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36


HUNTER

Ogni scelta fatta richiede un prezzo da pagare. Per le cose che contano davvero è ancora più difficile fare la cosa giusta ma è un sacrificio che bisogna compiere perché il cuore si ammacca facilmente.
Ma quando ami una persona l'unica scelta sensata che puoi compiere è affidarle il tuo cuore pur provando paura. Perché l'amore è il motore che avvia tutto quanto: i battiti, i brividi, le lacrime. L'amore è la ragione che ti spinge a fare cose folli, stupide, spesso assurde. L'amore è una lotta ed io di lottare per lei non ne avrò mai abbastanza. Perché lei è la ragione di ogni mio sorriso, di ogni mia speranza. Lei è il mio presente. Lei è tutto quello di cui ho bisogno per stare bene, per respirare a pieni polmoni, per sentirmi completo. Già, proprio io. Io che non ho mai voluto nessuno nella mia vita. Io che ho sempre allontanato chiunque per non farlo soffrire, tremo al pensiero di lei lontana da me.
Sollevo gli occhi dal foglio pieno di domande che mia madre ci ha fatto mandare da un cameriere dentro una busta e su un vassoio d'argento.
Prende seriamente la cosa ma sono distratto dalla moltitudine di pensieri e problemi da affrontare che, sono più importanti di una stupida intervista che serve per mettere ancora in evidenza le nostre famiglie, sempre più sulla vetta del successo. I giornali non fanno che parlare di noi. La cosa inizia anche ad infastidirmi. Non ho più una privacy.
Massaggio la fronte e stropiccio gli occhi sentendomi stanco, un vero straccio. Non è stato facile calmare quel diavolo della Tasmania di Iris. Mi sorprende sempre di più la sua forza, la sua tenacia e la sua testardaggine. Non è mai prevedibile e mi fa ammattire quando scappa, quando mi rifiuta. Ma capisco perché lo fa. So che non vuole allontanarsi da me ma mandarmi un messaggio chiaro.
Ho già commesso un errore, non lo ripeterò. Mi impegnerò ancora di più per essere migliore. Sto vivendo cose nuove e inaspettate e, ammetto che non è facile perché non sono abituato a tenere così tanto a qualcuno che in poche settimane si è trasformato nel mio mondo rendendolo migliore, però per lei farei di tutto.
Issac mi dà una gomitata sul fianco. Sollevo gli occhi dal foglio a lui per capire e mi indica la figura che da un paio di minuti sta continuando a camminare avanti e indietro con le cuffie alle orecchie e gli occhi puntati sullo schermo.
Come era prevedibile Iris non è riuscita a dormire o a riposarsi. Continuando così finirà per avere un crollo nervoso, me lo sento. Devo fare qualcosa.
«Che c'è?», chiedo al mio amico, non capendo la ragione del suo gesto.
Sorseggia il suo caffè. «Le si asciugheranno gli occhi. Fermala, adesso!», ordina drammatico. «Inizia a darmi sui nervi il suo continuo via vai.»
Soffiandogli la tazza dalle mani, bevo un sorso del suo caffè facendolo lamentare e alzandomi mi avvicino a lei, sempre più assorta. Mi posiziono davanti e sussulta, togliendosi subito la cuffia. «Ciao», dice e poi arrossisce senza una ragione.
So come si sta sentendo: stupida. Ormai inizio a conoscerla e a capirla al volo quando mi guarda o quando sfugge ai miei occhi che sono come trappole per le sue bellissime iridi.
«Ciao», rispondo allora sorridendole, stando al gioco.
«Che c'è?», domanda notando che la sto fissando per più di qualche minuto.
«Issac è preoccupato per i tuoi occhi. Dice che tra un po' ti si seccheranno.»
Abbozza un sorriso guardandolo con affetto poi si volta mettendo le mani sui fianchi. «E tu? Non sei preoccupato?»
Fingo indifferenza e lei per qualche istante sembra rimanerci male. Questo fino a che non rispondo.
