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HUNTER
Guardarla andare via, non ha fatto altro che alimentare la mia voglia di conoscerla e stuzzicarla. Così come le mie fantasie su come e dove appartarci. Ma non sempre quello che desideri può essere quello che alla fine ottieni.
Quella ragazza ha quel modo di fare, quello sguardo tagliente, in grado di spiazzarmi. Ha un caratterino niente male, ma è pericolosa.
Mi diverte troppo il modo in cui ribatte o trova una risposta a tutto, anche quando ha chiaramente torto. Non si dà per vinta e non accetta di avere perso sin dall'inizio.
Mi sarebbe proprio piaciuto, in più occasioni, tapparle la bocca. Portarla dentro una delle stanze e farla smettere di parlare solo per farla ansimare e toglierle da quel bel viso quel muso lungo, cosa che non le si addice. I suoi lineamenti sono delicati, non ha bisogno di trucco per essere presentabile ed è sveglia, molto.
Non si è comportata come ogni altra ragazza. Non si è lasciata ammaliare da un bicchiere offerto o da una una conversazione che aveva un doppio fine. Lei si è mantenuta per tutto il tempo a distanza da me. Mi ha guardato con diffidenza sin dal primo istante e poi con sospetto fino a farmi sentire davvero quello che tutti pensano di me: un egocentrico del cazzo. Un bastardo senza scrupoli.
Come darle torto?
Ho avuto un comportamento perfido nei suoi confronti sotto quello stand. Non ho dato il peggio di me ma, l'ho stuzzicata troppo perché volevo vederla piegata al mio volere. Non avevo ancora conosciuto una ragazza tanto forte e ostinata e non intendo arrendermi.
Purtroppo sono fatto così. Mi piacciono le sfide, le cose complicate e non intendo smettere, perché è divertente ritrovarsi con lei. Con quell'aria da saputella, quel modo con aria fiera di sollevare la testa e quel naso dritto che arriccia di tanto in tanto, sono sicuro che nasconde qualcosa.
Inizio a pensare alla caccia. Si è aperto ufficialmente un gioco pericoloso. Lei è un bel cigno da acchiappare ma non è come tutte le altre volte, c'è realmente qualcosa che mi attira e mi invoglia ad entrare nel suo mondo.
Sono tante, infatti, le domande che continuano a circolarmi dentro la testa sul suo conto.
Ovviamente so già quello che fa nella vita. Ma non so perché lo fa. Non so perché ha lasciato tutti gli agi della sua famiglia per vivere da sola con uno stipendio misero in un appartamento che si affaccia sulla spiaggia, su una sorta di isolotto, lontano dalla città, dal caos. Non so perché le piacciono così tanto le piante. Non so qual è il suo sport preferito o se ci sono dei cereali che non riesce a mangiare, se le piace uscire e andare in discoteca o al cinema. Sono domande apparentemente stupide ma che mi fanno riflettere.
Quella dannata ragazza mi ha letteralmente fritto il cervello aprendo la bocca e non le gambe. È la prima volta che qualcuno stuzzica così tanto la mia attenzione. Ho già detto che è pericolosa per i miei sensi?
«Signore», Nelson arriva nella mia stanza come un tornado facendomi prendere un colpo. Ero talmente assorto da non rendermi neanche conto della sua presenza in camera.
«Si alzi, oggi è una bella giornata!», esclama a gran voce, con sarcasmo, in parte notandomi ancora altrove e impegnato a scoccargli un'occhiata cattiva.
In pochi istanti apre tutte le tende della stanza, costringendomi a nascondere il viso dalla luce che arriva colpendomi in maniera aggressiva, mi sento proprio come un vampiro, pronto a bruciare.
«Che c'è?», sbotto irritato. «Cazzo, chiudi tutto!», mi lamento.
Ho bevuto parecchio dopo averla vista andare via con sua madre che, mi osservava come un falco, come se le avessi sottratto qualcosa di prezioso, seppur per un tempo breve. Credo di averla vista anche parlare con i miei genitori. Certe cose, dettagli, non possono sfuggirmi e so già a chi rivolgermi per sapere di cosa discutevano.
Strano ma vero, nonostante la sbronza, questa volta mi sono addormentato da solo, nel mio letto. Non ho rimorchiato o fatto gli occhi dolci a nessuno. È un evento straordinario, visto che sono solito portare qualcuno con me in camera per una scopata, ad ogni festa o in questo caso, un funerale.
Il fatto è che sono stato impegnato nelle ultime ore. Ho messo al lavoro i miei amici per scoprire qualcosa in più su Iris Harrison, sulla sua vita privata. Qualcuno lo chiamerebbe stalking ma non è da me. Io vado ad attingere direttamente alla fonte. L'indagine la faccio fare ad altri più esperti, per evitare di addentrarmi troppo a fondo. I miei amici infatti, mi filtrano solo le cose che mi interessano. Quello che scoprirò in più su di lei, sarà proprio quest'ultima a rivelarmelo.
Ad esempio so dove lavora, quante volte al giorno fa una pausa in un locale, con chi si incontra. Ma, nessuno sembra trovare l'ombra di un ragazzo. Sembra quasi che lei stia in qualche modo nascondendo qualcosa, forse una relazione con qualcuno che i suoi genitori, la sua famiglia, non accetta.
