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IRIS

Quando sei fragile e non te lo perdoni. Quando ti spezzi e non puoi più riaggiustarti. Quando non hai la forza di perdonare perché ami così tanto e senza riserve da accantonare il tuo cuore per proteggere quello degli altri. Quando sai di dovere sorridere di più ma non ne hai la forza perché devi impegnarti a rialzarti e devi superare ancora altri ostacoli. Quando ti dicono che andrà bene ma tu non ami attaccarti alla speranza perché è illusoria e allora ti rimbocchi le maniche e ti rialzi. Perché ti pieghi ma non ti spezzi. Perché sei fragile dentro ma devi essere forte all'esterno.
Di notte si percepisce il frastuono di un cuore in tormento, quel lento scorrere del tempo e il brusio che preannuncia l'ansia, quei pensieri che disturbano il sonno, il silenzio. Di giorno invece bisogna nascondere tutto, andare avanti tenendo a freno quei sentimenti che rischiano di stravolgere ogni cosa. Bisogna fingere di stare bene.
«Dove stiamo andando?», chiedo lasciandomi guidare lungo le stradine che conducono verso la spiaggia.
Osservo le palme che se alzi la testa le loro foglie fanno da cornice al cielo, il bordo dell'enorme marciapiede circondato da una ringhiera di gesso che conduce ad una scalinata in pietra liscia. Questa porta dritta in spiaggia. Gli ambulanti fermi e pronti a vendere la loro mercanzia ai turisti. Un palloncino ad elio a forma di cuore appena liberato nel cielo. E poi ancora un camioncino dei gelati, di chi fa degli ottimi panini e di chi vende granite e bevande per rinfrescarsi.
«So che odi le sorprese ma fidati di me», replica prontamente Hunter stringendo la presa sulla mia mano.
Sembra tanto nervoso. Non lo vedo così da un po' di tempo e la cosa mi insospettisce.
Raggiungiamo la spiaggia e proseguiamo verso la scogliera dove si intravede il tetto della mia villa circondato da un cielo che non sa se essere colorato da pennellate di luce e colori o da chiazze grigie dovute alle nuvole che tentano di macchiarlo.
Mi fermo e lui per poco, per distrazione, non mi strattona proseguendo. Si ferma all'istante, mi guarda cercando di capire il mio umore, di anticipare una mia possibile mossa. Sono guardinga e incredula e la sensazione che mi trasmette la vista del posto in cui ho vissuto per qualche anno, prima che mi fosse strappato via, mi fa stare male.
«Che ci facciamo qui?»
«Vieni con me», mi fa un cenno con la testa e speranzoso attende che io mi muova, che lo segua fidandomi di lui.
Ma non è questione di fiducia. Non è cedere. È sapere essere coraggiosi, affrontare qualsiasi cosa pur nel dubbio.
In questo istante i miei piedi si rifiutano di collaborare. Deglutisco ed evitando di fissare ancora il tetto intravisto tra gli alberi, mi lascio accompagnare proprio verso la mia villa ormai distrutta.
Non è cambiato niente dall'esplosione, eccetto quei ponti che sono stati montati per la ricostruzione, anche se ancora i lavori non sono stati avviati per ovvie ragioni. Non sono sicura di volere rivedere questo posto in piedi. È caduto giù così tanto facilmente da sembrare un castello di carte.
«Fa attenzione», mi dice portandomi sul retro, superando quei pezzi di vetro che nessuno ha ancora osato togliere.
Mi rivedo seduta in veranda sotto il sole con un libro sulle gambe, un bicchiere di spremuta e il suono dei gabbiani in lontananza a tenermi compagnia. Mi rivedo al tramonto di fronte alla finestra ad osservare la spiaggia con la mano sulla spatola per rigirare gli hamburger nella padella. Mi rivedo nel mio studio, immersa nel lavoro, nel mio progetto crollato e distrutto in mille pezzi. Mi rivedo in troppe cose e mi sento male. I miei occhi vagano ovunque smarriti riempendosi di ricordi, di amore e di tanta sofferenza da non riuscire a contenerla. Mi sembra ieri quel brutto momento. Adesso però che so e ho la certezza che la mia amica è ancora viva, non posso non pensare che possa essere stata lei ad obbligare Nolan a fare una cosa tanto orribile. Ma Nolan d'altra parte non si sarebbe mai fatto comandare, soprattutto da Ellen. La riteneva una stronza, un'opportunista. Sapeva queste cose perché la conosceva? Ha dato fuoco alla mia casa provocando l'esplosione perché era stata lei a dirgli di mirare al mio cuore? Si vedevano di nascosto per escogitare qualcosa alle mie spalle?
