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IRIS

Bisogna amare chi si ha accanto nei momenti più orribili e bui, perché l'amore deve fer nascere sorrisi dove vi sono solo lacrime. Amore è restare vicini anche quando ci sono giorni silenziosi e bui. Perché amore è potere stare in silenzio, amore è poter parlare tramite gli sguardi mentre fuori regna sovrano il caos. Amore è quando non riesci a dire niente eppure dici tutto.
Bisogna avere cura delle persone, degli attimi vissuti insieme ad esse, soprattutto quelli che credevi fossero privi di importanza e invece alla fine non sono altro che momenti unici, speciali, indelebili e irripetibili. Pezzi di vita che non torneranno più indietro, schegge perse nel tempo.
Bisogna avere cura dei sentimenti. Provare e provare senza mai avere paura di sentire quel brivido, quel pugno dritto in pancia, quei lividi sulla pelle, quell'impronta sul cuore. Bisogna avere cura di quello che si prova e custodirlo senza mai sedarlo.
Bisogna avere cura del tempo, dello spazio. Bisogna non lasciarsi scappare le occasioni, le persone, l'amore quando arriva e ti travolge senza mai lasciarti una ferita. Bisogna avere cura del proprio cuore, della propria anima, di se stessi.
Ci sono momenti bui in cui la vita sembra tanto un tunnel senza via d'uscita, ci si dimentica dei sogni, dei sentimenti, di tutto. Non c'è via d'uscita se non attraversare il dolore. Ma nonostante tutto, bisogna avere una persona accanto in grado di alleviare ogni cosa, di dissipare il malumore, la tristezza, l'infelicità che ti porti tatuata sotto-pelle.
«Stai comoda?»
Sto guardando fuori dall'oblò del jet privato dei Ford. Un bellissimo gioiellino pieno di ricchezze e comodità all'interno. Divani in pelle color crema dotati di cinture di sicurezza e macchinario per i massaggi che, non ho ancora avuto modo di provare. Pannelli marroni con cornici in oro lucidi. Tavolini muniti al centro di vaso con i fiori. La moquette simile a cachemire sotto le suole delle scarpe e nell'aria un profumo tenue di talco misto a colonia e liquore.
In questa cabina siamo soli. Noi due in questo viaggio improvvisato. Un regalo gradito e che non riuscirò mai a ricambiare in egual misura.
Hunter ricorda davvero tutto quello che mi riguarda. Sto apprezzando molto questo suo gesto così enorme e generoso.
Dall'altra parte, all'interno della seconda cabina, separati da una tendina e un pannello, Nelson e la moglie si godono il loro volo verso Parigi. Di tanto in tanto si sente la loro risata ma non dà il minimo fastidio, mi fa capire che almeno qualcuno si sta davvero godendo il viaggio senza pensieri mentre io sono ancora distrutta.
Hunter mi passa un cuscino e posa una coperta morbida sulle nostre ginocchia. Accetto per non farlo preoccupare più di quanto non lo sia stato in questi ultimi giorni.
Appoggio bene la testa contro il cuscino e torno a fissare le nuvole là fuori prima che faccia buio. Arriveremo di sera a Parigi, così avremo il tempo di sistemarci in un hotel e di dormire fino al mattino successivo abituandoci al fuso orario.
La mano di Hunter si posa sulla mia sotto la coperta stringendola, portandola in grembo. Mi volto e se ne sta concentrato, con gli occhi fissi sul tablet mentre legge qualcosa. Di tanto in tanto sorseggia in un bicchiere un liquido ambrato mentre nel mio c'è un po' di aranciata e su un piattino delle ciambelle e dei pasticcini dall'aspetto delizioso, ma che il mio stomaco non permette di ingerire.
Sospiro abbassando le palpebre. Non parlo da giorni, non ne ho voglia. Sento però il frastuono del mio cuore ferito e il dolore dappertutto in seguito all'aggressione che mi ha messo al tappeto.
