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HUNTER
Amiamo qualcuno totalmente e perdutamente solo quando lo conosciamo davvero, perché l'amore è come quel salto che fa paura, come quell'abbraccio che spezza le ossa, come quel silenzio che rompe i timpani, come quelle parole che frantumano ogni certezza. Conoscersi significa leggersi dentro in ogni momento, anche quando trovi davanti un mucchio di scarabocchi. Conoscersi significa percepire l'umore dell'altro, le sue paranoie, le sue paure. Perché l'amore è anche questo, capirsi al volo senza il bisogno di parole, sentire addosso, fin dentro le ossa, ogni sensazione dell'altro. Amore è non avere certezza che l'altro ci sarà per sempre ma avere speranza lo stesso che questo accada. Amore è offrire un pezzo della propria anima nelle mani dell'altro affinché lo conservi nel suo cuore. Per me amare significa avere un posto speciale nella vita di una persona. Amare significa ricambiare senza riserve e totalmente il proprio amore, farlo senza paura.
Fermi di fronte alla villa, ce ne stiamo ancora seduti dentro la limousine che odora di pelle nuova e talco.
Nessuno dei due accenna a muoversi. Nessuno dei due parla o respira. C'è una strana tensione intorno.
Da quando siamo tornati a Miami, ho vissuto le ore più eterne della mia vita. Continuo infatti a programmare il momento in cui le dirò che ho dei vaghi ricordi e dei video che potrebbero mostrarle le ultime ore vissute della sua migliore amica che, si è imbucata ad una festa e poi è sparita creando già dal giorno dopo ulteriori problemi.
Abbiamo sempre avuto delle regole, ma Ellen ha trasmesso ad alcune persone dettagli assurdi, infatti mi ricordo bene che si è parlato di setta e noi non lo siamo affatto. Facevamo firmare un consenso scritto per evitare che qualcuno dei ragazzi importunasse le ragazze invitate alle feste e si creassero quindi dei problemi. Questo dettaglio si è storpiato in qualcosa di diverso facendoci apparire come quelli che facevano firmare un foglio per la privacy e tante altre cose a cui non abbiamo mai lontanamente pensato. Invece noi tutelavamo quelle ragazze che volevano solo divertirsi un po' senza farsi usare dai più meschini tra i ragazzi. Appendevano addirittura un cartellino cosicché nessuno potesse sfiorarle o disturbarle. Ed era anche divertente.
Nessuno, in ogni caso, avrebbe potuto parlare del club perché solo i membri conoscevano i dettagli. Le feste erano esclusive e per pochi.
Guardo Iris corrucciato. Vorrei tanto abbracciarla e restare così per ore ed ore fino a non avere più forza nelle braccia, ma è sveglia, ha capito che qualcosa mi sta letteralmente distruggendo e, vederla così allarmata mi fa agitare, perché so già che le spezzerò il cuore, che ci starà molto male. So già che soffrirà e probabilmente mi odierà per averle tenuto nascosto questo dettaglio che, potrebbe dare una svolta al caso e chiudere forse un capitolo doloroso nella sua vita.
In poche ore ho studiato ogni articolo uscito quattro anni fa. Non è stato difficile ripescare quelli vecchi, compresi i video e le interviste e dedicarci qualche ora, alimentando così la mia ansia. Nessuno degli articoli letti accennava ad un club, solo ad una semplice festa della quale nessuno conosce gli invitati o i dettagli su come si sia svolta. Dei testimoni, hanno visto quella ragazza di notte, in compagnia di un ragazzo. Probabilmente in quei video scopriremo con chi è uscita dal club, perché è uscita prima del termine della festa, su questo ne siamo più che certi.
Purtroppo, per quanto io sia forte, c'è qualcosa che continua a devastarmi il cuore: la paura di perderla. Con lei non devo indossare maschere o nascondere la mia anima. Non devo creare muri, non devo scappare dai sentimenti che mi fa provare. Mi accetta per quello che sono, ma adesso ho solo il terrore di vederla svanire nel vento, come un soffio su un dente di leone.
Guardo Iris. Non sono pronto. Non voglio perderla. Per fortuna ci sarà anche Issac a tenere a bada ogni sua reazione ma, quando saremo soli, sicuramente litigheremo e lei non vorrà più vedermi.
