28
HUNTER
Le forti emozioni impediscono di rimanere lucidi e ancorati alla realtà. A niente sono valsi gli anni passati a concentrarmi sulla carriera, sulla costruzione di amicizie per affari, sulle uscite solo nei weekend con il chiaro intento di divertirmi, fino a non riuscire più a riconoscermi il giorno dopo.
Nel corso degli anni, ho imparato ad apprezzare molto queste cose mentre adesso mi sembrano solo distrazioni inutili, attimi persi a rincorrere il nulla. Ho imparato a sopravvivere nel migliore dei modi nascondendo quei sentimenti che da sempre ho trattenuto ma adesso sembra che ogni barricata stia cedendo. Sembra che ogni cosa si stia disintegrando. E, prima o poi precipiterò nel vuoto.
«Signore, intende firmare il documento o prendersi del tempo per riflettere se acquisire o meno...», Nelson si interrompe.
Sollevo la mano tenendo la penna tra le dita come se fosse una sigaretta. Non fumo da un paio di ore e, anche se non ne ho voglia, il mio corpo tende a cadere in tentazione. Mi sto impegnando a sedare questo vizio, non è necessario. Ci sono cose più assuefacenti del fumo.
Nelson tiene in mano un foglio continuando a leggere tra le clausole per capire se stiamo facendo la cosa giusta con la nuova acquisizione di una fabbrica per il riciclaggio dell'umido. I miei occhi però sono costantemente puntati sulla donna che se ne sta seduta a gambe incrociate sul tappeto del mio soggiorno, con il portatile acceso sul tavolo basso, un paio di occhiali riposanti sul naso dritto e le dita agili sulla tastiera.
È una distrazione più che piacevole. Anche se da quando è arrivata, non ha ancora posato o solo spostato per un attimo gli occhi su di me. Mi sembra quasi che si stia divertendo a negarmi la sua attenzione. Non mi sorprenderebbe se così fosse. Le piace proprio mettermi alla prova e, in fondo, siamo entrambi alle prime armi con questo strano noi che si è formato da quella notte. Quindi dobbiamo ancora saperci muovere.
Sono passati giorni e, tutto sembra quasi nella norma. Mi fa un po' strano in realtà, perché solo qualche settimana fa venivo dipinto come l'uomo single e irraggiungibile di tutta Miami. Adesso invece sono l'uomo più invidiato tra gli uomini perché ho accanto una donna formidabile.
«Sarebbe un errore», replico senza prestare molta attenzione, continuando ad ammirare la persona che se ne sta a poca distanza dal tavolo della sala da pranzo del mio appartamento.
Ho dovuto insistere a lungo affinché uscisse dal suo piccolo alloggio e venisse qui a farmi un po' di compagnia. È stata una gran fatica convincerla, ma alla fine ottengo sempre quello che voglio. Dovrei godermi il momento, invece sono costretto a lavorare.
I capelli legati in alto con qualche ciuffo ad uscire dallo chignon disordinato pieno di sfumature che vanno dal biondo chiaro al biondo scuro, il labbro inferiore, coperto da un lieve strato di gloss trasparente tenuto stretto tra i denti, gli occhi fissi e attenti sullo schermo, un blocco di appunti accanto e una tazza di caffè ormai vuota a poca distanza dai fogli Messi in ordine a qualche centimetro dal vaso pieno di rose gialle e arancioni che lei ha diviso in due vasi come se dovessero sentirsi meno oppresse.
«Pensa non ne valga la pena o...», Nelson inarca un sopracciglio poi mi molla uno schiaffo sulla nuca abbastanza forte. «Si concentri signore o sarò costretto a trascinarla nell'altra stanza con la forza mettendo fine alla sua serie di stalking visivo.»
Massaggio la nuca. Mi piacerebbe rimproverare Nelson ma ha ragione, ho meritato il suo schiaffo. Mi sto davvero comportando da stalker da quando è entrata nel mio appartamento.
«Sono concentrato», mento.
Nelson si schiarisce la gola con un finto colpo di tosse. «Si sta lasciando distrarre. Temo sia il caso di lavorare in ufficio, magari domani quando avrà smesso di spiare la sua fidanzata e si renderà conto dei documenti che sta firmando.»