«Tanto non mi ascolti. Ti ho già detto un paio di volte di staccare, di prendere un po' d'aria, di mangiare qualcosa e di rilassarti perché tra poco ci ritroveremo sotto il mirino del più importante giornalista di tutte le riviste e perché ti stancherai o peggio: avrai un crollo nervoso, ma non mi ascolti.»
Picchia il palmo sulla mia spalla un paio di volte. «Mi sto rilassando così, capendo qualcosa su tutta quanta questa storia. Più cose scopriamo più possibilità di sapere la verità avremo. Ma... a quanto pare Ellen continua a stupirmi sempre di più.»
Corrugo la fronte. «Hai visto qualcos'altro?»
Quella ragazza è una dannata spina nel fianco. A quanto pare ha rivelato dettagli della festa ad Iris una settimana prima di partecipare. Adesso stiamo seguendo e trascrivendo ogni suo passo per capire quello che aveva in mente di fare, perché non era lì solo per divertirsi.
Issac si alza dal divano come una molla mentre Iris annuendo ci mostra altre immagini nitide della sua amica che, non solo è entrata in una delle camere private presenti nella casa stregata addobbata per la festa, ma è anche rimasta lì a giocare a carte e a parlare con delle ragazze. Prima di varcare la soglia però, ha controllato il telefono.
«Ecco, così vedete meglio.»
Ingrandisce come meglio può le immagini e notiamo che Ellen stava davvero registrando tutto. Questo dettaglio risponde ad una delle tante domande che abbiamo.
Iris mi guarda. «Era lì per qualcuno. Per vendicarsi, stava aiutando qualcuno», dice mordendosi il labbro, mostrando poi un'altra sequenza di immagini riprese dalla videocamera.
Vediamo Ellen mentre entra nel bagno, si trucca sistemando il vestito e fa una chiamata dopo avere controllato che non ci sia nessuno dentro le varie cabine. Il video si interrompe e Iris ne sceglie un altro. Qui Ellen beve e balla mentre accetta di farsi delle strisce baciando due dei ragazzi senza ritegno. Riconosco i gemelli ma dubito fortemente che dopo così tanto tempo si ricordino di lei.
Infine Iris esita, solleva gli occhi e poi li distoglie in fretta.
«Che altro c'è?»
Le tolgo l'iPad dalle mani quando non mi risponde e guardo lo schermo. Vedo Ellen che mi si avvicina, dapprima parla sedendosi sul divano poi quando mi alzo, mi si lancia addosso. Mi abbraccia, mi sorride, mi dice qualcosa e poi ci sono io sorpreso e disgustato che la caccio via sbraitandole addosso e faccio in modo che non entri più nel mio angolo richiamando le guardie. Lei che mi urla addosso inviperita, che mi offende e poi che viene trascinata via.
«Allora?»
Quando Iris alza gli occhi guardandomi da sotto le lunghe ciglia incurvate, sono così lucidi da sembrare le acque cristalline di un'isola deserta e lontana; sono incontaminati ma terribilmente tristi. «Che succede?», il mio stomaco si strizza.
Inaspettatamente, vedo tremare il suo labbro e poi scoppia a piangere. Lacrime, singhiozzi assordanti, il petto che le si alza ed abbassa in maniera convulsa, come se non potesse respirare, un pianto isterico, nervoso. Mi si butta addosso stringendosi contro il mio petto.
Poi ancora il suo sorriso stanco. Il suo "sto bene" detto storpiato, dalla gola che le si stringe, gli occhi lucidi di pianto e la sua bellezza è come incanto per me. Non capisco. Mi sento parecchio confuso. Cerco una risposta dal mio amico che, facendomi capire che ne sa quanto me, si allontana lasciandoci soli.
«Ehi, piccola che succede?»
«Non sei stato con lei», piange. «Non ti sei lasciato ammaliare dalla sua bellezza. Non ti sei lasciato convincere dalle sue forme o dalle sue parole. Non ti sei approfittato di lei. Non l'hai usata...», non riesce a parlare e mi stringe più che può.