Non sono riuscito a dormire. È stato terribile trovare un modo per iniziare il discorso. Per tutta la notte ho continuato a ripetermi un discorso inutile dentro la testa però so già che ogni cosa verrà a galla lo stesso, con o senza programmi.
Gioco con l'anello e i miei occhi risalgono lenti dalla sua mano affusolata, sorpassano il braccio sottile e pallido, il collo che prenderei a morsi fino a lasciargli dei segni, le labbra carnose che vorrei tanto sentire sulle mie, assaporare il suo bacio delicato, fino a raggiungere i suoi occhi, iridi chiare in cui posso tuffarmi e annegare. Le afferro il viso premendo forte la fronte contro la sua, percependo nell'immediato una tensione che riempie l'abitacolo come una nube tossica.
Quando apro le palpebre le sue iridi mi stanno accecando. «Andiamo via?»
So che non vorrebbe essere qui, proprio come me, anche se per una ragione ben diversa, ma ho minacciato i miei e fatto in modo che nessuno prenda un certo argomento per non metterle nessuna pressione addosso.
Sollevo l'angolo del labbro. «Mi piacerebbe, ma ormai sanno che siamo arrivati, piccola. Dovevamo pensarci un po' prima.»
Piega la testa di lato massaggiandomi le spalle poi la nuca mettendosi ancora su di me, a cavalcioni. «Dopo torni a casa con me?»
Vorrei dirle di sì ma non so come andranno le cose tra di noi. Non so se vorrà ancora stare con me o se manderà tutto all'aria. «A casa tua?»
«Nella mia scatola da scarpe, si.»
Sorrido. È così che ho pensato fosse la sua casetta all'inizio ma non gliel'ho mai detto apertamente per non ferire i suoi sentimenti; perché so quanto tiene a quel posto e il significato che gli ha attribuito. «Hai in mente di fare qualcosa dopo la cena?», la stuzzico per sciogliere un po' della tensione iniziale e per non tornare lì con i pensieri, su quel chiodo fisso.
Si morde il labbro muovendo i fianchi. «Dipende. Hai intenzione di venire a casa mia?»
Mi fa impazzire il modo in cui risponde ad ogni mia provocazione. Annuso la pelle sul suo collo dove mette quasi sempre qualche goccia di profumo e lei si allunga prima di avvicinarsi alle mie labbra. «Si?»
«In questo caso ho tante cose in mente.»
Le massaggio le cosce sotto i jeans aderenti a contenere le sue belle curve. Mi piace che si sia vestita così informalmente. Proprio come ho fatto io.
A volte mi spaventa il modo in cui sembriamo connessi.
«Dimmene una.»
Sfrega il suo corpo sul mio e all'orecchio mi sussurra: «Prima devi dirmi che ti succede.»
Che stronza!
«Dopo avere cenato andremo su nella mia stanza e parleremo, poi andremo a casa tua e... posso solo dirti quello che farò non appena varcheremo la soglia», premo le labbra sul suo orecchio mentre la mia mano si infila dentro i jeans strizzandole una natica. «Ti abbasserò questi jeans che ti fasciano alla perfezione le gambe e il sedere, anche se un po' mi dispiacerà farlo perché ti stanno davvero bene e ti prenderò da dietro», la provoco.
Arrossisce. «Davvero?»
«Almeno io riesco a dire quello che voglio.»
Si morde il labbro. Mi preme le labbra sul collo risalendo verso l'orecchio, facendomi eccitare. Riesce ad incendiarmi, a farmi sentire in pericolo, in bilico, incapace di smettere, di fermarmi. Mi travolge come un treno in corsa, mi sconvolge come una catastrofe naturale, però mi fa sentire vivo. E un po' come quando ti tuffi da una scogliera. Precipiti, hai paura, l'impatto è devastante, il fondo sembra irraggiungibile, eppure quando ti dai la spinta e risali in superficie senti battere il cuore abbastanza forte da rompere i timpani e ti senti vivo quando in faccia ti arriva quel soffio d'aria, quel respiro che riempie di nuovo i polmoni. Lei è la mia boccata d'ossigeno.