«Ha dimenticato l'appuntamento dall'avvocato per la lettura del testamento, signore?»
Nelson, ancora una volta mi coglie impreparato, mi guarda con cautela facendomi sentire un relitto.
«Ho altri progetti per oggi. Quindi passo. Dopo avere fatto una colazione abbondante ed essermi allenato, penso proprio che uscirò. Devo scaricarmi. Passare la notte da solo mi ha ridonato energia, troppa per i miei gusti.»
Nelson tira la coperta dal letto lasciandomi scoperto. «E mi dica, come mai è solo nel letto oggi? Nessuna delle invitate le ha fatto gli occhi dolci? Avevano tutte dell'autoabbronzante spalmato come marmellata addosso?»
Passo una mano sul viso sollevandomi dal letto. Lo guardo male. Mi sta prendendo in giro, sta persino sorridendo. So che ha già capito ma adora stuzzicarmi, ottenere a modo suo le risposte.
«Il problema è stato proprio questo», brontolo trascinandomi verso la palestra, qui inizio a correre sul tapis roulant, faccio pesi e poi addominali. Per ultimo mi dirigo verso il bagno per togliermi di dosso il sudore e i pensieri.
Nelson si assicura che io non ozi mentre mi alleno e lavori al contempo, tenendo il telefono o il tablet vicino, rispondendo alle prime chiamate, quasi tutte per farmi le condoglianze.
«Si comportano tutte allo stesso modo», mi lamento dopo un po', senza apparente motivo.
Nelson tira le lenzuola dal letto completamente. Spalanca poi la porta della mia stanza lasciando entrare Myrtle, sua moglie che, in breve inizia a mettere tutto quanto ordine, senza mai fermarsi a guardare o a parlare.
Entro in bagno. Ogni stanza presente in questo piano, è collegata alla mia.
Nelson mi porta gli indumenti puliti.
«Ci hai provato ma non andrò dall'avvocato. Come ho detto, ho altri programmi per oggi. Recuperami una maglietta di cotone bianca e un paio di jeans.»
Nelson nasconde un sorriso, come se sapesse già quello che ho in mente di fare.
«Signore, sa che se non può oggi, l'appuntamento verrà spostato fino a quando non sarà pronto?»
«Spostatelo pure tutte le volte che sarà necessario, fate quello che volete ma oggi, ho altro da fare», dico spingendolo fuori dal bagno con un ampio sorriso. «Non voglio ascoltare le ultime volontà di un vecchio che mi odiava. Preferisco nettamente altro!»
Nelson inarca un sopracciglio con un sorrisetto beffardo in faccia. «Qualcosa... come seguire una ragazza per farla arrabbiare?»
Lo guardo stupito. Come ha fatto...
«A volte mi fai paura», ammetto.
Sorride ancora con soddisfazione gonfiando il petto. «Conosco i miei polli, signore. E se posso permettermi, è una pessima idea.»
Lavo il viso sistemandomi i capelli con un gesto frenetico della mano prima di spogliarmi e infilarmi dentro la doccia con il vetro satinato. Guardo Nelson e prima di chiudere la porta del box doccia dico: «Pessima o meno è sempre un'idea. E se non ci provi, non puoi saperlo.»
Mette le mani avanti ed esce dal bagno scuotendo la testa. Sa che quando prendo una decisione non cambio pensiero.
Dopo la doccia, vestito ma ancora carico, recupero gli occhiali da sole, la chiave dell'auto, il telefono e scendo al piano di sotto dopo avere ordinato che tutti i miei bagagli vengano sistemati in auto, compresa la pianta.
Quando entro in sala da pranzo, dove trovo quasi tutta la famiglia riunita e in religioso silenzio, vorrei mettermi a cantare. Oggi è un giorno felice, non rivedrò più quel vecchio balordo seduto sulla sedia troppo piccola per il suo culo enorme e non ascolterò i suoi continui rimproveri. È morto con il desiderio di vedermi mettere un anello al dito ad una ragazza.
Ghigno. «Buongiorno!», saluto allegro.
Mio padre, Albert Ford, capelli leggermente brizzolati, occhi azzurri, sguardo crudele, abbassa il giornale poi guarda il tablet e ancora me, prima di sollevare la tazza bianca per bere un sorso di caffè. «Ti sei degnato di onorarci della tua presenza almeno per la colazione», esclama a denti stretti. «Dopo l'uscita clamorosa al cimitero, sono certo che ne parleranno per mesi, se non anni.»
Non sembra poi così arrabbiato, forse soddisfatto e un tantino geloso per non essere stato lui a farlo. So che avrebbe tanto voluto. Ma non ha avuto le palle.
Bacio la guancia a mia nonna che si scioglie di fronte al mio affetto con un sorriso triste. So che le mancherà quel bastardo, ma starà meglio senza di lui. La vedo già meno spenta e all'ombra di quell'uomo volgare e stupido. Saluto anche nonna Gertrud e nonno August sedendomi accanto a mio fratello Archie. Non vedo i bambini e sua moglie nei paraggi.
«Ero presente anche ieri solo che eri troppo impegnato ad organizzare le tue giornate per accorgertene. Un po' come un tempo, vero Archie?»
Mio fratello per poco non sputa il caffè dentro la tazza. Non osa neanche contraddire nostro padre e a me piace metterlo in difficoltà.