Poso il tablet e ricambio il suo abbraccio intuendo la ragione del suo crollo. Sapevo che sarebbe accaduto prima o poi.
Ed è così fragile che ho paura di stringere ancora un po' la presa perché potrei farle male. Lei è sensibile. Le persone sensibili sentono il doppio, amano il triplo e si distruggono con un niente.
Iris puoi farla contenta con poco e distruggerla in un attimo. Ha la bellezza fragile di un'anima in tormento con un bisogno immenso di trovare pace.
«Quante volte mi toccherà ripetere che non è il mio tipo? Quante volte mi toccherà ripetere che se fossi stata tu ti avrei fatto stare lì con me, una lunga chiacchierata, qualche risata, una passeggiata e poi ti avrei chiamato il giorno dopo magari per provarci con te? Quante ancora?»
«Forse ancora un paio di volte. Ma è un sollievo sapere che non l'hai toccata, che non ti sei fatto abbindolare come quei ragazzi dalle sue lusinghe. Anche se lei ha puntato lo sguardo su di te perché a quanto pare sapeva chi eri, tu... non hai ceduto.»
«Iris, quando è arrivata si è creato uno strano mormorio intorno. Nessuno l'aveva invitata perché lo abbiamo chiesto ad ogni membro per accertarci che nessuno avesse parlato con la regina del professore. Si, so come la chiamavano al liceo e non oso neanche ripetere quel nomignolo disgustoso. Quella sera abbiamo fatto del nostro meglio per non cacciarla bruscamente. Io in particolare non ricordo molto ma so che non sono stato con lei.»
Annuisce. «Adesso lo so anch'io.»
Staccandosi, tira su con il naso poi sorridendo timida asciuga le lacrime. Passo i pollici sotto i suoi occhi arrossati.
«Scusa, non volevo che il sogno...»
La bacio tappandole la bocca che sa tanto di balsamo al miele e tristezza ma anche sollievo. «Lo so. Adesso hai avuto una risposta e sai che non sarei mai andato con lei per nessuna ragione. Ero ubriaco ma non stupido.»
«Si», si allontana. «Vado a prepararmi per l'intervista, devo coprire queste occhiaie o il giornalista si accorgerà che ho pianto e non ho dormito. Notano troppe cose e potrebbe scrivere nel suo articolo qualcosa di inappropriato.»
Prima di lasciarla andare le rubo un altro bacio che prolungo spingendola verso la parete. Non credo di essere mai stato tanto affettuoso o desideroso di attenzione da parte di una persona. Con lei mi viene spontaneo. Ho proprio voglia di stringerla, sentirla presente nella mia vita.
Rimasto solo, riprendo in mano l'iPad e rivedo le immagini con attenzione notando altri dettagli che in quei pochi minuti devono essermi sfuggiti.
Ellen è arrivata, ha parlato con i ragazzi che come api le si sono messi intorno poi si è seduta al bar, non ha ordinato da bere perché in quel momento il ragazzo dietro il bancone era occupato e ne ha approfittato per scattare delle foto continuando a guardarsi intorno. Poi si è spostata verso la pista divertendosi un po', mescolandosi tra la gente, fingendosi interessata, insinuandosi in conversazioni sterili, balli e gruppi di persone sconosciute. Si è messa in mostra prima di entrare in una delle stanze dopo avere controllato il telefono e poi si è messa a giocare prima di recarsi e chiudersi in bagno a parlare con qualcuno al telefono. Infine si è fatta di strisce, ha ballato ancora e poi ha tentato di saltarmi addosso.
Cerco un video simile a questo ma che abbia l'audio. Poi guardo l'iPad di Issac sul comodino e controllando che Iris sia ancora in bagno, sblocco lo schermo. Perché anch'io sono il tesoriere delle password del mio amico.