Lo guardo male ma non riesco a mantenere la postura e l'espressione per più di due secondi. «Sono lucido. Non possiamo fare questo affare senza prima averne valutato attentamente i rischi. Non ne vale la pena se poi siamo costretti a chiudere nel giro di quanto? Un mese? In più ci sono tutti quei vincoli che non servono e non mi convincono. L'idea mi piaceva, non era neanche malvagia. Proponi qualcosa di diverso e vediamo come va.»
Nelson guarda prima me poi Iris che adesso ha una matita sull'orecchio e sta sfogliando il quaderno mentre con le dita cerca qualcosa.
«Ho capito. Me ne occuperò io. Ha dei piani per oggi, signore? I suoi genitori vorrebbero vederla e invitarla alla villa. Sono giorni che non la vedono. Hanno anche chiamato gli Harrison per avere notizie della figlia che, a quanto pare non risponde alle loro chiamate.»
«In realtà abbiamo altri programmi oggi, quindi passo volentieri.»
Sfoglio il resto dei documenti poi recupero l'agenda e controllo le e-mail dal tablet. «Richiama Issac, digli che ho bisogno di quei video, con una certa urgenza. E per urgenza intendo subito. Lui capirà.»
Nelson annuisce con un cenno della testa. «Tornerò tra qualche ora per portarle il resto dei documenti. Si diverta», ghigna e poi si avvia alla porta. «Signorina Iris», saluta anche lei.
Iris, finalmente solleva la testa dal quaderno e sorride. «Arrivederci, Nelson.»
Torna al suo lavoro mentre io rimango seduto. Rispondo a qualche messaggio declinando uno alla volta gli inviti ad alcuni eventi ed e-mail di lavoro, poi mi sposto in cucina a preparare del caffè.
Apro la dispensa. Frugo tra i vari snack e, prendendo due sacchetti e la brocca piena di caffè, mi sposto verso di lei.
Vedendomi arrivare, infila subito la matita sul quaderno per non perdere il segno, chiudendolo. Lo sposta lontano dalla tazza e abbassa lo schermo del portatile rivolgendomi tutta la sua attenzione. Le passo il sacchetto di patatine e le verso il caffè nella tazza. Mi siedo dietro di lei e sollevo lo schermo per vedere quello a cui sta lavorando dedicandosi così tanto da non guardarmi o rivolgermi la parola per ore.
Davanti, mi si para una piantina ben organizzata di un giardino da costruire sul balcone di un palazzo di dieci piani fuori Miami. Osservo il disegno geometrico al centro dove al posto del colore ci saranno poi i fiori e resto colpito dalla sua bravura. Si nota che arriva da un ambiente pieno di artisti. Suo padre si occupa di promozione dell'arte, gestisce uno dei musei più importanti di Miami ed è anche un filantropo. Sua madre è stata una grandissima attrice teatrale prima di dedicarsi ai figli e al lavoro insieme a suo marito. Gestiscono anche moltissime case editrici, parchi e aziende.
Iris ha vissuto nel lusso anche se ad un certo punto si è come sganciata dalla sua famiglia per crescere da sola, per acquistare una propria identità. L'ammirazione molto per questo. Ha fatto quello che non sono riuscito a fare io per anni.
«Come va?»
Beve un sorso di caffè. «Mattinata produttiva direi. A parte che mi hai praticamente buttata giù dal letto per venire qui. Però sapevi che avrei lavorato.»
Le massaggio le spalle e lei me lo lascia fare rilassandosi, mugolando quando vado a sciogliere qualche muscolo teso.
«Hai una scrivania nella tua stanza di là. Puoi sempre stare seduta comoda...»
«Qui c'è più luce e poi sono venuta qui per farti compagnia. Inoltre, non mi manca molto e ho terminato. A parte qualche ritocco e la creazione in 3D del bozzetto finale a colori, ho tutto pronto.»
«Bene. Ti lascio continuare allora», dico alzandomi.
Mi tira per la mano e cado accanto a lei. «Ahia!», mi lamento per finta.
Ride. «Non fare il bambino. Se cadevi di testa come minimo rovinavi il pavimento.»
Apre il sacchetto di patatine e mi imbocca prima di darmi un bacio. «Nelson ti ha dato un gran bello schiaffo prima», ghigna.