Lui, al contrario di me, pende dalle sue labbra e vive per accontentarlo. Essendo più grande e già sposato, avendo dei figli, crede di essere in diritto di comportarsi da adulto a tutti gli effetti.
In realtà io e lui siamo fratellastri ma mia madre si è sempre comportata con affetto nei suoi e nei confronti di mia sorella, Amie, rimasta a Parigi.
«Papà ha ragione», inizia fissando la fetta di crostata. «Ti sei comportato come un pazzo. Diranno che eri ubriaco.»
Allontano il piatto e anche la tazza alzandomi. «E tu come mi hai visto, eh?», modulo il tono. «Non sono mai stato tanto lucido, ma che importa? Io me ne vado, mi avete già rotto le palle. Buona giornata, ci si vede al prossimo funerale.»
«Dove stai andando?», domanda mio nonno, August Ford, fissandomi con il suo unico occhio buono dopo che l'altro l'ha perso in seguito ad una battuta di caccia a causa di una pietra.
«Ho un impegno, e anche se non sembra ho una vita anch'io.»
«Abbiamo appuntamento con l'avvocato», dice mio padre. «Non puoi assentarti e presentarti vestito in quel modo.»
«Non sono più a scuola e posso marinare questa casa quando e come voglio. Adesso me ne vado, ne ho abbastanza di voi. Divertitevi a litigare per un pezzo di terra», replico. «Io posso farne anche a meno», aggiungo camminando verso l'entrata.
«Stronzi!», mormoro piano uscendo dalla sala da pranzo.
«Hunter Ford, fermati immediatamente!»
Mia madre, Harriet Bayle, addolorata per la morte di un padre assente come il mio, mi raggiunge con il suo tailleur largo e volutamente grande, due taglie in più per essere esatti e tacchi ai piedi che fanno un gran rumore sul marmo. La sua voce è simile a quella di un usignolo ma diventa stridula quando si agita, così tanto da perforarmi i timpani.
Mi fermo e mi volto. «Che c'è, mamma?»
«Non puoi essere presente, davvero vuoi mancargli così di rispetto?»
Sospiro stanco di combattere una battaglia già persa in partenza, ma sono comunque convinto di quello che voglio. «No, ho da fare ed è importante. Te l'ho detto!»
«E stai andando via adesso, mentre facciamo colazione? Sai che è l'unico momento che abbiamo per stare tutti insieme.»
La sua attenzione si sposta su Nelson che sta scendendo la mia valigia.
«Un momento, stai andando via dalla villa?», sembra sempre più allarmata.
So che le piace avermi intorno ma ormai sono cresciuto e non sempre riusciamo a vederci perché lei è impegnata in qualcosa, attività che svolge con molto entusiasmo.
«Si, non starò un giorno in più in questa gabbia di matti. Sto perdendo la mia sanità mentale. Non ho neanche portato a letto una di quelle ragazze, non mi stuzzicavano l'appetito e questo è già un traguardo o un motivo di allarme. Nessuno però parlerà male di me in quel senso oggi, per vostra fortuna.»
Mia madre arrossisce in modo violento. Il suo corpo, quando si imbarazza o si arrabbia, si ricopre di chiazze rosse.
«Hunter!»
Le sorrido. «Ti chiamo quando sono a casa», le dico avvicinandomi. «Ti voglio bene.»
È più bassa di me anche con i tacchi e così piccola che guardandola viene voglia di proteggerla. Ma sa come difendersi. Sa essere forte e testarda.
«Sai che tuo padre si arrabbierà?»
Alzo le spalle con finta indifferenza. «Gli passerà», replico. «Non è la prima volta.»
Fa una smorfia posando le mani sulla maglietta lisciandola sui miei pettorali. «Quella ragazza... con cui parlavi in giardino. La conosci?», chiede con attenzione.
«No, le stavo solo indicando la strada per non perdersi. Vagava in giardino smarrita e sola», mento. «Ottima scelta del colore del vestito però. Bianco, uno schiaffo al dolore!», rido.
Mamma annuisce. «Sai almeno il suo nome?», mi mette alla prova.
Sollevo l'angolo del labbro. Come posso non saperlo? Nelle ultime ore non ho fatto altro che leggere quello che i miei investigatori avevano su di lei. Tutto tranne la presenza di un uomo nella sua vita.
«Credo sia Iris... Harrison?»
«E non ti dice niente questo cognome?»
Fingo di riflettere sulla domanda con finta innocenza. «Thomas Harrison, il proprietario di uno dei musei più famosi di Miami e di una casa discografica oppure il famoso uomo di affari nel campo dell'energia solare? Se non sbaglio fanno affari con la nostra famiglia da anni, se non da generazioni.»
Mamma annuisce. «Esatto, lei. E sai anche che è importante che tu sia presente alla lettura del testamento?»
Sento un vuoto allo stomaco. «Non dirmi che quel bastardo del nonno ha messo qualche clausola su qualcosa che mi appartiene», dico ipotizzando il peggio.
Mia madre schiarisce la voce. «Non siamo sicuri sul contenuto del testamento, ma è possibile che nei prossimi mesi dovrai aiutare tuo padre con gli Harrison. Ieri l'ho sentito parlare con Thomas e Carol e a quanto pare hanno un grosso affare in corso, quindi non rovinare tutto e se conosci quella ragazza, non usarla. Potresti mandare a monte tutto quanto visto che è l'unica figlia e nipote femmina che hanno gli Harrison e ho notato che ci tengono particolarmente.»