Guardo le foto di sfuggita evitando di perdere tempo, anche se i miei occhi si accorgono sin da subito che molte di esse mi riguardano e mi soffermo sui video. Infilo una cuffia controllando la porta del bagno e ascolto fino a trovare quello che mi serve, uno dei tanti pezzi mancanti in questa storia. Mentre ascolto rimetto il video per avere una visione completa.
Ellen si avvicina. Mi saluta come se fossimo dei vecchi amici. Vedendo che non le rispondo fa un passo avanti. «Sai che sei davvero bello. Impossibile non notarti mentre ero seduta... tutta sola al bar. Le copertine non ti rendono giustizia, Hunter Ford. In quanto a carattere, be', l'ho sempre detto alla mia amica che i tipi come te sono molto stronzi e vogliono sempre ciò che non possono avere, ottenendolo in ogni modo possibile. Lei si tiene sempre a distanza da tutto questo, dovresti vederla è così ingenua e pudica», biascica, gesticolando con una mano.
«Dovresti farlo anche tu», rispondo continuando a bere. «Dovresti tenerti lontana da un ambiente che non ti appartiene.»
Fermo il video e provo a ricordare quella notte, questa conversazione. Corrugo la fronte. Ho solo vaghi ricordi, ritagli di una serata passata tra alcol e fumo.
Scuoto la testa e torno al filmato.
Ellen si siede sul divano. Mi posa una mano sulla coscia avvicinandosi alla patta dei pantaloni ed io l'allontano irrigidendomi.
Sorride. «Che c'è? Non ti piaccio? Sono la più bella qui dentro, non troverai di certo di meglio da quelle quattro galline che prima hanno cercato di sedurti.»
«No, non sei il mio tipo. Adesso vattene.»
Il suo sguardo muta. C'è determinazione adesso. «Perché? Non vuoi compagnia? Sei ad una festa. Non fare il brontolone e divertiamoci. In fondo domani qui nessuno ricorderà niente», sorride perfida. «E forse tu ti ricorderai di me quando ti avrò fatto toccare questo ben di Dio.»
La guardo male, malissimo e lei si agita mentre la fisso in quel modo che farebbe scappare chiunque. «No, non voglio compagnia. Adesso sparisci.»
Lei si alza tenendo la schiena dritta. «Sai, sei davvero uno stronzo come dicono. Domani ti pentirai di non esserti approfittato di questo», si indica ancora con convinzione.
La snobbo. «Non mi pentirò del niente che ho davanti», replico sprezzante alzandomi, barcollando un po', forse pronto ad andarmene, a rintanarmi altrove. «Le ragazze convinte come te non hanno niente da offrire qui», indico la testa. «Ecco cosa mi serve. Qualcuno che sappia ragionare e non qualcuno che sappia usare il proprio corpo come risposta a tutto. Adesso vattene, mi stai rovinando la serata.»
Lei si avvicina minacciosa al mio viso ma con un ampio sorriso tirato. «Ripeti quello che hai detto!»
Rido. «Tra poco chiamerò la sicurezza. Vuoi fare questa brutta figura e fare sapere a tutti che ti sei anche imbucata ad una festa privata? Già, so che hai fatto di tutto per avvicinarti a noi. E se il tuo premio ero io, be', mi dispiace per te ma non sono disponibile.»
«Ho l'invito», replica sempre più furiosa.
«Si, di qualcuno a cui piace fare scherzi perché a quanto pare qui dentro nessuno ti ha mandato niente.»
Provo ad andarmene ma lei mi stringe il braccio e prova a baciarmi. «Sei solo ubriaco. Niente che non possa gestire. Non sono come la mia amica che mi ha voltato le spalle perché stavo venendo qui. Mi ha persino urlato di essermi fissata e che mi caccerò in qualche grosso guaio. Non sono patetica come lei e non ho bisogno di una spinta per farmi avanti. A quanto pare sai chi sono. Bene, vorrà dire che ci risparmieremo i convenevoli. Allora, che facciamo?»
La spingo disgustato e chiamo la sicurezza. «Portatela lontano da me e fate in modo che ci rimanga. Non voglio averla intorno.»
