47
HUNTER
È tutto pronto. Tutto ben organizzato e in ordine, proprio come lo volevamo. Niente di artefatto o troppo appariscente. Niente è lasciato al caso ed è tutto apparentemente perfetto.
Ce ne stiamo seduti sul comodo divano della villa, siamo in diretta tv e con noi da circa mezz'ora, un giornalista conduttore della trasmissione che non abbiamo mai visto ma che si fa chiamare solo Spencer. A quanto pare lo conoscono tutti ed è famoso, così tanto da tenere attaccato allo schermo molte persone.
Di tanto in tanto stringo la mano della mia piccola Iris, apparentemente a disagio ai miei occhi e quando lei si volta a guardarmi, sento il rumore dello zoom della videocamera alla mia destra, azionarsi e farci un primo piano.
Registrano ogni nostra espressione, ogni movimento. Stiamo andando bene, per fortuna ma ci sentiamo come due topi da laboratorio e la cosa è quasi fastidiosa.
A quanto pare al mondo sta piacendo quello che vede. Gli ascolti sono alle stelle e le persone stanno interagendo sui social mentre rispondiamo ad alcune domande sia da parte del giornalista che dai suoi o nostri fan.
Non pensavamo di averne così tanti interessati alla nostra storia. Non oso neanche immaginare i loro pensieri quando sapranno che ho già sposato in segreto Iris. Perché so già che questa storia uscirà fuori dopo la trappola che stiamo organizzando per Ellen, per farla uscire fuori dal suo nascondiglio.
«Una ragazza del web, Hunter, ti chiede: Come sei riuscito a conquistare Iris? Ps: siete bellissimi!»
Lecco le labbra prendendomi un paio di secondi per creare suspence. Conosco bene come vanno queste cose. Non è la prima volta che vengo intervistato.
Gratto la tempia e sorrido. «Prima di tutto ringrazio la ragazza e rispondo che non è stato facile. Se posso essere sincero io e lei, all'inizio, non ci sopportavamo affatto.»
Il giornalista ci sorride come se avesse davanti il più bel film di tutti i tempi mentre io penso solo che sia interessato al grosso assegno che riceverà ed intascherà alla fine del servizio, con la quale se ne andrà in vacanza probabilmente per tutta la sua vita.
Spencer ha un sorriso finto, bianco e perfetto. I capelli laccati e tirati indietro come se una mucca ci avesse passato sopra la lingua, un naso importante e occhi ravvicinati scuri. Di tanto in tanto accavalla le gambe, gesticola, guarda la telecamera, chiede ai colleghi di fargli un primo piano ed esprime quello che pensa. Poi sorride e si diverte interagendo con il suo pubblico virtuale.
«Una storia di amore e odio quindi? Questa non me l'aspettavo. Adesso capisco perché stanno impazzendo per voi due. E ditemi, quando avete capito di amarvi?»
Iris mi guarda ancora in quel modo. Non la vedo rilassata e a suo agio. So che in realtà vorrebbe essere altrove ma questa cosa ci serve. Le stringo allora ancora una volta la mano dandole tutto il mio supporto, facendola capire che ci sono io accanto a lei.
«Io l'ho capito proprio perché la odiavo. Mi sbagliavo su di lei perché in realtà ne ero attratto come una falena impazzita dalla luce e mi faceva proprio arrabbiare questa cosa. Non riuscivo a togliermela dalla testa», dico con voce pacata.
Iris annuisce. «Questo vale anche per me. Solo che avevo paura del suo carattere così esplosivo. Ero anche un po' terrorizzata dalla sua fama a dire il vero, ma ho scoperto una persona migliore di quello che tutti pensano.»
Spencer fa una smorfia per dire "wow". «Un'altra vostra fan chiede ad Iris: la fama che ha Hunter, ha influito sul vostro rapporto?»
«Si», replica prontamente e senza esitazione. «Ma solo perché siamo abituati a giudicare quello che non conosciamo. Il bello però è ricredersi. Io ho conosciuto una persona diversa da quella che viene mostrata in tv e adesso sono pronta a fare il passo successivo.»
Il giornalista strabuzza gli occhi portando una mano sul petto. All'inizio emette un verso strozzato, non sa che cosa dire. «È quello che penso?», guarda verso la telecamera poi ancora noi.
