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37


IRIS

Ci sono sogni che svaniscono in un istante e incubi che continuano a farti compagnia e non solo per una notte.
Il tempo continua a scorrere inesorabile, va sempre avanti, non si ferma mai. Il passato si accumula, il presente si affievolisce e il futuro è sempre più incerto. Ogni cosa aumenta a dismisura e ti ritrovi a combattere contro gli errori, le dimenticanze, i rimpianti, la tristezza, il dolore. Ma siamo nati fragili, delicati e deboli. Siamo nati per cadere come le foglie di un albero in autunno. Siamo nati anche con la forza di un fiore a primavera, abbiamo la capacità di rifiorire, di rinascere. Cadiamo e ci rialziamo. Ci sbucciamo le ginocchia, disinfettiamo le ferite e poi fingiamo di non notare quelle cicatrici, quei segni lasciati da un momento, da una svista, da una persona. Ma siamo forti. Il cuore umano ha la capacità di rompersi in mille pezzi, di essere strappato, tagliato in due di netto e di avere la forza di battere ancora, nonostante tutto.
Il mio ha subito un violento colpo e adesso batte lento mentre intorno tutti sembrano darsi da fare per proteggermi. Ma nessuno può farlo. Nessuno può superare le idee, i piani, gli attacchi della persona che mi ha mandato un chiaro segnale.
Prima Porter che non si presenta all'intervista, Asher Jackson mandato per finta per registrare una sorta di confessione per uno scopo ancora tutto da chiarire, visto che è anche scappato e poi, poi il bouquet di fiori con all'interno una microcamera.
Nessuno può salvarmi da Nolan Ruiz. Neanche Hunter che sta facendo di tutto per tenermi al sicuro. Lo so io, lo sa lui, lo sanno tutti. Forse si stanno solo illudendo che prima o poi qualcosa non arriverà e non ci rovinerà. Per questo continuano a vivere fingendo che niente abbia scosso ancora le nostre vite.
Non riesco a calmare l'ansia e l'angoscia che sento. Non riesco a placare il bruciore allo stomaco e la rabbia che continua a salire addosso. Aspetto un altro segno, un'altra minaccia per avere la conferma.
Non riesco a togliermi dalla testa il suo messaggio. Come ha potuto? Perché sta continuando a tormentarmi assoldando persino un estraneo per avvicinarsi a me e terrorizzarmi in questo modo? Che cosa spera di ottenere?
"Non sei sua. Non lo sarai mai. Il prossimo sarà proprio lui se non lo lascerai. Sei solo mia, stronza."
Nolan mi vede ancora come un oggetto da possedere, come un qualcosa da conquistare anche con la forza. E sono stanca di vivere nella paura che lui da un momento all'altro possa fare del male a chi amo. Vuole me e vuole vedere Hunter fuori dai giochi.
Mi rigiro sotto il lenzuolo ancora una volta per trovare una posizione comoda. Sento lo scatto della porta, il tipico cigolio sinistro e breve, il tonfo, il fermo appena inserito, i passi lenti sul pavimento poi il letto muoversi e due braccia stringermi, avvolgermi con calore avvicinandomi ad un petto solido, caldo ma coperto dal tessuto. Il suo fiato sulla nuca insieme al profumo, mi fa rabbrividire e provo a riscaldarmi tirando la coperta. Lui lo percepisce e passa il palmo sulle mie braccia provocandomi ulteriori brividi. Mi agito ma non smette.
«So che non ti va di parlare. So che vuoi restare qui in silenzio e tranquilla, ma non ti permetterò di allontanarti da me. Non ti permetterò di avere paura da sola. Perché più darai potere alla paura più ti inghiottirà in quel vortice buio. Non voglio vederti triste, spenta e spaventata. Voglio solo vederti felice. So che chiedo tanto, ma possiamo provarci, che ne dici? Sono andato a prendere una vaschetta di gelato. Ho scelto due dei tuoi gusti preferiti. Apprezza lo sforzo e mangialo insieme a me.»
