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IRIS
Che cosa strana e forte è l'amore. Un giorno arriva qualcuno in grado di proteggerti, di renderti forte, di allontanarti dalle paure, dalla debolezza e dal dolore. Un giorno arriva qualcuno in grado di farti sentire nel posto giusto, ad un metro da terra e con la testa tra le nuvole. Un giorno ti rendi conto di non riuscire a dormire, di avere i battiti incontrollati e di avere le mani che tremano così tanto da farti sentire come una ragazzina alle prime armi.
Da un momento all'altro il tuo cuore cambia battito e la senti forte dentro quella sensazione di appartenenza. Ma l'amore non è solo questo, l'amore sa essere anche un'arma a doppio taglio. Sa tenerti imprigionata in una bolla e quando questa a causa del destino avverso scoppia, tu precipiti di nuovo nella realtà.
Da quando ho detto di sì impegnandomi in questa nuova relazione, non riesco più a pensare a una vita senza di lui. Non oso neanche farlo. Non voglio rinunciare a tutte quelle emozioni abissali. Non voglio fare a meno delle sensazioni che si attaccano alla pelle penetrando fin dentro le ossa. Mi sento come ai piedi di un enorme buco nero. Sono letteralmente sul ciglio del rasoio e davanti a me so di avere un'incognita. In questo presente possiamo avere tutto ma del futuro non vi è certezza, perché potrei trovarci di tutto. E, anche se mi terrorizza buttarmi nel buio, ho sempre la folle e matta voglia di lanciarmi per scoprire quello che succede.
Ancora non posso crederci. Per avere una conferma tolgo il guanto e ammiro gli anelli che, sono uno più bello dell'altro.
Passo il dorso sulla fronte e torno al mio lavoro. Non manca molto alla fine del turno in questo terrazzo. La padrona di casa mi ha chiesto di realizzarle una piccola serra con al centro un disegno pieno di fiori e, le sto creando un posto dove poter leggere avvolta in mezzo alla natura che spero possa adorare e curare.
Creo un buco in mezzo al terreno dentro il vaso e dopo avere tolto la pianta da quello più piccolo la asporto cercando di sistemarla come si deve al centro esatto del buco creato precedentemente, prima di coprirla con altro terreno.
«Non immaginavo che saresti stata tanto sensuale con le mani sporche di terra, chinata in avanti o inginocchiata in quel modo.»
La sua voce mi raggiunge e si insinua sotto pelle regalandomi una piacevole scossa che va a depositarsi sul basso ventre dopo avere attraversato il mio cuore facendolo pompare più del necessario.
E pensare che inizialmente la sua voce mi irritava così tanto. A distanza di mesi è cambiato tutto e sembra che adesso io non riesca proprio a fare a meno di lui.
Niente è più come prima. Io ho bisogno di lui. Ne ho bisogno sin da quando ho capito di appartenergli. E se dovessi dare voce ai sentimenti, se dovessi dare un sapore a quello che provo, alle parole che penso, sicuramente userei: dolce, amaro, fiducia, amore e protezione per descrivere lui. Lui che lentamente sta diventando la mia cosa preferita in ogni mia giornata.
Tolgo i guanti appoggiandoli al tavolo pieno di attrezzi.
«Che ci fai tu qui? Non dirmi che conosci i miei datori di lavoro», dico avvicinandomi al ripiano pieno di recipienti. Prendo l'annaffiatoio e torno a dedicarmi al mio lavoro mentre lui inizia a guardarsi un po' intorno curiosando tra i sacchi pieni di terra e i vasi con i fiori.
«Sai che non hai bisogno di lavorare?»
«Sai che mi rilassa quello che sto facendo? Stai invadendo il mio spazio, il mio momento di relax.»
Ghigna e non nasconde la soddisfazione nel vedermi appena irritata. Tocca la foglia di un arbusto con delicatezza. I miei occhi osservano i suoi gesti più che rapiti. Mi viene voglia di sentirle addosso quelle dita, ma so di dovere smettere di fantasticare, di comportarmi in maniera così imprudente. Pertanto distolgo lo sguardo cercando qualcosa da fare e di non essere imbranata.
«E tu sei consapevole che siamo appena tornati e sei già al lavoro?»
Lo guardo come se mi avesse appena detto qualcosa di stupido. «Certo che lo so, come credi che si pagano le bollette?», in parte lo prendo in giro reggendo il suo gioco. So dove vuole andare a parare.
«Con un marito multimiliardario e forse anche di più, pure bello, intelligente?»
Sorrido sotto i batti nascondendo anche la mia espressione contrariata. So che vorrebbe tenermi al sicuro ma non lo siamo e con ogni probabilità non lo saremo mai, perché ci sono cose che non puoi gestire. Ci sono persone che non puoi prevedere e non puoi neanche anticipare le loro mosse, proprio perché sono sempre un passo avanti rispetto a te, che continui a leccarti le ferite prima di rialzarti e subire un altro brutto colpo alle spalle.
Anche se mi sono lasciata andare, anche se ho detto sì cercando sempre di non pensare troppo ai se e ai ma, non dimentico di certo quello che ho vissuto. Ma quando dentro la mia testa iniziano a circolare certi pensieri guardo subito l'anello e provo un senso di calma che mi aiuta a non andare nel panico. Nolan non mi lascerà mai andare veramente e io non ritornerò più indietro perché ho corso così tanto in avanti da non sapere più come ci si ferma.
«Quello è opportunismo, snobbiamo e ultimo non per ordine di importanza, egoismo.»
Alza gli occhi al cielo continuando ad avanzare come un animale impegnato a studiare la sua preda. Spero non mi azzanni proprio mentre sono debole e, ultimamente lo sono parecchio.