Se ne è accorta ed è rimasta impassibile? Come? Come ha fatto a non ridere?
«Mi stai prendendo in giro?»
Mangiucchia leccandosi le dita. «Forse un pochino», ridacchia. «Perché lo ha fatto?»
«Perché secondo lui ti sbavavo dietro.»
Si alza come una molla. «Hai fame?»
«Farai palestra con me dopo?»
Si abbassa tenendo le gambe leggermente flesse e le mani sulle ginocchia. Ci troviamo a poca distanza. «Mi preparerò una buonissima parmigiana, altro che palestra. Ho notato che Myrtle ti ha fatto la spesa», ghigna e sfiorandomi le labbra si allontana lasciandomi in sospeso.
Mi stendo a terra. «Che cosa ho fatto di male?», piagnucolo.
Ride. «Pensi alla palestra anziché mangiare la buonissima parmigiana fatta dalle mie manine.»
Mi sollevo. «Quelle manine dovrebbero lavorare su altro.»
«Ad esempio?», inizia ad affettare e friggere le melanzane.
«Ad esempio su di me», le sussurro all'orecchio, sfiorandole un punto delicato. «Possiamo anche spostarci in camera e prenotare qualcosa dopo e poi uscire...», propongo.
L'odore mi fa salire l'acquolina in bocca ma non cedo neanche quando tenta di imboccarmi. Continua allora a friggere senza rispondere e poi crea dentro una pirofila gli strati prima di infilarla dentro il forno. Armeggia un po' cercando di capire come funziona. Mi avvicino e procedo al posto suo. Almeno questo so farlo.
Con un sorrisetto, che le rivolgo per sfidarla, mi sposto a tavola. Tolgo tutto quello che riguarda il lavoro infilandolo dentro le cartelle e poi apparecchio.
Notandola impegnata e rilassata in un altro degli ambienti che più gradisce perché si sente a suo agio, mi sposto in soggiorno, accendo la tv e mi godo l'inizio di una partita di scherma.
Iris mi raggiunge dopo circa cinque minuti porgendomi un piatto pieno di stuzzichini.
Ne assaggio subito uno circondandole le spalle con un braccio.
La imbocco anch'io continuando a sorridere come un bastardo fortunato. È così che mi sento con lei accanto a me.
Con il tempo questo gesto sta diventando famigliare. Mi piace come mi fa sentire il fatto di avere un qualcosa di condiviso, di nostro.
Svuotiamo il piatto guardando le varie gare. Di tanto in tanto mi chiede spiegazioni ed io, più che lieto, le dico quello che succede. Mi racconta che non ha mai fatto scherma ma per anni si è dedicata all'ippica, pur avendo paura dei cavalli e poi ancora al nuoto e alla ginnastica artistica, anche se alla fine la sua grande passione sono le piante.
Sembra molto interessata sulle mie, quando le dico che ho praticato quasi tutti gli sport, maggiormente la scherma e più volte la becco a contemplarmi con un sorriso dolce, in grado di farmi sciogliere.
Il trillo del forno la fa saltare in piedi dal divano e in breve in casa aleggia l'odore della parmigiana.
Vado a lavarmi le mani e mi siedo insieme a lei a tavola dove pranziamo.
«Chi ti ha insegnato a cucinare? È deliziosa.»
Beve un sorso d'acqua. «Vivere da sola, senza domestici aiuta. Dovresti farlo anche tu.»
Nego. «Brucerei tutto. L'unica cosa che so fare sono i sandwich e prenotare da mangiare.»
Ride. «Sei viziato.»
Inarco un sopracciglio. «È un problema per te questo?»
Scuote la testa. «No, non lo è. Ho sempre avuto a che fare con gente viziata, figurati se è un problema per me. Però dovresti imparare a cavartela anche da solo. Non puoi sempre avere Nelson al tuo servizio o Myrtle disposta a farti la spesa. Quel poveretto ha bisogno di stare con sua moglie e lei con suo marito.»
Rifletto sulle sue parole. «Tra qualche settimana avrà un po' di tempo libero, non preoccuparti.»
«Hanno dei figli?»