Chiudo un momento le palpebre poi mi volto e cerco ancora conforto tra le sue braccia. Nascosta nel mio posto tranquillo, provo a non pensare alle ultime ore passate. Non penso a tutto quello che abbiamo vissuto insieme dopo avere scoperto che Nolan ci sta tendendo una trappola, che siamo sotto il suo mirino e che con ogni probabilità prima o poi qualcuno si farà molto male. Provo a non pensare alle ore passate in quella dannata villa prima di avere l'ok per tornare qui nel mio piccolo rifugio, seppur scortata, dove spero di non dovere uscire e di potere stare bene, nonostante tutto. Il fatto che sia in carcere non mi tranquillizza, perché trova sempre un modo per raggiungermi. In fondo, lo aveva promesso minacciando che mi avrebbe trovata ovunque.
I miei genitori si sono messi al lavoro per proteggermi insieme ai Ford e ai miei fratelli che hanno chiamato chiunque per tenere Nolan dietro le sbarre, in una cella. Ma sarebbe abuso di potere e non possono di certo trattenere una persona chiusa in carcere senza conseguenze e senza una ragione. L'unica cosa che possono fare è aspettare e nel frattempo fare attenzione. In cuor mio spero che nessuno si faccia male.
Hunter mi sistema i capelli dietro l'orecchio e avvicinandomi al suo viso preme la fronte sulla mia. «Altrimenti ti riscaldo a modo mio», esclama. «E non ho nessuna intenzione di lasciarti andare, perché so che sotto questa maglietta nera con i palloncini disegnati a mano bianchi con le facce buffe non porti niente sotto.»
Mi sfugge un sorriso, nascondo il viso e lui trattiene il fiato prima di passare il palmo lungo la mia schiena. «Ti ho vista, sai.»
Ci riesce sempre anche quando è difficile riuscirci. Lui mi rende serena, lui tira fuori un lato di me che non avevo ancora conosciuto e un po' mi dispiace farmi vedere così giù di corda. Per questa ragione, ho anche pensato di fargli una piccola sorpresa, per ringraziarlo.
Sospira. «Possiamo guardare altri video, se non erro dobbiamo ancora passare in rassegna le foto e gli audio. Ho la password per sbloccare l'iPad. Nell'ultima settimana non abbiamo fatto altro che sistemare la faccenda dell'intervista senza più soffermarci su questo che è importante.»
È passato così tanto tempo? In questo lasso di tempo ho girato così tanto come una trottola da non rendermi conto delle ore passate a rincorrere il niente. Mi sento sconfitta. Tornare qui a casa mi è sembrata l'opzione più giusta per sentirmi a mio agio, per riprendermi un po' dallo shock.
Mi rendo conto di essermi buttata giù nell'ultimo periodo. Adesso ho solo bisogno di una distrazione. Mordo il labbro. «Va bene», accetto la sua offerta.
Si alza dal letto. Lo osservo mentre raggiunge la cucina con la sua tipica andatura da modello. Recupera un barattolo di gelato cioccolato e pistacchio incartato che ha lasciato al suo arrivo sul tavolo e tornando a letto mi passa il cucchiaio poi pesca l'iPad che Issac ci ha permesso di usare, apre la cartella piena di foto e audio e si mette comodo.
Prendo un cucchiaio abbondante di gelato appoggiando la schiena contro la parete, le gambe stese e incrociate sotto il lenzuolo azzurro chiaro, quasi sbiadito. Hunter fa lo stesso ingrandendo ogni foto scattata da Ellen quella notte.
Sono davvero tante e bisogna passarle in rassegna una ad una per cogliere dettagli o significati nascosti che potrebbero essere serviti a qualcuno. Perché fotografare proprio il bar? Perché la pista da ballo o il bagno?
Mi sento tradita.
A volte il cuore ha bisogno di tempo per accettare quello che succede, quello che la mente ha già capito da un pezzo. Perché da certe situazioni non ne esci. E non è questione di perdono. Non è questione di amore o fiducia. Quando le persone ti feriscono, ti tradiscono, iniziano a svanire un po' alla volta dalla tua vita. I ricordi sono importanti. I sentimenti sono importanti. Non esiste il torto e non esiste la ragione di fronte ad un tradimento, esiste solo una persona che vedi in modo diverso. Un po' alla volta smetti di volerle bene. Non è giusto per l'amicizia ma è giusto per il tuo cuore stanco di soffrire.