Annuisco. «In una delle nostre brevi vacanze ho chiesto ad Iris di diventare mia moglie e lei ha risposto di sì. Volevamo annunciarlo a tutti prima di convolare a nozze. Ci teniamo alla privacy ma non volevano al contempo creare pettegolezzi o voci sbagliate.»
Uno dei gestori dei social ci fa cenno di continuare. Le cose a quanto pare stanno andando bene. Il web è in visibilio. Ma non è lui ad interessarmi. Intercetto Issac, se ne sta seduto all'angolo del soggiorno con i suoi amici impegnati nella ricerca di Ellen che, a quanto pare sta assistendo a tutto. Qualcuno la sta aiutando a non farsi trovare ma il mio amico ci riuscirà, ne sono sicuro. È il migliore in queste cose.
Mi fa cenno di continuare, che manca poco per sapere dove si trova quella ragazza ed io allora ci vado giù pesante. Decido di passare in fretta al piano B facendo un breve segno con le dita ad Iris che, intuisce al volo.
«Amo Hunter ed è l'uomo della mia vita, l'unico. Non potevo di certo lasciarlo ad un'altra.»
Il giornalista piega la testa di lato. Non sa che cosa dire, continuano a riprenderlo mentre è in estasi. «A quando le nozze? Questo potete dircelo? Avremo l'occasione di un'altra esclusiva?»
Adesso sembra su di giri. Guarda la sua troupe, qualcuno gli fa il segno dell'ok, inducendolo a continuare.
«Cogliamo l'occasione per invitare i fan virtualmente e a voi fisicamente alle nostre nozze che si terranno a breve. Sarà una cerimonia intima e per poche persone ma visto che siamo sempre stati famosi, e che ci saranno giornalisti che tenteranno di entrare senza un invito, vogliamo concedervi le prime foto del nostro matrimonio.»
Spencer balza in piedi dalla poltrona. Batte le mani entusiasta. «Ma è fantastico! Ci saremo, non possiamo perderci questo momento per nessuna ragione al mondo.»
Torna a mettersi comodo, segno evidente che ha ancora delle domande da fare. Sono come gli avvoltoi. Non si fermano mai.
«E diteci, quando saranno queste nozze?»
Io e la mia compagna ci guardiamo. Sorridiamo e poi rivolgendoci al giornalista rispondiamo all'unisono. «Domani.»
Spalanca la bocca e gli occhi per poco non gli escono dalle orbite. «Do...domani?»
«Domani», confermiamo.
«Allora non abbiamo altro tempo da perdere. Chiudiamo subito la diretta, abbiamo un servizio del matrimonio del secolo da organizzare», si alza ancora come una molla, saluta i telespettatori e quando si diffonde un urlo e qualcuno dice: "stop", tutti iniziano a muoversi intorno a noi come falene impazzire, alcuni applaudono, altri si danno generose pacche sulle spalle più che soddisfatti.
Spencer, invece, si avvicina a noi. Sembra irritato. «Quando pensavate di dirmi la verità?»
«Era una sorpresa», replico asciutto.
«Una sorpresa?», non nasconde il suo dissenso. «Sapete che cosa significa?»
Mi avvicino a lui. «Non abbiamo bisogno di una tv per sposarci. Siete voi ad avere bisogno di noi per fare soldi. Sono sicuro che riuscirete ad organizzarvi in tempo. In fondo, avete a disposizione una grossa somma e il personale qualificato...»
Spencer avvampa. Apre la bocca come un pesce prima di tamponarsi la fronte togliendo il sudore.
«Bene. Domani ci saremo», balbetta.
«Sono sicuro che Nelson vi presenterà il piano previsto dalla nostra cerimonia per permettervi di trasmettere qualcosa come lo scambio delle promesse o degli anelli. Adesso con permesso», dico stringendo la mano di Iris, allontanandomi da lui il più in fretta possibile.
«Dovevi proprio trattarlo in quel modo?»
Mi fermo. «L'ultimo giornalista entrato in questa casa era falso e non mi piace parlare con loro. Travisano tutto quello che gli dici e aggiungono dettagli non descritti e spesso non veritieri.»
«Si, su questo hai ragione ma non avevi il diritto di trattarlo con sufficienza. Capisco il ruolo da padrone di casa ma non la maleducazione che hai dimostrato. Sbattergli in faccia che grazie a te avrà una bella vita? Davvero?»
