33
IRIS
La paura è una sensazione terribile. Ti attanaglia. Ti fa sentire impotente. Ti fa tremare le vene, il corpo. Disturba la tua mente e ti fa perdere molte occasioni.
Nella vita ho sempre avuto paura di non riuscire ad arrivare da nessuna parte, di non essere all'altezza, di non riuscire a parlare, dire la mia, di non riuscire ad aprire completamente il mio cuore. Ma alla fine sono arrivata da qualche parte. Con alti e bassi sono andata avanti cercando sempre di mettere da parte quei sentimenti nocivi. Non ho mai pensato tanto al futuro. Ho vissuto nel presente.
Perché ho sempre avuto il timore di non farcela ma alla fine in un modo o nell'altro ce l'ho fatta lo stesso. Perché anche se vivi nell'oscurità per tanto tempo, quando arriva la luce e intorno diventa giorno, non c'è più un nascondiglio sicuro per nessuno.
Che poi abbiamo sempre quella paura di non essere capiti fino in fondo ma alla fine ci sarà sempre qualcuno pronto a spezzare quello strato superficiale fino ad abbracciare la nostra anima. Fino a mettere a nudo il nostro cuore.
Non posso credere di essere stata a Parigi, a Disneyland, di essermi divertita e di avere accantonato per giorni interi il terrore provato in seguito all'aggressione e la sensazione di non essere più al sicuro.
Ma, adesso che siamo tornati, mi sembra di non essermene mai andata. Mi sembra di avere solo rinviato l'inevitabile.
Sono già andata in centrale a deporre un'altra volta, accompagnata da Denver, ancora in servizio. Ho ribadito tutto quello che ho scritto al dottore in ospedale e adesso sono passata da Crystal per ringraziarla.
Siamo sedute al mio tavolo preferito, un piatto dove prima c'era una buonissima insalata di riso ormai vuoto davanti a noi. Un bicchiere di acqua ancora mezzo pieno e un cestino di pane. Le briciole sono sparse come stelle sulla superficie.
Qui dentro mi sento molto a mio agio. Sono anni che vengo in questo posto, mi siedo e mi sento a casa. Sono anni che tento di non macchiare questo posto a sedere con i ricordi che ho di quando Ellen mi trovava impegnata nello studio e faceva di tutto per distrarmi, raccontandomi dei suoi appuntamenti disastrosi o divertenti, parlandomi delle sue prossime conquiste, arrabbiandosi quando notava che mi ero distratta.
A volte alzo lo sguardo e fisso la porta nella speranza che lei appaia magicamente e si avvicini con il suo passo da modella e la sua espressione da stronza stampata in un viso perfetto. Ma mi illudo. Nel corso degli anni le persone mi hanno fatto capire che prima o poi arriva il momento in cui bisogna andare avanti accettando una perdita. Perché nel profondo del mio cuore io so di avere perso Ellen quella notte. Solo che non riesco ancora ad accettare che mi sia stata strappata via così facilmente. Ed io lo so. Lo so che dovemmo accettare che quello che non c'è più, non ci sarà più nella nostra vita. Le cose si perdono di continuo. È così anche per le persone. Solo che lasciano dentro dei buchi, spazi immensi dove non filtra neanche più la luce e tu ti ritrovi al buio senza una candela.
«Allora, dimmi come stai?»
Crystal interrompe i miei pensieri. Smetto di stropicciare un tovagliolino accumulando le palline di carta che ho creato mentre riflettevo sul passato, su come sia cambiata la mia vita, all'angolo.
«Sto... qui come vedi», replico vaga per non ammettere di essere terrorizzata.
Quando hai paura, ti blocchi, non riesci ad andare avanti. Il mondo intorno a te si ferma. È un po' come annegare lentamente mentre sei consapevole di non sapere nuotare. E finisci per annaspare fino a morire dentro. Finisci per soffrire in silenzio. Non so come andranno le cose da questo momento in poi, so che non voglio morire di terrore. So che non voglio avere così tanta paura.
Crystal mi scocca un'occhiataccia. «Si, domanda sbagliata, scusa. Ti sei divertita a Parigi? Com'era Disneyland?»
Sorrido dandole un colpetto affettuoso porgendole il regalo che le ho preso e che lei scarta immediatamente come una bambina il giorno di Natale.
«A scanso di equivoci e prima che tu possa prendermi in giro, non c'ero mai stata. Forse è per questo che mi sono divertita un mondo. È stato davvero bello fare un viaggio così all'improvviso e non avere alcun programma. Hunter ha reso tutto molto divertente e intenso. Ho tante foto da stampare. Non appena saranno tra le mie mani te le mostrerò una ad una e dovrai sorridere e fingerti interessata mentre ti elencherò quello che abbiamo visto e fatto.»