Appare sorpresa. Mi guarda come se le avessi dato uno schiaffo. Non sopporta il mio rifiuto e fa un po' di spettacolo.
«Sei un bastardo! Un bugiardo! Perché non dici a tutti quelli che vuoi davvero. Perché non smetti di fingere di essere un bravo ragazzo? Perché non dici a tutti che ti approfitteresti...»
Si sente un rumore e la registrazione si interrompe. Cerco subito il video per capire quello che è successo dopo e le guardie la lasciano davanti al bancone dove lei si ricompone e barcollando torna in pista come se niente fosse ma continuando a tenermi d'occhio.
Iris esce dal bagno. Gira intorno a se stessa con un sorriso dolce. «Come sto?»
Indossa un tubino mono-spalla blu scuro che le arriva fino al ginocchio. Tacchi alti e capelli tirati e intrecciati solo da un lato. Sono più lunghi rispetto al giorno in cui l'ho conosciuta, adesso le arrivano sotto le spalle. Le stanno davvero bene, anche se prima le davano un'aria sbarazzina. Si è anche truccata ma non eccessivamente.
«Vuoi sentirti dire che sei bella? Quanto sei egocentrica?»
Ride avvicinandosi. «Hai scoperto qualcosa?»
«Solo che la tua amica ha superato subito il mio rifiuto pur tenendomi d'occhio.»
Vorrei anche dirle che era arrabbiata con lei per qualcosa, forse un litigio ma non voglio rovinarle questo momento. Le parlerò più tardi o sbloccherò direttamente di nuovo l'iPad per guardare quelle foto e sentire il resto degli audio insieme a lei.
«Chissà come reagirebbe adesso...», si domanda con un sospiro. «Farebbe il diavolo a quattro o rovinerebbe tutto. Per quanto sia arrabbiata, un po' mi manca e ammetto di sperarci ancora...»
«Sperare cosa?»
«Che Ellen torni», sorride mestamente.
I ricordi sono pezzi di anima incastrati nel cuore. Quelli che la sua amica le ha lasciato, le fanno ancora male. E, anche se lei spera che un giorno possa tornare, in cuor mio so che sarebbe come mettere sulle ferite del sale. Perché i ricordi sono filo spinato intorno al cuore. Basta poco a farlo sanguinare, basta poco a farlo soffrire, basta poco a farlo fermare.
Iris si ricompone in fretta. «Sapevo che aveva una cotta o una fissazione per qualcuno. Non immaginavo che fossi proprio tu la sua ambizione.»
«Ti stai gongolando perché hai ottenuto tu quello che voleva lei e senza il minimo sforzo?», le sollevo il mento.
«È una cosa brutta se lo faccio?»
«Direi di no. Anche se da una parte potrebbe essere un po' sospetto», la prendo in giro.
Mi scocca un'occhiata brutale delle sue. Una in grado di far accelerare a dismisura i miei battiti. «Stai insinuando che sono stata io a fare fuori la mia amica... per te?»
«Hai previsto il futuro perché in realtà sei una streghetta.»
Le sfioro il naso e lei dopo avermi posato un bacio sulla guancia esce dalla stanza lasciandomi come uno stupito.
Mi cambio, sistemo i capelli e con molta calma scendo al piano di sotto dove Iris mi attende in compagnia di un ragazzo con cui sta parlando e ridendo. Non è di certo il giornalista che avevo visto nella foto.
Vederla così a suo agio con qualcun altro mi fa ingelosire poi però penso che è un giornalista e che devo mantenere la calma, così avvicinandomi richiamo la loro attenzione.
«Signor Ford, finalmente ci incontriamo. Sono Asher Jackson, sostituisco il signor Porter. Stavo dicendo alla sua fidanzata che è davvero una bellissima visione e che è un vero peccato non vederla su ogni rivista. Merita di essere ammirata», mi porge la mano curata, nessun anello sull'anulare.