«Pensi ci sia qualche tuo nemico dietro questa faccenda?», biascico deglutendo.
«Come conosceva Ellen? Domanda numero uno. Come ha fatto a sapere il giorno esatto in cui ci saremmo riuniti per una serata? Domanda numero due.»
«Perché Ellen ha fatto tutto questo? Che cosa ci avrebbe guadagnato se non fosse sparita?», lo guardo con una domanda in testa che non oso chiedere all'inizio, poi però penso che lui è Hunter. Capisce al volo ogni cosa che mi riguarda, soprattutto i pensieri. A volte gli è così facile da stupirmi e da spaventarmi.
«È stata questa persona a farla sparire perché non gli serviva più o perché lei lo avrebbe incastrato in qualche modo? Però non si spiegano queste foto o prove ancora presenti nel suo iCloud. Potrebbe essere stata brava a nascondere tutto ma non era di certo un genio dell'informatica. Usava il telefono solo per scottarsi delle foto.»
Hunter tiene il cucchiaio in bocca dopo avermelo tolto dalle mani e fa una smorfia. «Non pensi che potrebbe essere stata una donna?»
Riprendo il cucchiaio. «Perché farlo? Una donna non avrebbe lasciato tracce. Quando si tratta di vendetta siamo molto attente ai dettagli. Pensi di avere una nemica! Ancora però non mi spiego il perché delle sue molteplici menzogne. Perché non dirmelo? Forse voleva crearsi un alibi o non so, sono sempre più confusa.»
Gli riempio il cucchiaio e lui si lascia imboccare. Deglutisce leccandosi le labbra. «Pensi che abbia mentito sin dall'inizio?»
«L'ha fatto con tutte quelle storie sul club, perché non farlo anche su tutto il resto? Avrà avuto un valido motivo persino per sparire, quindi potrebbe essere da qualche parte ben nascosta a godersi lo spettacolo di me che mi dispero per lei ancora dopo quattro anni. Non so, da quando ho saputo della sua scomparsa ho sempre avuto come la netta sensazione che lei non fosse morta.»
Si mette comodo. Ascolta con attenzione poi riflette usando quell'espressione che mi fa tanto girare la testa. Poso il dito sulla sua fronte abbassandogli il sopracciglio.
«Che cosa ricordi? Proviamo a fare chiarezza.»
Ripercorrere quella lunga settimana non è di certo la migliore cosa da fare ma so che devo, devo per rimettere in ordine i pezzi. Devo per trovare uno sfogo perché sto letteralmente impazzendo. Ho troppi dubbi, troppe domande tenute in sospeso e prive di risposta. Devo buttare fuori quello che ho vissuto e so di poterlo fare con Hunter, perché lui non si è tirato indietro quando è iniziato l'inferno firmato "Nolan Ruiz" e adesso quello di "Ellen Wood".
«È un po' lunga la storia ed è complicato da spiegare perché i ricordi con il tempo iniziano un po' a svanire, anche se ce ne sono alcuni ancora nitidi e in grado di fare male. Ricordo che è stata una lunga settimana spossante tra lavoro, studio e lei. Continuava a dire quanto fosse eccitata, emozionata ed elettrizzata di essere stata scelta. La vedeva come un'occasione importante, un evento da non perdere perché non capitava a tutti di essere invitati ad una festa per pochi.»
Mi porge un po' di gelato. Mangiucchio distratta, con gli occhi fissi sullo schermo adesso spento e la mente a quei giorni. «Scelta? Non selezionavamo le persone a caso o per il grado di popolarità. Non lo abbiamo mai fatto. Semplicemente invitavamo chi volevamo e prima doveva essere approvato da tutti, per non avere problemi. Qualcuno ha falsificato l'invito o lo ha rubato per poterglielo mandare. Oppure se proprio dobbiamo pensare male... potrebbe essere stata proprio lei a creare tutto a regola d'arte.»