«Io lo definirei vantaggio economico», replica sempre pronto al contrattacco.
Porto un altro vaso vuoto verso il resto del disegno a forma di rosa che sto cercando di creare su questo terrazzo troppo grigio.
Incastro il vaso nel buco creato nel pavimento di recente e dopo averlo riempito di terra porto un'altra pianta dalla sfumatura più tenue rispetto alla prima.
«Non sono una che non si sporca le mani o va ogni giorno a farsi la manicure sfruttando delle ragazzine, in un salone dove il prezzo del trattamento è esagerato nonché illegale. Non sono una che usa il conto in banca del proprio fidanzato o in questo caso marito. Preferisco sporcarmi le mani e poi pulirmi le unghie da sola», mi concentro per non rischiare di sistemare i fiori in disordine. «E mi piace spendere i miei soldi, quelli guadagnati con questo sudore.»
Hunter mi raggiunge quando mi sollevo dal pavimento. Passo la mano sulla fronte e lui da dietro la schiena esce la bottiglia d'acqua che teneva nascosta con una mano. «Dovresti anche sfamarti e visto che non lo fai, mi sono permesso di farlo io. In qualità di tua dolce metà devo assicurarmi che tu stia bene.»
Lavo le mani e lui esce anche fuori un sacchetto bianco dove all'interno di un involucro di stagnola trovo un tramezzino al tonno.
Do subito un morso, apprezzando il suo gesto e non solo per questo. Ho saltato la colazione e a quanto pare anche il pranzo perché ero emozionata e, allo stesso tempo anche agitata per il lavoro, per questa opportunità di essere notata e poi ingaggiata ancora per altri progetti più importanti. Non ho ancora mandato giù la questione della gara, del mio modellino distrutto ma sto andando avanti, sto cercando di migliorare.
Questa mattina all'alba, dopo essere rientrati dal Canada sul tardi solo il giorno prima, non sono riuscita a contenermi e sono uscita fuori. Ho fatto una lunga passeggiata per andare ad una raccolta fondi dove oggi abbiamo venduto spille adatte ai turisti che hanno apprezzato parecchio. È stato rigenerante non avere nessuno a pedinarmi o a controllarmi. Poi sono corsa qui ad iniziare il mio progetto da pollice verde e non ho neanche notato le ore passate perché ho fatto tutto con amore, trovando quella pace che a stento a volte riesco a ricordare.
«Sei il mio eroe», dico teatralmente tra un boccone e l'altro, mangiando con gusto. «Grazie», sporgendomi gli poso un bacio delicato sulla guancia.
Assume una strana posa. «Iris, non hai dormito, sei scappata all'alba e non hai risposto alle chiamate. Mi stai evitando? Vorrei saperlo, perché be', mi sembra anche stupido da dire... ma stavo impazzendo.»
Deglutisco e posando il tramezzino dentro l'involucro gli getto le braccia al collo. Non avevo riflettuto su questo. «Volevo solo tornare al lavoro. È qualcosa che mi trasmette calma e pace interiore. So che non puoi capire ma è bello avere un posto speciale in cui sentirsi davvero se stessi o liberi. Ne avevo bisogno. E lo so che ho sbagliato ma cerca di capire... anche tu lo avresti fatto al posto mio.»
Gratta la tempia non sapendo se scoppiare e litigare o trattenersi e rispondere in maniera mite cercando di non ferirmi con le parole che gli si bloccano in gola. «Io avrei almeno fatto colazione con mia moglie prima», replica acido.
Sospiro. «Mi farò perdonare con la cena. Cucino io.»
Scuote la testa un paio di volte. «No, non c'è niente da perdonare. Volevo solo sapere che stai bene.»
Finisco di mangiare il tramezzino. «Terrò dietro il telefono. Magari ti manderò una foto con un cactus di tanto in tanto per alleviare i tuoi dubbi.»
Ride abbracciandomi. «Basta che non sia il cactus che dico io e puoi mandare tutte le foto che vuoi.»
«Mi sembra un buon compromesso», replico mettendomi a braccetto. «Per oggi credo di avere finito. Dove vuoi andare?»
«Ti va di uscire un po'?»
«Possiamo passare da casa per una doccia? So di terreno e fiori.»
Nega annusandomi e regalandomi una vagonata di brividi. «Hai un odore buonissimo. Hai usato un altro bagnoschiuma e non credo di avere fatto caso al flacone nuovo sulla piccola mensola, quello azzurro chiaro, ma rimedierò. Ad ogni modo, nessuna traccia di sudore, te lo assicuro. In questo momento vorrei morderti.»
«Se appesto un posto e tutti iniziano a scappare ritieniti l'unico responsabile per avere portato una puzzola in giro!»
Ride e finalmente il mio mondo torna a tingersi di colori sgargianti. Mi stringe a sé donandomi un bacio sulla tempia ed io chiudo gli occhi lasciandomi attraversare dalla piacevole corrente e dalla tipica scossa che mi regala ogni suo gesto. «Cammina puzzola profumata», esclama divertito.
Usiamo l'ascensore e dopo qualche minuto usciamo dal palazzo avviandoci da qualche parte.
«Sai che ci tempesteranno di domande quando vedranno questi?», indico i nostri anelli. «Vorranno anche sapere dove siamo stati.»
Ieri Nelson, non appena siamo arrivati, mi ha aiutato a scegliere la fede per Hunter. È un semplice cerchio d'oro bianco con una piccola incisione all'interno con la data scritta tra un cuore e una stella, ma è di una bellezza unica. Hunter ha apprezzato molto e lo indossa come se avesse ricevuto il più bel dono della sua vita.
Quando leggo nei suoi occhi lo stupore mi rendo conto di quante cose deve essersi perso rincorrendo chissà che altro.