Ho così tante domande da vivere ormai nel dubbio. So solo di non potermi fidare di quei due. In realtà non posso fidarmi neanche del mio istinto. Ho vissuto un momento difficile e adesso che dovrei uscirne ed essere felice, subentrano altri problemi, altre questioni da risolvere. Avrò mai pace?
Mi blocco quando Hunter lascia la mia mano. Mi sento abbandonata. Una sensazione orribile in questo istante tanto forte da volere scappare.
Davanti a me si para la mia serra, quella che stavo costruendo tempo addietro in quello che sarebbe stato il mio meraviglioso giardino. Ricordo perfettamente la disposizione di ogni pianta che avrei voluto sistemare intorno allo steccato e poi ancora la piccola piscina che avrei voluto fare costruire a poca distanza dalla palma.
«Pensavo di fare un picnic lì dentro. Che ne dici?»
Stringo le dita dietro la schiena come una bambina sul punto di mettersi a piangere disperata. «Quando?»
Gratta la tempia. «Ci ho pensato questa notte. Mi sembrava un'idea carina all'inizio mentre adesso che ti guardo sento di avere commesso uno stupido errore.»
Ammiro la mia serra a forma di mezza sfera dove all'interno sono presenti le mie piante e al centro un telo a scacchi rosso e bianco, un cestino di vimini dalla quale esce una baguette e all'interno si intravedono dei contenitori, poi due bicchieri e una bottiglia di champagne di fianco insieme ad una scatola di dolcetti dall'aspetto colorato e invitante.
Apro e richiudo la bocca un momento. Non so che cosa dire. «Dobbiamo parlare, non è vero?»
Fa una breve smorfia. «Non ti sfugge proprio niente.»
Abbasso le spalle avvicinandomi a lui, lasciandomi abbracciare. Il suo profumo mi calma e so che accanto a lui non devo temere. «Posso almeno ringraziarti prima?»
«Non ho fatto...»
Stringo il suo viso e avvicinandolo al mio lo bacio tappandogli la bocca. «Hai fatto un bel gesto, grazie.»
Sorride strizzandomi la guancia. Lo spingo e corro verso la serra sedendomi sul telo più che emozionata.
Hunter mi raggiunge guardando ogni pianta, annusando l'aria e poi preparandosi a dirmi la verità. Non siamo qui per un semplice picnic, siamo qui per qualcosa di diverso.
«Non so da dove partire ma so di non volere avere dei segreti con te. Ti ho promesso di essere sincero e lo sarò. Adesso però ti prego di ascoltarmi e di non reagire male per quello che sto per dirti. Spero che affronteremo tutto in maniera matura e senza drammi o allarmismi.»
Trattengo il fiato. «Fammi bere prima», riempio due bicchieri di champagne e con una certa fretta ne mando giù uno. «Bene, procedi.»
Sorride bevendo un sorso del liquido dentro il suo bicchiere. Sembra nervoso e mi avvicino a lui appoggiandomi con la schiena contro il suo petto. In questo modo non dovrà guardarmi negli occhi e riuscirà a dirmi quello che lo tormenta.
Circondo con le sue braccia il mio petto osservando il panorama fuori dalla porta della serra.
L'ho costruita con delle finestre posizionate in punti strategici per potere ammirare ogni angolo di questo bellissimo spazio incontaminato. Dalla porta si intravede il mare, parte della spiaggia e della città che mi ha regalato tanto.
Qui dentro c'è odore di terra, di aloe e di fiori secchi.
Un po' mi dispiace di non essermi presa cura del mio ambiente ma non so se lo sento ancora mio. Ci sono cose che quando vengono toccate da altri cambiano aspetto ai nostri occhi.
«Che succede?»
«Ho incontrato Issac, per questo ero in boxer quando ti sei svegliata.»
Si ferma, forse si aspetta che io reagisca male ma non lo faccio. Avevo intuito. «È venuto a trovarti?»
«È venuto per metterci in guardia, Iris.»
Mi giro per qualche istante. «In guardia? Che cosa ha scoperto?», nella mia voce esce fuori lo sgomento.