Sollevo l'angolo del labbro. Come si fa a non amarla?
«Cercherò di essere meno burbero. Così va meglio?»
Mi guarda male spingendomi. Alzo gli occhi al cielo. «Voglio solo tenerti al sicuro, Iris.»
«Quell'uomo stava svolgendo il suo lavoro e tu l'hai trattato come se ti stesse vendendo. Devo ricordarti che è stata una nostra idea?»
Ha ragione. Come sempre non rifletto abbastanza. La mia impulsività creerà quasi sicuramente dei problemi, soprattutto a breve, quando ci ritroveremo faccia a faccia con Nolan.
Il pensiero mi fa irrigidire. Iris se ne accorge e stringendo la mia mano, con un sorriso dolce, mettendo da parte quello che ha provato poc'anzi, mi tira dietro di sé guidandomi fino alle scale. Saliamo in fretta e quando provo a fermarla lei mi si attacca addosso cercando la mia bocca. Il mio corpo si tende e si adagia alla sensazione di appartenenza spingendosi verso di lei che tenta di farmi rilassare.
«Una volta mi hai sollevata di peso e mi hai trascinata nella tua stanza come un sacco di patate», mugugna. «Adesso sono tua moglie e posso portarti io da qualche parte.»
«Mi ricordo i tuoi tentativi vani di fuga. Dove mi vuoi portare?»
Sorride in modo dolce. «Ovunque», esclama con entusiasmo.
Rido contagiato dalla sua allegria, le mordo poi il labbro. «Ovunque?»
Annuisce. «Posso portarti dove voglio. Così...», sussurra.
Si alza sulle punte dei piedi per raggiungere le mie labbra e mi bacia con delicatezza. Ed è come lo immaginavo mentre ce ne stavamo seduti a trattenerci dal toccarci, dal consumarci la bocca davanti a tutti. È l'incastro perfetto, unico, di un attimo che nasce da una semplice provocazione. Un gesto delicato, come una carezza sul cuore in grado di fare accelerare i miei battiti.
Apro la prima porta e lei si lascia guidare verso la parete dove la sollevo e continuo a cibarmi, ad alimentarmi della sua energia, del suo amore così intenso.
Mi stacco senza fiato con le labbra formicolanti. «Ovunque è un posto magnifico», mormoro.
Ridacchia. «Ti senti meglio?»
Lei riesce ad aggiustarmi dentro tutto quello si è rotto, dimenticato da un tempo che non lascia traccia ma che quando cambia si fa sentire con una fitta, un dolore improvviso a togliere il fiato. Lei riesce a fare entrare da quelle crepe luce intensa, mi riscalda il cuore senza mai chiedere niente in cambio. Se dovessi usare una parola per descriverla non saprei quale scegliere. Perché lei è tutto quello che ho sempre bramato pur non cercandolo apertamente. Lei è l'amore, quello vero, forte e rischioso che non smetterò mai di alimentare.
«Decisamente», ammetto con le guance e il corpo accaldato. «Anche se tra poco sarà tutto come prima.»
«Bene Brontolo, adesso andiamo.»
Usciamo dalla stanza e scendiamo di sotto. «Brontolo?»
«Come vuoi essere chiamato oggi?»
All'entrata troviamo Nelson ad attenderci ed evito di risponderle con una delle mie solite battute.
«Siete pronti?»
«No, ma mi fido di lei», dico indicando Iris che mi lancia uno sguardo complice e con un sorriso mi supera correndo dritta in auto.
Nelson mi posa una mano sulla spalla stringendola. «Ne è sicuro?»
«No, per niente. Ma lei ne ha bisogno ed io le starò accanto per sbattere in faccia a quel bastardo che sono ancora vivo e che non la lascerò per nessuna ragione al mondo.»
Nelson abbassa la testa in un cenno di assenso. «Faccia attenzione. Quel criminale potrebbe avere qualche asso nella manica. L'ultima volta è riuscito ad eludere la sicurezza.»
Aggiusto la giacca. «So come si gioca e posso farcela. Inoltre lui è dietro le sbarre io sono libero.»
«Affronterà l'uomo che l'ha pugnalata», dice con scetticismo.
«Non siamo ancora sicuri che sia stato lui. Era fuori dal carcere, non credo che avesse poi così tanta voglia di tornarci. Nessuno l'ha visto in volto quindi attualmente è accusato per altri crimini.»