Lo guardo e lui sentendosi osservato si volta. «Che c'è?»
Indossa una maglietta bianca a maniche corte sotto la giacca di pelle, jeans e scarpe da ginnastica. Mi piace quando porta indumenti casual addosso e non si pavoneggia come solitamente farebbero le persone ricche. All'inizio lo faceva ma solo per stuzzicare, per farmi arrabbiare perché sa quanto odio le persone così. Però mi piace come la maglietta fascia i suoi muscoli e i jeans gli si stringono sulle cosce scolpite. Mi piace il suo sguardo sempre intenso, quegli occhi chiari e la barba che non ha rasato e che gli dà tanto quell'aria sbarazzina, da cattivo ragazzo.
Passa una mano tra i capelli e mi apre la porta per uscire dal palazzo. Smetto di sbavargli davanti e lo seguo fuori dove troviamo Nelson ad aspettarci. Se ne sta con la portiera dell'auto aperta e, non appena ci vede arrivare sorride nel suo modo pacato di sempre.
È un brav'uomo. Tiene molto all'uomo della mia vita e questa cosa mi tranquillizza, perché so che lui per qualsiasi cosa potrà contare sul suo aiuto, sulla sua presenza costante.
«Signora Ford», mi saluta.
Inarco un sopracciglio. «Nelson», ricambio ma sono ancora un po' provata per il saluto. Io e Hunter non abbiamo ancora deciso se usare un solo cognome o lasciare ognuno il proprio. Perché questo cambiamento così improvviso? Non dovremmo essere più cauti?
Guardo proprio lui che disinibito si mette di lato per lasciarmi passare poi quando sono dentro l'abitacolo dà una pacca e fa un breve cenno con la testa a Nelson che chiudendo la portiera gira intorno all'auto e mettendosi al volante si insinua tra le stradine sempre trafficate di Miami.
«Dove stiamo andando?», domando sia per fare conversazione che per avere almeno una risposta al loro discorso silenzioso. Ho notato come si guardano dallo specchietto retrovisore e la cosa mi insospettisce, perché non so che cosa diavolo sta succedendo.
La mia vita è cambiata così tanto in fretta che ho paura persino di ammettere di avere fatto tutto con il cuore e di non avere lontanamente pensato o riflettuto abbastanza ad ogni conseguenza. Perché Hunter Ford è come una catastrofe naturale, non dà di certo un preavviso ma ti raggiunge e ti travolge in un istante e, tu non puoi fare niente, non puoi proteggerti perché la sua forza è devastante.
«In un posto dove ti piacerà almeno sederti e goderti la fine di questa giornata», stringe la mia mano dopo averla guardata.
Lo faccio anch'io in riflesso. Le mie mani non sono sporche e le unghie sono ancora perfettamente laccate di smalto. Questo dettaglio mi fa ripensare a prima e sto per dirglielo ma notandolo ancora perso, gli mollo una spallata e lui batte le palpebre un paio di volte.
«Devo preoccuparmi?»
Nega una sola volta e si rilassa sul sedile. «No, Iris. Non devi preoccuparti. Stiamo solo andando da una parte, un posto che a te piace. C'è una ragione se sei scappata questa mattina e voglio parlarne in un posto in cui ti senti a tuo agio.»
«Nella serra in fase di costruzione io ero a mio agio.»
Inarca un sopracciglio come per dire: "davvero?", "mi prendi in giro?", con fare scettico poi torna a fissare la mia mano e, gioca di tanto in tanto con l'anello.
Nelson, ancora una volta gli lancia un'occhiata dallo specchietto retrovisore. A me non sfugge di certo questo dettaglio e allora cerco di capire, di indagare. «Nelson, perché continui a guardarlo come se dovesse scappare da un momento all'altro? Che succede?»
Nelson non batte ciglio, non sembra neanche colto alla sprovvista e questa sua reazione mi fa agitare ancora di più.
«Signora Ford, le assicuro che non c'è niente sotto. Forse ne dovrebbe parlare con suo marito.»
Guardo Hunter che annuisce prima di grattarsi il mento e poi aprire il finestrino lasciando entrare nell'abitacolo un po' d'aria. «Fermati pure qui. Non abbiamo bisogno di scorta per ora, ordina a tutti di tenersi a distanza ma vigili. Non si sa mai.»
«Si, signore.»
Hunter esce dall'auto ed io lo seguo a ruota ritrovandomi nel mio quartiere preferito, quello delle arti, della musica. L'odore tipico mi investe e mi fa sentire subito a mio agio. Sono sorpresa e non lo nego. Hunter al contrario sembra strano adesso. Gli cingo il busto con entrambe le braccia. «Sai che posso sempre usare i miei metodi di persuasione per farti parlare?»
Sorride e rilasso di poco le spalle. Fermandosi, posizionandosi dinanzi a me, mi bacia dapprima la fronte in modo delicato poi sollevandomi il mento con un dito sfiora le mie labbra. «Lo so, ma non c'è niente di cui preoccuparsi. Solo un paio di scartoffie e questioni burocratiche, tutto qua.»
Non afferro subito il concetto e per qualche minuto lascio perdere godendomi la passeggiata con lui.
Da queste piccole cose mi rendo conto delle enormi differenze che c'erano tra me e Nolan. Lui non passeggiava mai perché diceva che lo faceva sembrare come un turista. Non andavamo quasi mai al cinema perché non gli piaceva ritrovarsi in mezzo alle persone e sentirsi un comune mortale, una persona come loro. Aveva manie di grandezza e diceva spesso che prima o poi la ruota sarebbe girata.