Ormai mi aspetto il peggio. Non so neanche che cosa significa sentirsi bene.
I suoi occhi si posano nei miei poi sfuggono come un lampo. «Dobbiamo fare attenzione. Tu devi farne molta di più.»
«Perché?»
«Ellen», sussurra in un basso ringhio.
Corrugo la fronte. «Issac ha scoperto qualcosa su di lei? Spiegami», adesso mi agito.
Se ne accorge e mi stringe. «Ho visto un video. Prima di raccontarti tutto ti va di rispondere ad una domanda?»
«Si», dico titubante.
«Ellen si procurava i soldi andando a letto con uomini sposati?»
Spalanco gli occhi. Non mi aspettavo una domanda del genere da parte sua. Deve esserci una spiegazione in merito, spero. «Che cosa? No, lei...»
Lei cosa? In fondo credo di non averla mai conosciuta per davvero. Passo la mano sulla fronte. «Non lo so. A volte aveva bisogno di soldi ma escogitava sempre qualcosa per farseli prestare da me parlandomi del suo nuovo progetto fino allo sfinimento. Poi però quando glielo chiedevo mi diceva che non era andato in porto e non mi restituiva mai niente.»
«Usciva con un ragazzo? Si vedeva con qualcuno?»
Nego. «Non si affezionava mai ai ragazzi, si annoiava facilmente e ambiva sempre a persone che...», sbianco.
Hunter se ne accorge. «Che? Continua!»
«Ellen aveva una fissazione per te», dico guardandolo.
Come ho fatto a non tenere a mente questo dettaglio importante?
Gonfia il petto. «È proprio di questo che voglio parlarti... ma prima devo capire quello che sai davvero su di lei.»
«Non diceva mai la verità. Usciva di notte e tornava all'alba, a volte mi chiamava dopo ogni appuntamento fallito raccontandomi i retroscena delle sue notti passate. Non abitavamo insieme. Lei non era umile e preferiva tutte quelle cose noiose da gente ricca. Questo potrebbe essere d'aiuto?»
Nega con un breve cenno della testa. «No, cioè forse. Issac mi ha mostrato un video di Ellen in un locale intenta a ballare su un cubo per dei ragazzi ubriachi», valuta la mia reazione prima di continuare. «Poi si è appartata con un uomo sposato.»
Mordo il labbro. «E si spiegano le sue uscite di notte, le sue continue richieste, i suoi finti progetti. A che cosa gli servivano quei soldi?»
Hunter storce le labbra. «Pensiamo che la tua amica avesse da tempo un piano ben elaborato. Magari quei soldi le sarebbero serviti per vivere lontano da qui durante la sua fuga», mi dice.
Il suo discorso non fa una piega ma ci stiamo basando su delle supposizioni.
«Oppure quei soldi le servivano per pagare qualcuno o qualcosa. Ricordiamoci che faceva spesso uso di sostanze e conosceva tipi loschi.»
Hunter riflette su questo ma non ne è convinto. «Iris, è stata proprio Ellen ad inviare quella microcamera nei fiori di Nolan e non puoi immaginare la reazione che ha avuto quando ci ha visto insieme e ha capito che non stavamo affatto giocando.»
Sembra allarmato. Forse anch'io lo sono adesso. «Alla festa l'hai rifiutata. Ad Ellen non si dice mai di no. Che cosa ti aspettavi?»
«Possiamo sempre organizzare qualcosa», propone.
«Incastrarla? È furba. Non sappiamo neanche dove si trova.»
Nasconde il viso nell'incavo del mio collo. «Per ora. Issac la troverà e riusciremo ad incastrarla.»
«Sei così sicuro di poterci riuscire?»
Mi dà un bacio sul collo. «No, non ho nessuna certezza. Voglio solo tenerti al sicuro e lontana da lei. È arrabbiata con te ed è pericolosa.»
Mi piace quando mi protegge ma ho ancora la paura addosso di perderlo.
«Ho rubato il suo premio», dico mesta indicandolo.
Mi solleva il viso tenendomi per il mento. «E mi hai persino sposato e fatto innamorare», solleva entrambe le sopracciglia.
Nascondo un sorriso. Non è il momento di scherzare sopra queste cose. «Ellen è un pericolo ma non capisco ancora il ruolo di Nolan in tutta quanta questa storia. Perché farmi la corte? Perché mettersi con me per poi trattarmi male? Perché reagire in quel modo? Io... sono molto confusa. C'è proprio qualcosa che non torna.»