Sorrido ampiamente. Mia madre aggrotta la fronte. Non mi ha mai visto tanto contento e raggiante. «Bene, quando avrete un piano, contattatemi.»
Apre e richiude la bocca seguendomi verso il portone, piena di domande. «Stai... accettando?», balbetta. «Non hai delle richieste da fare... qualcosa da chiedere in cambio?»
«Frena l'entusiasmo, mamma. Ho detto quando avrete un piano, non ho risposto di sì. Deciderò solo se potrò ricavarne anch'io qualcosa. Gli Harrison sono forti nel loro campo, noi ancora di più. Ma una trattativa è una trattativa e deve avere dei vantaggi, soprattutto per i Ford. Su cosa ha puntato gli occhi papà questa volta?»
Mamma sembra spaesata dal mio improvviso interesse verso gli affari di famiglia. «Indagherò. Sta attento e per favore, smetti di portarti a letto chiunque, nessuno ti vorrà più se si spargerà la voce che sei un uomo del genere.»
Non so se sentirmi offeso dal pensiero di mia madre ma lascio correre. «Tu pensa a tenerti stretto tuo marito che a chi mi porto a letto ci penso io.»
Avvampa. Sa che papà ha avuto qualche storia con le sue segretarie ma, non ha mai fatto niente per punirlo perché è sempre stato lui a farsi perdonare. Forse dovrebbe trattarlo male per un po', mettergli i bastoni tra le ruote. Invece lo lascia fare a me, lascia che la protegga io. La cosa non mi dispiace. Ho sempre trovato divertente prendere per il culo mio padre, batterlo nello stesso gioco facendolo sentire impotente.
«Signore, la sua auto e i suoi bagagli sono pronti», ci interrompe Nelson.
«Grazie», replico.
Mi avvicino a mia madre. «Prenditi cura di te e fagli vedere chi comanda.»
Le mi abbraccia. «Sta attento e per favore, comportati bene. E se proprio devi tornare da quella ragazza, non prenderla in giro.»
Mi allontano da lei confuso, uscendo fuori dalla villa. Metto piede sull'ultimo gradino e finalmente mi sento libero, meno oppresso.
Nelson mi apre la portiera. «Non posso guidare?»
Nega. «Entri e non faccia i capricci o chiederò il permesso a suo padre di punirla per quello che ha fatto al cimitero», mi stuzzica.
«Quando mi minacci sai che ci credo veramente», replico.
In auto la tensione si dissolve non appena usciamo varcando la soglia del cancello che si chiude alle nostre spalle.
Apro il finestrino accendendomi una sigaretta, godendomi il viaggio e il panorama che da verdeggiante si trasforma in un ambiente pieno di colori che virano dal beige all'azzurro, cristallino. Passo il pacchetto di sigarette a Nelson che ne accetta una, fumando insieme a me.
«Dove vuole essere lasciato, signore?»
Guardo lo schermo del telefono. «A sud di Wynwood Arts District c'è una libreria», inizio assorto dalle innumerevoli pagine che mi hanno inoltrato su di lei.
Nelson mi guarda dallo specchietto retrovisore. «Vuole fare colazione prima?»
«Prenderò solo un caffè in quel locale... che si trova proprio in quella strada dove ci trovavamo ieri. Ho notato che è pulito e il personale qualificato.»
«Che cosa spera di trovare in una libreria? Un volume che le cambi la testa dura?»
«Non cosa ma chi», replico indossando gli occhiali da sole, ignorando la frecciatina. Spengo la cicca e cacciando in bocca una gomma continuo a sorridere.
Nelson si ferma dopo circa quindici minuti. «Passo a prenderla quando vuole lei. Nel frattempo mi occuperò della sua villa.»
«Grazie, ci vediamo dopo», dico uscendo dall'auto. «E fa attenzione alla pianta.»
Mi incammino deciso verso il locale. Una tavola calda accogliente.
Appena entro varcando la soglia, lo scampanellio annuncia il mio arrivo.
La cameriera dietro il bancone in divisa rosa, si volta e vedendomi, forse anche riconoscendomi, mi sorride.
«Buongiorno, prenda pure posto, sono subito da lei», dice.
I miei occhi vagano tra i vari posti a sedere liberi, avvistando un posto all'angolo, tranquillo, niente porte vicine, in cui mi siedo comodo giocando con il contenitore dei tovaglioli.
La donna, alta, formosa dai capelli biondi raccolti in una coda, si avvicina con un ampio sorriso. Ha i canini sporgenti e un dente sull'arcata dentaria inferiore in avanti. «Caffè?», mostra la brocca.
«Si, grazie. E se è possibile anche un muffin», dico mentre mi riempie quasi fino all'orlo la tazza.
«Cioccolato, crema pasticciera, mirtilli o limone?»
«Cioccolato», dico distratto dal mio telefono.
Iris ha un blog. Non una comune pagina con le sue foto ma con quelle dei suoi lavori. Ogni giorno annota sotto una frase.
Leggo l'ultima che ha postato sotto la foto di un alberello, un bonsai:
"Il giorno in cui puoi essere davvero felice è oggi. Non ieri, non domani." - Iris
La donna, Crystal, come da targhetta sul petto, torna da me con un piattino su cui vi è un muffin enorme.