Ride. «No, non mi fingerò interessata, lo sarò. Sono contenta che il viaggio sia stato quanto meno utile. Grazie per il souvenir, è bellissimo! Non dovevi», continua a sorridere poi vedendomi ancora un po' distante torna all'attacco. «E con Hunter?»
Arrossisco. Crystal lo nota e sorride ampiamente. «Oh... oh.... qui qualcuno ha fatto qualcosa di spinto con quel bastardo fortunato», tamburella con le unghie laccate di smalto fosforescente sulla superficie.
Le guance mi prendono fuoco. Le sfioro bevendo un lungo sorso d'acqua mentre ripenso a tutti quei momenti passati con lui sotto le lenzuola.
Crystal corre a prendere un piatto dove dispone una fetta di torta da condividere. Il locale a quest'ora è sempre molto tranquillo, pertanto possiamo parlare.
«Racconta», mi esorta sempre più curiosa. «Non tenermi sulle spine e non risparmiare alcun dettaglio!»
Passo le mani sul viso poi assaggio la Sacher al cioccolato con pezzetti di fragola all'interno, con la mente rivolta a quei due giorni di fuoco vissuti con Hunter, l'uomo che amo davvero con tutta me stessa. Con Nolan non provavo niente di lontanamente simile. Forse è stato meglio così. Non mi è mai piaciuto fare paragoni. In questo caso non c'è storia.
«È successo...», inizio.
Non sono mai stata brava ad esternare certe cose. Non sono pudica ma trovo imbarazzante parlare della propria vita intima con le persone.
Lei urla battendo i piedi per terra più che entusiasta. «Si! Lo sapevo che avreste fatto scintille voi due prima o poi. E com'è stato?»
«Se ho voluto riprovare significa che mi è piaciuto... anche tanto.»
Spalanca gli occhi bevendo un sorso di caffè prima di sventolarsi e sventolarmi quando nota che sono rossa e accaldata. «Quindi è messo bene lì sotto e ci sa fare?»
Sollevo entrambe le sopracciglia e lei mi picchia il palmo sul braccio. «Quindi avete passato tutto il tempo in camera? Aggrovigliati e sudati? Avete usato le dovute precauzioni, spero.»
Ripenso a quella sera quando l'ho trascinato nella mia euforia, in quel vicolo, nel posto in cui tutto si è consumato come fuoco indomabile fino a ridurci cenere.
È stato incredibile, pazzesco. Mai provato niente di così estremo e forte. Mordo il labbro, guardo Crystal e lei intercetta i miei occhi, forse anche i miei fugaci pensieri, rimanendo in attesa.
«No, non tutto il tempo. Siamo usciti dall'hotel proprio per non saltarci addosso. È stato difficile, visto che appena si avvicina mi sento bruciare la pelle e ho voglia di sentirlo addosso.»
«Quante? Quante volte è successo?»
Sono sempre più rossa. «Mi stai torturando.»
Ridacchia. «È bello vederti così coinvolta e imbarazzata. Sei sempre stata molto taciturna, spenta, un po' sulle tue. Da quando Hunter è entrato nella tua vita ti vedo... accesa, piena di energie, aperta al mondo e vivace. Niente di paragonabile a quel bastardo che ti ha fatto soffrire e rischiava di renderti infelice.»
Sorrido anche se un po' triste se penso a come siamo arrivati a tutto questo io e Hunter. Siamo insieme proprio perché ho lasciato Nolan e ho avuto il coraggio di mostrargli il mio cuore. E se non lo avessi fatto?
Al pensiero mi vengono i brividi. Probabilmente sarei in ospedale, piena di lividi o chiusa in casa a nascondermi dalla vergogna.
«Hunter mi migliora le giornate. Mi fa sentire come se potessi toccare il cielo con un dito. Sembrerà pure banale o una frase scontata ma è così. Lui è una scintilla, un lampo, un soffio al cuore. È quell'attimo che fa cambiare tutto. Mi fa stare bene.»
Crystal prende un altro pezzo di torta. Sbocconcella e riflette. «Quindi è bravo a letto una componente importante per la vita di coppia, sa come prenderti quando sei di pessimo umore o in qualsiasi momento, sa come farti sorridere, è ricco, non che tu non lo sia, ed è innamorato. Più perfetto di così che cosa aspetti?»
Lecco le labbra. Il sapore del cioccolato invade la mia bocca e allevia i miei sensi. «Che cosa stai cercando di dirmi?»
Tiene il cucchiaio in bocca. «Sposalo!»
Tossicchio. Bevo subito un lungo sorso d'acqua e Crystal mi picchia il palmo sulla schiena per aiutarmi a riprendermi.
«Piccola, non ti ricapiterà mai più un'occasione d'oro come questa. Lui è perfetto per te. Sembrate fatti l'uno per l'altra. Siete meravigliosi. Non puoi lasciartelo scappare.»