«No. Non sono riusciti ad averne. In compenso hanno me», sfoggio il mio sorriso. «Sono il loro più grande orgoglio.»
Mi spinge e alzandosi prova a togliere i piatti ma le avvolgo le braccia intorno alla vita. «Hanno messo su bene uno sbruffone come te.»
Appoggio la guancia sul suo ventre. «In effetti Nelson è come un padre per me. Ecco perché prima mi ha mollato un colpo sulla nuca ed io non ho fiatato. Ci sono volte in cui mi fa più paura di mio padre.»
Mi passa la mano tra i capelli regalandomi un momento di piacere. «Si vede che ti vuole bene. Mi piace che qualcuno si prenda cura di te, della tua educazione, piccolo ribelle.»
Rido alzandomi dalla sedia e la supero in altezza costringendola a guardarmi con la testa piegata all'indietro. «Ti piace anche quando mi colpisce?»
«È stato divertente notare come hai reagito. Eri come intrappolato e in difficoltà.»
Alzandosi sulle punte, mi lascia un bacio sulla guancia e va a lavare i piatti, nonostante le mie proteste.
Dopo pranzo, torniamo al lavoro. Nelson, come aveva detto, passa di nuovo per portarmi il resto dei documenti e forse anche una soluzione.
«È odore di parmigiana quello che sento?», dice ad un certo punto.
Iris si solleva dal tavolo di lavoro come una saetta e corre subito in cucina. In breve si avvicina a Nelson porgendogli un sacchetto. Le guance le si arrossano. «Sono due porzioni. Spero ti piaccia.»
Nelson appare stupito dal gesto e, per un attimo, non sa come reagire.
Iris ha questa strana tendenza, direi quasi che sia un'abilità, un dono. È così premurosa da spiazzare chiunque.
Ha messo da parte il pranzo per Nelson. È stata davvero gentile e dolce.
«Grazie.»
Iris cerca di capire la reazione di Nelson così glielo spiego. «Non è abituato a ricevere questo genere di attenzioni e premure. Sei la prima che pensa a lui, a parte Myrtle e me ovviamente.»
Iris arrossisce mentre Nelson conferma con un cenno e un sorriso dolce mentre stringe il sacchetto davvero grato. Sono sicuro che apprezzerà anche la sua cucina.
«Spero di non avere arrecato offesa. Pensavo che le avrebbe fatto piacere.»
«Signorina è stato inaspettato e piacevole. Grazie», dice. Mi guarda. «Le ho portato il resto del lavoro. Oggi in ufficio c'era un gran via vai dal suo studio. La cercavano in molti e ho rinviato qualche appuntamento a data da destinarsi, in base gli impegni che ha intenzione di prendere.»
«Ottimo, grazie. Riguardo Issac?»
«La richiamerà. Era impegnato quando ho chiamato.»
Se ne va dopo avere ringraziato ancora Iris che, non appena la porta si chiude, mi guarda con sospetto. «Issac... cosa?»
Devo trovare un modo per dirle la verità. Non è semplice farlo, anche perché non so come reagirà.
«Più tardi devo parlarti di una cosa. Adesso perché non andiamo a fare un giro? Prendiamo una granita o un gelato...»
Fa una smorfia. «Ti dispiace se rimandiamo? Devo completare un progetto e la consegna scade lunedì.»
«Certo, fai pure.»
Mi guarda un momento. «Devo preoccuparmi?»
«No, sbrigati a terminare il lavoro. Stasera sarai tutta mia.»
Sorride dolce lanciandomisi addosso. Le sue braccia circondano il mio collo e le mie labbra cercano subito le sue.
È una situazione nuova quella che sto vivendo con lei. Mi sento come un adolescente e, allo stesso tempo l'uomo più fortunato al mondo. Non pensavo che sarebbe stato tanto bello quanto pericoloso provare un sentimento simile per una persona che, con il tempo sta assumendo un valore inestimabile nella mia vita. Perché so di doverci andare piano con lei, lo so. So che prima o poi mi ritroverò con il cuore spezzato come coriandoli pronti a sparpagliarsi ovunque.
«Tutta tua?», mormora.
«Si. Ti va di passare con me la serata?»
«Ci sto.»
Mi schiocca un altro bacio a fior di labbra e torna al suo lavoro.