«Buon appetito», dice dileguandosi.
Le rivolgo appena la mia attenzione dando subito un morso al muffin. Ha un aspetto e un gusto davvero delizioso e il caffè non è niente male.
Non scopare con nessuno a quanto pare mi ha anche messo appetito.
«Stai proprio perdendo la testa Hunter», mormoro, continuando a fissare le foto e quegli scatti rubati ad una natura che compone lei realizzando piccoli ma grandi capolavori.
Quando finisco di fare colazione e di spulciare tutto l'album fotografico di Iris, mi alzo, lascio una banconota sotto la tazza e avvicinandomi al bancone chiedo a Crystal di incartarmi una tazza di caffè e un muffin, aggiungendo di proposito che dovrei portarlo ad una ragazza che lavora qui vicino, in una libreria.
Crystal, sceglie invece un muffin con la crema al limone e un bicchiere di te' verde, capendo al volo la mia richiesta silenziosa.
«Arrivederci e torni a trovarci quando vuole», mi saluta divertita prendendo la mancia generosa. «E buona fortuna», aggiunge.
«Non ne avrò bisogno, so come prendermi ciò che voglio.»
Esco dal pub dirigendomi verso la libreria memorizzando la scelta della donna su Iris. È singolare anche in questo. Chiunque ad impatto sceglierebbe un muffin al cioccolato. Lei no.
Non appena entro, l'odore della carta arriva alle mie narici con insistenza, ma è piacevole insieme al profumo di biscotti proveniente da una candela accesa dentro un barattolo di vetro forato.
«Buongiorno», mi saluta nascosta da qualche parte, in alto, dopo avere sentito il rumore della porta.
«Salve», dico modulando la voce per non farmi riconoscere in fretta.
La libreria non è spaziosa ma è ben organizzata, una struttura interamente in legno, luminosa grazie alle ampie vetrate che si trovano davanti a due divani a forma di ferro di cavallo con un tavolo basso su cui vi sono riviste e vasi di fiori freschi. Al di là di un arco un'altra sala dove è possibile leggere.
Mi ritrovo in un ambiente accogliente, pieno di volumi antichi e nuove edizioni, una cantina di vino al piano inferiore dalla quale si può entrare da una porta minuscola e scegliere il proprio calice di vino da accompagnare alla lettura di un buon libro, di quelli catalogati nell'altra stanza, quindi non vendibili.
Una scala conduce su un soppalco. Salgo su questo e la trovo impegnata a sistemare dei libri appena arrivati che si trovano dentro uno scatolone. Li prende sistemandoli in ordine su una parte della libreria vuota e pulita.
Sfioro un volume di Shakespeare. Alle narici mi arriva l'odore del miles dovuto allo spray usato per togliere la polvere da ogni comparto.
Sorrido e i miei occhi scorrono poi lungo la sua schiena, su quel sedere sodo, coperto dai pantaloncini di jeans e quelle gambe toniche che immagino allacciarsi intorno alla mia vita mentre mi impossesso di lei.
Qualcosa tra le mie gambe si risveglia con prepotenza e prendendo il libro lo osservo per non deconcentrarmi.
I miei occhi continuano però a posarsi su di lei, lascivi vorrebbero vedere altro, spogliarla e assaporare ogni centimetro della sua pelle delicata che oggi profuma tanto di vaniglia.
Sono intrigato dalla forza dei suoi modi, dalla sua schiettezza, dal suo essere vivace, piena di vita e donna. Già, lei è una donna, sa come attirare l'attenzione ma non gioca su questo.
Non sembra neanche la figlia di un uomo di classe, dell'alta società. È più una persona che si nasconde nelle vesti di una ragazza comune, quella che forse vuole essere per allontanarsi dallo sfarzo, dalla cattiveria, dalla competizione.
E mentre la osservo in silenzio, mi appare come un girasole in mezzo alle belle rose. Mi appare come un giardino segreto da esplorare. Come un tramonto da ammirare.
La mia bocca si apre senza controllo.
«Amami o odiami, entrambi sono a mio favore. Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore... se mi odi, sarò sempre nella tua mente.»
Pronuncio l'unica frase che ricordo a memoria, azzeccata, con enfasi, e lei, riconoscendo la mia voce, nel voltarsi di scatto, inciampa e cade a terra. I libri che teneva in mano si schiantano con un tonfo sul pavimento. Dalla sua gola esce un breve urlo e poi mi fissa atterrita prima di uccidermi con i suoi maledetti occhi chiari.
Poso il libro sullo scaffale e avanzando le porgo la mia mano.
Non so se sentirmi dispiaciuto per la reazione che le ho provocato o esserne felice, direi compiaciuto, per averle trasmesso qualcosa oltre al fastidio che gli leggo in faccia sin dal primo istante.
Lei, osserva il mio gesto galante standosene ancora per terra. Indurisce lo sguardo e dandosi una spinta si rialza da sola.
«Adesso mi segui o cosa?»
Mostro l'incarto con il muffin e il bicchiere di te'. «Sono qui per scusarmi per ieri. Tranquilla, me ne sto andando.. Volevo solo portarti questo.»