«L'ha detto alla signora?»
«Non voglio causarle altro stress o metterle altri pensieri dentro la testa. Lo saprà quando avrò visto la reazione di quel bastardo.»
Nelson sembra preoccupato e non lo nasconde. A volte è troppo protettivo nei miei confronti e lo capisco. «Signore, dovrebbe dirlo alla signora Iris il prima possibile. Tenerle nascosto che con ogni probabilità non è stato accoltellato dal suo ex ragazzo non sarebbe...»
«Lo so», replico alzando il tono della voce per fermare la sua solita morale. «Dovevo dirglielo, proprio come dovevo dirle molte altre cose di ciò che abbiamo scoperto, come ad esempio che la sua amica andava a letto con il padre di Nolan. Ma non sarebbe giusto per lei in questo momento. Deve conoscere la verità, vedere con i suoi occhi. Capirà da sola perché l'ho fatto. Vedrai che non si arrabbierà.»
Nelson sembra sempre più contrariato. «Non pensa che così facendo potrebbe perderla?»
«No. Iris mi ama ed io amo lei. Io sto iniziando a capire lei e lei a capire me. Vuole incontrare il suo ex pazzo? Bene, le starò accanto e la proteggerò. Vuole affrontare la sua amica psicopatica e gelosa? L'aiuterò a farlo tenendola d'occhio.»
Non capisco perché adesso mi sta sorridendo. «Che c'è?», chiedo inarcando un sopracciglio.
«Non avrei mai pensato di dirglielo signore ma sono molto orgoglioso dell'uomo che sta diventando. La signora Ford è fortunata ad averla.»
«È ora di andare!»
Guardo Iris e Nelson mi spinge affettuosamente verso di lei che sta per ripetere la frase con impazienza.
La raggiungo in auto. Mi siedo accanto a lei e porto in grembo la sua mano aprendo un po' il finestrino per fare entrare l'aria.
«Lo so che c'è qualcosa», inizia guardando davanti a sé.
«Hai origliato la nostra conversazione?»
«No. Ti si legge a chiare lettere in fronte che mi nascondi uno o più dettagli, signore dei miei stivali!»
Sorrido. Come si fa a non esserne ammaliati e attratti? «Avremo modo di parlarne dopo questa breve visita.»
«Non vuoi anticiparmi qualcosa?»
«Vuoi davvero saperlo e rovinarti la sorpresa?»
Morde il labbro riflettendoci brevemente. «Probabilmente no. Dopo va bene.»
Si prepara mentalmente ad affrontare Nolan. L'avvicino a me. «Non sarai sola.»
«Lo so. È di questo che mi preoccupo», mostra i denti in una smorfia buffa poi torna a prendere piccoli respiri.
Quando arriviamo la vedo sempre più tesa.
Nelson si ferma nel parcheggio e quando apre le portiere ci avvisa che sarà qui ad aspettarci. Prima di seguire Iris mi augura buona fortuna.
Passiamo i controlli poi veniamo scortati in una sala simile a quella usata per gli interrogatori. Uno stanzino rettangolare dalle pareti metalliche di un grigio cupo in cui vi è un tavolo e delle sedie. Il silenzio è assordante.
Ci accomodiamo e attendiamo pochi minuti prima di vederlo arrivare.
Stento quasi a riconoscerlo. Ha il viso pieno di lividi e la guardia lo strattona legandolo con le manette ad un'asta posta sul tavolo.
Guardo Iris ma non sembra notare quello che sto vedendo io. Corrugo la fronte poi come un lampo mi balena un pensiero che si insinua troppo a fondo per poter essere strappato via. È stata lei a farlo ridurre in questo stato?
No, non ne sarebbe capace. È buona. Non lo farebbe mai.
A quanto pare però anche lei sta tenendo per sé qualche dettaglio. Usciti da qui ci toccherà parlare e affrontare tutto o non ne usciremo mai illesi o peggio: insieme. Il pensiero mi fa irrigidire.
Nolan appare sorpreso di vedermi, a tratti terrorizzato di trovarci qui e non in una comune sala d'incontro con i detenuti. Sì sente braccato, colto in flagrante.
«Perché siete qui?», pone infatti la sua prima domanda con voce bassa.
