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27


IRIS

La cosa migliore che ti può capitare nella vita è di incontrare qualcuno. Una persona che sappia esattamente chi sei, come sei. Una persona che conosca i tuoi sguardi, che sappia ascoltare i tuoi silenzi, che apprezzi più i tuoi difetti dei pregi, che nasconda le tue debolezze, e che ti ami proprio perché sei, ai suoi occhi, perfetta così.
Mi muovo piano nel letto. Guardo verso la finestra, le nuvole temporalesche che continuano ad ammassarsi nel cielo e ad essere illuminate dai lampi mentre intorno è solo buio. La pioggia che batte contro il vetro in un ticchettio a tratti fastidioso, a tratti piacevole, mi fa rilassare e muovere ancora tra le lenzuola che hanno un profumo in più. Vorrei tanto dormire, ma ho il timore di chiudere gli occhi e poi svegliarmi sola. Ho paura che questo sia solo un sogno.
«Perché non dormi?»
Le sue labbra sulla nuca, le braccia intorno al mio corpo esposto contro il suo sempre molto caldo, accogliente, nudo e la sua voce a colpirmi senza preavviso mi fanno sussultare, mi danno la conferma che è reale. Chiudo gli occhi inspirando ed espirando per un lungo ed interminabile istante in cui cerco di non rabbrividire, di non sentirmi avvolta da una sensazione nuova, mai percepita prima. Perché ogni emozione, ogni cosa vissuta o provata insieme a lui, mi dà la sensazione di unicità.
Stringo le sue mani davanti e gioco con le sue dita. Gli starebbe bene un anello. Sfioro il braccialetto e nascondo un sorriso.
«Che cosa stiamo facendo?»
Preme le labbra sulla mia nuca. Dalla bocca mi sfugge un gemito e lui continua tenendomi stretta a sé con un braccio intorno all'addome.
«L'amore», sorride sulla mia pelle facendomi ansimare.
«L'amore», stringo la sua mano al petto ripetendo le sue parole.
Annuisce con un verso continuando a baciarmi la nuca, spostandosi lungo tutta la spalla. «Hai usato la crema alle mandorle dolci e avena oggi?», domanda a bassa voce, come se non volesse spezzare il piacevole silenzio che aleggia nell'aria e in tutto il palazzo.
È la prima volta che succede in questo posto. Sembra quasi che tutti stessero aspettando la sua presenza per fare silenzio.
Nel corso di queste settimane, ho imparato a comprendere i tipi di silenzio, i rumori e ogni passo degli inquilini che abitano dall'altra parte del corridoio. Le mura non sono spesse e si sente tutto, anche quando starnutiscono. Per questo, ho isolato un po' le pareti con un pannello, per renderle più spesse e per potere avere un po' di privacy e non dovermi sorbire la tv accesa e sintonizzata sul canale musicale o sui cartoni animati, le liti tra i coniugi, i pianti dei bambini, le serate di fuoco e tanto altro.
Hunter, proprio come ha detto Crystal, ricorda molti dettagli su di me. La cosa mi piace perché penso che in fondo almeno una persona a riconoscermi possa esserci qualora spegnessero le luci. Ma io, sarei in grado di fare lo stesso?
Probabilmente sì. Riconoscerei ad occhi chiusi lui.
«Ti piace?»
«Si, molto. Così tanto che ho voglia di morderti, di mangiarti...»
Rido sentendo i suoi denti affondare delicati sulla mia spalla. Il suo tocco è indolore.
«Che fai?»
«Assaggio un po' di te.»
Mi volto e non mi dà neanche il tempo. Le sue labbra si muovono sulle mie mentre le sue dita si posano sui miei fianchi. Stringo il suo viso ricambiando avidamente il suo bacio che da lento si fa eloquente.
«Non smetterei mai», mugugna. «Mai... mai... mai...», dice sempre più senza voce.
«Non farlo.»