Mi domando come io abbia fatto a stare con lui, a subire e a non lasciarlo. Mi domando se riuscirò mai a togliermi di dosso questa sensazione di schifo addosso, di impotenza, perché evidentemente mi sono lasciata abbagliare dalla sua forza di volontà, dal suo essere tanto deciso e, ultimo non per ordine di importanza, dai brevi giudizi della mia amica scomparsa che, a quanto pare, faceva il tifo per lui e nel frattempo lo usava come giocattolo.
Mi rendo conto che ci siamo appena fermati. Hunter mi sta fissando in quel modo che a me fa tanto gelare le vene e poi battere forte il cuore. «Qualcosa non va? Sei impallidita», dice guardando intorno per captare qualsiasi cosa sia stato a farmi questo brutto effetto.
Scrollo via i cattivi ricordi e quei pensieri su una persona che c'è stata nella mia vita a causa mia e provo a non rimuginarci troppo sopra, a non lasciarmi abbattere dalla consapevolezza di essere stata stupida, insicura e molto fragile.
«No, va tutto a meraviglia. Che cosa intendevi per scartoffie?»
Stringe ancora di più la mia mano e svoltando a sinistra lungo il marciapiede disseminato da alberi, cassette della posta e turisti, ci ritroviamo davanti il mio locale preferito.
Non vedo Crystal da un po' è quasi sicuramente partiranno le domande su di noi non appena vedrà gli anelli o varcheremo anche solo la soglia. Per un attimo ho come l'istinto di chiedergli di cambiare posto. Poi però, dandomi degli schiaffi ben assestati, mi ricompongo.
«Preparati all'intervista», dico a denti stretti, proprio perché all'improvviso il mio luogo preferito sembra tanto una trappola mortale. Il fatto è che è tutto ancora nuovo per me. Solo pochi giorni fa ero fidanzata e adesso sono sposata di nascosto e, all'insaputa di tutti sto permettendo ad un uomo di far parte totalmente della mia vita. Un uomo che conosco appena. E lo so che neanche una vita intera basta per conoscere a fondo qualcuno, ma sono stata avventata. Di questo però non me ne pento. Seppur con alti e bassi, quella con Hunter è una storia, la mia meravigliosa storia d'amore. A volte non mi capacito proprio di come abbiamo fatto ad incontrarci e a non dividerci più nonostante le peripezie, gli intrighi e i tradimenti. Sono davvero stupita ma, sono anche felice. Felice di avere qui accanto a me un uomo che farebbe davvero di tutto per me.
Stringo la sua mano avvicinandomi a lui. Nota questa mia strana reazione e aggrotta lievemente la fronte poi spinge la porta ed entriamo nel locale dove Crystal sta servendo già dei tavoli. C'è molta gente e un vocio fastidioso che va a mescolarsi alla musica messa come sottofondo e a quello delle posate che cozzano sui piatti.
Per fortuna il mio posto a sedere preferito è libero e mi ci fiondo senza troppe cerimonie. Non appena prendo posto, mi sento completamente a mio agio, ogni cosa sembra dissolversi ma mai i ricordi dei momenti vissuti proprio qui.
«È un invito a cena?»
Hunter si siede accanto a me. «Hai fame?», chiede tamburellando con le dita sulla superficie del tavolo.
Non appena fa un cenno davanti a sé, Crystal ci raggiunge come una furia. «Voi due, dove siete stati? Ho provato a chiamarti ma non eri raggiungibile. Mi hai fatto preoccupare.»
Le sorrido. «Abbiamo staccato la spina per qualche giorno prima di tornare alla dura realtà. Scusami se non ho avvisato e non mi sono fatta sentire.»
Tiene le mani sui fianchi. «Sei incredibile, Iris Harrison. Però mi fa piacere vederti qui con lui», indica Hunter come se quest'ultimo non ci stesse ascoltando.
«Recupereremo il tempo perso», replico mentre lei pesca il taccuino dalla tasca del grembiule rosso. «Allora, che cosa vi porto oggi? Vi vedo un tantino sciupati.»
«Una cotoletta media cottura con patatine e salsa, insalata e una fetta di crostata, grazie», ordina velocemente Hunter per entrambi, non perdendosi in inutili chiacchiere.
Crystal scruta nel suo sguardo con un'espressione stranita. «Voi due... avete qualcosa di diverso.»
Io e lui ci guardiamo in parte complici nascondendo sotto il tavolo il nostro segreto. «Niente di strano. Forse siamo un po' troppo riposati.»
Crystal sta per replicare ma viene chiamata dalla cucina e scusandosi corre a prendere delle ordinazioni da portare ad un tavolo lontano dal nostro.
«Non credo sia stata una buona idea venire qui», dice subito a denti stretti Hunter.
Sollevo le spalle. «Lo sai com'è Crystal. Non ci lascerà andare finché non le avremo detto ogni cosa. Ma possiamo anche non farlo. Non necessariamente deve sapere tutto di noi.»
Annuisce. «Si, non possiamo dirle niente di quello che abbiamo fatto perché potrebbe spifferarlo a qualcuno e in breve si creerebbe un enorme polverone mediatico. I giornalisti aspettano notizie del genere per guadagnarci qualcosa.»
Intuisco e sono più che d'accordo. «Allora le diremo soltanto che siamo andati a sciare per svagarci un po'.»
«Esatto.»
Dalla porta entra Nelson con una cartella in mano. Ci avvista e avvicinandosi posa quello che tiene gelosamente sul tavolo. «Signore, le ho portato quello che mi aveva ordinato oggi.»
«Grazie, puoi andare.»
Nelson si congeda ed io fisso la cartella piena di fogli. «Cosa sono quelli?»
«I documenti del nostro matrimonio», dice con nonchalance.
«Avevi parlato di questioni burocratiche, non di un contratto», replico indicando quel gruppetto consistente che ho davanti.