Questo suo commento mi irrita. Come mi irrita il fatto che Porter non ci ha avvisato del cambiamento. Stringo la sua mano con una certa forza. «Sa già il mio nome, ha anche fatto ricerche sul mio conto signor Jackson, quindi direi di risparmiarci i convenevoli e di passare al dunque.»
Iris morde le labbra guardandosi le punte delle scarpe. Nasconde un sorriso. Le piace quando provoco chiunque o faccio qualcosa di insensato nonostante la situazione.
Asher Jackson, basso, capelli color cioccolato scuro, occhi felini dello stesso colore dei capelli, naso dritto e sottile e labbra piegate all'ingiù, mi squadra un momento con astio. «Si, le mie ricerche hanno trovato già una risposta alla mia prima domanda sul suo carattere. Lei è molto diretto signor Ford, sarà una bella intervista, prego», ci indica un divano mentre lui si posiziona sulla poltrona come se fosse uno psicologo.
Aspetto che Iris si sia seduta per mettermi accanto a lei. Le prendo una mano e la stringo in grembo prima di baciarle il dorso poi le circondo la schiena.
Asher si schiarisce la voce prendendo un taccuino. «Siamo pronti?», chiede ad entrambi soffermandosi su Iris che adesso sembra sul punto di scappare.
So che momenti come questi la riportano indietro, a quei giorni bui. Ma adesso ci sono io con lei e spero basti.
«Proceda pure e mi dia pure del tu.»
«Ok, Hunter. Come ti definiresti in una sola parola?»
Non erano queste le domande. Bastardo!
Non mi lascio intimorire.
«Complicato», dico senza riflettere, sfidandolo con lo sguardo quando prova a sbavare su Iris che si prepara a rispondere a sua volta alla domanda.
«Signorina Harrison, come definirebbe Hunter con una sola parola?»
Lei mi guarda e sorride. «Impegnativo», si appoggia allo schienale del divano inumidendosi le labbra e posa la mano sul dorso della mia.
Asher trascrive le risposte. «Le dispiace adesso se registro? Non vorrei perdermi qualcosa.»
«Faccia pure, ma si sbrighi. Non ho concesso molto tempo a questa intervista e ho da fare.»
«Come definiresti il tuo rapporto con la signorina Harrison?»
«Proprio come me: complicato ma meraviglioso sotto ogni punto di vista. La donna che ho accanto non smette mai di stupirmi. È una continua sorpresa nonché fonte inesauribile di sorrisi e tranquillità.»
«Perché lo ha definito complicato?»
«Perché la signorina Harrison ha un carattere da prendere con le pinze.»
«È vero, confesso», ride lei intervenendo. «Ma Hunter è molto egocentrico e viziato, accanto a lui ci vuole una persona che sia un po' il suo opposto. Quindi qualcuno che completi quello che gli manca.»
Asher, ascolta interessato. «Vi siete fidanzati in seguito alla morte di suo nonno. Pensa che avrebbe accettato Iris nella sua famiglia?»
Ed ecco che l'avvoltoio parte all'attacco ancora con domande inaspettate. «È stato proprio mio nonno la ragione. Ci siamo conosciuti un po' meglio durante il suo funerale e da allora non ci siamo più separati. Avrebbe accettato Iris perché è una donna come poche. Sa cosa significa sacrificio, famiglia e valori. Io invidio questa donna perché ha una forza straordinaria e be' perché ha me. Mi ha proprio fatto perdere la bussola. Sono un po' geloso di me stesso a dire il vero.»
Asher sorride. «Signorina Harrison, ama il signor Ford?»
«Si», risponde senza giri di parole ma le si forma una piccola ruga sulla fronte.
«La sua famiglia accetta questo fidanzamento o sono stati proprio loro a mettervi pressione per un fidanzamento così veloce?»
Si morde il labbro. «La mia famiglia accetta perché Hunter è un ragazzo che mi rispetta e mi ama nonostante i miei molteplici difetti. Vogliono solo il mio bene, proprio come ogni altro genitore.»