«Non abbiamo bisogno necessariamente di sposarci per stare insieme. Dobbiamo ancora concludere questo finto fidanzamento. Sono passati due mesi dei sei previsti dal contratto e non so come andrà la storia tra di noi. Sono già successe tantissime cose sin dal primo istante. Forse ne succederanno ancora e non posso rischiare di perdere completamente la testa e il cuore rincorrendo qualcosa che mi farà stare male.»
Crystal piega la testa di lato pulendo le labbra con il tovagliolo di carta che strappa quasi via dal contenitore azzurro. «Supererete qualsiasi cosa insieme», dice, positiva come sempre. «Hunter ha quel modo di guardarti... di proteggerti...»
Già, Crystal ha ragione quando dice che Hunter è perfetto, pur nella sua imperfezione. Ma non posso spingermi troppo oltre con lui o perderò il controllo, me stessa. Devo rimanere ancorata alla realtà se voglio sopravvivere.
«Si, vedremo. Adesso perché non mi dici come hai passato il tuo weekend?»
«Abbiamo fatto il primo test e purtroppo non è andato bene», dice mesta. «Così ci siamo ubriacati per consolarci e abbiamo riprovato, convinti che la prossima volta funzionerà.»
Rimango con lei per un'ora ad ascoltare i suoi sfoghi sul fatto che non sta funzionando il suo tentativo di diventare mamma. Le dico che prima o poi andrà bene, che non deve rinunciare o arrendersi, che deve essere forte e lei si lascia convincere dalle mie parole.
«Credi che lo rilasceranno?», domanda cambiando argomento.
Sospiro mesta fissando la vetrata. Pensare a Nolan è come pensare a quegli istanti in cui avrebbe potuto farmi molto male. Se chiudo gli occhi lo rivedo e per quanto tenti di ignorarlo, sento ancora le sue minacce farsi strada nel mio cuore fino a ferirlo.
Nella vita hai il diritto di arrivare in fondo al dolore, di guardarlo bene in faccia e di superarlo. Non sei folle o masochista, sei solo stanco di dovere sentire le solite parole di conforto, i soliti discorsi scontati su come si superano le cose. Ma nessuno trova mai il modo giusto. Nessuno ha un libretto con le istruzioni su come lottare per vincere, per debellare la collera, la tristezza, per asciugare le lacrime fino a non averne più in corpo per nessuno.
Passi giorni interi a ripensarci, a stare male. Senti dolore ovunque, nei muscoli, nelle ossa, dentro la testa. Senti dolore nella pelle, dentro lo stomaco, nel cuore. E niente riesce ad attutire o ad alleviare la sensazione che senti come un pugno, come una stilettata, come una caduta. E ti senti perso. Ti senti arrabbiato. Hai bisogno di ricominciare, di urlare a squarciagola che è tutto uno schifo.
Non c'è via d'uscita dal dolore ma lo puoi attutire aggrappandoti a qualsiasi cosa riesca a farti dimenticare anche solo per pochi istanti, la sensazione devastante che invade ogni poro, ogni fibra, ogni particella di te, del tuo corpo, della tua mente. Questo succede quando incontri la persona giusta. Perché prima o poi arriva qualcuno in grado di posare carezze sulle tue cicatrici. Prima o poi arriva qualcuno in grado di lasciare baci sulle tue ferite. Prima o poi arriva qualcuno simile ad una medicina e il dolore diventa come una nuvola di fumo, evapora via.
Nella mia vita per fortuna è arrivato Hunter ad alleviare il dolore. Senza di lui adesso non so se sarei meno triste.
«Da una parte spero di no. Spero tanto che marcisca in carcere. Dall'altra spero solo che lui smetta di farmi del male. Con lui la storia che abbiamo avuto è finita, ormai lo so. Ma non so se lui riuscirà mai a capirlo. Non so se riuscirà mai ad accettare che amo un altro uomo e che sono come a casa.»
Crystal ascolta con sguardo dispiaciuto. Mi stringe il palmo e mi accarezza una guancia. «Vedrai che le cose si risolveranno. Non oserà più avvicinarsi a te. Soprattutto dopo che lo hanno pestato per bene. Ho anche saputo che in carcere non se la passa poi così bene. In fondo tutti prima o poi avranno quel che si meritano.»
«Lo spero.»
Dopo essere uscita dal locale un po' più leggera grazie allo sfogo con una persona che reputo ormai un'amica, supero gli stand abbracciando i ragazzi dell'associazione e mi sposto in libreria per stare un po' con Bonnie e suo marito.
«Maurice vieni subito qui, la nostra bambina è tornata!», strilla nell'immediato correndo ad abbracciarmi.