Scivolo sotto il suo peso. Le sue dita si spostano con una lentezza disarmante fino alla mia coscia. Solleva il mio ginocchio premendolo contro i suoi fianchi e fa scorrere le dita di nuovo verso l'alto, sul mio seno. Abbassa il viso e lo morde.
Mi agito e affondo le dita sul suo fondoschiena per trattenerlo. Questa mia reazione lo fa agire e mi fa attaccare anche l'altro seno, scende giù lungo l'addome, sotto l'ombelico, lasciando una scia di baci e saliva. Lo osservo e lui solleva gli occhi prima di sorridermi e tirarmi giù.
Rido e prova ancora a mordermi. «Mi sei mancata», sussurra.
Strofino la punta del naso sul suo facendo scorrere le mani su e giù dal suo petto. «Ti è mancato dormire con me... nudo?»
Abbasso gli occhi per ammirare interamente la bellezza del suo corpo e lui mi solleva subito il mento tenendolo tra due dita. «Si, anche. Mi sei mancata tu. Le tue battute, i tuoi sorrisi, le tue risposte, il tuo canticchiare mentre prepari la colazione o il tuo mettere ordine ovunque, nonostante a farlo dovrebbero essere i domestici. Mi è mancato anche il tuo caratteraccio. Mi è mancato sentirti così tanto e intensamente.»
Premo le dita sulle sue labbra abbassando il suo viso. «Il muro di cuscini, non ti è mancato?»
Sorride. «Anche, ma non lo creeremo più, piuttosto dormirò vestito.»
«Tranne in caso di litigio?»
Riflette come se avesse ignorato questa possibilità. «Si, va bene», dice nascondendo il viso sul mio collo, non mostrando il cipiglio che gli si è appena formato. «Adesso spiegami perché non riesci a dormire. So di non conoscerti bene ma persino un non vedente si accorgerebbe che c'è qualcosa che non dici.»
Di non essere una persona di facile lettura l'ho sempre saputo. Sono sempre stata impegnativa, con molti difetti, più dei pregi. Ho sempre avuto voglia di isolarmi dalle persone piuttosto che farmi capire, piuttosto che esprimere le mie più profonde malinconie. Ho sempre vissuto nella solitudine proprio perché non ho mai avuto voglia di sentirmi sola con le persone, circondata da chi non capisce e ti vede sempre come uno scarabocchio lasciato su un muro bianco.
Sono sempre stata una persona pessimista, testarda e a tratti fragile. Una che nasconde bene le sue debolezze dietro un muro di freddezza, distaccato interesse. Non mi apro facilmente e se lo faccio offro tutto il mio cuore e, insieme ad esso mostro tutto il mio bagaglio di incertezze, paure, sogni, sentimenti, sensazioni ed emozioni.
Sono sempre stata una persona difficile ma, allo stesso tempo facile per chi sa come usare il suo cuore.
Mi emoziono, forse troppo e sono così tanto empatica da fare miei i problemi degli altri. Sono anche lunatica, soffro di insonnia. Perché di notte tutti i pensieri accumulati nel corso della giornata tornano a farsi vivi.
Non sono una persona facile. Sono troppo paranoica, diffidente, riflessiva, testarda. Sono così tante cose messe insieme da creare un enorme danno di fabbrica.
Non sono una persona che sa come dimostrare affetto o amore pur avendone tanto dentro. A volte mi piacerebbe gridare, lasciare uscire tutto fuori ma rimango zitta, mi blocco, per paura di non essere ascoltata, capita, ricambiata.
Sono consapevole di non essere una persona facile. Perdo occasioni. Perdo persone. Perdo i giorni che si susseguono. Perdo attimi. Tutto mi sfugge perché non riesco a cogliere l'attimo. Tutto questo perché ho paura. Ho sempre avuto paura di essere felice. Perché la felicità inganna. È come il bruco che diventa farfalla e non può farci niente proprio perché è nella sua natura essere effimero.
Sono una persona difficile. Ma difficile non significa impossibile. Non sono impossibile da raggiungere, da amare.
Prendo coraggio e lascio uscire le parole. Con lui posso farlo, so che mi ascolterà, so che mi capirà.