Mi scruta con attenzione. In questo momento sta leggendo ogni mio pensiero. Sa che non sono solo confusa.
«Non andrai da lui.»
Provo a replicare. Come diavolo ha fatto a capire?
«No. Non tornerai in carcere da lui. Escogiteremo un piano. Adesso dobbiamo solo aspettare notizie da Issac e nel frattempo pensare a qualcosa.»
Lo abbraccio. «Se solo riuscissi a parlare con Nolan potrei scoprire...»
«NO!», replica basso, roco, di getto.
Mi tremano le gambe. «Hunter...»
I suoi occhi si fanno scuri. Il suo viso si contrae in una smorfia accentuando i suoi lineamenti facciali. «Tu non andrai in quel posto da quel pazzo. Intesi?», alza il tono della voce.
Non avevo mai visto Hunter tanto arrabbiato e cocciuto. Soprattutto spaventato.
Sospiro. «Perché?»
«Perché sei buona.»
«Credi che rivedere Ellen mi farà ammorbidire? Credi che quattro anni di inferno si dissolveranno così facilmente? Devo ricordarti che sono stata accusata ingiustamente della sua scomparsa, che sono stata additata come un'assassina, come un'amica gelosa? Hunter, io ho bisogno della verità. Se proprio non vuoi lasciarmi andare da sola, vieni con me. Facciamo tutto insieme.»
Ci pensa un momento ed io gli massaggio le spalle. «Insieme», ripeto per convincerlo.
Sfioro la punta del suo naso con il mio. «Non voglio farmi abbindolare. Per questa ragione ti voglio accanto a me. Non possiamo aspettare che Issac trovi da solo Ellen. Si è nascosta bene per quattro anni, non può farsi scoprire così facilmente proprio adesso. Lei sta giocando e noi dobbiamo avere una strategia prima che possa sferrare la sua mossa», stringo le dita sul suo viso sistemandomi a cavalcioni.
«Tu non mi conoscevi?»
La sua domanda mi coglie impreparata.
«Sei cambiato e non hai più permesso a nessuno di intervistarti per qualche anno, quindi non ti ho più visto in quelle copertine che Ellen amava mettere dentro il cassetto. Ma parlava di te quindi sapevo qualcosa sulla tua famiglia.»
Crede nelle mie parole. «Amo te non lei, ricordalo quando saremo davanti a lei e tenterà di dividerci.»
Mi avvicino alle sue labbra. «E tu ricorda che ho scelto te tra miliardi di persone.»
«Nonostante i difetti», conferma.
Annuisco. «Si. Nonostante il tuo brutto carattere.»
«Nonostante le mie origini», aggiunge.
«Nonostante il tuo generoso conto in banca che a me non è mai importato perché ne ho già uno.»
«Nonostante i miei strani modi di fare, nonostante i miei piani e quelli di mio nonno...»
«Si, nonostante la tua famiglia. E si, tutto di te.»
Gioca con le mie labbra ed io sfuggo al suo bacio alzandomi. Mi avvicino ad una pianta di aloe e ne sfioro le foglie. Tocco il ripiano dove avrei dovuto lavorare.
Mi fa rabbia sapere che è tutto distrutto. Che non mi rimane niente se non questo pezzetto di terra che non sarà mai fertile.
«Iris, tutto bene?»
Sto tremando, me ne rendo conto solamente ora. «Possiamo allontanarci da qui?»
Si solleva di corsa. «Si, ma spiegami che ti succede?»
«Non voglio stare qui. Penso proprio che venderò questo posto», dico stridula stringendo le braccia intorno al busto, uscendo in fretta fuori dalla serra.
Hunter mi segue. «Aspetta», mi dice.
Mi fermo e mi volto. Lui mi raggiunge svelto. «Perché vuoi vendere la tua casa?»
«Non lo è più da quel giorno. Io non voglio stare in un posto che mi faccia ripensare continuamente quello che ho vissuto. Voglio sentirmi davvero a casa.»
Esita poi prova ad abbracciarmi. Mi divincolo. Forse lo ferisco con questa mia reazione ma non voglio sentirmi così fragile e indifesa. «Non farlo», gli punto il dito contro. «Non compatirmi. Voglio solo andare avanti e per farlo devo lasciare tutto alle spalle. Compresa questa casa. Per quanto io ami questo ambiente... non potrei mai più viverci.»