Nolan mi ha proprio distrutta dentro. Mi ha fatto sentire sola, esposta e priva di forza. Se chiudo gli occhi non faccio altro che rivedere lui, risentire le sue parole e ancora le sue mani su di me.
Hunter stropiccia gli occhi sbadigliando. Mi sento in colpa per lui. È rimasto al mio fianco senza mai perdere la pazienza, rinunciando persino a poche ore di sonno per vegliare su di me. E so, so che ha anche perso ore a dannarsi per non essere stato attento, ma non è colpa sua.
Nolan lo avrebbe fatto lo stesso.
Gli tolgo il tablet posandolo sul tavolino e appoggiando la testa sulla sua spalla gli faccio capire che può appoggiarsi a me, che può dormire, riposarsi. Che possiamo farlo insieme. In fondo questo viaggio serve proprio a questo.
Preme le labbra sulla mia fronte inalando il mio odore poi abbassa lentamente le palpebre fino ad addormentarsi.
Mi addormento anch'io. Mi lascio cullare dal suo calore che non è mai abbastanza sulla mia pelle sempre fredda e dal suo profumo così invadente e buono.
Riapro le palpebre solo quando sento la sua mano sfiorarmi la guancia. Si ferma quando si accorge che sono sveglia, valuta la mia reazione poi mi sorride continuando.
Da quando mi osserva? Non ha dormito?
«Stiamo quasi arrivando. Il pilota ha annunciato che manca poco all'atterraggio.»
Lancio un'occhiata fuori dal finestrino ed è buio ma si intravedono delle luci al di sotto.
Sorrido non appena vedo la Torre Eiffel illuminata. Hunter se ne accorge, indica tutta la città. «Presto entrerai a Disneyland.»
Il mio sorriso si incrementa e attendo in trepidazione il momento in cui metterò piede nella città dell'amore.
Usciamo dall'aereo scortati e due limousine ci aspettano a bordo pista. Nelson sembra sempre più impacciato ma conduce sua moglie dentro la vettura guardando Hunter con orgoglio.
Hunter, ricambia lo sguardo e mi fa cenno di andare, di seguirlo. Mi lascia passare prima di sedersi accanto a me e senza neanche darmene il tempo mi porge una rosa ben confezionata con un fiocco rosso e una coccinella attaccata sopra un biglietto a forma di cuore con la scritta "Ti amo" in francese.
Non è un regalo banale. Da qualche parte c'è un detto: "ogni fiore è segno di amore". Hunter sa quello che mi piace. Sa come regalarmi un sorriso. Sa come strapparmi un nuovo battito dal cuore. Sa come farmi sentire amata.
Annuso i petali e poi notando una scatola di cioccolatini accanto ai bicchieri di champagne che ignoro, ne scarto uno avvicinandolo alle sue labbra. Morde una parte del cuore e mi imbocca l'altra mentre ci godiamo il resto del viaggio verso uno degli hotel più belli di Parigi.
A soli 20 minuti dall'aeroporto, al numero 15 di Place Vendôme, nel centro di Parigi, si trova l'hotel Ritz. Un edificio storico risalente al XVIII secolo. Ogni suite, come ci viene spiegato non appena arriviamo nella bellissima e illuminata hall, prende il nome dei personaggi illustri che l'hanno occupata in passato.
Non ho neanche il tempo di guardarmi intorno ma l'ambiente è meraviglioso, il personale accogliente e preparato, gentile e cortese. I pavimenti sono decorati e alle pareti vi sono quadri bellissimi.
Un hotel di lusso, senza alcun dubbio. Offre molti servizi tra i quali ci vengono elencati: una palestra, un salone di bellezza, una piscina, una sauna, persino negozi prestigiosi e un ristorante.
«Qui ci veniamo spesso per affari. Questo posto permette un'adeguata organizzazione per congressi e convegni.»
Hunter sembra a suo agio e qualcuno lo riconosce persino offrendosi di aiutarci.
Ci guidano fino alla porta della nostra suite e quando ci troviamo proprio davanti a questa, ci augurano una buona permanenza.