«Perché mi sembra assurdo che tu sia qui, con me. Sono state le due settimane più lunghe e brutte della mia vita. Sembrerà stupido da dire, lo so, anche perché sono rimasta sola per anni e non ho avuto alcun tipo di problema nel dormire nel mio letto senza compagnia, ma in qualche modo tu rendi le mie giornate, quei momenti, meno monotoni.»
Mi tira sul petto il lenzuolo per coprirmi e forse anche per non distrarsi e mi abbraccia. «Non sono frutto della tua immaginazione.»
Rido. «No, non lo sei. Non potresti neanche volendo.»
Inarca un sopracciglio. «Cosa? Non sarei il tipo che rientra tra i tuoi canoni di bellezza immaginari? Neanche tra le tue fantasie? Sul serio?»
Continuo a ridere. Non riesco proprio a smettere, libero la risatina che spinge contro il mio petto facendomi sentire serena. Lui mi guarda imbambolandosi.
«Direi che sarebbe impossibile immaginarti.»
«Perché? Sono bello, intelligente, divertente, spiritoso. Insomma, sono il sogno di ogni ragazza o donna.»
Si avvicina al mio viso per un bacio e ne approfitto per rispondere. «Non il mio...»
«Ah no? E come mai?»
Adoro quando si ingelosisce. Decido di stuzzicarlo. «Perché ho un altro canone...», rido.
Mi morde. «A chi stai pensando?»
Fingo di rifletterci sopra. «Non lo conosci. Ha gli occhi come le acque dei Caraibi che sono in grado di farmi sentire davvero in alto mare, i capelli con delle sfumature più chiare che afferrerei, il fisico da modello che non smetterei mai di guardare come se fosse una scultura», faccio una smorfia. «In quanto a carattere lascia un po' a desiderare, certo. È un vero idiota e non ha neanche capito che parlo di lui ma...»
Sorride. È come un raggio di sole. «Per un attimo ci stavo cascando», sibila. «Stronza!»
Lo abbraccio circondandogli il collo. «Mi sei mancato così tanto da volerti accanto con una disperazione quasi letale per i miei sensi. Una sensazione che solo tu puoi riempire e sedare. E anche se credi di essere fatto di pietra, per me dentro sei morbido e caldo. Mi sei mancato. Avevo bisogno di ascoltare la tua voce, di sentire il tuo calore addosso. Non me ne rendevo conto fino a qualche ora fa. Mi fai venire voglia di sorridere e vivere, Hunter. Sei importante per me.»
Non so dire quello che sta provando ma la bellezza del suo sorriso parla al posto suo. Poi però torna a farsi serio e qualcosa dentro di me si agita.
«Mi hai fatto sentire distrutto», ammette. «Le giornate erano... spente, grigie e si susseguivano in un loop continuo. Mi sono oberato di lavoro proprio per non sentire la tua mancanza, per non pensarti, per non immaginarti. Ho trattato tutti come un tiranno credendo di potere sfogare un po' della rabbia che mi hai trascinato addosso come una marea.»
«Perché non me lo hai detto?»
«Perché avresti reagito esattamente così, se non peggio. Non ti saresti più fidata di me e...»
Faccio una smorfia. «Non credo. Apprezzo la sincerità e mi sarebbe piaciuto che una volta tanto mi trattassi come la tua finta fidanzata proprio per come meritavo. In fondo, siamo in due in questa storia o qualsiasi cosa essa sia.»
Massaggia la tempia leccandosi le labbra con la punta della lingua. «Il pensiero che avresti reagito male mi ha un po' frenato, lo ammetto e, in realtà ho avuto altri pensieri dentro la testa e ho tolto di mente il dettaglio.»
Mi sollevo guardandolo male. Stringo la coperta addosso come se dovessi proteggermi dal freddo dell'inverno. «Hai tolto di mente che hanno trovato un altro filmato di tuo nonno. Un dettaglio importante per me... per noi e il nostro strano rapporto. Questo ci ha fatto allontanare, litigare e soffrire. Sei uno stronzo egoista, Hunter!»