I suoi occhi saettano dai miei al sacchetto. Lo indica battendo lentamente le palpebre. «Che cosa hai portato? Non dirmi che quelli lì dentro sono i resti della pianta», dice, terrorizzata al pensiero.
Rido. Ci tiene davvero alle sue creazioni, incredibile.
«No, Bestiolina sta bene e presto si troverà a casa mia. Forse proprio in questo momento Nelson, la sta sistemando nella mia stanza, dove godrà del mio corpo nudo ogni mattina. Potresti farlo anche tu.»
Sistema la scatola sullo sgabello raccogliendo i libri per non farmi notare la sua espressione meno tesa.
Si abbassa ancora ed io mi avvicino a lei. Piegandomi sulle ginocchia, prendo l'altro libro sfiorandole di proposito il braccio.
Si allontana come un gatto, in fretta scende le scale di legno dirigendosi dietro il bancone. Qui, inizia a scrivere qualcosa su un quaderno tenendo tra le labbra il tappo della penna.
Osservo le sue labbra posando il sacchetto di carta davanti a lei, sul quaderno, fermando il suo tentativo di fuga.
«Sei ancora qua?», biascica. Toglie il tappo dalla bocca e ripete la domanda.
«Non sono uno che si lascia liquidare tanto facilmente, Bestiolina. Non vuoi sapere cosa c'è dentro?»
Sospira. «Poi te ne andrai e mi lascerai lavorare?»
Mi stacco dal bancone continuando ad osservare i libri sistemati nelle mensole con le mani dietro la schiena.
«Forse», rispondo con voce calma.
Mi siedo sul divano per testarne la comodità e, ammetto che non mi aspettavo così tanto confort.
Iris apre l'involucro sbirciando dentro. Nasconde un sorriso timido mettendo il sacchetto da parte. Alza gli occhi e anche il mento. «Adesso puoi andare.»
«Puoi anche dirlo», esclamo alzandomi, dandole le spalle.
«Che cosa?»
«Grazie. Ogni tanto puoi dirlo.»
Porta una ciocca di capelli sfuggita dalla coda bassa dietro l'orecchio. «Non ti ho chiesto io di presentarti qui e portarmi la colazione», risponde, come sempre pronta a non cedere. «E dovrei ringraziare Crystal, non te. Dubito tu sappia che preferisco bere te' e mangiare muffin al limone dopo le nove.»
Stringo i denti poi mi avvicino a lei appoggiandomi su un fianco al bancone. «Ti stupiresti nel sapere quante cose so già di te. Ad ogni modo l'hai preso, hai sbirciato, hai sorriso soddisfatta e adesso mi merito un grazie», mostro i denti guardandola intensamente.
Non arrossisce, non si scompone. «Fai mai qualcosa senza volere niente in cambio?»
Rimango a bocca aperta. «No», rispondo sincero. «Non ne vedo il motivo. Non si fa niente per niente.»
«Ovvio, sei un egoista del cazzo! Adesso vattene, devo lavorare», dice girando intorno al bancone.
Il suo umore ha appena subito una variazione. Si è come incupita.
Che cosa si aspettava?
Va ad aprire la porta indicando fuori. Non mi scompongo. Aggiusto la maglietta dalla quale si intravedono i miei muscoli scolpiti dalle lunghe ore passate in palestra ad allenarmi e che lei continua ad evitare.
«Vuoi davvero che me ne vada? Non ti senti un po' sola qui dentro?», mi avvicino a lei.
Drizza impercettibilmente le spalle. La prima vera reazione che sta avendo senza nascondersi dietro la facciata da dura insensibile.
Sfioro le copertine dei libri e lei trattiene il fiato. La vedo confusa mentre avanzo piano creando un attimo in cui la tensione potrebbe provocare dei grossi danni.
Mi fermo davanti a lei e abbasso il viso sfiorandole l'orecchio con le labbra.
Deglutisce a fatica facendomi ghignare e provocandomi una forte scossa al cuore che batte imbizzarrito.
«Non vorresti chiudere tutto e stare qui con me? Mostrarmi la cantina, scegliere un bicchiere di vino insieme, ad esempio.»
Schiude le labbra, batte le palpebre e guardandomi mostra un'espressione sconcertata. «Fai sul serio? È così che ti porti a letto tutte quelle ragazze?»
Fa qualcosa che non mi sarei mai aspettato: ride. Ride divertita e correndo verso il bancone si siede sopra, tira fuori il muffin dall'involucro di carta dandogli un generoso morso. Beve poi un sorso di te' leccandosi le labbra.
«Sei proprio messo male», dice mettendosi comoda e guardandomi attentamente. «La cosa più grave è che c'è chi ci crede.»
Rimango spiazzato da questa sua reazione. Chiudo la porta avvicinandomi come attratto. «Messo male? Non credo. Mi basta schioccare le dita e ritrovarmi una persona disposta a tutto pur di avere una notte o un momento con me.»
Ride ancora tappandosi la bocca piena. Deglutisce e lancia la carta dentro il cestino facendo centro. Alza le braccia in segno di vittoria e il bracciale uguale al mio le scivola un po' insieme all'orologio.
«Deduco che l'ultima volta in cui l'hai fatto, schioccare le dita intendo, non abbia funzionato bene. Sei troppo convinto, lasciatelo dire. Inoltre, se c'è una cosa che ho imparato è che più in alto ti spingi più rischi di perdere l'equilibrio e di cadere. Quindi ti consiglio di volare basso se non vuoi sfracellarti.»