«Non vedo l'ora che tu sia dentro di me», sussurra avvicinandosi sempre più alle mie labbra.
Gliele mordo piano. «Fai progressi», rido.
Mi spinge ridendo anche lei e l'abbraccio.
La portiera si apre senza preavviso. Issac sbircia all'interno della limousine con la testa. «E si spiega perché non siete ancora scesi da qui dentro. Quanto meno non siete nudi», sorride. «Mi sono offerto volontario prima che tua nonna uscisse dal portone e vi trovasse così. Siete fortunati.»
Iris scivola via dal mio corpo in imbarazzo, sistema gli indumenti e con un cenno saluta il mio amico prima di uscire dalla limousine e allontanarsi lasciandoci soli.
Issac guarda prima lei già alla porta poi me. «Sei nei guai?»
Passo una mano sul viso sistemando il cavallo dei pantaloni dove il mio amico si è svegliato ed è stato interrotto. «Fino al collo.»
Issac sale nella limousine chiudendo la portiera. «Come pensi di dirglielo?»
«Dopo cena saliremo nella mia stanza e dirò tutto quello che so, poi se vorrà guarderemo quei video insieme e troveremo una soluzione. Perché deve essercene una.»
Issac gratta una tempia. Sembra pensieroso e preoccupato tanto quanto me. «Come pensi che reagirà?»
«Male. Mi manderà a quel paese, mi odierà e con ogni probabilità mi lascerà. Ho fatto tanto per conquistare la sua fiducia e adesso basterà una cosa a rovinare tutto: il passato.»
Fa una smorfia riempendosi un bicchiere di champagne prima di mandare il liquido giù in poche sorsate. Anche lui è nervoso. Più volte ha cercato di dissuadermi, di non dire niente ad Iris. Ma questa cosa mi sta uccidendo. Avrei preferito non sapere niente ma a quanto pare il destino o qualsiasi evento astrale avverso, ha in serbo qualcosa di diverso per noi.
«Credi che non si fiderà più di te?»
«Togli dalla domanda la parola "credi". Lo so già che lei non si fiderà più di me. Si sentirà tradita dall'unica persona che in questo momento dovrebbe starle vicino. Invece, sono il mostro che le distruggerà il presente e ogni sua convinzione. Dovevi vederla quando mi parlava dell'amica o oggi come mi guardava perché ha notato che c'è qualcosa che non va. Credimi, avrei tanto voluto vedere quei video prima quando mi hai dato quella dannata chiavetta e prepararmi a perderla, ma non ne ho avuto il coraggio quindi sarà anche peggio quando vedrò nei suoi occhi il disprezzo, la rabbia e la delusione.»
Prendo il viso tra le mani e lui posa la mano sulla mia spalla. «Iris è tosta, vero, lo sai che si arrabbierà ma magari in un primo momento anziché urlarti addosso, ti terrà solo il muso e poi insieme troverete una risposta ad ogni dubbio. Gli serviamo per ottenere delle risposte. Senza di noi sarà sempre in un vicolo buio.»
Sospiro. Anche se ha ragione sento che andrà tutto a puttane. «È tutto un enorme casino», dico.
«Ci sarò io con te in ogni caso. Cercherò di mitigare la situazione se ti vedrò in difficoltà come adesso. Non mi piace vederti così.»
Guardo davanti a me. «Ha sognato me e la sua amica, insieme. E se in quei video c'è lei e ci sono io a poca distanza? Non voglio che pensi che io sia oltre che un bugiardo anche un traditore.»
Issac inizialmente non capisce poi scuote la testa. «Sono sicuro di quello che vedo e di quello che ricordo. La mia memoria non ha mai fatto cilecca, Hunter. Tu e quella ragazza non avete trascorso del tempo insieme la notte della festa. Eri solo, seduto in quel divano a bere. E anche se lei si è avvicinata a te, tu l'hai mandata a quel paese. Hai sempre sopportato poco le ragazze come lei. Tutto ti si può rimproverare ma non questo, non il fatto che tu sia sempre stato corretto con chiunque.»
La portiera si apre e Nelson sbircia all'interno proprio come Issac ha fatto prima. «Vi stiamo aspettando, signore. Siamo pronti.»