Il mio telefono squilla dopo pochi minuti e rispondo spostandomi in camera. Chiudo la porta per non farmi beccare anche se sento i suoi occhi sollevarsi dallo schermo e seguirmi.
Sento bruciare la pelle. Ad ogni suo sguardo prendo fuoco. Ha quell'occhiata letale in grado di farmi sentire come in un dannato sogno. Così tanto che a volte stento a credere che sia proprio accanto a me. Ci sono volte in cui mi sento a disagio, non lo nego. Perché lei ha sempre quel modo di guardarmi in grado di pizzicarmi la pelle, di attorcigliarmi lo stomaco. È come se capisse ogni mio pensiero, ogni mio problema, ogni mia voglia da una sola delle sue occhiate. E, per non darle la soddisfazione, tento sempre di fare finta di non essere scalfito. Evito persino di guardare quel sorrisetto che si fa largo sulle sue labbra. Ci sono momenti in cui ho bisogno anch'io di creare un distacco, perché sento forte scorrere nelle vene la voglia di stringerla al petto e non lasciarla più. Lei mi invade e non se ne accorge. Non si accorge che potrebbe distruggermi in un attimo.
Prendo fiato e rispondo al telefono. «Finalmente», dico con irritazione.
«Scusami, ero impegnato. Nelson ha proprio avuto un tempismo perfetto.»
«Non dirmi...»
«Si, ero con una donna. Cosa che dovresti fare anche tu per smettere di avere strane idee, come ad esempio tirare fuori qualcosa che hai seppellito in profondità.»
«Li hai?»
«Tutti. Sono molte ore di video. Sicuro di volerli analizzare e soprattutto: sei sicuro di volerglielo dire? Sei ancora in tempo per non farlo e per risparmiarle anche questa tortura. Prima o poi verrà fuori qualcosa e tu non dovrai mai confessarglielo.»
Sospiro passandomi la mano sul viso. Sono combattuto sin da quando ho visto quella dannata foto.
Apro la finestra lasciando entrare un po' d'aria e rumori esterni in camera e sfioro "Bestiolina" facendole come una carezza sul vaso.
«Prima voglio vedere con i miei occhi quei video. Magari non c'è niente di preoccupante o scopriamo che quella ragazza è uscita davvero prima della fine della festa... insomma solo dopo avere visto ogni registrazione prenderò una decisione. Sai anche se qualcuno ha scattato di nascosto delle foto?»
«Era vietato portare telefoni dietro. Farò un controllo. Stasera quindi la porterai in spiaggia?»
«Abbiamo bisogno di uscire e mi sembra l'occasione giusta.»
«Stai ancora cercando di farti perdonare? Amico, entrambi avete commesso degli errori, non puoi sempre fare il martire o il buon samaritano perché non ti si addice.»
«Non sto facendo il martire, Issac. Voglio solo che questi sei mesi non siano una tortura per entrambi. Inoltre lei mi piace e mi fa sentire a mio agio.»
«E dopo?», insinua il dubbio.
«Dopo cosa?»
«Dopo i sei mesi, che succede?»
Mi stendo sul letto. «Non lo so e non voglio neanche pensarci. Voglio solo godermi ogni singolo giorno come se fosse l'ultimo.»
«Le hai mostrato il video di tuo nonno? Quel vecchio bastardo era proprio pazzo», ride. «Ti ha proprio messo in una situazione di merda.»
Nego come se potesse vedermi. «Non posso, al momento non sembra poi così propensa a parlare della questione.»
Issac esita. «Che significa "non posso"?», mi scimmiotta.
«Non posso accettare un matrimonio combinato da un vecchio stronzo che ha programmato proprio bene la mia distruzione. Non penso di essere l'uomo adatto a cose del genere e non vorrei rovinarle la vita.»
Sento una voce femminile dall'altro lato della cornetta e capisco che siamo agli sgoccioli della nostra conversazione. «Amico quella ragazza ti vuole nella sua vita e Dio solo sa quanto. Non ho mai visto nessuno tenere così tanto a te. E non ho mai visto neanche te tenere così tanto ad una persona, soprattutto legarti così tanto ad una ragazza. In sei mesi puoi capire tutto, soprattutto se è lei. Ma sono convinto che sai già la risposta. Tu sai sempre quello che vuoi.»