Hunter risponde e qui scopro che parla benissimo il francese. Io lo conosco, lo capisco, ma non ho mai approfondito questa lingua e certe parole uscirebbero storpiate dalla mia bocca. So anche che in questa città vive la sua sorellastra, Amie, insieme al fidanzato Jeff, ma lui non ha ancora accennato a questo dettaglio.
La suite è ampia, luminosa, una vera reggia. Una camera dalle pareti color avorio con cornici a formare rettangoli in oro. Davanti al letto ampio e dall'aspetto comodo, vi è un camino. Sopra questo uno specchio enorme che raggiunge il tetto e due lampade ai lati, di fianco ad esso si trova una scrivania. Poi c'è il salotto con la zona bar e il bagno che intravedo grazie alla porta aperta. Il tutto curato nei minimi dettagli.
Sul letto troviamo un cuore creato con dei petali, un carrello con un cesto pieno di ghiaccio e una bottiglia di champagne. Su un vassoio dei macaron e pasticcini di nazionalità francese.
Poso la borsetta e vado ad aprire la finestra rimanendo estasiata dalla bellezza del panorama che si staglia davanti ai miei occhi. Sono senza fiato, senza parole. Mi sembra incredibile, un sogno che si realizza essere qui, lontana da Miami.
Hunter, con un certo preavviso, si avvicina e mi avvolge con le braccia. Mi appoggio a lui ed inspiro l'aria leggera di Parigi, il suo profumo permanente sulla mia pelle, il suo calore. Mi volto e lo abbraccio.
Ringrazio il destino, Dio, chiunque sia stato a farmelo incontrare, a farlo piombare nella mia vita rendendo tutto più difficile ma maledettamente speciale e bello.
Mi solleva il mento e il suo ampio sorriso appaga ogni cosa, attenua il dolore.
«Forse avrei dovuto farlo prima, così avrei visto questo bellissimo sorriso e mi sarei innamorato di nuovo e di più di te. Così non saresti stata triste per tutto il tempo...»
Le mie mani risalgono sul suo petto, si intrecciano dietro la sua nuca e abbassano il suo viso.
Devo ringraziarlo. Devo amarlo per come merita. Devo dargli tutta me stessa senza mai conservare tutto l'amore che sento per lui.
Mi sfiora le labbra. «Mi manchi.»
Abbasso ancora il suo viso e le nostre labbra finalmente si toccano.
Freme. Il suo corpo si tende. Capisco che non sa che cosa fare, come comportarsi, come agire e allora lo faccio io al posto suo. Sedo ogni sua paranoia con un bacio che arriva a distanza di troppo tempo. Le sue labbra infatti sono miele dopo giorni di fiele.
Il suo respiro cambia. Frena ancora l'istinto riuscendo a smettere. Affondo le dita tra i suoi capelli per trattenerlo e lui emette un verso basso, roco, virile. «Parlami. Ti prego, sto impazzendo!»
Strofino la punta del naso sul suo e indietreggiando lo porto con me dentro il bagno. Qui sbottono la sua camicia, i pantaloni senza malizia e lo abbraccio ancora per sentire il contatto della sua pelle sulla mia.
Mi dispiace, sussurro. Ti amo tanto, trasmetto. Grazie, mi piacerebbe urlargli, ma ho paura che se aprissi la bocca proprio in questo istante, mi spezzerei come un ramo secco.
Hunter non sa che cosa fare e guido le sue mani su di me fino a quando non mi spoglia come solo lui è in grado di fare. Con un pizzico di sensualità, malizia e dolcezza. Ingredienti che mi fanno sentire voluta.
Entro nella bellissima doccia con il vetro satinato, piastrellata finemente e molto pulita, profuma infatti di disinfettante.
Prova a fermarmi per la benda che ho ancora sulla mano ma ho già aperto il getto e dal soffione quadrato casca giù l'acqua calda.