Guardo il mio amico che tenta di darmi forza ed esco dalla limousine a rilento. A passi incerti raggiungo il portone. «Se va male ricordami che sono un coglione e che la prossima volta devo portarmi i segreti dentro la tomba.»
Ride. «Sarà fatto.»
«Iris?», domando a Nelson, ignaro di tutto.
«Sta parlando con i suoi fratelli. Si sta mantenendo a distanza dai genitori e anche da suo padre, signore.»
Odio quando continua a chiamarmi "signore". Prima o poi la smetterà.
«Mia madre?»
«Con le sue nonne, stavano discutendo sulla copertina dello scorso numero uscito senza una vostra intervista.»
Inarco un sopracciglio. «Non dirmi...»
«Per domani è prevista una prima intervista. Sua madre sta già organizzando la vostra giornata. Le farò avere a fine serata il programma completo, visto che ancora non hanno concluso.»
Il mio amico mi lancia uno sguardo pieno di comprensione ma non può capire come mi sto sentendo, il panico che ad ogni minuto passato, ad ogni battito perso, ad ogni respiro lasciato andare, prende il sopravvento. Sto per dare di matto, me lo sento. Sento di poter esplodere da un momento all'altro e la situazione si complica quando mia madre, vedendoci arrivare, mi si avvicina. Il ticchettio dei suoi tacchi mi fa innervosire.
Mi raggiunge, mi abbraccia, mi bacia la guancia lasciando con ogni probabilità una traccia di rossetto rosso che ha sulle labbra. Stasera indossa un tailleur elegante grigio, tacchi alti ed è come sempre bellissima. Di recente ha anche accorciato un po' i capelli, ma le stanno bene.
Un po' mi dispiace, di essermi allontanato dalla famiglia, da casa, da lei, per puro egoismo. Mi dispiace averla lasciata sola ma so che se la cava benissimo ed è impegnata con tutte le sue attività.
«Ti sei divertito a Parigi? Sei riuscito a vedere Amie?»
«Si, è stato bello. No, Amie non è a Parigi attualmente ma dice che presto verrà a trovarci.»
Mamma non ha mai fatto particolarità. Ha sempre trattato mia sorella e mio fratello come suoi figli. Anzi, a volte li ha persino messi in primo piano per farli sentire amati. Ma loro non hanno mai saputo apprezzarla se non in questi ultimi anni quando hanno capito i sacrifici che ha fatto per loro, per la famiglia.
«Che peccato!»
«Già. Le ho chiamato ma a quanto pare è in giro per il mondo per le sue sfilate.»
Sorride. «E con Iris? Va tutto bene? Siete arrivati insieme?»
I miei occhi la intercettano. Sta ridendo con i suoi fratelli. Quei ragazzi la difendono a spada tratta e mi fa molto piacere questa loro protezione. Ma spero non sia motivo di allontanamento dopo questa sera.
«Si, stavo parlando con Issac ma siamo arrivati insieme.»
Mi aggiusta la giacca. «Bene. Fa in modo di non perdere quella ragazza perché non voglio vederti come eri prima.»
Tutti a mettere pressione sulle mie spalle e nessuno ad accorgersi come mi sento, che sono già appesantito dal senso di colpa e dalla verità che continua a schiacciarmi dentro, sempre di più.
«Non dipende da me, mamma.»
Mi fissa con rimprovero come a dirmi: "tu dici?".
«Sono tua madre e ti conosco, Hunter. Non fare cazzate.»
È la prima volta che la sento parlare in maniera tanto diretta. Non è da lei usare certi termini.
«Potrebbe essere lei a farne. Fino ad ora mi sono comportato abbastanza bene.»
Muove le labbra in una smorfia. «Ti tengo d'occhio», dice guardandomi intensamente.
L'abbraccio. «Hai risolto con papà?», cambio argomento.
Lei mi sorride. «Ha chiesto scusa un paio di volte e mi ha offerto un posto in ufficio per andare a controllare quello che fa e con chi sta. Adesso mi invita persino quando deve viaggiare. La prossima settimana ad esempio andiamo in Canada.»
«A fare cosa?»