«E il volantino che aveva quindi come me lo spieghi? Non avrebbe potuto inventarlo. A parte questo, quale era il senso di quello che c'era scritto sopra in quello che ho preso quella sera alla casa stregata?»
Sorride. «Qualcuno lo avrà lasciato lì. Era un gioco. Hai presente il gioco "cinque o sette minuti in paradiso", "il gioco della bottiglia", "obbligo o verità?". Volevamo attirare e divertire un po' chi partecipava e in ogni serata c'erano quei giochi stupidi. Quello che avevi tu era "scommetti o perdi?", un gioco in cui dovevi scommettere su qualcosa e se non accettavi perché la posta era troppo alta e non giocavi a carte, perdevi dei soldi o qualcosa che avevi messo nel piatto. Il gioco non era difficile, la carta più altra tra due sfidanti vinceva. Si poteva anche giocare in altri modi non solo a carte. Alcuni hanno perso la ragazza in quel gioco, per non avere dato un bacio ad un'altra oppure una casa per non avere bevuto un intruglio che avrebbe mandato in coma etilico chiunque.»
Spalanco gli occhi e annuisce. «Hanno scommesso e messo nel piatto la propria donna. Non immagini quante risate quando poi perdevano. Ovviamente era solo un gioco, ci facevamo quattro risate.»
Non nego di sentirmi meno tesa adesso che ne stiamo parlando così tranquillamente e senza segreti. «Tu giocavi?»
«Inauguravo le partite. A carte non gioco quasi mai durante le feste. Se ti stai chiedendo perché è semplice: sono bravo, vincerei facile e non sarebbe giusto.»
Inarco un sopracciglio tenendo il cucchiaio in bocca. Lui lo tira e io esclamo: «sei uno sbruffone!»
Ghigna in modo sghembo. «Poi che cosa è successo? Nel frattempo che la tua amica si organizzava per la festa che cosa facevi?»
Non è interessato alla mia amica ma a me, alla mia vita passata quando ancora lui non ne faceva parte.
«Studiavo e lavoravo per i miei. Ricordo che avevo dei progetti importanti e lei sempre lì a stressarmi su questa storia. Non la smetteva. Mi ha raccontato delle regole ferree, del fatto di non potere usare i telefoni.»
«Lo facevamo per un fattore di privacy. Di invasate che chiedono foto ne avevamo abbastanza e abbiamo escogitato questa "regola" per goderci davvero la serata senza tecnologia. E funzionava.»
Posa il barattolo quasi vuoto sul comodino. «Aveva dei nemici?»
Lo guardo come se mi avesse appena chiesto qualcosa di stupito e ovvio. Lui sorride intuendo al volo. «Già, era Ellen.»
Annuisco. «Reginetta del ballo, amante del professore...»
«Davvero l'hanno beccata dentro il bagno con due ragazzi?»
Sollevo la spalla. «Aveva gusti particolari, che vuoi farci?»
Gratta la tempia. «Sei ancora convinta che mi sarebbe piaciuta?»
«Non so. Lei... non era come me...»
«Che cosa intendi?», si stende su un fianco giocando con una ciocca dei miei capelli. La attorciglia e poi la srotola prima di rifare il gesto.
«Io non ti sarei saltata addosso. Non ti avrei mai provocato o guardato. E forse tu avresti fatto lo stesso con me proprio perché... ero anonima o come diceva Ellen: "una verginella", "una santarellina" o "una suora di clausura". Faceva spesso commenti sul mio corpo, ma io non mi mettevo mai in mostra, non mi atteggiavo come tutti quelli che conoscevamo. Ho preso un po' di coraggio solo dopo la sua scomparsa.»
«Sincera e dura nel dirmi queste cose», replica.
«Non offenderti ma non eri un tipo su cui poter fare affidamento, e non eri così a posto con la testa in quel periodo.»
Ride ripensando a qualcosa di divertente. «No, in effetti ero un po' sulle righe.»