Mugolo e poi mi lancio addosso a lui. Lui che mi solleva leggermente da terra quando circondo le braccia intorno al suo collo. Mi tiene una guancia con il palmo aperto e abbassando il viso mi sfiora il naso, le labbra, prima di baciarmi, di farlo con calma e poi sempre più avido, come se non ne avesse mai abbastanza.
Indietreggio verso le piastrelle e lui si lascia trasportare dal momento. Le sue mani scivolano sulle mie natiche e mi avvicinano a sé. Chiudo gli occhi continuando ad offrirgli conforto nella mia bocca che lui divora.
«Iris», ansima.
Mi stacco per permettergli di riprendersi e inizio ad insaponare prima il mio corpo ancora coperto dall'intimo e poi il suo sempre più teso.
Dopo la doccia mi concedo un momento davanti allo specchio. Ho un aspetto orribile e passo un paio di minuti tra scrub, maschere e creme, per dare un po' di sollievo alla mia pelle.
Quando mi sento meglio, coccolata e rilassata, esco dal bagno.
Hunter sta parlando al telefono con qualcuno. Non ha l'aria felice. Se ne sta davanti alla finestra, in asciugamano. La mano stretta sulla inferriata, gli occhi verso il mondo pieno di luci, di vita all'esterno.
Mi siedo in salotto e assaggio un macaron in attesa che riagganci e quando lo fa, mi sollevo in fretta e lo raggiungo. Mi circonda subito le spalle con un braccio.
«Hai finito con quel rituale di bellezza?», mi chiede con dolcezza. Non è infastidito del tempo che ho usato per rilassarmi, distrarmi e sentirmi meglio.
Annuisco indicando il viso dove i segni violacei iniziano a sbiadire ma resteranno sempre un brutto ricordo da tenere dentro.
Senza aspettare il mio permesso mi annusa subito la pelle e poi posa un lungo bacio sulla guancia. «Pappa reale e burro di karité?»
Lo guardo sorpresa e lui solleva l'angolo del labbro in quel modo che mi fa impazzire.
È uno spaccone!
Annusa ancora sotto il collo e trattengo il fiato. «Fiori di Ibisco?»
Dalla mia gola sale una risatina. Ha memorizzato il nome dal tubetto, ne sono certa. Lo fa sempre quando siamo dentro la doccia.
«Sei stanca?»
Scuoto la testa. Guardo la città poi mi volto e premo le labbra sulle sue cogliendolo alla sprovvista.
Chiude la finestra indietreggiando. Lo spingo sul letto e sistemandomi su di lui continuo a baciarlo, a stringermi a lui.
«Iris, aspetta», dice riprendendo fiato, allontanandomi quel tanto che basta da lui da farmi sentire la mancanza. Lo fa però con cautela, come se non volesse offendermi.
Batto le palpebre per capire. Si solleva dal letto e premendo un ginocchio sul materasso scosta il lenzuolo rosso di seta e le coperte bianche, battendo la mano sul materasso. «Mettiamoci a dormire. Domani sarà una giornata lunga ma piena di divertimento.»
Mordo il labbro e corrugando la fronte faccio come dice.
Spegne le luci e la stanza è illuminata solo dalla luce della luna e quella proveniente dall'esterno grazie ai lampioni e alle insegne. La stanza odora di rose ed è calda al punto giusto.
Guardo Hunter e lui fa lo stesso. Siamo stesi su un fianco. L'uno di fronte all'altra. La sua mano si posa sulla mia guancia e mi accarezza poi tira su il lenzuolo per coprirmi.
Percepisco la tensione tra di noi e capisco di dovere fare qualcosa.
Vicino a lui. È questo il mio posto. Su di lui, tra le sue braccia, accanto. Non importa come. E non importa neanche se litighiamo, discutiamo, ci facciamo i dispetti. Mi basta quando ci guardiamo, ascoltiamo il silenzio e ci capiamo. Mi basta perché ci amiamo. Perché alla fine siamo tessere di un unico mosaico. Insieme siamo un capolavoro, divisi siamo solo un pezzo da incastrare. Perché io e lui lo sappiamo di appartenerci sin dal primo istante in cui ci siamo visti.