«C'è un convegno. Ci saranno anche gli Harrison.»
Rifletto un momento. Sarebbe una piccola occasione in più per stare da solo con Iris. «Abbiamo ancora quella casa in montagna?», chiedo.
Mamma capisce al volo e sorride. «Chiamerò l'impresa di pulizie. Porterai di nuovo Nelson con te? È stato terribile senza di lui.»
«Si. Un altro viaggio gli farà piacere e anche bene a lui e a Myrtle. Lavorano troppo», replico guardando Iris. Spero venga con me, l'unico modo che ho per non perderla è farle fare una promessa.
Ghigno. Mamma mi stringe un braccio. «Hunter, fa attenzione e non metterti nei guai e sai che cosa intendo», detto ciò dà il comando a Nelson e le porte della sala da pranzo vengono aperte per tutti i presenti che in breve riempiono la lunga tavola finemente apparecchiata.
C'è una calda e accogliente atmosfera ma questo ai miei occhi sembra solo l'inizio di un brutto incubo.
Iris prova a seguire i suoi fratelli ma la fermo premendo una mano sul suo ventre. «Dove scappi?»
«A tavola. Ho fame, tu no?»
Sorrido. La costringo a voltarsi. «Prima accetta il mio invito, passa qualche giorno con me in montagna. Puoi portare dietro il lavoro se non puoi farne a meno. Dimmi di sì.»
«Montagna?»
«Farà freddo ma noi staremo al caldo.»
Inarca un sopracciglio. «Zona?»
«Canada?»
Spalanca gli occhi. «Sei sicuro?»
«Dimmi di sì e promettimi che verrai.»
«Piccioncini, rimandate a dopo le effusioni.»
Guardo male Issac che ridacchia mettendo le mani in alto prima di accompagnare mia nonna che non è ancora riuscita ad agganciarsi ad Iris. So che le vuole già bene. Tutti le si affezionano facilmente. Proprio come io mi sono innamorato in fretta di ogni parte di lei.
«Sto aspettando e no, non ti lascerò andare fino a quando non avrai risposto alla mia domanda.»
«La tua non è una domanda, Hunter. Il tuo so già che è un biglietto pronto per essere consegnato con data ora e destinazione.»
Sorrido. Mi conosce. Le accarezzo la guancia. «Quindi? Me lo prometti?»
«Si, ma solo se sopravviviamo a questa cena.»
Le sfioro le labbra. «Affare fatto.»
Mi sento meno teso rispetto a prima. Possiamo farcela. Possiamo superare tutto stando insieme. Possiamo affrontare ogni problema. Forse.
«Non puoi tirarti indietro.»
Non capisce e sta per replicare ma ci richiamano. Anzi, mi rimproverano. «Metti giù le mani da mia sorella!», urla Max attirando l'attenzione su di me.
Stringo i denti. «Ricordami perché non posso dire a tutti che è gay?», allento a poco a poco la presa dalla sua vita.
«Perché è mio fratello e gli voglio bene», replica allontanandosi. «E perché mi ami», mi fa l'occhiolino.
Ci spostiamo a tavola dove lei si siede accanto a me. Ho lei alla mia destra e Issac alla mia sinistra. Mio padre si siede davanti a me e tutti gli altri ai lati.
Durante la cena non si fa altro che parlare di sport, di affari. Ci sono parole, risate. Sono così assorto da non rendermi minimamente conto del tempo e delle portate che passano a tavola.
Issac mi molla una gomitata. Lo guardo cercando di capire e lui mi fa cenno di salvare Iris. Che cosa succede?
Vedendomi in difficoltà agisce. «Iris, come pensi di gestire l'intervista di domani?»
«Dobbiamo essere entrambi presenti? Ci daranno delle domande prima o dobbiamo improvvisare?»
«Si, ci vorrà un'ora per preparare tutto. Volete farlo?»
Iris mi guarda. Non sa che cosa fare e io non so che cosa dire perché so che sarà delusa e arrabbiata, così tanto da mandare all'aria tutto.
«Si, proviamo. Permetteremo però ad un solo giornalista di intervistarci in esclusiva. Niente persone intorno. Scegli il migliore, non avrai una seconda occasione.»