Le parole del mio amico affondano come un pugnale conficcato nel petto.
Me ne rendo sempre più conto ed è terribile. Ho un cuore da difendere, un'anima da salvare. Perché amare richiede impegno, costanza, fiducia, rispetto, lealtà. Nessuna parola ma solo fatti in grado di dimostrare quello che si sente. Ma non so se sono davvero pronto a perdere totalmente me stesso. È una follia, me ne rendo conto. Eppure non riesco a smettere. Non riesco a dirle di no. Non riesco a vedere più un futuro senza di lei.
Fossi davvero fatto di pietra adesso costruirei non solo un muro per non farla più entrare e portare scompiglio nel mio cuore. Ma so che sentirei comunque tutto quello che mi fa provare.
Sospiro. «È lei?»
«Hunter, non siamo più al liceo. Non ha un altro o meglio, la possibilità che abbia un altro penso sia pari a zero. Con te non c'è confronto che tenga e non te lo dico perché sono tuo amico, te lo dico perché l'ho letto nei suoi occhi quando ti ha permesso di entrare a casa sua quella sera. Certo, c'è sempre quel coglione di Nolan da sistemare ma... niente che non si possa risolvere in tempi brevi. Speriamo solo che si faccia vivo.»
Mordo il labbro prima di passarci sopra l'indice. «Potrebbe anche essere lei quella a non accettare un matrimonio.»
Il mio amico bisbiglia qualcosa. «Potrebbe ma dal modo in cui ti guarda dubito che si farebbe scappare l'occasione di metterti il cappio al collo.»
Sorrido immaginandola. «È stupido pensarci adesso?»
«Penso di sì. Prima dovresti riuscire a portarla a letto», mi prende in giro. Ride persino.
Alzo gli occhi al cielo. Tipico di Issac concludere un discorso con una stronzata simile.
«Sto scherzando. Mi piace come vi comportate e come vi guardate. Mi piace vederti felice. E sappiamo entrambi che è positivo per te e per lei.»
Sento bussare poi Iris sbircia prima di entrare quasi in punta di piedi. Le faccio cenno di aspettare un secondo.
«Ci vediamo stasera. Portami quello che mi serve e smettila di andare a letto con chiunque.»
«Ai suoi ordini, capo.»
Lancio il telefono sul letto e mi stendo nascondendomi con un braccio gli occhi.
Iris avanza in silenzio. Sale sul letto e si stende accanto a me. Sbircio e la trovo a pancia in giù con le gambe sollevate e il mento appoggiato alle braccia incrociate.
Quelle che nasconde non sembrano tanto ferite, ma sono squarci, crepe improvvise nell'animo tormentato dal dolore.
Lei si è persa e ha dovuto cercarsi, trovarsi e rimettersi in piedi ricomponendo ogni pezzo del suo cuore ferito, da sola. Ha dovuto dire addio alle persone che hanno fatto parte della sua vita, forse le più importanti. E l'ha fatto anche quando avrebbe tanto voluto che fosse per sempre, essere davvero felice, avere tutto. Invece sì è accontenta del niente.
Ha gli occhi tristi di chi ha pianto in silenzio, nel cuore della notte, sotto le coperte, fino ad addormentarsi senza fare il minimo rumore. Non ha allagato nessuno. È affogata e poi si è data la spinta per riemergere in superficie senza mai chiedere una mano a nessuno. Ha la forza di chi ha dovuto salvarsi da sola. Ma nonostante ciò, non si è fermata. Nonostante la paura, è stata capace di amare ancora, di credere nelle persone un'altra volta, di emozionarsi. Lei ha una bellezza nascosta e rara. È solo per pochi, e la vede chi ha il coraggio di guardare dentro quelle ferite.
In questo momento vorrei tanto proteggerla, tenerla al sicuro e lontana dalla tristezza, dalla sofferenza.
«Hai finito di lavorare?»
«Si.»
«Stasera usciamo.»
«Posto?»
«Spiaggia.»
«Che succede?»
Ha capito che qualcosa mi turba. Sfoggio il mio sorriso. «Indosserai il costume?»