Mi avvicino quando si mette supino fissando il tetto. Mi accoglie tra le braccia ed io mi adagio al suo corpo quasi come se dovessimo fonderci. Sollevo il viso e lascio una scia di baci lungo il suo collo.
La sua mano smette di accarezzarmi la schiena. Inspira ed espira piano ma percepisco i battiti del suo cuore che si schiantano frenetici contro la sua gabbia toracica e quindi contro la mia pelle.
Mi sposto sotto l'orecchio. Passo la lingua su quel punto sensibile e poi, dopo averci soffiato sopra, dandogli un lieve morso, succhio la pelle tenendola tra le labbra.
Mugola. La sua mano si posa sulla mia natica e la strizza. Sollevo la coscia e la tiene ferma, trattiene il fiato, quasi resta in attesa del colpo di scena finale, di una mia mossa improvvisa.
«Iris fermati o sarò io a non farlo più. È troppo per me.»
Tiro maggiormente la sua pelle e geme. Risalgo lungo il suo collo e raggiungo le sue labbra pronte ad accogliermi e, con cui gioco.
«Almeno dimmi qualcosa... che possa spegnere tutto.»
Porto le sue mani sulla mia schiena mentre mi sistemo su di lui. Apro l'asciugamano che circonda la sua vita e lui lo lancia fuori dal letto. Chiude gli occhi quando premo la fronte sulla sua.
Respira a fatica poi scuote la testa nel tentativo di concentrarsi.
L'elettricità si fa sempre più consistente nell'aria, tra di noi. Scivolo sotto il suo peso sollevando le ginocchia mentre si tiene in equilibrio sulle braccia guardandomi intensamente, spietatamente.
«Dimmi almeno che cosa vuoi, Bestiolina», mi sussurra all'orecchio così piano e in affanno da farmi tremare e ansimare.
Stringo il suo viso. «Voglio solo te.»
Non riconosco la mia voce, roca e storpiata ma lui la sente bene perché gli regala un lungo brivido che percepisco sotto i polpastrelli quando la sua pelle si rizza.
Ha capito quello che ho appena detto e inspira di scatto gonfiando il petto.
«Ripetilo.»
«Ti voglio, Hunter. Basta aspettare. Basta trattenersi. Basta tutto!»
Ansima. Le nostre labbra si toccano e piovono scintille sul mio basso ventre che muovo strofinandomi su di lui che è completamente nudo.
«Ripetilo», muove la lingua spostandosi sul mio collo.
«Ti amo», sussurro senza voce.
Mi bacia come se dovesse essere il nostro ultimo attimo insieme. Mi sfiora le cosce ed io lo lascio fare, mi lascio accarezzare dai brividi. Scioglie il laccio all'asciugamano lentamente, guardandomi per avere il mio permesso. Me lo tira via e poi attacca con la bocca, con i denti e la lingua, il mio seno.
Inarco la schiena e le nostre intimità si scontrano.
Risale e morde la mia spalla mentre le sue dita si posano in mezzo alle mie cosce. All'inizio lo lascio fare poi lo fermo e lui freme soffiando accaldato.
«Fermami!»
Nego.
Lo voglio. Voglio sentirlo mio adesso più che mai. Allargo le gambe e lui si sfrega contro di me gemendo.
«Sto impazzendo!»
Mordo il suo labbro e premo le dita sulla sua schiena per avvicinarlo.
In risposta appoggia la fronte sulla mia clavicola. «Cazzo!»
Sento che è eccitato, molto. Lo sono anch'io e voglio quest'uomo più che mai o mi pentirò per sempre di essermi fatta scappare un momento nostro così importante.
«Iris...»
«Sssh!», la mia mano vaga lungo il suo petto poi giù verso la sua erezione. Mi ferma e succhiandomi la pelle del collo, si posiziona tra le mie gambe. Abbasso e muovo i fianchi verso di lui.
Geme. «Non sai quanto ti voglio!»