Lascio parlare Iris tenendomi a distanza prima la rabbia mi appanni e che possa colpirlo riempiendolo di botte; l'istinto è quello da diversi minuti ormai, da quando è entrato non faccio che pensare a come distruggerlo.
«Dobbiamo parlare», dice mantenendo un tono di voce neutro Iris.
Nolan guarda prima lei intensamente poi i suoi occhi si posano nei miei, mi scrutano e si spalancano impercettibilmente. «Sei ancora vivo...», soffia sbuffando.
Iris drizza la schiena. «Si, lo è per fortuna.»
Lui indurisce i lineamenti, guardandola come se potesse farla a pezzi da un momento all'altro.
Lo tengo d'occhio e fremo dalla voglia di replicare ma non posso, ho dato la mia parola ad Iris.
«Doveva morire», ringhia. «Sarebbe stato più facile.»
«E tu dovresti essere ancora in isolamento», risponde secca e in fretta attaccandolo. «Ma ti ho permesso di prendere aria.»
Nolan si irrigidisce. «Non lo sono. A proposito grazie per i ricordi che mi hai fatto lasciare.»
Lei sorride mettendosi comoda contro lo schienale della sedia. «Credi che ti avrei fatto lasciare un solo occhio nero? Sai che ti avrei fatto ammazzare se avessi potuto. Ma vederti solo è più soddisfacente.»
Corrugo la fronte. Che cosa sta succedendo? Non è stata lei?
«Non sei stata tu?», Nolan tira su con il naso e piegandosi in avanti si gratta il mento a stento, visto che è legato.
«No. L'isolamento già bastava e avanzava. Ma sono contenta, hanno svolto proprio un ottimo lavoro. A chi hai fatto incazzare?», sorride perfida.
In questo istante davanti a me ho un'altra ragazza. Una persona che sta nascondendo la sua paura, le sue fragilità dietro quel muro di indifferenza che potrebbe essere abbattuto in un solo colpo.
«Quindi se non sei stata tu...»
Lei abbassa il viso verso di lui. «Chi potrebbe essere stato? Hai qualche nemico qui dentro?»
Lui si tira indietro. Ghigna. «Non ci casco. Ecco perché siete qui.»
«Nolan, devi dirci dove si trova. Basta mentire. Sappiamo che sei stato tu», lo prende in contropiede per vedere come reagisce ma lui non sembra minimamente preoccupato.
Continua a sorriderle, a fissarla intensamente e a desiderarla.
Sento un certo fastidio ma non mi stacco dal mio angolo. Mi mantengo a distanza prima di mandarlo in ospedale privo di sensi. Mi sono alzato proprio per evitare di avventarmi contro di lui.
«Io? Da qui che cosa potrei mai fare?»
«Smettila di mentire e dimmi che cosa è successo quella notte. Sai che posso farti diminuire la pena o addirittura uscire con una semplice cauzione da pagare.»
Nolan serra i denti. «Iris, Iris...», cantilena leccandosi le labbra. «Se vuoi parlare con me e vuoi la verità ti toccherà cacciarlo fuori», adesso mi guarda sorridendo.
Lei si volta. Io nego. «Scordalo. Io me ne starò qui. Non vuoi parlare? Non sarò io ad abitare in una stanza imbottita per il resto della vita. Senza visite, senza riviste...»
Nolan stringe i pugni tirando le manette dalla sbarra. «Se avessi avuto quel coltello in mano saresti morto e non saresti di certo qui davanti a prenderti beffa di me.»
Guardo Iris per darle la prima risposta che tanto stavamo cercando e anche la prova che il mio piano sta funzionando. Non è stato lui. Nolan non era nei paraggi quella sera. Era da qualche altra parte, forse a cercare Ellen. Quindi deve essere stato qualcuno con un conto in sospeso nei miei confronti. E chi se non proprio Ellen?
Presumo sia vicina abbastanza da potere scappare e sparire in fretta. È sempre tutto sotto agli occhi. Solo che non ce ne accorgiamo e ce lo facciamo sfuggire.
Nolan si accorge del passo falso. «E tu saresti di nuovo mia», continua fingendo di non avere rivelato niente di importante.
Iris torna a guardarmi di sbieco. So a cosa sta pensando. «Già che ci sei perché non le dici chi mi ha accoltellato al posto tuo? Hai paura?»