Si solleva a metà busto anche lui. «Non è stata solo colpa mia. Sei stata anche tu a scappare perché hai paura, Iris.»
Sospiro. «Non funzionerà.»
«No.»
Ci guardiamo. Un sorriso ci sfugge e mi ritrovo tra le sue braccia. «Mi farai impazzire, piccola Bestiolina», mormora.
«Davvero hai trattato tutti male?»
«Hai dubbi?»
Arriccio il naso negando. Lui sorride. «Mi hai fatto arrabbiare e non potendo urlare contro di te, ho messo in carreggiata chi lavora nella mia azienda. Non è andata poi così male, visto che abbiamo concluso un paio di affari che richiedevano mesi di trattative. È stato produttivo.»
Mi accarezza la guancia.
«Allora ti farò arrabbiare più spesso.»
Abbassandosi mi bacia sotto l'orecchio più e più volte. «Ti voglio», sussurra.
Un brivido mi attraversa la schiena, il corpo intero in un lampo. Continua a premere le labbra su quel nervo teso, così tanto da farmi eccitare. Lui stesso si eccita e ansima. La sua mano sul seno scivola tra le mie cosce con una lentezza in grado di incendiare ogni fibra del mio essere.
Non lo fermo, anche se in un primo momento stringo le gambe e la mia mano si posa sul suo braccio per trattenerlo e godermi quel brivido. Le sue dita raggiungono in fretta, fameliche, la mia intimità. Gemo e lui non mi ferma, continua a procurarmi piacere, ad ascoltare i versi che mi provocano i suoi gesti. Cerco le sue labbra e mi regala piccoli baci prima di impossessarsi della mia bocca con maggiore insistenza. Sollevo le ginocchia e ansima.
Bocca contro bocca, affannati, ci guardiamo. Fermo la sua mano e lui corruga la fronte. «Che c'è? Non ti piace? Vuoi che...»
«Non così.»
«Dimmi come», replica con la gola secca.
Gli accarezzo il viso. «Voglio che sia con te non con la tua mano», balbetto. «Voglio che non sia programmato o solo perché ci troviamo su di un letto, nudi. Voglio che sia... per noi.»
Imbarazzata dalla richiesta che ho appena fatto, infilo la sua maglietta, la più vicina al letto e mi sposto in bagno più in fretta che posso. Chiudo la porta e mi aggrappo al lavandino inspirando ed espirando. Non riesco proprio a prendere fiato. Apro la finestra e boccheggio poi bagno i polsi, un trucchetto che mi ha insegnato una delle cameriere quando da piccola, di tanto in tanto, arrivavano i miei due nemici: ansia e attacchi di panico. Mi siedo dentro la vasca portando le ginocchia al petto. Qui, mi concentro sui miei battiti, sul mio respiro, lasciandomi avvolgere dalla calma. Allontano i pensieri, le paranoie, la paura, tutto quello che è nocivo.
Lo sapevo. Sapevo che sarebbe accaduto. Sapevo che una persona prima o poi sarebbe stata in grado di rubarmi tutto: la mente, il cuore, l'anima. Lo sapevo, eppure non ho fatto niente per impedirlo, per fermare la voglia che ho di perdermi, di essere felice. Perché seppur con alti e bassi, Hunter mi fa sentire felice, spensierata e forte.
Sapevo che prima o poi mi sarei ritrovata davanti all'amore e non avrei saputo combatterlo.
Sento bussare alla porta poi questa si apre lentamente senza il mio permesso e lui entra nel bagno guardandosi intorno come se fosse appena sbarcato su un'isola e avvicinandosi, entra nella piccolissima vasca posizionandosi davanti a me. Guarda fuori dalla finestra aperta che ho davanti, per qualche istante. La pioggia a smesso di scendere e c'è una bellissima calma là fuori. Non la chiude e non osa fare gesti bruschi.
«Che succede?», mi chiede con un tono di voce rassicurante, dolce.
«Scusa.»