«Io non cado mai.»
Mi guarda scettica. «Anche i più forti cadono, Assassino di piantine!», replica scendendo dal bancone. «Chiudi la porta quando te ne vai.»
Le afferro un polso e la costringo a guardarmi negli occhi, quando prova a salire sul soppalco. Odio quando mi si voltano le spalle.
Lei si divincola dalla mia presa, ma sono più veloce e l'avvicino maggiormente al petto dove il suo, bello sodo, aderisce perfettamente.
Il suo fiato cambia. Io al contrario trattengo il mio come se mi fossi appena tuffato in acqua.
Non so più che diavolo sto facendo. Parto in automatico senza riflettere e lei si rifiuta, mi respinge, rendendo tutto maledettamente eccitante e divertente ma complicato allo stesso tempo, perché mi conosco, so cosa accade quando succede, diventa una sfida silenziosa e pericolosa.
«Non ti piaccio neanche un po', vero?»
«No, sei fuori di testa?», mi spinge e la lascio andare.
Sfiora il polso con la mano. Mi trucida con i suoi occhi grandi mentre il suo profumo mi annebbia la mente e la sensazione della sua pelle fredda a bruciare la mia, mi stordisce.
«Non toccarmi mai più o ti taglio le dita e te le ficco in gola soffocandoti», minaccia.
Rido. Questo la fa infuriare e mi spinge.
«Ti fermerei molto prima che tu possa anche solo tentare di farlo.»
Incrocia le braccia al petto. «Ne sei così tanto sicuro?»
«Più che certo, Iris.»
Sentire il suo nome la fa agitare. Ha una strana postura ed espressione adesso.
Piego la testa. «Che c'è?»
«Sei un maleducato. Non ti sei neanche presentato.»
Mi sento uno stupido, in difetto. Come ho fatto a non pensarci?
«Sono Hunter», dico. «Assassino di piante. Buco nero in grado di risucchiare tutto senza mai restituire niente, detto anche la pestilenza, il bastardo egocentrico di Miami, lady Iris.»
Morde il labbro assottigliando gli occhi. «Stai imitando Missandei quando presenta Daenerys?»
La guardo con interesse. Adesso si che ha proprio attirato la mia attenzione. Come ha fatto a capirlo?
«Conosci Game of Thrones?»
«Non ti avrei chiesto se stavi imitando Missandei. E poi, chi non lo conosce? È uno dei miei telefilm preferiti. Ma il libro rimane il migliore, un capolavoro.»
«Acquisti punti», esclamo.
Mi guarda male. «Tu al contrario sei paragonabile a Dito Corto!»
Rido. «Le mie dita sono lunghe, morbide e agili abbastanza, vuoi provarle?», replico con fare allusivo.
Questa volta arrossisce. «Devi andartene, adesso», dice schiarendosi la voce quando qualcuno entra in libreria.
«Perché?»
«Iris», una voce maschile si diffonde intorno.
«Iris, tesoro, abbiamo dimenticato i volumi da portare alla fiera del libro. Hai visto dove li abbiamo lasciati?»
Iris sfoggia il suo più grande sorriso. «Maurice, non ha ancora perso la testa perché ce l'ha attaccata al resto del corpo, tesoro», aggiunge una voce femminile.
Iris sparisce per un attimo ed io la seguo ritrovandola con due persone. Una coppia di anziani che, non appena mi vedono, spalancano gli occhi meravigliati.
Tutti mi riconoscono eccetto lei, sul serio? Deve essere una punizione dall'alto, altrimenti non si spiega.
«Eri impegnata, tesoro?»
Iris schiarisce subito la voce. Un gesto che le ho notato fare spesso quando è nervosa.
Si agita poi mi indica. «Hunter, loro sono Maurice e Bonnie Brown, i proprietari della libreria, i miei datori di lavoro», li presenta con tanto affetto.
La donna si avvicina abbracciandomi mentre l'uomo mi stringe forte la mano.
«La nostra Iris le sta già mostrando il nuovo catalogo con gli ultimi arrivi? Lei ha tanto l'aria di uno che colleziona oggetti rari.»
In effetti non si sbaglia. L'uomo ha occhio.
«Si, Iris mi stava mostrando le opere in arrivo ma cercavo qualcosa di diverso oggi, da lei.»
Iris corre a prendere un cartone pieno di libri. «Ecco, andate o farete tardi», dice sbrigativa.
«Da quanto conosci la nostra bambina? Iris non ci presenta mai nessuno. È molto riservata.»
Iniziano a tempestarmi di domande e per la prima volta in tutta la mia vita non so se mentire o essere sincero.
Ma, il vecchio bastardo Hunter che c'è in me, decide di agire non appena Bonnie pone l'ennesima domanda, la più importante: «Voi due state insieme?»
«Non lo so ancora che cosa siamo. Non ho voglia di una relazione, non sono mai stato il tipo da fidanzamento.»
«Ma in questo modo non rischi di perderla? Qualcuno potrebbe portartela via.»
«In effetti una cosa so di volerla», inizio guardandola negli occhi, ignorando Bonnie.
Iris trattiene di nuovo il fiato scuotendo lievemente la testa per fermarmi.