«Eri uno stronzo.»
La sua mano si posa sul mio fianco. «Lo sono ancora. E in ogni caso tu saresti stata lo stesso il mio tipo. Se ti avessi incontrata quella notte avrei fatto con ogni probabilità il diavolo a quattro pur di avvicinarmi a te sbaragliando la concorrenza, tenendo chiunque lontano da te, perché non avresti avuto il cartellino. E se lo avessi avuto te lo avrei staccato di dosso», sussurra con voce roca.
Gli accarezzo una guancia. Mi piace sentire la sua barba sotto i polpastrelli. «Anche se non sarei venuta a letto con te?»
Annuisce. Non riflette un solo istante. «Ho la fama di puttaniere, donnaiolo e tanto altro, lo so, ma in realtà non ho mai avuto tante ragazze e tu sei la mia prima fidanzata. E spero sarai anche l'ultima.»
Sorrido mentre avvicina il viso al mio per appoggiarvi la fronte. «Non importa come sei. Mi piaci proprio perché non sei la solita ragazza che farebbe di tutto per un attimo di popolarità. Non chiedi mai attenzioni anche se ne meriti tante. Mi piaci perché non ti tiri mai indietro, perché lotti e perché mi fai sentire in qualche modo speciale quando mi guardi o mi rendi partecipe o ancora quando mi difendi.»
Le mie gambe si insinuano tra le sue. Le mie dita sfiorano il suo viso e le sue labbra toccano le mie. Profuma tanto di colonia maschile e bagnoschiuma al sandalo e cedro. «Mi saresti piaciuta anche timida, scorbutica, diffidente più di adesso. Mi avresti reso la vita un inferno ma ci avrei vissuto con piacere per potere vedere quell'attimo di paradiso insieme a te. E ti dirò di più, mi sarei innamorato lo stesso di te, perché so che avresti usato parole e gesti in grado di attirare la mia attenzione. Quindi non avere dubbi sul mio amore, Iris.»
Annuisco alzando e abbassando la testa. Le nostre labbra si toccano e lui freme.
Le sue mani dai miei fianchi scendono fino alle natiche e mi preme forte a sé.
«Non avresti resistito. Mi avresti lasciata senza una ragione o umiliandomi come se fossi una ragazzina.»
Nega. «Non riesco a lasciarti andare adesso, figuriamoci quattro anni fa. Ti avrei corteggiata un po'.»
Sorrido guardandolo da sotto le ciglia. «Solo un po'?»
Sfiora le mie guance poi il collo mentre mi abbassa i pantaloncini fino alle ginocchia. Mi fa piegare le gambe e li lancia fuori dal letto. «Solo un po'», ripete baciandomi tutta la gamba fino all'interno coscia.
«E come mi avresti corteggiata?», afferro il suo viso tirandolo verso il mio.
«Viziandoti a letto», esclama.
Rido. «Idiota!»
Mi bacia la spalla fino al collo. «Me lo hai detto anche le prime volte, che sono idiota. All'inizio mi faceva arrabbiare il modo in cui mi respingevi, mi ignoravi, ti ostinavi a seminarmi e trovavi sempre un pretesto per starmi alla larga.»
Ghigno soddisfatta e mi morde la pelle prima di sfilarmi dalla testa il top. Vedendo che non porto niente sotto, proprio come pensava, spegne la luce sul comodino e posa piccoli baci su tutto il mio petto. «Non mi odiavi, mi scansavi ed io... ammattivo. Lo faccio anche adesso quando mi mandi a quel paese, quando litighiamo e te ne vai. Impazzisco perché mi irrita...», con una mano tiene il seno sinistro mordendomi quello destro, facendomi ansimare e contorcere sotto il suo peso.
«E ti avrebbe fatto eccitare quattro anni fa questo mio atteggiamento?»
Solleva la testa e l'immagine delle sue labbra così vicine al mio senso mi regala una forte scossa che va a depositarsi sul basso ventre.
«Si, molto. Proprio come adesso...», sussurra ansimando. La sua mano scivola lungo la mia vita mentre continua a baciarmi passando verso lo sterno.