«No, non mi riferisco al fatto che mi hai fermato, mi riferisco a te. Perché sei qui dentro», indica la vasca poi intorno.
Guardo ciò che mi circonda. Il bagno è piastrellato a mosaico sui toni del beige come se fosse sabbia. Una piccola vasca con una tendina attaccata a grossi e spessi anelli si nota non appena si varca la soglia. Un water alla parete sinistra insieme ad un mobile simile ad un cassettone di legno di colore giallo pastello con dei fiorellini sui pomelli e davanti a questo un lavandino attaccato alla parete con uno specchio quadrato incorniciato dalla quale pende una lampada. La particolarità è il tetto e metà delle pareti: sono di un azzurro chiaro, pastello, molto simile al cielo, al mare.
«Qui è dove ho pianto fino a non avere più lacrime. Mi conforta questo posto. Mi ricorda in qualche modo la vista dalla mia villa.»
Hunter osserva ogni cosa, ogni angolo, soffermandosi su tappeto a forma di nuvola al centro dello spazio. Lo fissa per una manciata di secondi senza dire niente poi gira il viso. «Mi dispiace, Iris.»
Nego. «No, non te lo sto dicendo per farti sentire in colpa. Te lo sto dicendo perché non voglio che accada ancora. Io, io mi sono sentita persa. Mi sono sentita uno schifo e mi distruggerebbe riprovare quell'orribile sensazione se dovesse accadere ancora.»
Posa le mani sulle mie caviglie passando le dita come se le stesse massaggiando, poi le solleva appoggiandole sul bordo della vasca e protendendosi verso di me, afferrandomi per i fianchi, mi avvicina. In breve mi ritrovo rannicchiata contro il suo petto.
«Mi sento in colpa», ammette. «Ti ho fatto stare male quando avrei potuto...»
Lo azzittisco. «No, è stata tutta colpa mia. Me ne sono andata io per paura. Adesso sono terrorizzata e quando mi fai provare qualcosa di forte, come prima, io... ho il timore di non potere più provare niente di simile.»
«È lo stesso anche per me», risponde. Affonda la mano tra i miei capelli. «Mi fai provare sempre qualcosa di nuovo e non sento più alcun controllo. Mi piace da impazzire stare con te, mi spaventa non averti vicino. Devi anche sapere che sei la prima a cui dico tutto questo.»
Sorrido. «La prima?»
Conferma alzando e abbassando un po' la testa. «Diciamo che le mie relazioni non hanno mai superato le ventiquattro ore. Sei indubbiamente un bel record.»
«E la nostra? Che cosa è?»
«Possiamo scoprirlo solo stando insieme, che ne dici?»
«È una proposta?»
Fissa l'anello che non ho mai tolto. «Si.»
Sorrido. «Avventura o storia?»
«Spero sia vita», risponde sollevandosi e sollevandomi dalla vasca. «Adesso, per quanto mi piaccia stare qui perché hai un bel bagno, non voglio ancora congelarmi il culo quindi andiamo.»
Tenendomi stretta mi porta in camera, di nuovo nel letto. Mi sfila ancora una volta la maglietta e abbracciandomi mi culla con i battiti del suo cuore e il suo respiro verso il sonno.

Un bacio delicato sulla testa, un movimento lieve sotto il mio peso disturba il mio sonno. Sto di nuovo precipitando nell'oblio ma una voce mi trattiene.