«Tranquilla, sono solo due copie e devi mettere due firme. Ho controllato e letto tutto io ma devi farlo anche tu e quando sarai pronta, se sarai pronta, firmerai.»
«Ok, quindi possiamo prima mangiare e poi discutere?»
«Non voglio discutere. Voglio solo che tra di noi vada tutto bene.»
Mordo il labbro. Questa risposta non me l'aspettavo. «Allora perché hai così tanta paura che io non firmi?»
Esita. L'intuizione era corretta, vista la sua reazione. Crystal ci interrompe mettendoci davanti un piatto enorme e abbondante. «Buona cena, piccioncini», sorridente si dilegua permettendoci di mangiare prima di attaccarci con la sua raffica di domande.
«Non ho paura. È solo che...»
Afferro la forchetta. «Solo che... cosa?»
«Sai che anche se ci siamo sposati, seppur ancora non ufficialmente, abbiamo degli obblighi.»
Assaggio un pezzo di cotoletta. «Lo so. Ho firmato il contratto prendendomi ogni conseguenza e sono ancora qua. Adesso sono persino tua moglie. Che altro dovrei fare?»
Allontana un po' il piatto inappetente. «Non è semplice», dice con un sospiro.
«Ah no? È come mai?»
«Perché bisogna parlare anche dell'eventualità in cui le cose vadano male.»
Allontano a mia volta il piatto e dopo avere preso una breve boccata d'aria lo guardo storto. «Hunter Ford, parla in maniera diretta con me e non trattarmi come se fossi una bambina che non comprende che la gente muore ma comprende quando le si dice che è volata in cielo.»
Passa la mano dalla fronte alla testa. «Se ci lasciamo non sarà facile a causa del nostro patrimonio. Nelson ed io abbiamo scoperto altre clausole dentro il secondo contratto di mio nonno, quello che ancora non abbiamo firmato.»
Afferro il suo viso stringendolo abbastanza forte da lasciargli il segno dei miei polpastrelli. «Pensi davvero che ci lasceremo con un divorzio?»
«No, ma tu...»
«Io cosa?», lo guardo intensamente.
«Potrai anche non volere più stare con me», risponde a bassa voce. «So di essere complicato e a volte troppo opprimente o invadente...»
Mi stacco, allontano il cibo quasi freddo e, aprendo il blocco pieno di fogli con dei post-it di diverso colore ad indicare dove firmare, sfilo la penna dalla tasca della cartellina e firmo prima di chiudere il tutto e tornare alla mia cena.
Hunter appare sconvolto dal mio gesto. «Iris...»
Non rispondo. Finisco quello che ho nel piatto anche se a fatica poi provo ad alzarmi per chiedere a Crystal di mettere il dolce in un contenitore per portarlo via ma Hunter mi ferma tenendomi per un braccio. «Perché lo hai fatto?»
«Perché non ti sei ancora reso conto che anch'io farei tutto per te.»
«Ma...»
«A me non interessano i tuoi averi. Puoi tenerti tutto quello che vuoi, però mi fa male sapere che non hai ancora capito che ti amo.»
Staccandomi da lui mi sposto verso Crystal più che tesa. Lei se ne accorge e si mette subito ad indagare. «Breve litigio ma intenso?»
«No, è tutto apposto. Possiamo avere il dolce da portare via?»
Non commenta la mia breve risposta ma capisce che è meglio non pressarmi troppo e si mette subito al lavoro. In parte gliene sono grata. Non saprei come rispondere e non ho alcuna intenzione di ferirla.
Crystal torna con i contenitori. Lancia uno sguardo ad Hunter che sta scrivendo dei messaggi poi a me che le porgo i soldi del pranzo. «Non credere che io non abbia notato niente, dolcezza.»
«Non è successo niente. Dobbiamo solo sbrigare delle pratiche, tutto qua. I rischi del mestiere dei ricchi», esclamo con un'alzata di spalla e un radioso sorriso finto che, a Crystal sembra arrivare come vero.
«Ho messo qualcosa in più qui dentro. Divertitevi e torna per spettegolare con me», ammicca alludendo a qualcosa.
La saluto con la mano tornando al tavolo dove Hunter si è appena alzato.
«Oggi offro io. Domani voglio anzi pretendo la colazione a letto», esclamo.
Abbozza un sorriso sollevando appena l'angolo del labbro. «Ai suoi ordini signora Ford», dice togliendomi il sacchetto dalle mani.
«Prima o poi dovrai spiegarmi perché oggi mi chiamate così.»
«È solo un modo per ricordarti che sei mia moglie», replica e quando vede Nelson gli passa tutto quello che ha in mano lasciandomi entrare in auto.
Dal locale ci spostiamo a casa. Qui mi lancio sul divano. «Ho il sospetto che questa giornata ancora non sia finita.»
Sbuca dallo schienale appoggiandosi ad esso con le braccia incrociate. «Non lo è. Ci andiamo a divertire, che ne dici?»
«Sai che non abbiamo più l'età per farlo?», sorrido.
«Scendi giù da quel divano. Stasera usciamo.»
Usa un tono rude ed io mi sollevo sistemandomi in ginocchio davanti a lui. «Mi stai dicendo che non posso riposarmi sul mio comodo divano, davanti un film... con una ciotola abbondante di popcorn perché devo uscire per la prima volta con mio marito?», circondo il suo collo con entrambe le braccia.
Mi tiene per il fondoschiena annuendo. «Si, esatto.»
«Ok», scendo dal divano e vado fare una doccia. Hunter entra in bagno proprio mentre sto per spogliarmi e si siede sullo sgabello.
Chiudo la tendina entrando nella vasca. «Ti hanno mai detto che sei un guardone?»
Immagino il suo sorriso e infatti quando sbircio lui lo sta facendo. «Perché hai firmato senza leggere quei documenti? Voglio la verità.»