Mia madre annuisce più che contenta poi cambia argomento.
Issac mi fa cenno come per dirmi di avere fatto un ottimo lavoro ed io sprofondo sempre di più nello sconforto. Sono talmente di pessimo umore da non godermi neanche gli ultimi istanti che avrò insieme a lei.
Durante la pausa, esco a fumare in giardino. In realtà scappo fuori per riprendere fiato. Lei però mi raggiunge e si siede accanto a me, sui gradini della scalinata che conduce al labirinto. Osserva intorno poi intreccia le braccia intorno al mio appoggiando la testa sulla mia spalla.
Mando fuori il fumo spegnendo la sigaretta. Cazzo! Avevo smesso.
«Non hai mangiato. La carne non era di tuo gusto, signorino?»
Le bacio la testa e l'abbraccio tenendola stretta. Inspiro il suo profumo e ad occhi chiusi scuoto la testa. Incanalo tutto il profumo che posso tenere dentro per le notti o i giorni in cui sarò solo. «No, ordinerò una pizza più tardi.»
«Me ne offrirai almeno un trancio?»
«Solo uno?»
Annuisce. «Riserverò lo spazio per la pizza dopo il dolce», mi sorride aggiustandomi i capelli dalla fronte. «Non voglio vederti così.»
La stringo. «E io non voglio perderti.»
Trattiene il fiato. «Hunter, smettila e dimmi che cosa succede. Io non riesco più a sopportare questo tuo strano atteggiamento. Se è una cosa brutta, dimmela, adesso. Mi stai spaventando.»
Sospiro. «Ok, ma saliamo in camera.»
Si lascia guidare al piano di sopra dopo esserci congedati. Per fortuna durante la cena nessuno ha accennato a quel contratto.
Issac mi segue e Iris si agita. «Fate sul serio...»
Chiusa la porta della stanza mi siedo sul bordo del letto con le mani sulla testa mentre Issac si posiziona appoggiato alla finestra. Iris se ne sta invece al centro della stanza. «Allora?»
«C'è una cosa che voglio dirti da tempo e non ho mai avuto il coraggio di farlo. Ti chiedo scusa in anticipo e lo farò probabilmente per sempre, ma devi permettermi di spiegare.»
Incrocia le braccia. Oh no, conosco quell'espressione.
«Quello che Hunter vuole dire è che questa cosa non te l'abbiamo detta perché non avevamo prove, non perché volevamo tenertela nascosta. Però adesso le cose cambieranno e... vogliamo solo aiutarti.»
È sempre più smarrita. «Ma di cosa diavolo state parlando?»
«Di Ellen, Iris», sbotto.
Trattene il fiato. «Di... Ellen?», soffia le parole come un robot.
«Si. Della tua amica scomparsa dopo essere stata ad una festa. In realtà non sono andate così le cose.»
Barcolla indietro. Mi alzo, provo ad avvicinarla ma si scansa. «Che diavolo sta succedendo qui, che cosa significa?»
Cerca una risposta da me.
Quando ami un fiore unico, un esemplare fragile ma dalla bellezza celestiale, basta un niente a farti sentire felice, ma basta anche un attimo a farti sentire distrutto. Perché le cose belle sono armi a doppio taglio. Pezzi taglienti che non si incastrano più. Cocci rotti che continueranno a ferirti quando proverai a rimetterli insieme.
Iris in questo momento ha la bellezza dannata di una dea della morte. I suoi occhi non fanno altro che pugnalarmi il cuore ripetutamente.
«Iris, ti ho tenuto nascosto che facevo... parte di un gruppo ristretto di persone che, di tanto in tanto si riunivano per festeggiare, per divertirsi.»
Nei suoi occhi passa un lampo. Guarda Issac per avere la conferma di quello che le sto dicendo poi me e ciò che vedo mi disarma, mi spaventa. «Dimmi che non è quello che penso, Hunter», le trema la voce, gesticola portando una mano sul petto. Non respira e annaspa.
Abbasso il viso. «Si, è così, Iris. Facevamo, facciamo parte del club: "Asso di cuori".»
Non posso più nasconderlo. Non dopo avere trovato dentro la sua borsa un vecchio volantino e capito che ci stava cercando da tempo. Altrimenti perché lo avrebbe conservato?