Lui mi guarda con disprezzo. «Sei sempre stato un bastardo, Hunter. Non meriti niente di quello che hai.»
Mi stacco dalla parete avvicinandomi alle spalle di Iris. Poso i palmi su queste guardandolo con sfida. Lui si è già irrigidito. «Eppure io ho tutto. Tu che cosa hai? Solo una stanza fredda, silenziosa...»
Iris si irrigidisce quando Nolan si agita e si sporge in avanti rabbioso. «Lei non sarà mai tua!»
«Davvero?»
Dilata le narici. I suoi occhi passano da me a lei. «No...», sussurra tremando. «No, no», si agita. «Non l'hai fatto...», continua muovendosi sulla sedia. «Non l'hai fatto davvero», balbetta.
La guardia non sa se intervenire ma gli faccio un cenno e si trattiene.
Iris piega la testa di lato. «Fatto che cosa?»
«L'hai sposato?»
«Dipende. Mi dirai se è un problema?»
«Lo è, cazzo! Tu non dovevi! Non puoi!», urla guardandosi intorno come un pazzo. «Ti sei cacciata in un grosso guaio, piccola. Dovevi restare con me, al sicuro.»
Fremo e stringo la mano sulla sua spalla. Lei posa il palmo sulla mia ed allento la presa. «Al sicuro con te? Dopo quello che mi hai fatto? A che gioco stai giocando? Dici che mi sono cacciata in un guaio. Non vedo come...»
«Lei ti farà a pezzi!»
Iris trattiene il fiato. Anche io.
«Lei?»
Nolan annuisce. «Adesso lasciatemi in pace. Avete avuto quello che volevate.»
«No. Aspetta!», strilla Iris. «Non sei stato tu ad accoltellare Hunter. È stata lei? Quindi è qui da qualche parte?»
Nolan richiama la guardia. «Buona fortuna, tesoro!», le sorride poi guarda me. «Se solo le torce un capello ti faccio a pezzi.»
Detto ciò, se ne va trascinato dalla guardia, lasciandoci inebetiti.
Perché mi ha appena minacciato. Quella ragazza è davvero una minaccia per Iris?
Quest'ultima si alza iniziando a camminare avanti e indietro come se si sentisse braccata. «Non è possibile. Lui deve avere un valido motivo se ha preferito tornare in isolamento.»
Annuisco. «Ci servono più informazioni per chiudere questo quadro. Ti concedo di parlare con lui da sola ma io starò dietro quel vetro e guai a te se ti avvicinerai o se lui oserà toccarti.»
Dopo qualche minuto chiediamo alla guardia di riportarlo nella stanza ed io passo in quella adiacente dove assisto dalla finestra a specchio alla conversazione tra Nolan e Iris.
Quando rientra sembra sorpreso anche se non molto contento. «Dov'è andato?», chiede guardandosi intorno.
«Dobbiamo parlare e tu devi smettere di dirmi le cose a metà. Vuoi uscire da qui? Bene, dimmi quello che sai. Se non sei stato tu perché nasconderlo e passare dei guai al posto di chi al contrario dovrebbe essere punito?»
Lui nega con un verso della lingua picchiettata tra i denti. «Non fai tu le regole qui.»
«Dimmi quello che vuoi», risponde prontamente lei.
Mi agito camminando avanti e indietro. Farà qualcosa di assurdo, di insensato, lo sento.
«Per un bacio ti dirò quello che ti serve.»
Lei esita. «Trova qualcos'altro da chiedere. Io non sono una merce di scambio e lo sai. Sei anche in svantaggio visto che mi hai sempre fatto del male e posso trattenerti qui dentro con qualsiasi cosa che ho per annientarti in tribunale.»
Gli occhi di Nolan si fanno distanti. «Dovevi restare con me o...»
«O? Continua? Lei che cosa ti avrebbe fatto?», lo incita, lo stuzzica continuando a porgli la stessa domanda fino a portarlo all'esasperazione.
«Smettila!», urla.
«Che cosa ti avrebbe fatto?», lei alza di nuovo il tono.
«Mi avrebbe fatto ammazzare e ti avrei perso.»
Iris prende un respiro. Anch'io lo sto facendo più che a fatica. «Quindi mi stai dicendo che a manovrare questo gioco è sempre stata lei?»