Mi insapono. «Hai visto il peggio di me e non sei scappato ed è proprio questo che mi ha convinto a darti tutto di me. Anche la parte che non ho mai osato offrire a nessuno. Io non cerco soldi. Non cerco vacanze. Non cerco viaggi. Non cerco solo la calma. Cerco una persona che sia capace di amare il casino che sono. Cerco una persona che sia in grado di restare in mezzo al mio caos. Io voglio te. Ti ho scelto. Ti sto amando senza riserve.»
La tenda si sposta lievemente. Mi fissa a lungo negli occhi e per poco non gemo come una stupida. «Spiegami.»
«Tu hai paura che io possa andarmene e lasciarti ma non hai mai riflettuto sulla possibilità che possa essere proprio tu quello a non volere più tutto questo? Hunter, anche se non sembra apparteniamo a due mondi lontani. Non occorre elencare le differenze sostanziali tra di noi per capirlo. E ti ricordo che fino a qualche ora fa tu eri quello contro il matrimonio.»
«Perché hai firmato?», attacca ancora.
«Perché mi basta una cosa sola per non avere alcun dubbio su di noi.»
Si appoggia alle piastrelle massaggiandomi la radice del naso, proprio tra gli occhi. «Posso sapere quale?»
«L'amore che sento per te.»
Chiudo il getto e lui mi passa l'asciugamano. In breve mi asciugo e indosso qualcosa di semplice, non troppo vistoso. Una maglietta di pizzo sul davanti con delle rose e il dietro in trasparenza e un paio di jeans a vita alta. Ai piedi scarpe comode.
Poco prima di uscire dal bagno, Hunter, rimasto in silenzio a riflettere, mi abbraccia. «Grazie», mormora.
«Ho paura anch'io ma se siamo insieme, possiamo farcela.»
Mi bacia delicatamente e mi spingo contro di lui. «Hai fatto tanto per me, lascia che qualche volta faccia anch'io qualcosa per te.»
Sorride. «Tu prendi me per pazzo ma hai appena firmato un contratto a scatola chiusa basandoti sull'amore.»
«Che vuoi farci? Mi piace rischiare.»
Si ricompone. «A volte penso che il destino abbia ben altri piani per noi.»
«Riusciremo ad organizzarci», con un sorriso recupero la borsa. «Allora... dove andiamo?»
Mi porta fuori tornando con il sorriso e la sua tipica allegria. «Una sorpresa», replica.
Stringo le labbra protendendole in avanti come se stessi facendo il broncio. «Sai che odio le sorprese», brontolo. «E le tue sono praticamente delle trappole. Il più delle volte succede sempre qualcosa.»
«Ci divertiremo, vedrai.»
Durante il viaggio in auto che con mia enorme sorpresa si rivela piacevole e meno teso del solito, perché guida lui e non qualche guardia o Nelson, quindi abbiamo modo di parlare, di avere un po' di privacy.
«Come lo diremo alle nostre famiglie?»
Riflette un momento giostrandosi tra le strade affollate. «Vuoi organizzare una cena o direttamente un matrimonio?»
«Non mi sono sposata di nascosto proprio perché non mi serve e non voglio un matrimonio in pompa magna?»
«Allora andrà bene con un invito a cena. Saranno arrabbiati all'inizio, poi però godranno dei benefici dovuti proprio a questo evento così inatteso», spiega cambiando marcia.
Di tanto in tanto posa la mano sulla mia gamba sfiorandomi le dita che tengo in grembo. «Sono ancora emozionata», ammetto quando la porta alle labbra per un bacio sul dorso.
Si volta un secondo mentre siamo fermi ad un semaforo. «Lo sono anch'io. Volevo e dovevo solo togliermi quel peso di dosso.»
Mordo il labbro. «Un peso? È così che lo vedi?»
Svolta guidando lungo le stradine che conosco bene e un enorme magone inizia a farsi largo dentro di me stringendo in una morsa d'acciaio la mia gola quando intravedo da lontano la mia villa.
«Non fraintendermi...», inizia ma smette di parlare perché si accorge della mia espressione forse piena di dolore.
Per non cadere nello sconforto gli sorrido. «Possiamo evitare di parlare di affari almeno per questa sera?»
«Si, domani possiamo sempre sistemare quello che non va bene.»
Lo guardo di sbieco. «C'è qualcosa che non va bene?»
Sorride passando l'indice sul labbro che, guardo bramosa di sentirlo sulle mie. La mancanza di un suo contatto inizia a farsi sentire. Sono ore che cerchiamo di non saltarci addosso e questa cosa inizia a frustrarmi e a farmi sentire come Eva di fronte alla mela. Non voglio cadere in tentazione ma Hunter mi induce a farlo anche solo dal modo in cui respira o parla o cammina e mi guarda. È un'arma contro il mio cuore e non se ne accorge.
Ci fermiamo nel parcheggio accanto al porto dove ci attende il suo yacht con i suoi uomini già tutti pronti e in allerta.
«Un'altra festa?»
«Questa volta non succederà niente. Nolan non ti attaccherà perché è ancora dietro le sbarre.»
Stringo la sua mano mentre mi aiuta a salire sullo yacht, un bellissimo modello dal design ultramoderno. Tutto bianco con pezzi di legno scuro sul mogano lucido. C'è odore di cere al miele e di salsedine quando ci sediamo sul comodo divano, e dopo avere salutato tutti i membri dell'equipaggio, ci spostiamo a Miami Beach. Qui, una volta giunti al porto, ci attende un'altra auto. Questa volta però c'è un autista: Denver.
«Signore», saluta Hunter. «Signorina», mi fa un breve cenno.
«Dov'è Perez?», la cerco.