L'ho fatto per sbaglio, dovevo prendere una cosa per un possibile regalo e quando l'ho visto ho capito di doverle la verità. Non stavo frugando e avrei tanto voluto farlo anziché ritrovarmi in questa brutta situazione del cazzo.
Dai suoi occhi iniziano a scendere calde lacrime. Si trattiene con molta dignità ma vedo che è quasi arrivata al limite.
«Ed Ellen?»
Guardo il mio amico. «Per quanto riguarda lei abbiamo molte teorie anche noi ma solo una cosa ci dirà quello che è successo...»
Mostro subito la chiavetta. «Qui dentro ci sono tutti i video relativi a quella festa, da più angolazioni. Pensavamo di vederli insieme. Issac ricorda che la tua amica è uscita prima della fine della festa e queste prove ce lo diranno.»
Iris sembra altrove. «Quindi... conoscevi Ellen?»
Abbasso di nuovo lo sguardo e lei distoglie il suo, singhiozzando abbastanza forte. Si volta, provo ad avvicinarmi ma alza subito la mano. «Avvicinati e ti faccio male.»
«Iris, prova a ragionare, ti prego.»
«Provare a ragionare? E come? Come dovrei provare a ragionare in questo momento? Tutto quello che è successo quattro anni fa, è stato insabbiato da un gruppo di bastardi ricchi privi di morale e senno. Come pensi che dovrei reagire adesso? Come? Ho appena saputo che esistono dei video che riprendono la mia amica mentre era a quella maledetta festa. Ho appena saputo che la mia amica probabilmente ci è morta dentro quel fottuto club e il suo corpo è stato nascosto o fatto a pezzi chissà dove. Quindi dimmi... dimmi come cazzo dovrei reagire adesso? È come se tutto quello che è successo, tutto quello che ho fatto: le ricerche, le interviste... tutto si fosse appena sgretolato. Non ha più un senso logico. Ero così sicura e invece qualcuno ha provato a farmi sentire pazza. Adesso che sto bene mi ripiomba tutto addosso come una valanga urlandomi che avevo ragione e tu mi dici di ragionare? Comodo per te dirlo adesso per tenermi buona, visto che rischi di essere sbattuto in carcere.»
«Iris...»
Scuote la testa più volte come se non volesse sentire la mia voce. «Per tutto questo tempo avete avuto le risposte a portata di mano e non avete fatto niente? Che razza di persone siete?», scoppia in lacrime. Il suo dolore è così forte da trascinarmi sotto lo strato superficiale fino a schiacciarmi.
«Sin dal primo istante avreste potuto fare la cosa giusta e invece avete tenuto nascosto tutto», aggiunge indignata. «E per che cosa?», alza il tono. «Siete degli egoisti!»
Inizia a perdere il controllo. Issac intuisce e va fuori dalla stanza mentre io mi avvicino a lei abbracciandola.
Urla forte spingendomi. «Ti odio! Sei un bastardo! L'hai ammazzata tu!», si scioglie insieme ai singhiozzi mentre continuo a tenerla ferma e stretta tra le mie braccia. «Avete ammazzato la mia amica», stringe il pugno.
Nella mia vita non ho mai avuto pretese eccessive. Ho sempre avuto bisogno di attenzioni, quelle vere, quelle sincere e spontanee. Quelle che ti fanno battere forte il cuore e chiudere con il mondo per un po'. Ho sempre avuto il timore di perdere qualcosa di importante. In questo momento una persona che si è fatta strada in mezzo al ghiaccio che circonda il mio cuore. Non voglio più quello che desidero, voglio quello di cui ho bisogno. In questo momento ho bisogno che lei non se ne vada. Ho bisogno che lei non mi rifiuti. Ho bisogno che non scappi via dalle mie braccia lasciandole vuote.
