima ti ha detto chi sono?»
«Perché non me lo hai detto subito? Ho fatto la figura della stupida ieri a casa tua e con i Miller allo stand. Penseranno che io sia una pazza isterica. Ho persino offeso tuo nonno e non solo con le parole, ho indossato il bianco. Dio, che imbarazzo», dico passando le mani sul viso.
«Non sentirti in colpa per lui. Era davvero come te l'ho descritto. E a me piaceva come eri vestita, lo dico sinceramente.»
«Ma non ti sei presentato e non mi hai detto che sei il figlio dei tizi eccessivamente ricchi e potenti che vogliono fare affari con i miei genitori. Non so se hai notato ma parlavano ieri.»
Posa il libro dentro la busta. «Non ti sarei piaciuto lo stesso», replica.
«Questo mi sembra ovvio», dico. «Come ho fatto a non capire?», soffio dal naso alzandomi.
La sua mano, ancora una volta afferra il mio braccio e con uno strattone mi tira giù, facendomi sedere di nuovo accanto a lui. Lascia andare la presa e mi guarda dritto negli occhi.
Gonfio il petto trattenendo il fiato. Nei suoi occhi leggo la forza fragile di un ragazzo rimasto a lungo da solo ad affrontare la tempesta. Non sa come dimostrare il suo interesse se non nell'unico modo che conosce: stuzzicando chi ha accanto fino a piegarlo ad suo volere. Non è solo egoista, lui è viziato, convinto di poter ottenere tutto quello che vuole con un comando, una parola.
E mentre ho modo di poterlo guardare meglio da vicino, mi accorgo che esistono persone forti, inarrestabili in grado di nascondere una fragilità interiore dietro un muro di cemento armato. Hunter è come un fiore che nasce sulle montagne innevate, che spunta in mezzo alle rotaie.
«Io non ho niente a che fare con i miei genitori, Iris», risponde con un certo distacco. «Odiavo mio nonno e lui odiava me perché sono sempre stato, come dire... un problema.»
«Per il tuo carattere, mi sembra evidente. Sei senza filtri e per quanto questo mi piaccia come dettaglio, lasciatelo dire: a volte sei un tantino eccessivo.»
«Sono sincero e diretto, lo so. E non ho di certo bisogno di nascondermi dietro la facciata da bravo ragazzo. Perché fingere? Sono questo, non ti sta bene? Me ne frego di quello che pensi di sapere sul mio conto solo soffermandoti sulle apparenze. Io sono così. E se ho voglia di dirti che in questo momento ti trascinerei volentieri in cantina per tapparti la bocca, lo faccio tranquillamente. Non mi piace mandare segnali a vuoto. Sono più uno che prende quello che vuole e mi sto trattenendo fin troppo.»
Mordo il labbro. Un sorriso cerca di incurvare le mie labbra ma non lo lascio uscire. «Perché penso che questo sia un attacco silenzioso nei miei confronti?»
«Perché lo è», replica sporgendosi. La sua colonia pervade ogni cellula del mio corpo avvolgendo i miei sensi. Il mio cuore inizia a battere più del normale, la mia pelle a formicolare.
«Chi sei esattamente, Iris Harrison? Sei la ragazza che ho incontrato allo stand e al funerale di mio nonno o sei la ragazza spaventata che ho visto prima insieme a Nolan Ruiz?»
«Signorina, posso avere un calice di Merlot?»
Ripiombo in libreria con il corpo coperto da un calore inimmaginabile.
Mi alzo e meccanicamente scendo in cantina. Riempio il bicchiere senza versare una goccia di vino a terra e quando sollevo gli occhi dal bicchiere, lui, se ne sta lì ad osservarmi, appoggiato allo stipite della porta di legno ad arco.
Mi si mozza un po' il fiato ed evito di agitarmi quando la sua voce roca si diffonde in questa stanza silenziosa come musica messa in sottofondo.
«Ti aspetto qui», dice guardandosi intorno, esplorando le varie botti di legno presenti e divise in quattro sezioni con le relative targhette.
Porto il bicchiere al ragazzo che, beve, paga il libro che a scelto e il calice di vino e se ne va.
Guardando fuori, accorgendomi di potermi prendere finalmente una pausa, chiudo il negozio e scendo in cantina.
Trovo Hunter impegnato a disporre sul tagliere i pezzi di salame e formaggio che sta tagliando con attenzione.
Si comporta come se fosse nel suo ambiente. In realtà si trova nella mia zona e non dovrebbe.
Recupero dalla dispensa all'angolo le olive, i grissini e due calici di Cabernet.
Si siede sul gradino della scala mettendo il tagliere tra di noi. Assaggia il vino come un vero intenditore e mi passa un pezzo di grissino di recente morso dalle sue labbra, sfiorando le mie.