«E la serra?»
«Posso smontarla e portarla dove voglio.»
«Iris ne sei sicura?»
Dentro di me non sono mai sicura di niente ma all'esterno devo ostentare una sicurezza che non mi appartiene. Pertanto glielo confermo. «Si», mi volto e fisso lo scheletro di quello che un tempo era la mia casa. «Mi piaceva stare qui ma se dovessi tornare a viverci, starei solo male. Avrei gli incubi. Ed io voglio smettere. Perché quando stai male il dolore poi diventa una dipendenza. Io voglio sorridere e sentirmi in pace.»
«E dove vuoi stare? In quella...»
Lo fermo prima che possa ferirmi involontariamente. «Scatola da scarpe. Esatto. È casa mia adesso», dico intestardita. «Quella piccola casa mi ha accolta quando non avevo un posto dove stare e...»
Soffia aria calda dal naso. «E la mia? Hai mai pensato a quello che voglio io?»
Mordo il labbro. Sapevo che prima o poi ne avremmo discusso. Sapevo che mi sarei sentita egoista e patetica. «Ti avevo detto che...»
«Si, lo so», sbotta irritato.
«Allora cosa?», domando stizzita.
Perché si sta arrabbiando?
«Niente», pesca il telefono dalla tasca allontanandosi un momento per rispondere.
Scuoto la testa delusa dal suo comportamento e mi incammino verso la spiaggia. Tolgo le scarpe lasciando le mie impronte lungo la riva, lasciandomi attraversare dalle lievi onde che raggiungono i miei piedi ad intermittenza.
Sollevo il viso tenendo le mani sulla nuca sentendo l'acqua fredda abbattersi sulla mia pelle. Inspiro riempendo i polmoni di aria salmastra e lascio uscire il fiato.
Gioco con un sassolino poi mi volto e lui mi sta raggiungendo.
Capelli scossi dalla lieve brezza, camicia sbottonata sul davanti, jeans stretti. Anche lui ha tolto le scarpe.
«Era Issac.»
«Ancora niente?»
«Non ancora», conferma guardando l'orizzonte. «Prima non volevo reagire male.»
Nella vita ho solo trovato persone che mi hanno delusa, derisa, umiliata, calpestata. Persone che non hanno notato le mie lacrime, le mie crisi silenziose. Persone che hanno fatto leva sulle mie debolezze. Persone che hanno aperto vecchie e nuove ferite lasciandomi sanguinante, inerme. Nessuno si è mai fermato a chiedermi come sto o come mi sento. No. Tutti a pretendere un pezzo del mio tempo, del mio spazio, del mio cuore, della mia vita senza darmi niente in cambio. Adesso però c'è lui, il ragazzo che amo. Da quando lo conosco non ho più paura di mostrare i miei difetti perché lui mi vede, lui sa che esisto. Sa che ho questi enormi blocchi che con il tempo forse andranno via o forse rimarranno. Sa che ho dato tanto cuore e non mi è rimasto neanche più un brandello di affetto da conservare perché sono troppo ingenua. Sa che ad essere buoni ci si rimette sempre. Sa come mi sento quando mi ritrovo sola tra la gente, l'abisso che tengo dentro. E non è scappato. Lui è qui a dirmi di smetterla di non fidarmi più. È qui a dirmi di amare di nuovo senza paura. È qui a dirmi che è davvero diverso dagli altri che mi hanno fatto soffrire. È qui a dirmi che mi ama, che mi apprezza.
Quindi adesso devo smetterla. Devo iniziare a chiedere scusa a me stessa per tutte le volte in cui non sono riuscita ad uscire dal bozzolo, a sentirmi a mio agio con me stessa. Per tutte le volte in cui ho pianto e le mie lacrime non sono mai state raccolte e conservate per quando mi sarei prosciugata dentro. Devo iniziare a chiedermi scusa, a guardarmi con altri occhi, ad essere orgogliosa di ciò che sono. Devo chiedermi scusa per essermi fatta male a causa di chi non provava niente, neanche un briciolo di amore nei miei confronti. Devo chiedermi scusa se sono sempre triste. Devo smettere. Devo rialzarmi. Devo lottare per il mio bene. Perché a furia di stare male ci si spegne.