«Prendimi. Adesso. Fallo adesso!»
Non se lo fa ripetere. Si insinua piano guardandomi negli occhi mentre stringo le dita sulle sue spalle. Schiudo le labbra e mi abituo secondo i suoi tempi all'invadenza mentre lui valuta se ho intenzione di cambiare idea, se mi metterò a respingerlo come una pazza.
Si tira indietro e poi torna dentro, più di prima facendomi sussultare. Mugolo e gemo. Mi bacia muovendo i fianchi. Abbandona ancora il mio corpo prima di affondarci con più forza ed impeto della precedente. Dalle labbra gli sfugge un verso virile ed io apro le gambe permettendogli di spingersi più a fondo, sempre più a fondo, così tanto da non sapere se ci stiamo fondendo per non potere più tornare indietro, per essere una cosa sola. In questo momento lo sento, siamo un unico corpo che si muove per darsi piacere, sollievo, amore. Trasmettiamo parole attraverso i gemiti, i respiri strozzati, la disperazione, la smania di possederci ci spinge ad aumentare il ritmo, ad essere più decisi.
Mi stringe le natiche e muove i fianchi cercando costantemente le mie labbra. Chiudo gli occhi, mi sfugge una lacrima e lui la raccoglie fermandosi dentro di me.
«Ti ho fatto male?»
«No, sto bene. Ti prego... continua.»
Muove lentamente i fianchi ma sento che è a contatto con ogni nervo del mio corpo. Si trova a pochi millimetri dal bottone del piacere e mi agito. Non so se sarò in grado di resistere. È la prima volta che sento una tale tensione depositarsi sul basso ventre.
Stringo le braccia intorno al suo collo. «Continua», ripeto affannata.
«Va bene, piccola.»
Esce lentamente per poi riappropriarsi del mio corpo, stringendo la coperta sopra la mia testa, spinge con più forza.
Sento crescere il piacere e le mie gambe tremano. Scuote la testa più volte. «No. Resisti, piccola.»
Stringo le cosce e lui urla attutendo tutto sulla mia pelle che bacia premendo forte le labbra fino a lasciarci la sua impronta. Scuote la testa e mi divarica le cosce tenendole strette tra i palmi caldi come il fuoco, premendo su quel punto che mi fa sciogliere, mi fa diventare liquido in pochi istanti.
Lui mi bacia, mi morde le labbra e continua regalandomi un secondo attimo di puro piacere, di estasi mai provata in dosi così eccessive.
«Dimmi di fermarmi», geme. «Dimmi che non posso.»
Nego. «Ti voglio, completamente. Voglio sentire tutto quanto.»
Trema e stringendomisi addosso si ferma gemendo, svuotandosi, riempiendomi di lui.
Passo una mano tra i suoi capelli e lui mi bacia fino a fermarsi, a ricadermi addosso.
Sento la sua essenza avvolgermi e poi scivolare via lungo le mie gambe quando esce fuori e sdraiandosi mi avvicina e baciandomi la tempia, senza fiato, si rilassa. Lo faccio anch'io mentre mi passa dei fazzoletti.
«Cazzo, è stato... assuefacente.»
Sorrido mettendomi comoda su di lui. Mi accarezza la coscia disegnando sulla pelle dei segni invisibili.
«Lo abbiamo fatto davvero...»
«Si.»
Sorride beato. «Hai sonno?»
Sollevo la testa ancora accaldata e stordita dall'effetto che ha avuto su di me.
Ci guardiamo intensamente. Occhi negli occhi ci sussurriamo parole che non siamo mai stati in grado di dirci.
Il mio corpo si è già adagiato sul suo. «No, tu hai sonno?»
Mi abbasso su di lui e mi scappa un urlo quando è pronto. Non lo attutisce, lascia che la mia voce riempia le pareti della stanza. Stringe il mio seno con le mani e mi muovo su e giù fino a quando non si solleva sulla schiena tenendomi stretta a sé. Lo sento con un'intensità tale da farmi tremare e per poco svenire, ma è esattamente dove deve essere: dentro, fuori, ovunque, ma nella mia vita.