Nolan non nega ma neanche conferma. «Quella puttana», sibila invece a denti stretti. «Doveva essere solo un gioco», sussurra.
Alterna momenti di silenzio a momenti di loquacità, attimi in cui sorride ad altri in cui sembra assente. L'isolamento non giova su di lui ma c'è dell'altro, qualcosa che ad impatto nessuno nota. Nolan ha un disturbo, deve essere curato.
Mi avvicino alla porta, pronto a mettere fine a questo incontro.
«Nolan, se vuole uccidermi devi dirmelo. Devi dirmi dove si trova.»
«Io... non volevo farti del male», scuote la testa. Abbassandosi nasconde il viso tra le mani. «Non volevo fare esplodere la tua casa. Ma lei...»
«Lei cosa? Parla?», sbotta inquieta.
Lui non replica e la guardia li interrompe. Mentre si alza la guarda ancora con quel sorriso da pazzo. «Non ti avrà mai... non sarai mai sua.»
È tutto quello che riesce a dire prima di uscire dalla stanza.
Corro subito da Iris che si lascia abbracciare scivolando quasi a terra e la stringo contro il mio petto. «È un fottuto scherzo del destino. Lui è un bastardo psicopatico e lei una stronza codarda. Voglio andare a casa. Basta.»
Quando un oggetto si rompe in seguito ad un forte urto, non torna più come prima, non si aggiusta. La fiducia è come un filo sottile, può strapparsi in un attimo.
Ci sono rapporti destinati a crollare. Storie in cui servono delle dimostrazioni che non sempre arrivano o che se arrivano sono quelle sbagliate. Ma solo perché una cosa si rompe non significa che si deve buttare tutto il resto. Bisogna fare tesoro di quello che succede nel quotidiano, prendere consapevolezza del fatto che non sempre gli altri sono disposti a volerci bene. Bisogna sapere andare avanti e offrire un pezzo tagliente del nostro cuore solo a chi lo vuole, solo a chi non ha paura di ferirsi.
Le bacio la testa in un gesto protettivo. «Si, andiamo.»
Non oso dire altro mentre usciamo dal carcere e raggiungiamo l'auto in cui Nelson ci attende.
Lui nota dai nostri visi che qualcosa deve essere andato storto e non pone alcuna domanda. So che più tardi io e lui parleremo da soli.
Iris appoggia la guancia sulla mia spalla. Le accarezzo la testa, le circondo con un braccio il fondoschiena. «Mangiamo un gelato?»
Solleva il viso e sta piangendo. Non l'ho mai vista tanto fragile quanto lo è in questi giorni. «Doppio cioccolato fondente con aggiunta di m&m e pistacchio?»
Tira su con il naso ed io prendendo un fazzoletto glielo faccio soffiare come una bambina. Le sfugge un sorriso quando arriccio il naso, pensa a chissà che cosa e nasconde il viso nell'incavo del mio collo. «Solo se ci aggiungi anche un po' di scaglie al cocco e un cookie.»
Guardo Nelson. «Hai sentito la signora, fermati nella prima gelateria aperta oppure passa direttamente da Crystal.»
«Possiamo portarlo a casa? Non mi va di vedere nessuno.»
«Si, certo.»
Dopo avere preso il gelato, arriviamo alla villa.
Iris si stende sul letto della mia vecchia stanza ed io dopo avere congedato Nelson e fatto arrivare le guardie, compreso Denver, per controllare che nessuno tenti di farci del male, chiudo la porta e mi siedo accanto a lei con la confezione di gelato. Gli passo il cucchiaio ed inizia a mangiare più che assorta.
Spesso pensiamo di essere gli unici ad avere paura. Paura di essere toccati, paura di un abbraccio, paura di uno sguardo, paura di trovarsi in un luogo pieno di gente o peggio, in un luogo dove il silenzio è l'unico rumore assordante presente. Ma non siamo soli. La paura si annida dentro il cuore di ogni persona. Abbiamo paura di fare cose semplici ma affrontiamo con le unghie e con i denti gli ostacoli più grandi. Inciampiamo, ci perdiamo in un attimo perché siamo fragili, siamo insicuri. Ma non siamo soli.
Lei non è sola.
Apro la bocca per parlare e lei mi infila una cucchiaiata abbondante di gelato. «Mi si congelerà il cervello così», biascico.