Sa come mentire. Assottiglio lo sguardo stringendole la mano. Lei ricambia. Ha capito che qualcosa non va.
«Hunter, ami Iris?»
«Si.»
«Intendi sposarla?»
Merda. Cazzo. Che diavolo ha scoperto?
«Più avanti.»
«Non ora?»
«Più avanti significa non ora.»
«Perché? Non sei sicuro di quello che provi per lei? Qualcuno potrebbe farvi pressioni sul matrimonio proprio come per il fidanzamento e voi non volete?»
«Sono sicuro, potrei anche chiederle di sposarmi adesso ma vogliamo goderci il fidanzamento senza pressioni, senza fare tutto per una copertina. Ecco perché non abbiamo ancora rilasciato nessuna intervista e questa è la prima.»
Annota qualcosa. «Lei è d'accordo signorina Harrison?»
«Si.»
«E non pensa che le cose potrebbero cambiare?»
«Perché sposarsi? Non è necessario infilarsi un anello al dito e giurarsi amore eterno per stare insieme. Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno e stiamo bene così.»
«Non ha risposto alla mia domanda...»
«Ho risposto. Non penso che le cose potrebbero cambiare perché sono certa di amare Hunter.»
«Quindi gli starebbe accanto anche se dovesse commettere qualcosa di orribile?»
«Sa qualcosa che non so? Ha trovato qualcosa nelle sue ricerche? Ad ogni modo si.»
«E lei?»
Inizia ad irritarmi tutto questo. «Non siamo qui per fare supposizioni, tantomeno per le teorie inutili sul mio conto. Amo Iris, su questo non ci piove. Altre domande?»
«Signor Ford», inizia tornando a darmi del lei.
Iris si irrigidisce. Percepisce qualcosa. Anch'io.
«È a conoscenza del passato della signorina Harrison? Sapeva dell'esistenza di un fidanzato prima di lei?»
«Il passato è quello che è. Non mi importa. Iris è qui con me in questo presente e mi basta.»
«Quindi sa di Nolan Ruiz e della scomparsa della sua migliore amica Ellen Wood?»
«Si.»
«Lei faceva parte di un gruppo ristretto di ragazzi...»
«So dove sta andando a parare, sa? Questo non è un interrogatorio e se permette questa registrazione la prendo io perché non è più autorizzato. Adesso se non ha altre domande interessanti possiamo definire conclusa questa intervista. Le comunico che ha distrutto la sua carriera visto che non ha raccolto molte informazioni utili all'articolo. È venuto qui per vedere se ci amiamo ma ha solo usato un modo scorretto per addentrarsi in insinuazioni che non riguardano l'intervista. Abbiamo anche sorvolato abbastanza sul fatto che lei abbia cambiato le domande. Quindi adesso se non le dispiace...», indico la porta.
Arriva subito una cameriera ad indicargli la strada. «Si assicuri che non abbia altri registratori e controlli anche il telefono», ordino alla guardia che arriva al suo seguito.
Asher Jackson prende le sue cose e si allontana con il viso paonazzo.
«Dirò al suo capo che durante l'intervista ha continuato a sbavare sulla mia fidanzata e che qualcuno ha cambiato le domande tradendo la nostra fiducia. Si prepari alla guerra perché se uscirà quel numero sarà il primo a finire fuori dai giochi, insieme al giornale e alle riviste. Torni pure a trovarci quando qualcuno non lo avrà pagato per fare questa esibizione da quattro soldi.»
Iris mi guarda storto ma capisce la mia furia e quando sentiamo la porta chiudersi con un tonfo sprofonda sul divano. «È stata un fiasco. Ed io che avevo delle risposte pronte alle domande sbagliate. Ho fatto la figura della patetica.»
Mi siedo accanto. «È così che ti vedi? Patetica? Iris, non hai capito? Quell'uomo è venuto qui con altre intenzioni. Non era neanche un giornalista. Qualcuno sta cercando di fottermi.»
«Siamo nei guai», dice con una smorfia.