Mi bacia il collo. «Rinviamo l'uscita di domani?»
Ansimo, non ho il coraggio di muovermi o mi sfalderò in tanti piccoli pezzi. «Possiamo?»
Muove i fianchi tenendomi ferma. Inarco la schiena, tiro indietro la testa e gemo.
«Si, possiamo fare tutto quello che vogliamo. Rimaniamo un giorno in più, due, tutti quelli che vuoi.»
«Si. Facciamolo. Restiamo qui, insieme.»
Sorride notando che sto farneticando in preda al piacere. «Domani solo letto e ses...»
Premo la bocca sulla sua. «Si.»
Sorride come un bambino. Muove i fianchi spingendosi di nuovo verso quel punto del piacere che mi disintegra.
«Mi piace stare dentro di te.»
Allargo le cosce e lui mi fa scivolare sotto il suo peso. Stringe le mie mani sulla testa e mentre tormenta il mio seno con i denti, spinge con forza i fianchi fino a farmi sentire dolore, fino a farmi urlare e fino a liberarsi ancora di tutto: dei problemi, delle paranoie, della tristezza.
In questa stanza, sotto le lenzuola ci siamo solo io e lui. Solo noi.

Rimango a guardarlo mentre dorme apparentemente appagato, sfinito. Mi sento completa quando sono con lui. La sua presenza mi ha aiutato e dopo quello che abbiamo appena condiviso, sembra che tutto il male si sia annullato. Ma so che c'è ancora. So che non sono ancora fuori dal giro. So che quando torneremo indietro sarà tutto esattamente identico. Mi sto solo godendo la mia vacanza insieme a lui.
Mi alzo un po' indolenzita e indossando una vestaglia di seta apro piano la finestra, avvicino la poltrona e mi metto comoda, con i piedi appoggiati alla ringhiera. Sorrido e rimango per qualche minuto ad ammirare quello che ho davanti mentre una brezza fresca mi accarezza la pelle.
Non so se arriveranno momenti migliori o se il sole riuscirà a riscaldare ancora queste giornate fredde. Non so niente del futuro. So solo che i giorni continuano a passare ed io sono ancora qui, sotto questo cielo avverso. E non ho più voglia di guardarmi intorno e provare ancora dolore, solitudine e niente di buono, niente di bello. Non ho voglia di alzare gli occhi al cielo e accorgermi che di stelle per esprimere desideri ne sono rimaste poche.
Torno a letto solo quando sento che si sta agitando e poi ritrovo i suoi occhi su di me.  Sono aperti, vigili, attraenti.
«Dormi. Tra qualche ora ti sfinirò così tanto che non riuscirai più a tenere gli occhi aperti e mi servi riposata.»
Mordo un'unghia. «Sai perché ti amo?»
Corruga la fronte sentendo la mia voce bassa, roca, quasi afona. «Che succede, piccola?», mi accarezza una guancia mettendosi sull'attenti.
«Ti amo perché non smetti mai di stupirmi, di proteggermi, di esistere. Ho avuto paura che non ti avrei mai più rivisto, che avresti provato disgusto o non so... ho avuto il terrore di perderti. Ma quando sei arrivato è stato un sollievo. Niente mi è più importato a parte di te.»
Piango.
Lui mi abbraccia. «Ehi, va tutto bene.»