Passa il dito all'angolo della mia bocca. «Possiamo parlarne?», domanda insicura.
«Dimmi la tua teoria.»
Appoggio bene la schiena contro la testiera del letto e attendo.
Caccia in bocca un cucchiaio di gelato riflettendo. «Se c'è Ellen dietro tutto questo, qual è stato il motivo scatenante?»
«Potrei essere io o tu... non lo sappiamo ancora. Lo scopriremo presto, non credi?»
Morde il labbro. «Non capisco. Perché avercela con me? Perché? Non credo di avere fatto chissà che cosa in passato o che sia solo per te. Nolan ha ripetuto di nuovo quella frase: "Non ti avrà mai... non sarai mai sua" se non erro.»
«Già. Ho il sospetto che fosse riferito proprio a causa di Ellen. Nolan ci ha nascosto qualcosa ma ci ha anche rivelato che dietro tutto c'era lei. Adesso possiamo prenderla in contropiede.»
«Nei sei sicuro?»
«No. Il bello è proprio questo. Ci toccherà rischiare.»
Sospira rannicchiandosi tra le mie braccia dopo avere posato la vaschetta di gelato sul comodino. «Tra poco ci separeremo.»
Le sfioro la guancia. «Le tradizioni sono tradizioni.»
«Non voglio dormire da sola in questo letto.»
Sorrido come un bambino. «Chi ti ha detto che non sgattaiolerò qui di notte per dormire un po' con te?»
«Dobbiamo proprio stare qui alla villa?»
«Sai che ci verranno a prendere con la forza sé scappiamo da qualche altra parte. Domani è il grande giorno. Sono tutti in fermento, soprattutto le mie nonne e mia madre.»
Lei sorride abbassando gli occhi. «Non dimenticarti della mia e di Max. Spero inoltre che la mia pianta sia ancora viva o chiederò il divorzio in diretta nazionale dopo qualche minuto.»
Rido. «'Bestiolina' sta più che bene nel mio appartamento. Non hai avuto fiducia in me quando l'ho comprata ma quella piantina è in ottima forma.»
Inspira piano. «Quella piantina ci ha fatto conoscere», adesso sorride.
«E ci sta facendo anche sposare per la seconda volta.»
La vedo spenta e mi fa stare male. Vorrei fare di più per lei. Vorrei tanto aiutarla.
Arriva un momento in cui capisci che lottare a volte non fa bene, specie se l'hai fatto per tutta la vita da solo. Arriva il giorno in cui per potere andare avanti devi metterci sopra una montagna e non più una piccola pietra che potrebbe essere lanciata. Arriva il momento in cui bisogna amarsi, prendersi cura del proprio cuore perché nessuno sarà mai in grado di ripararlo al posto tuo. Arriva il momento di capire, di lasciare perdere.
Per Iris non è ancora quel giorno ma lo sarà presto. Perché prima o poi arriva il momento, difficile e doloroso, di andarsene, di cercare davvero la felicità altrove.
«Quando finirà tutto questo, io e te ce ne andremo», le sussurro.
Solleva lo sguardo con una tristezza che mi disarma ma annuisce, seppur con poca convinzione. «Solo io e te?»
Confermo con un breve cenno del capo. «Si. Solo noi due.»
Si morde l'interno di una guancia leccandosi il labbro inferiore. «Credi che andrà tutto bene?»
Alzo le spalle. «Del futuro non abbiamo mai certezza. Quello che possiamo fare è costruire il presente in modo positivo, circondandoci solo di cose che ci fanno stare bene.»
Alza il viso. «Tu mi fai stare bene.»
L'amore non puoi spiegarlo. Ti regala felicità, ti lascia un segno. Ti spoglia dai dubbi, ti riempie di paure. Per una volta però bisogna lasciarsi andare, fermarsi, alzare la bandiera bianca ed accettare di essere fregati. Non importa quanti lividi, quante delusioni riceverai, questo fa parte del gioco, fa parte di tutta una serie di attimi, istanti che meritano di essere vissuti sia nel bene che nel male.
Il sorriso che mi provoca potrebbe illuminare tutta la città. Mi sono perso nei suoi occhi, ho trovato rifugio nei suoi abbracci, pace nei suoi baci. L'ho incontrata per caso e per caso ho iniziato ad amare.
«Tu mi rendi felice.»
♥️
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