«Non l'ha saputo?»
Guardo ancora ovunque. «Saputo che cosa?»
«È stata trasferita.»
Guardo Hunter ma lui non sembra neanche vedermi, preso com'è a leggere qualcosa sul telefono.
«Si è trasferita per una ragione specifica o l'hanno costretta?»
Denver guarda subito Hunter poi mi fa capire che non può parlare e infine si sposta sul lato guida per portarci ad una festa esclusiva, probabilmente in compagnia dei membri del club che ha distrutto la mia amica.
Ancora non abbiamo trovato prove importanti ma, siamo sulla buona strada. Sento che prima o poi ci sarà una svolta in questo caso sempre più complesso. I video sono davvero tanti, così come le foto da osservare.
Ci fermiamo davanti un locale appariscente, curato nel dettaglio e illuminato da luci che variano dall'azzurro fosforescente al fucsia. Enormi le palme intorno ad una recinzione di ferro costellata da fari le cui luci creano dei bellissimi giochi d'ombra. All'entrata, vi sono dei fenicotteri rosa e dei camerieri che sembrano dei pinguini, vestiti davvero bene, ad attendere gli ospiti con un vassoio pieno di shottini.
Hunter me ne passa subito uno. «È il pedaggio da pagare», risponde alla mia domanda inespressa facendomi l'occhiolino.
Sorrido mandando giù l'alcolico. È terribile e tossicchio.
«Signore», saluta un ragazzo e lui ricambia con un cenno stringendomi un po' di più a sé. «Ci saranno Stone e gli altri, ti faranno delle domande ma se non vuoi rispondere puoi sempre dirglielo. Ah, è anche una sorta di festa a tema, ci saranno persone mascherate.»
«Va bene», dico un po' più tesa del necessario.
Non appena entriamo, veniamo accolti da una folla e da una nuvola di fumo rosa che odora tantissimo di zucchero filato.
Le pareti del locale sono coperte di schermi alti dove si susseguono le immagini della natura con animali esotici. Parecchia attenzione richiama l'acquario pieno di pesci. Seppur finto, è uno spettacolo da vedere sedendosi in quei divani disposti ordinatamente e dall'aspetto comodo.
Hunter mi porta subito verso i posti a sedere ma a metà strada lo trattengo indicando la pista dove ci concediamo un ballo standocene attaccati l'una al corpo dell'altro per evitare di essere sbalzati da una parte all'altra da una consistente folla e per sentirci un po' più rilassati.
Mi accarezza una guancia. «Sei bellissima», mi dice all'orecchio.
«Sei tornato in te, finalmente! Stava iniziando a mancarmi questo lato della tua personalità.»
Ride. «Grazie a te, piccola.»
Uscendo dopo un bel po' di tempo dalla calca di gente, leggermente sudati, ci dirigiamo al bar dove lui ordina qualcosa di estremamente rosa.
«Questo colore inizia ad irritarmi. Non c'è qualcosa di azzurro?», assaggio un sorso e in bocca dapprima arriva un sapore alcolico amaro poi quello dolce dei frutti rossi, soprattutto delle fragole.
«Ma guarda chi c'è qua», esclama Stone alle nostre spalle prima di abbracciare brevemente Hunter e prendermi la mano per baciarmi il dorso. «Come stai?»
Hunter mi avvicina possessivamente a sé. «Sto meglio, grazie per quella sera. Non avevo ancora avuto modo di farlo quindi ne approfitto adesso.»
«Sono sempre a tua disposizione se mai dovessi stancarti di lui», indica con un ghigno Hunter che, al contrario lo guarda storto e vorrebbe proprio prenderlo a pugni.
«Ti concedo due minuti per sloggiare e allontanarti da mia...»
«Fidanzata, già. Dopo vi unite a noi, spero. Si gioca a scommetti o perdi e se non erro apri sempre tu le sfide», dice venendo trascinato via da alcune ragazze già euforiche che urlano: "si gioca!", non rendendosi conto di ciò che stava per rivelare Hunter.
Cerco subito una risposta da parte sua. Oggi è molto strano. «Lo farai? Mi metterai all'asta come un capo di bestiame?»
«Scordalo!», sbotta.
Adoro quando si ingelosisce. Lo abbraccio premendo la guancia sul suo petto. «Neanche una partita?»
«No, cambieranno le regole stanotte.»
Sorrido abbassandogli il viso e provo a baciarlo ma me lo strappano via ridendo. «Mi dispiace bellezza. È sempre stato lui ad aprire i giochi e continuerà a farlo con o senza consenso, quindi goditi la serata!»
Rimango per un istante sola a guardarmi intorno. Non vedo Issac da nessuna parte il che è strano. Mi sento abbastanza a disagio qui in questo ambiente, circondata da queste persone. Forse la mia è solo una stupida fissazione, perché in realtà qui nessuno si sta comportando male nei miei confronti.
Riprendo il cocktail spostandomi verso i salotti all'angolo. Questi sono formati da poltrone azzurro cielo con i piedi in legno e i cuscini grigi. Il tavolo basso è un pouf grigio con sopra un vaso pieno di girasoli e una candela profumata alla vaniglia.
Controllo Hunter mentre gioca a carte tenendomi d'occhio, ma non perde una partita e, alla fine prova ad alzarsi ma viene trascinato in pista.
Ammiro lo schermo dove dentro l'acquario dei pesci tropicali stanno giocando. Il mio telefono vibra dentro la borsetta e quando osservo lo schermo mi ritrovo con il dito a poca distanza dal tasto verde osservando il numero impresso che non riconosco. Il terrore invade ogni fibra del mio corpo mentre alzandomi mi sposto verso l'entrata dove la musica non arriva così forte. E se è lui? Che cosa faccio?