«Avevi ragione. Siamo sposati e dobbiamo pensare per due come se fossimo una cosa sola. Sono stata egoista a pensare che tu potessi reggere o vivere con me in un ambiente che non senti tuo.»
Posa la mano sulla mia schiena, stringe il mio fianco avvicinandomi a sé. «Che cosa facciamo?»
«Non vuoi stare da me?»
«Se ci sei tu sto bene ovunque ma quel posto non è il mio ambiente ideale. È troppo stretto per due persone. Non possiamo neanche sistemarci dentro dei mobili come si deve.»
So che è sincero e mi dispiace per lui. «Vuoi tornare nel tuo appartamento?»
«Mi manca starci, si.»
Provo a rispondere ma lui mi tappa la bocca baciandomi. «Non devi pensare assolutamente di fare un sacrificio enorme per me. Non te lo sto chiedendo. Ti sto solo dicendo quello che penso e provo.»
Mi perdo nel suo sguardo. «Non voglio che tu sia infelice.»
Strabuzza gli occhi. «Iris io sto bene quando sono insieme a te. Quindi togliti dalla testa ogni paranoia. È solo che voglio il meglio per te.»
Scuoto la testa abbassando il viso. Perché stiamo discutendo?
Nascondo il viso contro il suo petto stringendo i due lembi della camicia. «Ci sta già dividendo.»
Trattiene il fiato prima di abbracciarmi, intuendo quello che intendo e penso. «Non permetterò a quella ragazza di mettersi in mezzo. E se dovessi scegliere saresti sempre tu la mia unica e sola opzione.»
Scrollo la testa. «Ellen non attaccherà te», mormoro.
Ancora una volta tiene per sé i pensieri e anche l'aria gonfiando il petto dove il suo cuore sta creando un gran frastuono.
«Chiunque attaccherà te lo farà anche con me. Siamo una cosa sola. Adesso dobbiamo escogitare un piano per farla uscire allo scoperto. Non so se sei d'accordo ma ho pensato una cosa...»
Rimane in silenzio guardando davanti a sé. Sollevo il viso e attendo che lui abbassi il suo per darmi una spiegazione. Cerco una risposta nei suoi occhi così foschi come il mare agitato di cui io sono la naufraga che rischia di annegarci dentro.
Le mie dita iniziando a risalire verso il suo collo, la sua nuca. Affondano tra i capelli tirandoli leggermente, provocandogli un mugolio basso.
«Rendiamo pubblico il nostro matrimonio. Lei andrà su tutte le furie e...»
«Possiamo rendere pubblico che ci sposeremo», lo correggo. «Si presenterà persino al matrimonio per impedirlo.»
Riflette. «Dici?»
«Ellen ti vuole e per averti deve distruggere me. Ancora non so la ragione di una simile vendetta ma... se questo può essere utile a farla uscire dal suo nascondiglio, lo farò. I tempi ovviamente non coincidono ma c'è una spiegazione ed io voglio saperla.»
Chiude gli occhi alzando il viso verso il cielo sempre più scuro. Mi sollevo sulle punte dei piedi premendo le mie labbra sul suo mento. Con le dita tiro di nuovo i suoi capelli e quando abbassa la testa mi concedo un lungo bacio che allevia la tensione percepita dalla mia anima.
Strofina la punta del naso sul mio. «Qualsiasi cosa accada, io starò insieme a te e tu starai insieme a me.»
Sollevo il mignolo e lui lo stringe in una promessa prima di avvicinare il mio viso e baciarmi con passione maggiore.
«Vi state consumando le labbra! Non sono carini? È pensare che quei due si odiavano.»
Ci stacchiamo ed Issac sorride. Accanto a lui c'è anche Nelson.
Arrossisco mentre Hunter scioglie la presa dal mio corpo avvicinandosi ai due. «Allora?», taglia corto.
«Non volevamo interrompere ma abbiamo pensato...»
«Abbiamo trovato il piano perfetto», Hunter interrompe subito Issac.
L'amico lo osserva mentre i suoi occhi saettano su di me. «Non sarete delle esche!»
Ha già intuito. Assurdo il modo in cui quei due comunicano in silenzio.
«Dobbiamo farlo se vogliamo farla uscire allo scoperto. Io ed Iris siamo d'accordo. Inoltre dobbiamo dirlo alle nostre famiglie e il modo migliore è proprio organizzare un matrimonio.»