«Hai intenzione di fare un bagno?»
«Si, possiamo.»
La sua mano avanza sulla mia camicia e toglie piano, lentamente ogni singolo bottone posando la mano fredda sul mio petto, sulla mia pelle calda che va a bruciarsi al suo contatto.
Chiudo gli occhi mentre mi fa dei massaggi e mi rilasso pur sentendo l'eccitazione che inizia a surriscaldare il mio corpo, soprattutto dentro i miei boxer.
Stavo andando così bene. Ma è bastato il suo tocco a trasformarmi in uno che non sa come contenersi.
Nascondo meglio il viso provando a rilassarmi mentre la sua mano scorre verso il mio collo, si posiziona nel punto in cui può sentire i miei battiti e si ferma per qualche istante prima di scendere lungo l'addome.
Mi sfugge un gemito. Rimango però fermo e mi concentro sul controllo del mio respiro che si fa sempre più affannoso.
Le sue dita sfiorano il ventre e, ancora una volta lascio uscire un verso gutturale.
Iris si avvicina. Appoggia la guancia sulla mia spalla. «Mi stai evitando? Vuoi che smetta?»
«No, non ti sto evitando. Continua.»
Le sue dita si spostano di nuovo verso il collo. Porta la mano sulla mia guancia e mi fa voltare. «Hunter.»
Come cazzo faccio a dirle la verità? Come posso dirle che sto impazzendo perché devo trattenermi e devo anche cercare di rimettere insieme dei ricordi che potrebbero esserle utili per sapere quello che è successo alla sua amica?
Poso anch'io la mia mano sulla sua guancia avvicinandola. Non dico una parola e non allento la presa stretta sulla sua pelle. Mi tengo ancorato al gesto come se staccandomi anche solo per un istante, potessi rompermi in tanti pezzi.
I secondi sembrano minuti eterni durante i quali premo le labbra sulle sue dandole più baci di quanti ne abbia mai ricevuti in tutta la sua vita.
Mi stacco solo quando sento che si sta rilassando e il mio corpo inizia ad essere avido delle sue attenzioni. Lei sembra stordita quando la lascio andare, consumata dalla voglia e dal bisogno, proprio come lo sono io.
«Non farti troppo bella, gli altri potrebbero portarti via da me.»
So che questo è un pensiero maschilista ma, sono geloso. Mi destabilizza il modo in cui non si rende conto della sua bellezza e di come questa raggiunga chiunque.
Mi sollevo e quasi dolorante entro in bagno per cambiarmi e prepararmi alla serata.
Quando torno dentro la stanza, Iris sta indossando una giacca di cotone blu. Sotto, indossa un prendisole bianco con dei fiori minuscoli, i capelli intrecciati lateralmente e si è truccata quel tanto che basta per essere ancora più stupenda.
Quando questa mattina l'ho buttata giù dal letto e le ho chiesto di portare un cambio, non immaginavo che avrebbe scelto qualcosa di così delicato.
Le faccio fare una giravolta. «Pronta per catturare un tramonto? Se ci sbrighiamo possiamo goderci gli ultimi spiragli di luce.»
I suoi occhi si illuminano. «Saremo vicino alla mia villa?», non riesce a contenere l'entusiasmo.
«Si, ma non ci andremo, neanche per una visita. La zona è stata chiusa al pubblico perché la struttura rischia il crollo.»
Mette il broncio. «Neanche da lontano?»
«Certo. Ma per stasera io e te ci divertiamo.»
«Perché ho il sospetto che stai cercando di tenermi impegnata?»
Perché ti sto nascondendo che ho avuto modo di conoscere e vedere la tua amica quella notte e non mi è piaciuto il suo atteggiamento. Vorrei tanto dirle la verità ma prendendola per mano, le rivolgo un enorme sorriso. «Perché questa è la nostra prima uscita ufficiale in pubblico e quando noterai i primi flash ti innervosirai a tal punto da volere tornare a casa.»
Forse mi salvo in extremis, perché annuendo mi segue fuori e poi in spiaggia. Ovviamente Denver e Perez sono di scorta ma, sono più cauti e meno invasivi del solito. Quello che non ho detto ad Iris è che abbiamo altre guardie alle calcagna. Sono in ogni angolo per assicurarsi che tutto vada bene.