«Issac ricorda che è andata via. Io non ricordo molto. Ero sempre ubriaco e isolato nella zona privata. Ma lei me la ricordo. Non per la sua bellezza come hanno fatto tutti, me la ricordo perché era disposta a tutto pur di arrivare ad uno di noi. Era pronta a tutto pur di emergere. Con quell'aria aggressiva e furba credeva di poterci abbindolare. Il fatto è che nessuno dei membri del club l'aveva invitata. Quando è entrata nel locale, tutti, conoscendola, avevano iniziato a parlare di lei poi a fare attenzione. Alla fine era come pensavamo: era lì solo per essere al centro dell'attenzione. Ha creato una serie di casini. Era strafatta...»
Iris smette di dimenarsi. Mi spinge via con sdegno e guardandomi male mi ordina di darle la chiavetta. «Dammi quella fottuta chiavetta, adesso!»
«Iris non è una questione semplice.»
«Invece lo è. Tu mi dai la chiavetta e io non dico a tutti che hai ucciso la mia amica», dice guardandomi come se fossi davvero io il nemico, un assassino.
So che è il dolore a parlare per lei.
«Non scendo a patti solo perché mi stai minacciando. Se lo fai, andremo tutti in galera perché quattro anni fa non abbiamo fatto altro che chiudere i battenti perché c'era stato un altro problema a causa del tuo fottuto ex ragazzo», esplodo. «Abbiamo chiuso più per lui che per lei. Ma sappiamo già a cosa crederebbero pur di chiudere un capitolo così importante e rimasto in sospeso. Lo sai anche tu.»
Vedendola sorpresa metto maggiormente il dito nella piaga. «Ah già, ho anche protetto il tuo ex e tuo fratello dal carcere certo. Ricordi che parlavo di una scommessa con gente poco raccomandabile? Ecco! Adesso mi ricordo. Tuo fratello aveva mandato uno dei suoi amici a giocare al posto suo. Quei due si erano invischiati in un affare dalla quale non sarebbero mai usciti vivi. Hanno fatto una partita, Nolan ha perso tutto e per non pagare è scappato e ha chiamato la polizia lasciando a noi il fardello.»
Passo la mano sul viso. «È una storia complicata ma sembra quasi tutto collegato e non possiamo sganciare questa notizia così o cadremo tutti a picco, compreso tuo fratello Austin.»
Iris rimane immobile, gli occhi sgranati e una smorfia di rabbia mista a disprezzo sulle labbra. «Tu dammi lo stesso quella dannata chiavetta», apre il palmo.
Sospiro. «Ok», poso la chiavetta sul suo palmo. Prima di lasciarla andare però, circondo il suo polso con la mia mano e l'attiro verso di me. «Mi hai fatto una promessa, partiremo lo stesso. Non mi importa se mi odierai o se ti comporterai male. Ne hai tutto il diritto, ma verrai con me.»
Scrolla la mia mano stringendo l'oggetto come se fosse la cosa più preziosa del mondo. «Pensi davvero che ci sarà ancora un noi dopo questo?»
Guardandomi come se avesse davanti un mostro, si avvia verso la porta.
È assurdo. D'improvviso tutto si trasforma in caos. Inutile fare dei progetti tanto prima o poi il destino arriva e mescola ancora tutte le carte lasciandoti a mani vuote. Perché il pericolo si trova sempre dietro l'angolo e la vita può cambiare in un attimo.
Tutto quello che mi circonda sembra improvvisamente incolore, inodore e privo di suono. Esattamente come me. Mentre la guardo andare via, sento di non avere più peso. Di non appartenere più a nessun posto perché il mio l'ho appena perso. O forse, forse mi sono solo illuso di appartenere al suo cuore.
Si volta per un solo istante come se volesse aggiungere ancora qualcosa, ma esce dalla stanza ed io, io crollo a terra, in ginocchio. Le mani sulla testa e guardandomi intorno avverto solo il panico, il vuoto improvviso pronto a risucchiarmi in una voragine oscura senza via d'uscita senza la mia luce.
E in un attimo trovi famigliare quel buio. Ci sei già stato per tanto tempo e adesso ci sei ricascato dentro in un momento. Ma ora appare diverso, insidioso, spaventoso, terribile da sopportare. E ricadi in quel vortice oscuro, in quel tunnel senza via d'uscita, perché hai perso quella luce tiepida in grado di scaldarti il cuore, di illuminarti il cammino. Adesso sei solo. Adesso... sono solo.
♥️
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