Schiudo le labbra lasciandomi imboccare, stupita da un gesto simile. Con Nolan non abbiamo mai fatto niente del genere. Trova stupide certe cose e io non ho mai provato per non metterlo in difficoltà o imbarazzo.
Hunter osserva la mia bocca e torna a concentrarsi sul vino agitandosi sul posto.
Prendo un chicco d'uva porgendoglielo. Afferra il mio polso mentre con le labbra afferra il chicco guardandomi dritta negli occhi mentre le sue labbra sfiorano le mie dita scagliandomi addosso una forte e intensa fitta che va a depositarsi sul basso ventre.
«Perché lavori qui?»
Mi guardo intorno, sorrido. «Bonnie e suo marito mi hanno accolta con affetto. Sono i nonni che non ho mai avuto e mi piace aiutarli.»
«Gratis?»
Alzo le spalle. «Il sabato e la domenica lì aiuto qui in negozio. Gli permetto di uscire e divertirsi.»
«E tu? Non ti diverti?»
«Sono in un posto che mi piace, mi basta aprire un libro e bere un buon bicchiere di vino per divertirmi.»
Intorno l'aria è satura dall'odore stantio dell'alcol, c'è fresco dentro la stanza e non mi è mai dispiaciuto durante la pausa starmene qui in compagnia di un calice e di un libro.
Le pareti con il tetto a volta e un vecchio lampadario di ferro a pendere dal centro, sono di un bianco accecante. Il pavimento invece è di pietra e sono pochi i mobili e le mensole presenti. Tutto lo spazio è occupato dalle botti di legno.
Negli ultimi anni ho ritagliato piccoli attimi di tranquillità che ho creduto di meritare e l'ho fatto ritrovandomi in quegli ambienti che riescono a farmi sentire a mio agio.
Hunter azzanna un pezzo di formaggio e poi un chicco d'uva.
Notando i calici vuoti, mi alzo per riempirli.
Quando gliene porto uno lo solleva. «Ai pranzi con il nemico che, ammetto, non si sta rivelando poi così cattivo?»
Rido. «Ai pranzi con il nemico», replico bevendo un sorso. «Neanche tu sei poi così cattivo.»
La sua mano avanza verso le mie labbra pulendomi l'angolo. Indugia con il polpastrello poi si avvicina.
Mi scanso. «Ricordi che ti avevo detto che ti avrei tagliato le dita?»
«E tu ricordi che ti avevo detto che non mi spaventa di certo e, che non né avresti neanche il tempo?»
Rido spingendolo. «Sei uno stronzo!»
Ghigna. «Non ti piace perdere, vero?»
«Neanche a te, Hunter Ford, sterminatore di piante, buco nero e pestilenza.»
Posa il tagliere vuoto e i calici avvicinandosi. Posiziona le braccia ai lati dei miei fianchi abbassando il viso a distanza dal mio.
Deglutisco stringendo le gambe. Un gesto che spero passi inosservato. Hunter riesce a farmi tremare, in ogni senso.
È stato bello passare un paio di minuti senza preoccuparsi di qualcosa, come ad esempio di essere truccata o di avere gli indumenti adatti.
Quel modo che ha di guardarmi, quel ghigno snervante, quel profumo afrodisiaco in grado di farmi sentire su di giri. E poi ancora la sua tenacia, la sua forza. I suoi occhi azzurri, come il cielo in un giorno di sole, come le acque del mare senza onde, senza alghe. Ogni piccolo dettaglio di lui fa vacillare la mia naturale compostezza.
Le mie dita vorrebbero sfiorargli il naso, le sopracciglia, affondare tra i suoi capelli e avvicinarlo così tanto da rimanere a distanza di un respiro.
Merda!
Il vino mi ha proprio dato alla testa.
«Hai visto? Alla fine sei scesa qui con me, abbiamo mangiato e bevuto un bicchiere di vino. E tu che mi hai deriso all'inizio quando te l'ho proposto. Direi invece che abbia funzionato», sorride sfiorando con l'indice la punta del mio naso. E staccandosi se ne va lasciandomi stordita.
«Che grandissimo...», scuoto la testa sfiorandomi le guance accaldate.
Come ha fatto a raggirarmi in questo modo?
Sbuffo correndo in negozio pronta a dirgliene quattro. Lui non c'è. È sparito e mi ritrovo ad aprire di nuovo il negozio sentendomi strana dentro, con la sensazione di vuoto che mi ha generato andandosene, lasciandomi qui da sola.
Non so, quel ragazzo ha qualcosa che non riesco a comprendere o a descrivere.
Poco prima della chiusura, mentre spengo le luci e saluto i Brown, di ritorno dalla fiera, Nolan passa a prendermi con la sua auto.