Afferra e abbassa i miei slip con una certa fretta di liberarmi e di potermi ammirare nuda, stretta al suo corpo che emana un calore inimmaginabile e un profumo buonissimo. Lancia anche gli slip via e allargandomi le gambe mi tira giù, sotto il suo peso, sistemandosi su di me. Attacca con baci lenti il mio collo e sotto l'orecchio, tenendomi ferma. Gemo, provo a fermarlo ma non smette.
È una sensazione paralizzante all'inizio poi il mio corpo sembra risvegliarsi con un lieve formicolio e un piacevole calore a diffondersi ovunque; infine prorompo con piccoli gemiti che riempiono il silenzio nella stanza mentre il mio cuore prende il galoppo e sbatte contro la gabbia toracica.
«È un momento sbagliato», si ferma un istante per riprendere fiato. Il viso improvvisamente corrucciato poi quel sorriso sardonico in grado di farmi venire voglia di mettermi a strillare come una bambina, tanto è elettrizzante e provocante. «Non posso approfittarmi di te mentre stai male», continua a stuzzicarmi.
Sento che si è eccitato e muovo i fianchi.
Sulle sue guance si forma un alone di rossore. Sorrido proprio come lui, continuando a sfiorarlo e cerca di fermarmi. «Iris...»
Gli tolgo la maglietta senza preavviso. Tocco i suoi muscoli e stringo le braccia intorno al suo collo. «Si, è il momento sbagliato», sussurro. «Sono ancora scossa e tu non puoi approfittarti di me, della mia debolezza. Anche se... mi farebbe stare meglio ricevere un po' di coccole.»
Mi guarda famelico. «In effetti abbiamo litigato e io non ho ancora chiesto scusa come si deve.»
«Non ti ho ancora perdonato», sussurro sentendo quanto si sta eccitando.
Le mie dita scivolano verso la sua vita. Supero la lieve peluria sotto l'ombelico.
Geme. «No? Allora devo rimediare...», si lamenta sentendo che sto tirando il primo bottone. «Subito!»
«Mi piace questo piano. Mi piace anche sbottonarti i pantaloni perché ci trovo sempre una gran bella sorpresa dentro», sussurro sul suo orecchio prima di leccarmi le labbra inferiori apposta.
Mugola schiacciandomi contro il materasso, muovendo i fianchi. «Tra poco non risponderò più delle mie azioni, piccola. E la sorpresa la sentirai dentro di te.»
Tiro lentamente giù la cerniera. «Uhhh, che paura. Prima voglio vedere se sei pronto a chiedere scusa, a fare pace, a rimediare... e com'è che hai detto? Ah, subito!»
Solleva l'angolo del labbro. Afferrandomi la mano la porta proprio sotto lo strato dei boxer. «Ti sembro pronto?»
«Hmmm, un po'», lo provoco sussurrando.
Stringe i denti. Gira il viso e impreca. Scuote ripetutamente la testa e dilata le narici baciandomi il collo, succhiando la pelle con una certa forza. «Non resisto...»
Rido abbracciandolo, avvinghiandomi come una scimmia e lui, lui rimane un po' confuso all'inizio, poi però sbuffa rilassandosi su di me. «Sei una stronza! Sai come farmi eccitare. Sai come fare scattare dentro di me quell'irrefrenabile voglia... sai... troppe cose.»
Sollevo il suo viso affondando le dita tra i suoi capelli. «Dillo!»
Abbasso i suoi pantaloni tirandoli giù. Se ne libera velocemente e rimane in ginocchio davanti a me. Tira l'elastico guardandomi come un diavolo tentatore, con l'angolo delle labbra piegato all'insù, gli occhi sfavillanti e colmi di lussuria. «E questi?»
Mi sollevo. Lui mi fissa smanioso ma non si muove, non mi tocca, non dice niente sul mio corpo in bella mostra.