«Non ho voglia di sentire altre mani tra le mie, altri profumi sulla mia pelle, altri sguardi addosso. Non ho voglia di trovarmi a letto con qualcuno che non sappia riconoscere la bellezza delle piccole cose. Non ho voglia di perdermi un tuo sorriso, un tuo gesto. Perché tu non sei gli altri»
«Non è romantico?», le chiede Bonnie dandole una spinta affettuosa, ma lei è immobile.
Decido di concludere in bellezza. Ho già ottenuto una piccola vittoria lasciando senza parole Iris, sul punto di scappare.
«Anche se ci conosciamo da poco, sto cercando di conquistarla. Sa meglio di me che non è facile. Iris non è una ragazza che cede facilmente alle lusinghe o alle promesse. Ma sono sulla buona strada.»
Bonnie mi abbraccia ancora con un ampio sorriso quando il marito le dice di andare e di non tormentarmi.
«È stato un piacere conoscerti e sapere che Iris si trova in buone mani. Hai proprio la faccia di un bravo ragazzo.»
Iris sgrana gli occhi arrossendo, massaggiandosi una tempia.
Trattengo una risata quando tenta di spiegare loro che sono solo un cliente e che in realtà non mi conosce. I due non sembrano convinti ma, alla fine, dopo avere salutato ancora e avere visto l'orario, se ne vanno lasciandoci soli.
Chiusa la porta, lei abbassa le spalle. «Dovevi proprio?»
«Non scaldarti tanto, non sono stato poi così perfido. Ho solo detto che ci sto lavorando, il che è anche vero.»
Ride nervosamente. «Non hai calcolato un dettaglio: che non mi interessa e che sto per cacciarti da qui a calci nel culo», replica acida.
«Perché?»
Iris si irrigidisce guardando alle mie spalle. «Per favore, vattene», dice a bassa voce.
«Ehi», saluta qualcuno alle mie spalle.
Mi volto e mi ritrovo un ragazzo davanti. Le sta sorridendo ampiamente, allo stesso tempo mi fissa squadrandomi da capo a piedi prima di chiedere silenziosamente spiegazioni a lei sulla mia presenza in una libreria.
«Tutto bene?», le domanda.
Non appena avanza verso di lei provo una fitta di delusione e una forte gelosia, quasi come se fossi suo e lei mia. Si impossessa in un lasso di tempo brevissimo e mi attanaglia. Impongo a me stesso di non allontanarlo da lei quando le circonda possessivamente la schiena con un braccio avvicinandola a sé. Impongo al mio cuore indisciplinato di non battere in modo convulso fingendo di non essere colpito dalla notizia che mi aspetto di sentire. Mostro indifferenza, freddezza, mentre dentro sto morendo dalla voglia di staccarlo da lei che, continua a guardarlo smarrita, spaventata e sorpresa. Come se avesse davanti un fantasma.
Stringo il pugno in vita. Che cosa vuole da lei? Chi è questo tizio che continua a guardarla come se volesse divorarla? Perché ha un viso conosciuto?
Sono solo due passi. Due passi che sembrano distare km. Sono a due passi da lei, eppure sento di essere lontano, troppo per poterla afferrare e strappare via da lui. Sono solo due passi, e lei è lontana da me.
«Nolan, lui è Hunter, un cliente.»
Nolan? Non mi è nuovo questo nome?
Il tizio mi porge la sua mano continuando a fissarmi intensamente. Mi sta studiando, proprio come io sto facendo con lui.
«Ciao, sono Nolan Ruiz», si presenta con spavalderia fingendo di non avermi riconosciuto.
In un attimo mi ricordo di lui. Non è la prima volta che lo vedo e guardando Iris, ho come un bruttissimo presentimento che sia proprio l'uomo che cerca di nascondere alla sua famiglia.
Attiro lo sguardo di Iris, ma i suoi occhi non mi guardano, non mi regalano nessuna delle sue attenzioni. Sono puntati su di lui, ad ogni suo movimento o gesto.
E mentre i miei, di nascosto, la tengono d'occhio, mi rendo conto di quanto sia folle tutto quello che sento.
Iris ha invaso la mia testa, ha confuso i miei pensieri, si è insinuata silenziosamente dentro e mi ha straziato il cuore con uno solo dei suoi sguardi.
Fa paura il modo in cui una persona sconosciuta, arriva nella tua vita e travolge la tua giornata, la tua monotonia, rendendo tutto ai tuoi occhi nettamente migliore, e non puoi farci niente. Non puoi liberarti da certi occhi.
Non avevo mai pensato di avere bisogno di qualcuno nella mia vita. Adesso che è qui davanti a me ed è tra le braccia di un altro, sento il bisogno di qualcuno che riesca a mettere a posto ogni parte rotta dentro di me. Sento il bisogno che sia lei a rimettere in piedi il mio cuore che non ha mai osato battere davvero per qualcosa, tantomeno per qualcuno.
Non mi serve qualcuno che mi cambi la vita. Alle favole non ci ho mai creduto. Mi serve lei a farmi sentire una persona e non un oggetto rotto, non un caso perso.
Merda, questa proprio non ci voleva.
Ma se Iris è impegnata con questo esemplare di perfidia, il gioco si farà di sicuro più eccitante. Sarà proprio bello intromettermi e stuzzicarlo, perché se non ricordo male, io e lui abbiamo ancora un conto in sospeso.
♥️
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