«Lo so. Non capisco come abbia fatto a sapere del club.»
Ci guardiamo. Sto per rispondere quando vediamo tornare la domestica con un bouquet di fiori. «Signorina Harrison», inizia con voce tenue. «È per lei.»
Iris corruga la fronte. «Per me?»
La domestica posa il vaso apparentemente pesante sul tavolo di vetro poi si congeda.
Iris stacca il biglietto aprendolo. I suoi occhi si spalancano, le tremano subito le mani. Un solo nome le sfugge dalla bocca: Nolan.
Il terrore che vedo nel suo sguardo è indescrivibile. Le tolgo il biglietto dalle mani poi chiamo la sicurezza e anche Issac che, a quanto pare, era impegnato con una delle cameriere.
«Che succede?»
«Quel bastardo è di nuovo fuori?», dico mostrandogli il biglietto che sbatto sul tavolo batto con rabbia.
Iris sembra in un mondo a parte. Se ne sta immobile in silenzio, ma i suoi pensieri urlano forte, urlano a squarciagola. Fissa il bouquet come se fosse un oggetto estraneo che potrebbe distruggerla da un momento all'altro.
Issac chiama subito il carcere per avere notizie. «Come? Davvero? E come è possibile allora?», urla. «Si, ok. Mi faccia sapere.»
Lo guardiamo. «Nolan non è uscito dal carcere ma qualcuno gli ha fatto visita di recente», dice mentre ascolta. «Un certo Asher... Jackson, vi dice qualcosa?»
Iris mi guarda scioccata ed io l'abbraccio. «Che figlio di puttana!»
«Spiegatemi», esclama il mio amico riagganciando dopo avere ringraziato.
Gli raccontiamo dell'intervista da parte dell'impostore e poi rielaboriamo la cosa prima di vedere entrare un uomo agitato: Porter. «Scusatemi per il ritardo ma qualcuno mi ha chiuso...»
Iris, lo sguardo assente, afferra il vaso e lo porta fuori dalla porta secondaria.
Ignoriamo l'uomo e Nelson che è arrivato insieme a lui, per seguirla fino in giardino dove lancia il vaso con rabbia a terra mandandolo in frantumi poi scioglie il fiocco intorno ai fiori togliendo tutto, scavando tra loro fino a trovare qualcosa, la solleva e ce la mostra.
«Quella è...»
Chiamo subito Nelson. «Ci serve la sicurezza. Prendi questa e falla esaminare. Qualcuno sta tentando di spaventare Iris e di incastrare me.»
«Si, signore. Farò aumentare la sicurezza e ogni busta o regalo verrà prima controllato. Per quanto riguarda il giornalista, ho rinviato l'intervista», corre subito dentro per dare l'allarme.
Il mio amico si sposta con la cornetta all'orecchio, sbraita qualcosa a qualcuno più che agitato. Sollevo Iris da terra tenendola tra le braccia mentre farfuglia qualcosa.
Ho il timore che se continuerà così di lei non rimarrà nient'altro che un mucchio di ricordi ammassati in un cuore che fa fatica a battere senza paura.
Le cose, le persone, tutto prima o poi si spezza dopo avere ricevuto un forte urto. Spezzarsi è una condizione normale, una legge universale della vita. E quando qualcosa si spezza, difficilmente torna come prima. Le cose di rado si aggiustano. Le persone di rado si aggiustano. Tutto si spezza come un ramo secco percosso dal vento. Siamo così. Siamo fragili. Ma una cosa possiamo farla. Possiamo essere come quei fiori che nascono sull'asfalto, tra le pieghe del cemento. Dobbiamo affrontare la vita, cadere, farci male ma avere sempre la forza di rialzarci, di tenere insieme i pezzi della nostra fragile esistenza. Dobbiamo sopravvivere agli urti.
«Ehi, va tutto bene. Ci occuperemo di ogni cosa. Affronteremo tutto.»
Scuote la testa. «Hunter, lui... non si fermerà.»

♥️

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