Non mi vergogno più a mostrarmi a lui senza vestiti, senza difese. Non mi vergogno a mostrargli ogni mia sfumatura, ogni mia cicatrice. Con una mano sulla sua spalla mi tengo in equilibrio, sfioro le sue labbra e con l'altra mano tiro giù i boxer continuando a fissarlo dritto negli occhi. «Questi lo togliamo...»
«Toglili!»
Prova a baciarmi e sfuggo. Si irrigidisce e sorrido. Con la punta della lingua sfioro il suo labbro inferiore. Le sue pupille si dilatano. Lo vedo grazie alla luce proveniente dall'esterno. Le sue mani si appropriano delle mie natiche per non farmi allontanare troppo, anche se non ne ho alcuna intenzione. Tiro piano i boxer e lui ad occhi chiusi geme. Libero il suo corpo e con la mano afferro la sua parte anatomica attualmente molto delicata e sensibile, mentre prova a mordermi per baciarmi. Quando stringo un po' la presa lui serra i denti.
«Cazzo!»
«Oh... si, è anche sveglio!»
Ride e si irrigidisce mentre lo tocco e poi mi sistemo su di lui. Schiude le labbra. «Mi vuoi morto!», esclama passando una mano sul viso accaldato.
Mi strofino un po' su di lui e si irrigidisce. Prova ad afferrarmi, a spingere con i reni ma mi tiro indietro. «Sssh», con una mano tengo fermo il suo viso. Ci guardiamo negli occhi mentre mi abbasso lentamente e lui mi viene in contro. Urlo brevemente e spinge con più forza per risentire il mio suono. Porto indietro la testa e non si ferma, tira i miei fianchi a sé tenendomi per le natiche mentre si spinge dentro con colpi secchi e decisi. Mi stringo a lui, i nostri corpi sfregano e questo ci fa gemere entrambi.
Non riusciamo a parlare, solo ad incastrarci fino a tremare e a fermarci per non sprecare nessuna goccia di piacere.
Hunter mi fa scivolare sul materasso, solleva le mie ginocchia e poi dopo un momento carico di tensione in cui credo di potere impazzire e mettermi ad urlare dalla frustrazione, affonda dentro di me senza sosta, tenendo il viso sul mio collo che bacia, morde e trattiene tra le labbra. Graffio la sua schiena e mi divarica le cosce insinuandosi in profondità, sempre di più fino a fermarsi, a guardarmi.
«La prima e l'ultima», sussurra più volte. «Sei la prima e l'ultima», ripete. «Mia...», grugnisce scattando con molta forza, lasciandomi senza fiato, senza voce. La vista mi si appanna, tremo dentro e fuori e lui scuote la testa muovendosi più veloce.
«Hunter...», mi si blocca il respiro.
«Ripetilo!»
«Hun...», mi perdo e lui mi ricade addosso tra gli spasmi mentre mi riempie della sua essenza, continuando a baciarmi e a guardarmi negli occhi con tanto di quell'amore da non sapere dove altro nasconderlo.
«Ci siamo impegnati per avere un bel bambino», sorride ma non si muove ancora e non mi lascia.
«Davvero?», chiedo affannata, cerco nel frattempo di riprendermi ma muove i fianchi facendomi gemere. «Non lo senti?»
«Cosa? Una sostanza liquida calda che sta colando oltre che dentro di me anche tra le mie gambe?»
Ride scuotendo la testa. «Sei incredibile! Certo che sai come rovinare un bel momento.»
«Ma tu non sai se per me è stato un bel momento», lo metto alla prova ma non posso fare a meno di sorridere.
Mi guarda storto. «Se mi concedi due minuti possiamo riprovare.»
Cerco le sue labbra per baciarlo delicatamente. «Sai, anche se fai centro prendo le dovute precauzioni.»
Sfrega la barba sulla mia pelle facendola arrossare. «È divertente sapere che i miei piccoli uomini in questo istante sono dentro di te anche se presto dovranno sparire, proprio come lo sono ancora io e... hmmm mi piace.»
Muovo i fianchi. «È un momento sbagliato, ricordi?»
Si solleva a metà busto. Passo la mano sul petto sudato e scendo piano mentre tenendomi le cosce si muove guardandomi con intensità. «Si, e forse anche quello giusto per parlare di noi.»