«Sai, non ho dormito molto di notte e tutte le volte che ho cercato di chiudere gli occhi mi sei tornata in mente tu. Non pensavo che dormire con qualcuno, in qualche modo, cambiasse le cose. Me ne sono accorto quando aprendo gli occhi ho trovato il letto vuoto e in ordine dal tuo lato. Il tuo lato, cazzo. Continuavo a ripetermi di smetterla di pensare una simile sciocchezza e mi spostavo sul divano per sentirmi meno solo, ma adesso capisco che non lo è. Non è affatto una sciocchezza. Certe volte avrei voluto aprire gli occhi e trovarti lì, in mezzo alle coperte, svegliarti, guardare il tuo corpo dopo averti tolto i vestiti, intrecciare le nostre mani o abbracciarti e stringerti forte al petto, annusare il tuo profumo come un tossico, farti sentire che non sono poi così tanto freddo come si pensa. Non lo sono con te. Perché tu riesci ad accendere quella parte di me che si trova intrappolata dentro un iceberg. Mi infiammi il cuore, Iris. Credevo di potere superare la rottura, di potere fare a meno di te. Credevo di potere cancellare ogni nostro momento, soprattutto spazzare via l'impronta che dal primo istante mi hai lasciato addosso. Mi sono solo illuso. E adesso... adesso mi sento ancora più stupido perché quando pensi di essere immune all'amore, non ti rendi conto di avere perso il cuore, non fino a quando non ti accorgi che non è più come prima, che le cose sono cambiate, che tu sei cambiato. E ho paura perché di solito niente dura per sempre e tutto scompare. Ma adesso che ti ho di nuovo tra le mie braccia, capisco il senso di tutto. Capisco che non te ne andrai mai davvero perché sei dappertutto. Sei dentro, così in profondità che per tirarti fuori dovrei scavare per tutta la mia vita a mani nude prima di strapparti via da questo cuore impazzito.»
Una fitta potente e ogni mia parte del colpo formicola mentre gli occhi si riempiono di lacrime, di emozione.
«Tu non te ne accorgi ma abbiamo fatto l'amore in tanti modi io e te. Non lo abbiamo fatto fisicamente ma in così tanti altri modi da sentirmi in estasi, euforico. E non mi importa se mi starai lontana o se io continuerò a trattenermi, tu resti nel mio cuore, Iris. E credimi, occupi un posto importante.»
La mano aperta di Hunter mi attraversa tutta la spina dorsale. Lo lascio fare. Fingo di dormire e me ne sto adagiata comodamente al suo petto come se fosse il materasso.
«Ti amo in così tanti modi diversi da non sapere più quale sia quello giusto e se ci sia un modo per farlo.»
Il suo sospiro accompagnato dalla carezza lenta delle sue dita, per poco non mi fanno mugolare. «È la prima volta che mi innamoro, che mi perdo negli occhi di qualcuno. È la prima volta che sento di toccare davvero il cielo con un dito e so già che precipiterò all'inferno. Però mi piace. È bello il modo in cui mi guardi, il modo in cui i tuoi occhi si accendono e quel brivido mi raggiunge all'istante. Mi sei mancata quando non c'eri e mi manchi anche adesso perché voglio rispettarti, anche se allo stesso tempo ho voglia di stringerti e non lasciarti più andare.»
Mordo il labbro. La sua mano si ferma un attimo poi prosegue in un su e giù che per poco non mi fa ritornare nel mondo dei sogni.
«Mi sento uno stupido. Dovrei svegliarti e parlare con te, dirti in faccia quello che sento ma è complicato. Perché quando mi guardi perdo le parole. Non sono più lucido.»
Soffia dal naso agitandosi. «Sei la prima persona con cui dormo, mangio, faccio il bagno, discuto e sogno. Sei... sei come un desiderio mai espresso ma realizzato, una sorpresa che lascia senza fiato. Spero di non deluderti. E scusami tanto se non sempre riuscirò a trattenermi o se commetterò qualche errore che ti farà arrabbiare. Scusami se ti deluderò o non sarò all'altezza.»
Decido di muovermi e mettere fine a questo discorso. So con quanta fatica sta parlando a cuore aperto. Mi muovo e posando la mano sul suo viso premo la fronte sul suo mento prima di costringerlo ad abbassarsi.
Inspiro un po' del suo profumo a tratti legnoso misto a sandalo e cedro. C'è anche ancora traccia di alcol e nicotina.
«Ciao», sussurro.
Sorride in modo dolce. Ed è così bello da togliere il fiato. Scatterei volentieri una foto ma quello che posso fare è immortalarlo nel mio cuore, dove sicuramente potrò trovarlo quando avrò bisogno di un ricordo positivo a cui aggrapparmi.