«E firmare quel contratto», aggiunge Nelson riflettendo sul piano. «Potrebbe funzionare ma come facciamo ad avere la certezza che quella ragazza verrà al matrimonio?»
Io e Hunter ci guardiamo complici. «Una intervista esclusiva ad una delle tv più importanti di tutta Miami.»
Issac e Nolan si scambiano un'occhiata. «Che ne dici?»
«Penso che si potrebbe provare ma bisogna sempre mantenere il controllo della situazione. Ci saranno guardie e tutti sapranno chi o cosa cercare. Non vogliamo che qualcuno si faccia male.»
«Perfetto. Allora organizziamo questa intervista poi prendiamoci qualche ora per elaborare bene il piano ed infine organizziamo il matrimonio che tutti vorrebbero vedere.»
Nelson punta gli occhi su di me. «Lei è d'accordo signora?»
«Ho già detto si ad Hunter. Non mi tiro indietro. Voglio che Ellen esca fuori tanto quanto voi. Si presenterà al matrimonio, fidatevi.»
I tre annuiscono seppur preoccupati. «Vado ad organizzare l'intervista e ad avvisare i suoi dell'annuncio.»
«Io vado a tenere d'occhio quella ragazza. Sarà anche furba ma lascia il pc acceso e...», si ferma notando il mio sguardo.
«Posso vederla?»
«Ne sei sicura?»
«Ho bisogno di vederla.»
Issac cerca l'aiuto di Hunter, forse gli chiede silenziosamente di dissuadermi ma non lo fa. «Ne ha bisogno. Fagliela vedere.»
Issac corruga la fronte poi pescando il telefono dalla tasca mi mostra quello che non avrei mai pensato di vedere.
Ellen seduta comodamente su un letto a leggere una rivista.
Non è in una cella, non è sporca o ferita. È a suo agio, serena.
Il sangue mi affluisce al cervello. Porgo il telefono ad Issac. «Dov'è?»
«Non riusciamo ancora a localizzarla ma non manca molto e se il vostro piano funziona...»
«La voglio qui davanti a me. Voglio affrontarla...», inizio stringendo i pugni in vita.
Hunter mi circonda le spalle con un braccio baciandomi la tempia. «Lo farai, adesso però non puoi lasciarti condizionare da quello che hai visto.»
Lo guardo come se mi avesse appena derisa. «Tu non sai che cosa ho passato a causa sua. Mentirà, farà una scenata, rovinerà il mio momento, ma si rivelerà per quella che è in realtà: una stronza bugiarda!»
Mi incammino.
«Iris, non sappiamo ancora...»
Mi volto. «Non credere alle belle favole. Nessuno ha rapito Ellen. Avrebbe dei lividi sul corpo e sarebbe terrorizzata. Anche una persona estremamente forte prova paura. Invece lei è abbastanza in salute da leggere il suo giornaletto mentre la sua famiglia continua a non darsi pace. Merita di restare sola e di nascondersi per sempre.»
Cammino a passo spedito verso il mio palazzo, la mia nuova casa.
Sento dei passi veloci dietro poi Hunter si affianca. «Non scappare in quel modo durante il si.»
Mi sfugge un sorriso. «È tutto così irreale. Io non capisco...»
Ci fermiamo in mezzo alla strada vuota e deserta proprio dietro il mio palazzo. «Hai tante domande e lo capisco, ma devi restare lucida. Conosci la tua amica meglio di chiunque altro e ci serve il tuo aiuto per non avere brutte sorprese.»
«Vuoi una lista delle regole per tenerti lontano da lei?»
Ficca i pugni in tasca annuendo. «È lunga?»
«No, ma bisogna fare molta attenzione. Avrà avuto un valido motivo per scappare ma non è una sprovveduta e sa come convincere chiunque a passare dalla sua parte prima di sferrare come uno scorpione il suo colpo mortale.»
Hunter mi ascolta, mi lascia sfogare un po' di quella rabbia che rischia di annebbiarmi e di farmi sbagliare.
«Cosa pensi che farà?»
«Verrà in abito da sposa. È sempre stato il suo sogno e tu sei il suo principe azzurro nelle mani della strega cattiva.»
Fa una smorfia. «Ma io sposerò te, non lei.»
«Lo spero, perché altrimenti puoi dire addio a tutto il tuo patrimonio. Ti lascerò in mutande o forse nudo.»