Ansimo. «Che altro c'è da dire?»
Si abbassa. «Che mi vuoi sposare», sussurra fermandosi, spingendosi dentro di nuovo in quel modo e così a fondo da farmi urlare. Mi tappa la bocca con un bacio.
«No», mugugno.
Alza la testa. «No?», continua e sorride. «Hai mio figlio dentro di te e mi dici no?»
Adoro quando è così scherzoso. «Si, ti dico di no. Saresti un pessimo padre e un pessimo marito», replico sorridendo. «Sei un buon amante però e mi basta.»
Mette il finto broncio. «Solo un amante? Non è vero», piagnucola scivolando via. Mi abbraccia e io mi adagio a lui. Gioco con le linee sul suo petto. «Secondo te riusciremo a scoprire tutto e ad avere una vita meno piena di sorprese negative?»
«Alla fine capiremo che cosa è successo alla tua amica. Ma non è questo il momento. Adesso mi spieghi perché mi hai detto di no?»
«Non stavi scherzando?»
Scivola supino, la mano dietro la nuca. Fissa il tetto per qualche istante poi risponde con un tono basso, roco, profondo. «No.»
A pancia in giù lo guardo mentre il mio cuore aumenta i suoi battiti facendomi capire quello che vuole. «A volte mi spaventi», dico tirando il lenzuolo, alzandomi e spostandomi in bagno.
«Perché?», mi segue svelto.
«Perché fai le cose impulsivamente e non valuti se le persone sono davvero disposte a scendere a patti o meno o se vogliono... qualcosa.»
Mi infilo dentro la vasca e apro il soffione dopo avere lasciato la coperta a terra e tirato la tendina. Lui spegne il getto dopo essere entrato nella vasca con prepotenza. Mi supera di netto in altezza ma non mi fa paura.
«Quindi non hai mai pensato alla possibilità di avere un uomo accanto per tutta la vita?»
«Si, da quando ti conosco.»
Riapre il getto e mi preme contro le piastrelle con un lieve sorriso. «Allora perché sei titubante?»
«Perché corri troppo e non voglio dire di sì senza prima avere la certezza che niente e nessuno potrà dividerci. Perché se dico si, non puoi più scappare.»
«Quindi... fammi capire, in realtà sarebbe un sì senza Nolan tra i piedi?»
Mi insapono dandogli le spalle. I minuti passano e lui è sempre più teso.
«Si», sorrido passando sotto il getto caldo. Mi avvolgo sotto un morbido asciugamano ed esco dalla vasca. Indosso la biancheria e torno a letto prendendo le lenzuola pulite.
Hunter mi raggiunge, mi abbraccia da dietro e dopo avermi dato un bacio sulla nuca mormora. «Prenderò la tua risposta come una prima opzione. Non puoi ritrattare tra qualche ora o giorno quando te lo chiederò di nuovo.»
Accarezzo la sua mano. «Perché è così importante per te?»
«Perché ti ho trovata e non intendo fare a meno di te nella mia vita. Non intendo neanche vederti tra le braccia di un altro.»
Sorrido baciandogli i polpastrelli. I miei occhi si abbassano lenti e piombo subito nel sonno.
Il telefono che vibra rumorosamente sul comodino mi fa scattare a metà busto. Dalla finestra filtra la luce tenue del mattino. Anche Hunter si è svegliato e attende che controlli.
Guardo con un occhio lo schermo, non riconosco il numero e rispondo.
«Iris Harrison?», chiede una voce femminile che non riconosco.
«Si?»
«Chiamo dal carcere di massima sicurezza. C'è un prigioniero che vuole parlare con lei. Vuole accettare la chiamata a suo carico?»
Hunter sta ascoltando perché ho inserito il vivavoce e mi fa cenno di accettare dopo avere recuperato il suo telefono per registrare.
«Si», sussurro con lo stomaco sottosopra.
Segue un suono stridulo poi il silenzio in grado di farmi agitare ed infine, la sua voce a fare crollare tutto.

♥️

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