La stringo poi abbraccio anche Maurice che esce dalla cantina con una bottiglia di vino. Porgo loro i piccoli souvenir che ho preso. So quanto ci tengono ai gesti semplici, a certe attenzioni e sono contenta di vedere nei loro volti il sorriso, la gratitudine e l'affetto.
«Ti trovo bene, piccola», Bonnie mi stringe le guance continuando a sorridermi.
«Non dovevi portarci per forza qualcosa. Sai che a noi importa che tu stia bene e ti sia divertita», prosegue Maurice. «Però grazie.»
Sorrido loro. «Mi sono divertita molto. Parigi è davvero stupenda per come mi avete più volte raccontato.»
«Prima o poi torneremo nella città dell'amore», i due si guardano poi si danno un bacio affettuoso sulle labbra.
Li ammiro. Stanno sempre insieme, si amano alla follia. Mi piacerebbe vivere un amore come il loro. Non importa se con alti e bassi.
Sto un po' con loro. Nonostante le proteste lì aiuto in negozio e dopo averli salutati torno nel mio piccolo rifugio.
Decido subito di fare un bagno. Riempio la vasca di petali e sali. Accompagnata da un po' di musica mi rilasso per qualche minuto.
Uscita dalla vasca, in asciugamano e turbante, mi siedo sulla poltrona a leggere un libro mentre fuori sta iniziando a piovere. Il tempo non è più lo stesso da un paio di giorni.
Sento bussare alla porta e mi alzo andando ad aprire. Come sempre prima di togliere la catenella sbircio per accertarmi che non ci sia qualcuno con intenzioni poco nobili ad attendermi. Dietro un enorme mazzo di girasoli invece trovo lui. Lui che mi sorride quasi timidamente. «Ciao, bellissima.»
Prendo i fiori e accolgo il suo bacio sulla guancia. «Ciao, grazie», fisso il bouquet pieno di girasoli stordita, poi li annuso mettendomi da parte per lasciarlo passare. «Entra. A cosa devo questo?», non riesco a smettere di sorridere.
Forse essere felici è solo una brutta illusione. Essere felici è come una strada lastricata, piena di cocci di vetro taglienti mentre cammini a piedi nudi. È una strada rischiosa, costellata di lacrime, di desideri nascosti, di sguardi o baci lasciati in sospeso. E allora perché cercare la felicità quando hai davanti agli occhi una ragione per sorridere, per piangere, per emozionarti? Perché trattenere il cuore riempiendolo di paura quando puoi lasciarlo battere senza pretese, senza sforzi eccessivi verso una sola direzione? Perché deluderti ancora e ancora?
Purtroppo non possiamo farne a meno. Perché siamo abituati così tanto al dolore che la felicità ci sembra solo un miraggio e quando arriva ci appare come una salvezza. Invece dovremmo guardarci un po' intorno, aprire davvero gli occhi e apprezzare quello che abbiamo nel presente. Perché la felicità si nasconde negli attimi, nelle persone.
La mia felicità sta lentamente assumendo la sua immagine. Il suo sorriso. I suoi gesti. Il suo profumo. Il suo calore. La sua voce. Lui sta diventando la mia felicità. Il mio attimo tranquillo.
Hunter va verso il soggiorno sollevando il libro. Lo apre leggendo la pagina in cui mi sono fermata. «Un piccolo regalo, li ho visti e ho pensato che dovessero essere tuoi», dice concentrato nella lettura mentre si siede sul bordo del letto. «Meglio nelle tue mani che in quelle di molte altre che non sanno come amarli.»
Inarco un sopracciglio e nel frattempo vado a riempire un bicchiere d'acqua mettendoci dentro i fiori che lascio sul tavolo quasi appoggiati al muro.
Ci siamo separati da un giorno e mezzo circa e lui in qualche modo è cambiato. In questo momento sembra criptico, pensieroso. Ha chiamato un paio di volte per assicurarsi che stessi bene, non ha invaso il mio spazio, non è piombato in casa con una scusa. Eppure adesso che è qui mi domando se stiamo sbagliando tutto. Abbiamo iniziato dalla fine e, lentamente, il nostro rapporto si è trasformato in qualcosa che non avrei mai osato immaginare per due come noi. Siamo opposti che si attraggono. Linee parallele che mai potrebbero incontrarsi. Eppure siamo ancora insieme. Siamo io e lui. Siamo quel noi che sa tanto di coraggio e sfida contro il destino avverso.
Gli preparo una tazza di caffè e avvicinandomi gliela porgo. Mi è mancato, tanto. «Sputa il rospo.»
«Cosa ti fa pensare che io abbia qualcosa da nascondere?», beve un sorso di caffè apprezzando, appoggia poi la tazza sul comodino prima di chiudere il libro.