Salgo senza sporgermi a dargli un bacio, e sedendomi composta sul sedile, allaccio la cintura guardando davanti a me senza fare tante storie. Lui, in silenzio, mi accompagna a casa.
Mi sento meno tesa, meno arrabbiata. Forse ho reagito male proprio perché ero nel panico senza una ragione.
Nolan posa la mano sul mio ginocchio per pochi istanti poi prendendo la mia mano la porta alle labbra baciandola. «Stasera usciamo», mi avvisa.
«Dove mi porti?»
Sorride. «In un posto che adorerai.»
In casa si siede comodo sul divano mentre io mi cambio. Sto legando i capelli quando mi raggiunge in bagno posizionandosi dietro.
Mi osserva dallo specchio. «Pronta?», chiede poi a fatica dandomi un bacio sulla spalla.
Mi volto massaggiandogli il petto. «Ho reagito anch'io male oggi», replico. «Scusami», sollevo gli occhi nei suoi scuri.
Abbassa il viso sfiorando il mio. La sue mani mi sollevano sul ripiano piastrellato del lavandino. Circondo le braccia intorno al suo collo. In risposta, mi avvicina a sé sfiorandomi le labbra.
«Abbiamo sbagliato entrambi», sussurra fremendo.
Decido di metterlo alla prova. Ho solo un modo per capire quello che vuole.
Scivolo verso di lui. Le mie mani si abbassano dal suo petto verso i bottoni dei jeans. Mi lascia fare mentre il suo respiro cambia in fretta.
«Iris...»
Apro il primo bottone, tiro giù la cerniera e lui ansima affondando il viso sul mio collo. Non ferma il mio gesto, e carico di desiderio osserva le mie dita ancora ferme. Vado oltre abbassandogli i bordi ansimando sulla sua bocca con sguardo carico di malizia.
Chiude gli occhi strizzandoli. Affonda la mano sulla nuca e mi succhia le labbra. «Non sai quanto ti voglio, adesso... ma... ho promesso che avrei parlato con te e così intendo fare, piccola. Il piacere conservalo per dopo. Non ho intenzione di sentire un no come risposta se facciamo pace. So che non hai il ciclo.»
Mi fermo insoddisfatta della mia missione.
È furbo. Ha capito che avevo in mente di metterlo alla prova. Mi toccherà escogitare un altro piano.
Si impossessa della mia bocca facendomi scendere dal ripiano e poi si allontana dal mio corpo.
«Andiamo», dice ricomponendosi. «Non so come farò a frenarmi ma sappi che mi sei mancata così tanto in questi giorni e non lo dico per una sola scopata. Lo dico perché ti amo.»
Lo abbraccio e mi lascio stringere. «Spero di risolvere perché non mi piace litigare con te e sentirmi infuriata.»
Mi accarezza la guancia. «Neanche a me piace.»
Usciamo di casa prendendo ancora l'auto fino al porto, poi un motoscafo che ci conduce a Miami Beach.
«Tutto per te», mi sussurra vedendo che sono stupita come una bambina il giorno di Natale.
Non sono molte le volte in cui mi porta fuori e mi piace quando mi dimostra qualcosa, almeno un minimo di sentimento nei miei confronti che, è quello che voglio.
Non ho mai avuto sete di piacere, fame d'affetto. Ho sempre fatto tutto per il bene degli altri e mai per il mio. Ho usato la dolcezza, la sincerità, il rispetto per farmi voler bene. Non sempre ha funzionato. Ci sono state volte in cui ad esempio sono stata abbandonata.
Ho avuto una brutta esperienza quattro anni fa con la scomparsa della mia migliore amica, di cui non si hanno mai trovato le tracce, e non sono più riuscita a fidarmi completamente delle persone.
Quell'anno è stato terribile per me. Tutti quei giornalisti sempre alle calcagna, chi mi dava dell'assassina, chi mi tempestava di domande per sapere quando avevo visto l'ultima volta Ellen Wood, l'ape regina sparita nel nulla insieme ad un fottuto invito da parte di un club immaginario che, gli investigatori avevano trovato grazie a degli informatici. Le indagini però, ad un certo punto, si sono fermate.
A volte mi piace pensare che Ellen sia scappata volontariamente per evitare la fama e il successo che già aveva perché stanca di trovarsi sempre sotto i riflettori. Poi però ripenso a quel giorno e ripiombo nello sconforto, perché nessuno ha fatto più niente per trovarla, nessuno tranne me, che ancora spero di rivederla.
Erano giorni bui ma Nolan per me c'è stato. Si è comportato da amico, da ragazzo, da confidente, da tutto. E adesso che si trova qui davanti a me, mi sento meno sola. Perché lui sa quello che ho passato. Lui c'era. Era lì con me quando mi alzavo urlando di notte o quando mi ritrovavo senza una ragione in lacrime perché troppo stanca e asfissiata da tutto. Stavo cadendo a pezzi, stavo impazzendo. Ma Nolan ha avuto la forza di sorreggere entrambi e andare avanti, siamo cresciuti insieme in questi quattro anni. A lui devo molto. Eppure a volte penso di avere fatto abbastanza e di non avere più niente da dare. Mi sono prosciugata sia dentro che fuori.