Abbiamo organizzato questa festa in spiaggia, per goderci gli ultimi raggi del sole e la serata. L'ho fatto anche per dare un assaggio ad Iris di quello che potrebbe vivere nel corso di questi mesi in cui staremo insieme.
«Ci stiamo andando a piedi perché hai intenzione di bere e di non guidare?»
Colgo l'ironia. Inarco un sopracciglio ma non rispondo. Non ho intenzione di bere. Voglio solo godermi questa serata insieme alla persona che sta assumendo un ruolo importante nella mia vita e fare in modo che le cose vadano per il verso giusto.
«Sei strano oggi. Non vuoi dirmi che cosa ti turba o ti frulla dentro la testa?», chiede fermandosi sul marciapiede prima della scalinata che conduce alla spiaggia. Oltre la balconata piena di colonne, palme, cespugli ed erbetta, c'è il mare cristallino.
«Sei pronta a farti vedere insieme a me?»
Guarda l'orizzonte poi si volta e mi manca un po' il fiato. Il suo sorriso... è così bella da appannare tutto il resto. Le sfioro una guancia quasi come se potessi bruciarmi.
«Tu sei pronto?»
Maledico me stesso perché quel giorno non ho saputo tenere la bocca chiusa e il cuore fermo tra le costole. Mi pento di ogni scelta fatta fino ad oggi, tranne che in questo momento. Ringrazio me stesso per non essere stato il solito codardo quel giorno. Ringrazio me stesso per avere commesso un grosso errore, quello di avere scelto con il cuore per la prima volta. Ringrazio me stesso per non essermene andato, per avere lottato per lei, il mio bellissimo tramonto di oggi.
«Credo di avere bisogno di un momento. Penso mi stia venendo un infarto.»
Ride lanciandosi tra le mie braccia. La prendo al volo sollevandola per i fianchi e lei si aggrappa al mio collo.
Ci guardiamo negli occhi e quando preme la fronte sulla mia muovo un po' la testa strofinando la punta del naso sul suo. «Sarai la causa della mia morte, Bestiolina.»
Scivola lungo il mio corpo. «Non essere melodrammatico. Andiamo!»
Tira la mia mano e la conduco in spiaggia dove staccandosi, toglie le scarpe e corre subito a riva alzando le braccia in alto, ignorando chi potrebbe vederla.
Gira intorno una volta, la gonna del prendisole si muove e quando si volta a guardarmi vedo solo serenità nei suoi occhi.
Mi avvicino a lei. «Dovevi lasciare le scarpe a casa.»
Ride scuotendo la testa. «Non volevi fare un bagno?», posa le mani sui miei fianchi. Sollevandosi sulle punte dei piedi preme il mento sul mio petto e protende le labbra. «Adesso?»
«Si, adesso.»
Guardo intorno. Non c'è nessuno, a parte le nostre guardie.
Abbasso il viso premendo la guancia contro la sua. «Sicura?»
Gira il viso. Le nostre labbra si sfiorano, i nostri occhi si trovano e i nostri cuori creano un frastuono assordante e simile ad un terremoto dentro la gabbia toracica.
Mi stacco, afferro le sue scarpe e la sua mano e la porto verso la zona privata, quella in cui si trova la sua villa.
Quando siamo abbastanza isolati e soli, mi spoglio e poi le sfilo il prendisole. Non osservo l'intimo simile ad un costume che ha addosso per non deconcentrarmi. Prendendola in braccio entro in acqua.
Il suo sorriso è appagante, seda ogni inquietudine e la sua vicinanza mi calma, attutisce ogni solitudine dell'anima.
Oscilliamo mentre le lievi onde ci avvolgono.
«Hunter?»
«Si?»
«Come stai?»
«Adesso bene.»
Stringe le labbra. «Sento quando qualcosa ti turba. Che succede?»
Non molla la presa. È sempre così tenace.
«Voglio solo che questa serata sia perfetta. Niente drammi. Niente litigi. Niente fughe.»
Non so se alla mia risposta ci crede ma vedo che abbassa le spalle e poi mi abbraccia.
«Allora sorridi perché dietro quello scoglio c'è un paparazzo.»
♥️
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