Glielo tolgo dalle mani posandolo sulla mensola. «Spiegami che cosa succede e ti dirò cosa mi fa pensare che tu abbia qualcosa da nascondere.»
Stringe la mia mano portandola alle labbra. Posa un piccolo bacio e mi guarda per un attimo. I suoi occhi sfuggono in fretta, come se lo avessi bruciato.
«Hunter!»
«Se te lo dico ti incazzi e non voglio che il tuo umore cambi. Siamo stati così bene in questi giorni che adesso mi dispiace rovinare tutto.»
«Parla», lo guardo male.
Prende un lungo respiro. «Dobbiamo andare a cena dai miei. Ci saranno tutti. E con tutti... intendo anche i tuoi genitori.»
Mi lascio cadere indietro sul letto. Tappo gli occhi. «No», sussurro come una bambina capricciosa. Mi sollevo e cammino avanti e indietro nel piccolo spazio tra il letto e la cucina. «Sai perché?»
Prende il caffè. «Probabilmente vogliono parlare del fidanzamento e dei doveri che abbiamo nei confronti delle nostre famiglie», solleva la spalla. «Sappiamo già perché, non prendiamoci in giro Iris.»
Metto il broncio. «Vogliono che firmi?»
Annuisce. «E noi?»
«Noi cosa?»
«Cosa vogliamo?»
«Io non firmerò questa volta. L'ho fatto la prima volta e non lo farò ancora, non mi farò prendere in giro da quello stronzo di tuo nonno che aveva già in serbo un'altra trappola. Mi sembra di avere fatto abbastanza per tutti e sto rispettando il patto. Non mi serve un matrimonio finto sulla coscienza. Tu invece? Hai intenzione di firmare?»
Inumidisce le labbra. «Non firmerò», risponde con un tono secco. Poi si alza in fretta. «Passo a prenderti alle otto.»
Detto ciò esce dal mio appartamento quasi di corsa e con aria truce. Apro e richiudo la bocca cercando di dire qualcosa ma è già troppo lontano per poterlo fermare.
Ho notato il suo sguardo. Non è da lui non sorridere o forzarsi in quel modo. Era come se stesse pensando e ripensando a qualcosa di importante da dire, da confessare e non riuscisse a farlo. E se a questa cena incontrassi una delle sue ex? Se dopo quello che è successo a Parigi lui non volesse più stare con me perché ha avuto quello che voleva?
Scuoto la testa. Quando ci vedremo mi farò dire quello che succede, costi quel che costi. So che c'è dell'altro. Non sono stupida.
Mi preparo per la cena. Ovviamente non potrò sottrarmi. Indosso un paio di jeans Guess, una camicia senza bottoni con delle balze sul davanti ricamate nera e scelgo delle scarpe comode da indossare e anche una giacca nel caso in cui fuori dovesse fare freddo. Inizia a cambiare la temperatura e gli ultimi acquazzoni hanno portato perturbazioni fredde a Miami.
Bussano alla porta e, ancora una volta vado ad aprire. Forse è Hunter. Si è accorto di essersi comportato in modo strano, mi dico. Invece mi ritrovo Max davanti. Mi stringe in un caloroso abbraccio senza darmi il tempo di un respiro. Di seguito, anche Steven e Austin lo fanno cogliendomi di sorpresa.
«Ehi, che ci fate voi qui? Ma che bella sorpresa!», saltello come una bambina guardandoli tutti e tre, toccando i loro visi, le spalle.
«Dovevamo vedere come sta la nostra sorellina. In più abbiamo ricevuto un invito a cena e visto che eravamo tutti da queste parti abbiamo deciso di riunirci e passare un po' di tempo insieme.»
La felicità che sento è incontenibile. Salto addosso ad ognuno di loro lasciandomi stringere e tenere al petto.
«Vi trovo bene. Dio, quanto mi siete mancati!»
«Tu invece hai un aspetto disastroso, piccola.»
Apprezzo la sincerità di Max ma a volte ha poco tatto con me.
Li faccio accomodare. Guardano tutto, ogni angolo della mia piccola casa, ma non giudicano il mio alloggio. Sanno come sono fatta e ogni mia scelta non possono di certo contrariarla.
«Ti sei sistemata bene qui», dice Steven. Capelli biondi, occhi verdi e guance rosee.
Bravo nei calcoli, diretto e tenero.
«Una casetta per una persona sola», precisa Austin. «Non due, ma una.»
Capelli con riflessi rossi, occhi color grano chiarissimi, sguardo da folletto. Adora la musica. Ammalia chiunque suonando il piano. È stato lui ad insegnarmi ad usare qualche strumento.
«Andiamo, ad Iris piace ed è quello che conta», cerca di salvarmi Max.
«Può avere un appartamento più grande, arredato come si deve, con un giardino sul balcone. Invece qui siamo dentro una casa popolare.»