«Ciao», mi saluta. «Ti ho svegliata?»
«No, no», mento.
Mi posa un bacio delicato sul naso. «Sicura?»
«Che ore sono?»
«È l'alba», replica guardando fuori dalla finestra. «Ma ho in programma di rimanere qui sotto le coperte insieme a te per tutto il giorno. Ti va?»
Sorrido rotolando sul materasso, abbraccio il cuscino e lui mette quasi il muso e gli occhi da cucciolo per convincermi. Lo sta facendo davvero?
«Mmm, hai intenzione di mangiare qualcosa spero.»
Mi guarda in modo inquietante e mi sale la folle e matta voglia di strillare e scappare.
«Di mangiare te, si.»
Rido quando prova ad afferrarmi e a farmi il solletico e lo spingo fino a ritrovarmi a cavalcioni su di lui. Lo placco e lo tengo fermo, o almeno così sembra, quando prova a combattere.
«No, sta fermo», lo minaccio.
Ride. Ride come un bambino mettendo le braccia dietro la testa. Osservo il suo petto scolpito, le vene in evidenza sulle braccia, la lieve peluria sotto l'ombelico. Traccio i contorni osservando ogni parte di lui. Raggiungo la pancia e provo a risalire.
Mi afferra la mano come una mosca. «Ti fermi?», mi sfida.
Lascia andare la mia mano e continuo con un lieve sorriso carico malizia. Ho capito di cosa ha bisogno. Ogni suo muscolo si tende e abbassa le palpebre inspirando di scatto.
«Dimmi che non sto sognando.»
Mi abbasso premendo le labbra sulle sue. «Non stai sognando. È tutto vero.»
Le mie dita raggiungono sotto il lenzuolo, superano anche i suoi boxer che non ha tolto quando siamo tornati dal bagno in camera. Dapprima mi implora di non farlo poi si rilassa e infine, lascia che lo porti al limite.
«Non mi lascerai ricambiare, non è vero?», dice senza fiato, sollevandosi a metà busto. Non si è ancora ripreso del tutto dall'attimo di piacere che gli ho provocato. Ha gli occhi lucidi, i capelli scompigliati, le labbra gonfie dei miei baci ed è ancora accaldato, eccitato.
Sono ai fornelli, sto preparando la colazione. Lo guardo tenendo il mestolo pieno di pastella dei pancake in mano.
«Forse, dopo avere fatto colazione. Non volevi restare a letto tutto il giorno?»
Scosta la coperta avvicinandosi. Ogni mio muscolo entra in tensione. Prendo una boccata d'aria prima che lui mi avvolga con il suo calore abbracciandomi da dietro.
«E colazione sia», mi solleva caricandomi in spalla.
Ho giusto il tempo di posare il mestolo. Mi ritrovo sulla sua spalla a scalciare e ridere mentre gira intorno a se stesso prima di mettermi di nuovo giù. Mi ruba un bacio e si avvia verso i bagno. «Ci voglio anche i marshmallow sopra», mi fa l'occhiolino.
«Viziato!»
La sua risata riempie l'appartamento.
C'è differenza tra amare e sentire. Nella vita puoi amare chiunque, in qualsiasi modo, per qualsiasi cosa. Puoi amare per errore, per solitudine, per un sogno. Puoi amare un sorriso, uno sguardo, una voce. Ma puoi sentire davvero poche cose dentro, soprattutto le persone. Perché sentire è condividere brividi, lividi invisibili, segni nascosti. Ci si sente in tanti modi: sulla pelle, nel cuore, nella mente.
Magari l'amore si affievolisce con il passare del tempo ma sentire qualcosa o qualcuno è come avere un tatuaggio sottopelle. Chiudi gli occhi e percepisci forte il senso di tutto, il senso di appartenenza a qualcuno.
Mi appoggio al ripiano. Mi sventolo e sorrido. Finalmente sta tornando il sole nella mia vita.

♥️

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