Inspiro ed espiro.
«Pronto?», dico esitante.
«Cazzo! Finalmente!»
Rilasso le spalle. «Issac perché non sei qui alla festa?»
«Iris dove diavolo siete stati? Ho provato a chiamare ma... un momento, siete alla festa? Cazzo!»
Dentro di me si capovolge tutto. «Issac, che succede?»
«Dovete... immediatamente... lì dentro. Lui...», la linea va e viene e non riesco a capire. Mi sposto qualcuno mi apre la porta ed esco fuori con il dito a tapparmi l'orecchio. «Issac, non sento niente, che succede?»
«Iris, usc...»
Mi agito. «Pronto?»
La chiamata si interrompe ed io entro nel locale. Avvisto tra la folla Hunter e quando mi sorride lo faccio anch'io avvicinandomi a lui per dirgli della chiamata appena ricevuta dal suo amico. Ma prima ancora che io possa raggiungerlo, qualcuno mascherato, forse uno degli invitati a questa festa, un tizio con un cappuccio si affianca a lui, Hunter ascolta poi sgrana gli occhi mentre dalla sua maglietta inizia a diffondersi una macchia rossa.
Hunter abbassa gli occhi portando la mano proprio sul punto in cui è stato appena colpito da una pugnalata, mentre dalla mia gola sfugge un urlo talmente agghiacciante e abbastanza forte da fare cessare ogni rumore intorno.
Vedo ogni cosa a rallentatore. Le guardie che corrono ovunque dopo l'allarme che viene dato, i ragazzi che urlano e fanno diradare la folla per fare spazio.
Poi ci sono io che corro subito da lui ma è già a terra, dapprima in ginocchio poi completamente riverso sul pavimento. Prova a dirmi qualcosa quando provo ad aiutarlo ma non riesco a capire quello che cerca di dirmi perché le lacrime mi annebbiano la vista e le orecchie continuano a fischiarmi ininterrottamente. Premo un pezzo di stoffa che mi viene dato sulla ferita. Qualcuno mi dice che sta arrivando un'ambulanza ma, ad un certo punto Hunter non si muove più, non respira più.
Fisso il muro bianco davanti a me e non riesco a muovermi. Non adesso. Non ora. Le mie ossa continuano ad urlare, a bruciare, iniziano a cedere. Dentro la testa invece non c'è niente, solo un vuoto enorme riempito dal dolore.
«Tieni, bevi questo!»
Max si siede accanto a me passandomi un bicchiere di te'. Crede che si possa risolvere tutto in questo modo ma non allevierà niente. Non attenuerà quello che sento ormai da giorni.
«Iris, devi mangiare e bere qualcosa.»
Non una risposta da parte mia e un sospiro da parte sua che si allontana forse scuotendo la testa.
«Come sta? Non funziona?»
Come sto?
Come quando non riesci a respirare e continui ad annaspare e a dimenarti verso la superficie sempre più distante.
Come sto?
Come quando scoppi a piangere e non c'è nessuno intorno a te e il vuoto comincia ad oscurarti, ad immobilizzarti, però continui a tenere gli occhi aperti, magari qualcosa prima o poi cambierà.
Come sto?
Come quando fuori piove e non c'è nessun ombrello a ripararti. Mi sento scoperta, allagata dentro. Infreddolita nel profondo.
Dicono che un cuore che si spezza è un cuore che ancora vive. Il mio si è spezzato così tante volte da non trovare più i pezzi persi e sparsi ormai altrove come coriandoli di carta soffiati via dal vento.
«No. Io ci ho provato ma non mi ascolta. Lei... è distrutta, cazzo.»
«La mia bambina», singhiozza mia madre. «La mia bellissima bambina.»
Qualcuno si siede accanto a me. Ha un profumo tenue, lo associo subito alla persona e i miei occhi stanchi finalmente si staccano da quel muro per guardarlo.
Mi fermo, batto le palpebre. Non capisco più niente. Niente di quello che mi circonda. Non capisco il destino, la vita, la fortuna, la felicità. Capisco solo il dolore e questo cuore che inizia a battere sempre più lento. È tutto maledettamente asfissiante, assurdo, irreale. E scoppio a piangere.
Nelson mi sfiora una guancia ed io in silenzio lascio correre le lacrime che asciuga con i polpastrelli morbidi e caldi.
«Ho saputo che non mangi e non bevi. Almeno un po' d'acqua puoi metterla dentro lo stomaco, ti terrà sveglia se proprio non vuoi dormire.»
Appoggio la testa sulla sua spalla e lui mi fa una lieve carezza. Max si siede alla mia destra.
«L'ho sposato e non abbiamo avuto il tempo...», non riesco più a parlare.
A volte quello che provi è talmente forte da ferirti perché non sempre le cose vanno come vorresti. Non sempre il destino ha per te in serbo solo cose belle. Quando pensi di non amare nessuno, di non amare niente, lentamente ti disintegri dentro, ti spegni senza fare rumore come una lampadina che si è appena fulminata di colpo. Quando invece sei innamorato non hai bisogno di accendere la luce perché le stelle che vedi sono talmente luminose da mostrarti il mondo che ti circonda rendendolo al contempo meraviglioso. Ma quando l'amore fa male, quando non sai se ne sia valsa la pena di lanciarti in mezzo alle fiamme dell'inferno per catturare il tuo attimo di paradiso, che cosa ti resta?
L'amore è avere qualcuno al tuo fianco che lotta contro ogni altra peripezia quando a te la vita ti ha sferrato un colpo troppo profondo per poter essere lucido e cosciente. Per me l'amore è prendermi cura del mio cuore, prendermi cura di lui. Sperare che sopravviva, che non mi lasci sola a lottare per due.
♥️
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