«Ma lei non lo vuole un appartamento più grande. Sta bene qui. Adesso smettetela di comportarvi da altolocati e abbracciate la nostra piccola perché non sappiamo quando ci ricapiterà questa occasione di vederci e trovarci tutti insieme.»
Preparo per loro dei calici e sedendomi sul tappeto a gambe incrociate brindo insieme a loro.
«Che cosa dobbiamo aspettarci da questa cena?»
«Probabilmente che i nostri genitori mi obblighino a sacrificarmi un'altra volta, per un generoso conto in banca che useranno per investimenti e... che altro? Provate ad indovinare. Io ovviamente non ho mai voce in capitolo. E per la cronaca dovrebbe essere tutto mio come scritto sul testamento.»
Alzandomi mi appoggio alla vetrata guardando fuori, abbasso gli occhi verso la strada, osservo i pedoni e le auto. «Ma non firmerò questa volta. Mi dispiace che vi abbiano fatto venire qui per convincermi, ma non posso farlo.»
«Ami molto Hunter, se accetti di sposarlo qual è il problema? In fondo prima o poi succederà lo stesso e ogni cosa sarà comunque tua.»
«Davvero non ci arrivi, Max?», interviene Steven mollandogli un colpo sulla nuca. «Sarà braccata. Iris non è mai stata una che dipende economicamente o altro da un uomo. Ha vissuto quello che ha vissuto nell'ultimo periodo, è vero, ma deve guardare il futuro e non perdere di vista quello che per cui ha lavorato per anni solo per un conto in banca da capogiro e un uomo "bello" che, siamo sinceri, potrebbe tradirla.»
«Ragazzi? Lei è qui e può benissimo difendersi da sola. Dobbiamo soprattutto sostenerla, qualunque sia la sua scelta. In fondo è grazie a lei se abbiamo ancora le mutande firmate addosso. Sostenerla mi sembra il minimo.»
Guardo con affetto i miei tre fratelli. Senza di loro mi sentirei incompleta.
Sento due colpetti alla porta e vado ad aprire. Hunter si ferma sulla soglia non appena nota i tre seduti. «Hai compagnia», dice tra i denti.
«Entra, ti faccio conoscere i miei fratelli», rispondo emozionata e un po' agitata. Non ho mai presentato un ragazzo alle persone che mi hanno vista crescere. Neanche Nolan era degno.
«Ragazzi, lui è Hunter Ford, il mio fidanzato.»
Si sono già sistemati minacciosamente alle mie spalle, senza che me ne accorgessi. Persino Max sta guardando male Hunter adesso.
Mi viene da ridere ma non urto la sensibilità di nessuno di loro e mi mantengo a debita distanza dai due fuochi che si stanno creando. Da una parte c'è Hunter, dall'altra la mia famiglia.
Uno ad uno stringono la sua mano ma non parlano, continuano a scrutarsi così tanto e così a lungo da farmi impazzire.
Non so che cosa sta succedendo qui dentro ma riesco a percepire la tensione che si è appena innalzata dopo che ho aperto quella porta e fatto entrare lui.
«Visto che è la prima volta che ci incontriamo, perché non rispondi ad alcune domande... ad esempio: hai intenzioni serie con nostra sorella?»
A parlare il maggiore: Steven.
«O vuoi solo spassartela con lei usandola come tutte le altre?», aggiunge Austin.
Hunter non sembra sentirsi minacciato e mantiene la postura al centro della piccola casa che, improvvisamente sembra davvero minuscola e soffocante per ospitarci tutti.
«Non sarei venuto qui a prenderla se non avessi buone intenzioni con lei e non avrei voglia di passare del tempo con lei se così non fosse.»
Steven non sembra convinto della risposta. «Sappiamo la fama che hai e quello che hai fatto in passato. Chi ci dice che nostra sorella non sia una delle tante per te?»
Mentre li vedo discutere, mi immagino seduta all'angolo con un sacchetto di popcorn in mano. Ma questo assurdo spettacolo a distanza di mesi in realtà, mi irrita e non poco.
I miei fratelli non possono piombare qui e litigare con una persona a cui tengo. Non possono imbarazzarmi in questo modo con una scenata di gelosia.
«Steven!», provo a richiamarlo ma persino Max non guarda più Hunter con ammirazione.
Che diavolo è successo? Che cosa mi sono persa? Fanno sul serio?
Gonfio il petto trattenendo tutta l'aria che posso e poi sgonfiandomi come un palloncino avanzo mettendomi in mezzo a loro. «Ok», inizio poco prima che Hunter possa rispondere e peggiorare la situazione. Conosco da entrambe le parti le loro espressioni e quasi sicuramente la discussione finirà con un pugno o una parola così brutta da ferire chiunque. Soprattutto non si accorgono che stanno ferendo me, i miei sentimenti. Che mi stanno mettendo in ridicolo. Come se io non fossi capace di scegliere un uomo.