«Ho sempre avuto la sensazione di non essere nel posto giusto, di essere inadatta ad ogni genere di situazione. Ho sempre avuto la sensazione di essere di troppo, un puntino su una pagina bianca, una macchia su un tessuto pulito. Poi sei arrivato tu e con i tuoi modi di fare, con il tuo carattere, hai messo ogni cosa a soqquadro prima di portare ordine. Hai fatto un gran casino, stravolto i miei piani ma sei stato capace di sedare il frastuono, di attutire il dolore. Sei capitato per caso nella mia vita ma è stato un caso meraviglioso. Sai bene che per una come me non è semplice fidarsi delle persone. Ho sempre messo nelle mani sbagliate il mio cuore. Mani che non hanno mai saputo sfiorarlo e lo hanno distrutto. E ho paura. Ho paura di offrirti il mio cuore o quel che ne rimane perché so già che le cose non andranno mai per come ho sempre desiderato. Ma so di non poter essere tanto stupida da lasciarti andare e so che per quanto io stia tentando di non farlo, mi sono innamorata lo stesso di te, di ogni singola particella che ti compone. E per quanto io abbia paura, voglio averti accanto. Voglio essere egoista e ti voglio nella mia vita.»
Prendo fiato.
«Senti, io non so dire davvero come mi sento quando mi sfiori, quando mi guardi o quando te ne stai a pochi passi da me. So solo che ogni giorno passato con te è il regalo più bello che io possa mai ricevere in tutta una vita intera. Quindi spero di non deluderti. Spero di essere all'altezza. Spero di amarti così tanto da non farti mai sentire solo o incompleto perché accanto a te io... ho un senso, Hunter. E mi dispiace se ho troppi problemi ma... ti voglio nella mia vita.»
«Io ti voglio nella mia. Direi che abbiamo almeno una cosa in comune.»
I secondi passano nel silenzio poi sorridiamo.
«Secondo te riuscirò ad andare avanti?»
«Ce la farai.»
«Lo dici perché lo pensi o perché vuoi solo consolarmi?»
«Sarò sincero. Forse passerai giorni difficili, giorni grigi, piccola. Giorni in cui i ricordi tenteranno di divorarti dall'interno fino a consumarti. Ci sono cose che non puoi dimenticare, faranno sempre parte di te, del tuo vissuto, della tua vita. Ma andrai avanti. Devi solo essere forte. E so che lo sei.»
«Ho avuto paura che non saresti arrivato», dico ammettendo quello che ho pensato in quei tragici momenti. «Che non mi avresti aiutata.»
Si irrigidisce. «Ho fatto...»
«Il diavolo a quattro. Lo so. Me lo ha detto Issac in un messaggio. Mi ha anche detto che non devo farti soffrire e che dobbiamo smettere di rincorrerci senza mai fermarci e viverci quello che abbiamo.»
«Ha ragione.»
Annuisco e confermo con un verso. «Forse è per questo che ho accettato di fidanzarmi con te.»
Passa la mano sulla mia schiena dandomi un bacio sulla tempia. «Non dovrai accettare anche di sposarti con me. Non voglio che sia una forzatura. Che si fotta mio nonno e il suo patrimonio. Che si fotta tutto. Io voglio solo vederti felice. Mi basta ed è la ricchezza che non potrò mai possedere.»
Lo guardo sorpresa. Accarezzo il suo viso prima di stringerlo. Lui abbassa gli occhi sulle mie labbra. Le narici guizzano mentre le sue pupille si dilatano.
«Quello che è successo prima tra di noi... per me ha un valore.»
«Anche per me. Altrimenti non ti avrei mai permesso di finire.»
Sorride rilassandosi. «Davvero?»
Annuisco. «Sei il primo a cui ho permesso questo. Non farmene pentire», minaccio puntandogli l'indice sul petto.
Mi fa scivolare sotto il suo peso. «Spero tu sappia quello che stiamo facendo.»
«Ho preso le dovute precauzioni. Ma lo volevo.»
Nasconde il viso nell'incavo del mio collo. «Se è un momento di confessione... be', era anche per me la prima volta.»
«Davvero?»
«Non lascio dentro chiunque il mio patrimonio genetico. Poi non so se ricordi, ho sempre avuto problemi con le ragazze.»
Rido e mi morde per ammonirmi.
«Non prendermi in giro, stronza!»
Non smetto e afferrandolo per il viso, sollevando le ginocchia, lo guardo intensamente. «Allora dobbiamo recuperare.»
Mi tempesta di piccoli baci avvicinandosi alle mie labbra. «Recuperiamo insieme.»

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