Mi volto. Le luci della città inondano il suo viso di sfumature e ombre che lo fanno sembrare più duro di quanto in realtà lui non sia. È dolce a modo suo e so che farebbe di tutto per me. L'ho capito quando ha scelto me rispetto a tutte le altre. Meno problematiche. Meno fredde. Meno insistenti.
Lui intercetta il mio sguardo e circondandomi le spalle con un braccio mi avvicina a sé mentre mi aiuta a scendere sul pontile di legno.
Abbiamo avuto momenti più difficili di questo, è vero, sono sicura che supereremo tutto e torneremo ad essere noi. Allora perché il mio cuore si rifiuta di ascoltare?
Mi fermo e lui mi domanda silenziosamente che cosa sto facendo. Le mie mani risalgono sul suo petto afferrandogli il viso e abbassandolo chiudo gli occhi per baciarlo.
Le sue spalle dapprima tese si rilassano e in breve ci stiamo baciando sulla piattaforma quadrata su cui abbiamo appena attraccato, fregandocene di chi potrebbe vederci.
Avvicino il mio corpo al suo e quando si sfiorano non mi scarica niente di strano o sospetto addosso. Solo la tipica piccola scossa che mi fa stringere la presa e premere maggiormente le labbra sulle sue.
Ansima staccandosi. Sorride. «Sapevo che questo ci avrebbe fatto fare pace.»
«Non cantare vittoria, ancora non ho visto dove mi stai portando», esclamo con un sorriso furbo tenendolo per mano.
Passa il pollice sulle labbra che gli ho appena morso e poi le lecca guardando davanti a sé. «Sono convinto che ti piacerà.»
Infatti, non appena vedo che mi sta portando nel piccolo Luna Park, a quanto pare aperto solo per una sera, i miei occhi si coprono di emozione. Tappo la bocca saltellando. «Te ne sei ricordato?»
Mi avvicina tenendomi stretto il mento con una mano mentre con un braccio mi stringe il fondoschiena. «Io non dimentico mai quello che ti fa sorridere, piccola», replica. «Da cosa si comincia?»
«Zucchero filato e poi giostre?»
«Prima scattiamo delle foto», mi porta dritta nella cabina dove ci mettiamo in posa. Poi fa qualcosa che non mi aspetto, mi bacia.
Ancora una volta il mio cervello si ritrova a cogliere piccole differenze e a mettermi in guardia.
Lo fermo mentre i flash ci abbagliano. «Mi hai tradita?»
Non so descrivere lo sconcerto sul suo viso. Si alza ed esce dalla cabina pestando i piedi sul terreno.
Recupero le foto e mi viene quasi da ridere quando mi rendo conto di essere stata immortala proprio nel momento in cui ho posto la fatidica domanda.
Nolan cammina davanti con sguardo irritato. Lo seguo guardandomi a disagio intorno, abbracciandomi per non sentire freddo.
Si ferma a prendere lo zucchero filato e tenendo lo stecco mi avvicina alle labbra una nuvola bianca. «Non ti farei mai una cosa tanto orribile, Iris. Il fatto che tu l'abbia anche solo pensato...»
Inumidisco le labbra. «Era solo una domanda. Ti sei scaldato troppo. Se non hai niente da nascondere perché reagire così?»
Rimane con un pezzo di zucchero tra le mani a fissarmi come se stessi impazzendo.
«Perché mi ferisce sapere che pensi questo di me. Che io sia in grado di tradirti e per che cosa poi?»
«Magari per due gambe migliori delle mie o per una donna disposta a viziarti di continuo a letto», brontolo camminandogli davanti.
«Come hai detto?»
«Hai sentito!», replico con irritazione.
Nolan getta lo stecco vuoto e pulendosi le mani, circonda con la destra il mio braccio trascinandomi verso la ruota panoramica. «Ok, vuoi parlare? Parliamo, litighiamo, che importa? Tanto la piccola Iris Harrison deve sempre fare i capricci!»
Lo spingo. «Non fare lo stronzo con me adesso. Ho solo chiesto se sei mai stato con qualcuno alle mie spalle. Non necessariamente andandoci a letto. Ci sono tradimenti ben peggiori di una scopata.»
Il suo sguardo è indecifrabile. Mi fa rizzare i peli sulla nuca e sentire sul punto di crollare.
«Ma guarda chi c'è qui...»
Mi volto lentamente riconoscendo la voce.
No, non puoi essere vero! Non adesso. Non qui.
♥️
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