«Voi tre smettetela di metterlo alla prova. Hunter ha dato più volte dimostrazione di essere di parola e di tenerci a me. E tu... mi dici perché sei così teso e pronto al contrattacco? Che cosa ti hanno fatto?»
Facendo una smorfia, Hunter, si tira indietro. Continua però a fissare i miei fratelli in cagnesco. «Voglio solo che sia chiaro che ti amo e odio quando la gente mi giudica per il passato che è alle spalle e non qui davanti a me. Ho sbagliato, vero. Non me ne pento perché sono quello che sono grazie anche a questo, vero. Ma neanche voi tre siete dei santi. Tu, Steven, hai quasi messo incinta la tua amica del liceo perché ti sei ubriacato e ti sei chiuso in un armadio con lei per un gioco. La vedi ancora di nascosto dalla tua fidanzata non è vero? Tu Austin invece hai rischiato di perdere una grossa somma di denaro e di mettere la tua famiglia in pericolo con gente di cui è meglio non fidarsi, tutto per una scommessa e tu... piccolo traditore Max, non sei in grado di dire ai tuoi fratelli che sei g...»
Gli tappo la bocca con il palmo prima che riesca a concludere. «Hunter!»
Mi volto e i miei fratelli sembrano in difficoltà. È la prima volta che li vedo così a disagio e incapaci di trovare una risposta ad eventi che non conosco, perché a quanto pare me li hanno tenuti nascosti.
«Sono vere queste cose?»
Li guardo uno ad uno sentendomi ferita. Avrebbero dovuto fidarsi di me Steven e Austin. Probabilmente ero piccola quando sono successe queste cose, ma adesso non lo sono più. I segreti distruggono le persone dapprima dall'interno poi dall'esterno travolgendo dietro di sé tutto quello che le circonda.
«Non pensavamo che qualcuno ne fosse a conoscenza a parte noi. Che stai facendo, lo stai usando contro di noi per far avvicinare di più nostra sorella a te? Lei non è stupida.»
I miei occhi continuano a saettare da uno agli altri tre. Hunter toglie la mia mano dalla sua bocca ma la tiene stretta nella sua. Percepisco la tensione nei suoi muscoli.
«No. Volevo solo farvi capire che non sono solo io ad avere commesso degli errori. Chi ero... è noto a tutti e non lo nascondo. Mai fatto. Ma le persone possono cambiare quando incontrano qualcuno per cui vale la pena essere migliori», mi guarda intensamente e i miei occhi si colmano di emozione.
«Ripeto, amo vostra sorella e non ho intenzione di farle del male. Voglio tanto quanto voi che sia felice e al sicuro. Non mi sembra che voi c'eravate quando non lo è stata», sgancia un'altra bomba e i miei fratelli si irrigidiscono ulteriormente.
«Eravamo in viaggio per lavoro. Non immaginavamo di certo che Iris avesse un ragazzo psicopatico. Anziché prendertela con noi per la mancanza che le abbiamo fatto, prenditela con lei perché è sempre stata così testarda e così buona da volere aggiustare e aiutare chiunque. Falle capire quello che non ha mai capito: che le persone non si aggiustano e alcune non vogliono essere aiutate. Che ce ne sono alcune marce dentro e a niente servono le attenzioni. Falle capire che non bisogna sempre raccogliere bastardi da accudire per sentirsi migliori. Iris è troppo buona e le persone si approfittano di lei. Magari lei fa finta di non notarlo questo dettaglio ma noi la conosciamo e sappiamo che quando si mette qualcosa in testa non c'è verso di farle cambiare idea. Quindi adesso smettiamola con questa inutile discussione. Siamo tutti qui per lei, non per rivangare il passato.»
Guardo con orgoglio mio fratello Max. Più tardi ovviamente glene dirò quattro per quello che ha appena detto sul mio conto.
Io non raccolgo bastardi e, anche se fosse non è perché sono ingenua o troppo buona. È perché ho i sentimenti incontrollabili e mi piace fare stare bene le persone.
Hunter abbassa le spalle. «Esatto. Mi fa piacere che abbiamo raggiunto un accordo.»
I tre annuiscono poi sorridendo si avviano alla porta. Prima di uscire si voltano. «Vi aspettiamo a cena. Non metteteci troppo o penseremo male e saremo costretti a prenderti a calci nel culo davanti a tutti umiliando di conseguenza nostra sorella.»
Apro la bocca ma da questa non ne esce alcun suono ed è tardi quando sono pronta a parlare, perché la porta si chiude. Alzo gli occhi al cielo scuotendo la testa incredula. I maschi!