Sorride rilassando le spalle. Afferra i miei fianchi avvicinandomi a sé. «Andiamo, devi dirmi come vuoi sistemare la villa.»
«Possiamo farlo in spiaggia?»
Ci pensa su. «Sei malefica», esclama.
Sorrido. «Finalmente inizi a parlare il mio linguaggio. La spiaggia è il luogo ideale. Organizzerò il suo bel matrimonio, ma sarà anche un posto in cui lei ha distrutto la mia vita. Perché sono sicura che ci sia il suo zampino dietro l'esplosione della villa. Nolan non avrebbe mai agito come un pazzo senza un incentivo. Non mi avrebbe mai fatto così tanto male. E quelle parole scritte con il rossetto?»
Torniamo in casa ognuno assorto nei propri pensieri. Di tanto in tanto Hunter mi bacia il dorso della mano. Sembra nervoso.
Aperta la porta di casa mi spinge contro il muro e mi bacia possessivamente. «Promettimi che farai attenzione», sussurra fremendo a fior di labbra.
Sbottono la sua camicia lentamente. «Promettimi che lo scambio delle promesse sarà vero e sincero.»
Gioca con il mio labbro inferiore. «Saranno quelle che non hai avuto in Canada. Promettimi che mi terrai aggiornato, che mi dirai quello che pensi o provi o quello che vuoi e intendi fare o...»
Le mie dita si posano sul bottone dei jeans. Sollevo gli occhi e smette di parlare, deglutisce a fatica, geme. «Promettimi che non farai niente di avventato, che se dovesse accadermi qualcosa non ti metterai in pericolo, che sei lei dovesse chiedermi di parlare da sole ti fiderai di me e me lo lascerai fare.»
Questa volta prima di annuire esita. «Non posso prometterti che sarò d'accordo ma che proverò a fidarmi si. Lo farò ad una condizione.»
Tiro giù la cerniera e lui si agita. «Quale?»
«Che non fingerai durante la cerimonia e che sarà tutto per come lo hai sempre...»
Premo le labbra sulle sue. «Mi sono già sposata come volevo. Sarà un rinnovo dei voti a distanza di un mese. Adesso posso finire di spogliare mio marito o preferisci venire a letto vestito?»
Le sue guance sono leggermente accaldate ma non fa nessun passo falso o affrettato e non si lascia andare completamente. «Prima dimmi che mi ami.»
Sorrido circondandogli il collo con le braccia. Le sue mani sulle mie natiche le strizzano e quando mi si preme addosso mi sfugge un gemito sentendolo sfregarsi tra le mie gambe. «Vuoi proprio sentirtelo dire. Ti ho viziato troppo.»
Mi morde il collo facendomi strillare mentre affonda il palmo tra le mie gambe, sotto il tessuto.
Chiudo gli occhi. «Non risolveremo tutto in questo modo.»
«No», sussurra. «Questo sarà solo un piccolo anticipo di quello che potrai avere quando e come lo vorrai.»
Rido quando mi solleva mordendomi sotto l'orecchio.
Non importa quello che succederà, io vorrò sempre lui. Lui e i suoi sguardi puntati addosso. I nostri silenzi pieni di sussurri, di emozioni forti. Le sue mani che stringono le mie, i suoi sorrisi nascosti dietro quello sguardo furbo. I suoi abbracci improvvisi in cui potermici nascondere. Vorrò sempre queste cose, anche quando non lo meriterò o sarà lui a non volerne.
«Ti voglio nella mia vita», sussurro inspirando il suo profumo, quello che invade ormai le mie giornate e della quale non posso più fare a meno perché lo associo a qualcosa di mio, di intimo.
«Non ti lascerò andare perché sei la prima cosa bella e vera che io abbia mai avuto e voluto in tutta quanta questa vita.»
Mi emoziono e mi stringo a lui. Lui che è la persona che spero di non rompere mai, perché mi spaventa il pensiero di vederlo soffrire a causa mia.
«Ti amo, piccolo orso dal cuore tenero.»
«Ti amo, Bestiolina.»

♥️

N/a:
~ Buona sera, come state?
Volevo informarvi che ho aperto una piccola pagina su Facebook: Giorgina_Snow
Se volete trovate il link nel box informazioni del profilo. Se vi va, seguitemi e fatemi compagnia.
Grazie in ogni caso per tutto.
Buona lettura,
Gio' ~

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