Guardo Hunter da sotto le ciglia. Lui mi osserva per un istante poi avvicinandomi a sé, sollevandomi il mento e tenendolo fermo, mi attira tra le sue braccia per darmi un bacio a fior di labbra in grado di sciogliere la tensione ma, allo stesso tempo, di fare salire la voglia. E so che la sente anche lui questa sensazione che spinge contro il ventre.
Passo i palmi sul suo petto, sulle sue spalle e lo avvicino ulteriormente. «Direi che è andata bene.»
Sorride. Finalmente rivedo il sole e mi sento meno insicura, meno preoccupata sul suo strano comportamento.
«Direi che sono stato accettato dai fratelli Harrison come un degno avversario nonché fidanzato perfetto per la sorella. È una bella novità.»
Rido abbracciandolo. Lui preme le labbra sulla mia fronte. «Pronta per la cena?»
«Preferirei mangiare una pizza seduta qui davanti la tv ma... a quanto pare non posso sottrarmi e mi toccherà ingerire caviale.»
Il suo viso scende e le sue labbra toccano ancora le mie per un bacio delicato ma in grado di innalzare la tensione.
«Mi manchi», sussurra.
Capisco il significato delle sue parole e stringendolo per il viso prolungo il bacio. «Non possiamo farli aspettare.»
Con una smorfia mi porta fuori dal mio piccolo appartamento. Scendiamo le scale in silenzio e poi fuori ci accolgono Denver e Perez che se ne stanno a poca distanza dalla limousine.
«Vi scortiamo alla villa, signore», dice Denver andandosi a mettere dentro la prima auto che si trova proprio davanti alla bellissima limousine dove un autista tiene aperta la portiera. Perez si congeda nell'altra dietro con un cenno della testa. Ha smesso di guardare Hunter in quel modo. Che cosa mi sono persa? Lui ha fatto qualcosa per fermarla?
Entriamo in limousine e Hunter mi stringe subito la mano. Osservo il modo in cui le sue dita giocano con il mio anello.
«Non vuoi dirmi che cosa ti succede oggi?»
Allarga un po' la cravatta.
Mordo il labbro e mi sistemo a cavalcioni su di lui. «Se vuoi che stiamo insieme dovrai condividere con me tutto, ricordi?»
Tiene le mani ai lati delle gambe e non osa muoversi. Corrugo la fronte. «Hunter?»
Deglutisce a fatica poi i suoi occhi chiari vagano su per il mio corpo fino a posarsi nei miei occhi. «Dopo cena dobbiamo parlare.»
«Vuoi lasciarmi?»
Mi guarda come se lo avessi appena deriso o colpito. «Lasciarti? Cosa? No. Tu sei la mia fortuna, Iris. Tu sei la mia occasione. Mi rendi migliore, mi fai venire voglia di essere migliore e con te al mio fianco io, io credo di poterci riuscire. Quindi no, non voglio lasciarti e non ho nessuna intenzione di andare via. Voglio fare parte della tua vita. Quindi smettila di avere paura, questa incertezza.»
Più lo guardo e più mi innamoro. Il cuore mi batte ad un ritmo convulso, senza controllo spinge contro la gabbia toracica.
Forse possiamo riscrivere il nostro finale. Forse possiamo ricominciare da capo, avere una seconda possibilità per essere migliori, per non essere soli. Forse possiamo lasciarci tutto alle spalle, accantonare il dolore e abbracciare quell'attimo effimero di pura felicità. Perché nella vita possiamo scegliere. Scegliere di stare bene. Scegliere di amare. Scegliere di perderci negli occhi di qualcuno.
«Allora cosa c'è che non va? Perché sei così teso?»
«Fidati, lo saresti anche tu.»
Stringo il suo viso. «Abbiamo dieci minuti. Vuoi sprecare il tempo così?»
Nega. Le sue mani risalgono sulla mia schiena e mi preme a sé in un abbraccio possessivo. «Qualunque cosa accada, sappi che niente cambierà quello che provo per te. E prima mi sono un po' arrabbiato quando non hai considerato il noi come risposta alla domanda: "che cosa facciamo".»
Sono preoccupata. Non ho mai visto Hunter così pensieroso e distante.
Poso le labbra sulle sue. «Va bene. Mi stai spaventando ma aspetterò.»
Annuisce accarezzandomi la guancia. «Torna a sederti o i minuti a nostra disposizione saranno di più perché farò fermare l'autista.»
Ed eccolo, a tratti ritorna. Ma non è da lui essere così scostante e insicuro. O forse è proprio da lui e sono io che non conosco ancora questo suo lato.
Mi siedo accanto, stringo la sua mano. Vorrei dirgli tante cose, porgli delle domande ma... so già che risponderebbe in maniera criptica. Pertanto me ne sto zitta e attendo il momento in cui parleremo.
♥️
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro