23
IRIS
Quando hai paura, impari molte cose. Impari che ci si fa molto, molto male quando si crede troppo in qualcosa. Impari a non lasciarti andare completamente. Costruisci muri altissimi e impari a tenerti a debita distanza, a nasconderti dietro sguardi e sorrisi, dietro scuse e bugie in grado di salvarti. Ma quando hai paura, quando inizi a tenere tutto lontano da te, perdi molte cose, inizi a perdere un pezzo di cuore alla volta fino a smarrire completamente te stesso. Forse è per questo che cerco sempre di non avere rimpianti. Perché i rimpianti sono frammenti di felicità persi in un mare di insicurezze. I rimpianti uccidono più di una ferita infetta. Ma riuscire a trattenere il cuore non è una cosa semplice. Riuscire a fermare un sentimento è una prova estremamente pericolosa. Spesso questo porta alla pazzia. Porta alla distruzione dell'anima.
Ellen me lo aveva detto di non farmi mai toccare il cuore. Mi aveva detto che ci sono volte in cui ci si addentra troppo nelle situazioni da non riuscire più a scappare. Non le ho mai creduto. Sono sempre stata una ragazza che nasconde bene il suo animo romantico mentre adesso, adesso se mi guardo indietro capisco che avrei dovuto ascoltarla e fare tutto con cautela. Perché con il tempo ho imparato a mie spese che le persone non sanno toccare il tuo cuore senza prima averne consumato e strappato come carta un pezzo. Perché non tutti sanno come amarti. Non tutti sanno come tenerti stretta. Eppure tu continui, ti intestardisci e ci riprovi, magari ti fai solo male e ti rialzi.
«Consegna speciale per te», esclama Crystal mettendomi sotto il naso un sacchetto bianco che profuma tanto di limoni.
Spalanco gli occhi meravigliata ed emozionata per un gesto tanto dolce da parte sua. «Grazie», dico sedendomi sulla panchina a pochi passi dallo stand. Osservo i ragazzi mettere sul ripiano altre piante, facendo attenzione a non pungersi; altri impegnati a gonfiare dei palloncini con accanto tutti quelli che ripiegano per bene le magliette che, ho fatto stampare dopo avere creato dei disegni divertenti e significativi per la causa. A quanto pare oggi attirano molto i turisti.
«Qualcuno mi ha detto che non hai fatto colazione e stavi anche per saltare il pranzo.»
La guardo con sospetto. «Chi?»
Crystal ricambia il mio sguardo. Mi sta chiaramente dicendo: "Davvero non sai chi?".
«Il tizio che quel giorno ti ha fatto arrabbiare allo stand così tanto da entrare nel mio locale furiosa? Un uomo abbastanza alto, dallo sguardo freddo, in grado di mettere una certa soggezione? Uno con un bel fisico...»
Apro il sacchetto e dentro trovo un muffin al limone e un bicchiere di te' verde. C'è anche un panino piastrato. Estraggo questo dall'involucro.
Dimenticherà mai questi dettagli di me?
«Hunter», dico con un sorriso.
«Si, è stato deciso e conciso, niente chiacchiere.»
Do un morso al panino emettendo un verso di pura estasi. Le mie papille ringraziano questa donna che mi sta sfamando. «Tipico di Hunter», replico tra un morso e l'altro.
Crystal nota l'anello. I suoi occhi si aprono. Mi afferra la mano e spalanca la bocca come se stesse guardando chissà quale bellissimo diamante poi però torna a farsi seria.
«Non dirmi che l'altro...»
«Sai che ho rotto con Nolan.»
Non voglio parlare di lui in questo momento. Voglio godermi il mio pranzo, la mia sorpresa.
«E questo? Hai già trovato un sostituto?»
«No, nessun sostituto. È solo un regalo», sorrido, mi sento una stupita tutte le volte che guardo l'anello e ho questa sensazione di benessere dentro.
«Un regalo? Eh no, dammi i dettagli signorina. Che cosa mi sono persa? Ma, un momento... è di plastica?»
Rido accartocciando la carta del panino e poi dando un morso al muffin mugolando ancora una volta di piacere davanti a lei. Mi mancavano i suoi muffin ripieni di crema al limone.
«Ti ho detto che sono stata "costretta" a firmare un contratto di sei mesi per non fare perdere alle nostre famiglie molte cose? Quello che per te è un "giocattolo", per me è un impegno e un bel regalo sincero.»
Annuisce mangiando il suo panino. Siamo in pausa e siamo sedute come due vecchie amiche su una panchina, a pochi passi dallo stand e dal locale.
Non ricordo quando è stata l'ultima volta in cui ho parlato così apertamente e spontaneamente con qualcuno. Neanche con Ellen riuscivo a farmi ascoltare in questo modo. Crystal invece sembra sincera e, non ha mai preteso niente in cambio. La cosa che più mi piace di lei è la sua dolcezza, oltre alla gentilezza che trasmette attraverso i gesti.
Con lei sento di potere parlare senza nascondere niente. Mi sto fidando forse troppo di una che potrebbe benissimo vendere questa storia a chiunque ma, a quanto pare, tiene di più a me che ai soldi.
«Si, mi hai detto che quello che dicono in tv o nelle riviste non è mai come nella realtà. Mi hai anche detto di non trattarti come se fossi la principessa di Miami ma la mia cliente che adora tutto quello che preparo e, aggiungo, mi lascia mance eccessive.»
«Esatto. Trattami come una comune mortale. E le mance te le meriti eccessive perché fai un buon lavoro e perché prepari muffin divini.»
Si gongola. «Voglio lo stesso i dettagli, sai che mi piace sapere la verità e spettegolare un po'. Allora, di chi è quel regalo?»
«Me lo ha regalato Hunter e mi piace tenerlo al dito perché è come se mi facesse ricordare del nostro patto. Inoltre ha un valore inestimabile proprio perché apparentemente non ha valore. Non so se hai capito ma fai finta di seguirmi perché è complicato da spiegare.»
Mastica con un sorrisetto. «Si, ti seguo.»
Inarco un sopracciglio. «Che c'è?»
«E ti piace anche lui», mi spinge con una spallata affettuosa. «Puoi anche ammetterlo, stai parlando con me. Ormai non sono un'estranea e ti ritengo mia amica. Ricordo che ci sei stata per me quando ero un po' giù di morale. Lascia che ricambi in qualche modo.»
«Hunter non mi piace soltanto. È... complicato da spiegare.»
Ripenso alle sue parole, quelle dette dentro la vasca idromassaggio. Era ubriaco e non riusciva a trattenersi, lo so. Lo ero anch'io. Ma le parole gli sono uscite di bocca come un fiume in piena e mi hanno travolto. Mi ha chiesto di sposarlo, senza riflettere un momento sull'impatto che simili parole avrebbero avuto su di me. E, anche se penso che stesse solo scherzando, dal modo in cui è scappato, ho capito che c'era un fondo di verità nelle sue parole. Poi mi ha chiesto qualcosa di inaspettato e io non ho saputo fare altro che ascoltarlo. Ho anche cercato di farlo ragionare, perché ho notato come è cambiato il suo umore quando ha pensato a suo nonno.
«Ti piace come ti fa sentire?»
La voce di Crystal mi riporta indietro.
«Sembra stronzo e pieno di sé ma... con me non è così. Lui si comporta bene. Te lo giuro, non è come viene descritto nei giornali o come si vede in tv.»
Crystal mi sorride ancora nel suo tipico modo dolce. «Ha un lato tenero quel bel tenebroso?»
Confermo bevendo un sorso di te'.
È una giornata soleggiata e in giro c'è un gran via vai di persone. Stiamo quasi per terminare la vendita delle magliette e delle piante grasse.
Sollevo il viso chiudendo per qualche istante gli occhi godendomi la carezza lenta della luce, del calore.
«Con tuo marito invece, come va?»
Le si illuminano gli occhi. «Stiamo pensando di andare in vacanza. Prenderci due giorni e rilassarci ci farà bene. Stiamo anche provando ad avere un bambino.»
«Weekend di fuoco?»
Ride dandomi un colpetto ed io rido con lei. «Speriamo di riuscirci», dice con un sospiro.
Le poso una mano sulla spalla. «Gli farò da madrina, lo sai?»
Le si illuminano gli occhi. «Un motivo in più per impegnarmi. In fondo sei una principessa qui.»
Mi prende in giro e io scuoto la testa. «Non smetterai mai di dirlo, non è vero?»
«No. È divertente. Quando mi ricapita di conoscere qualcuno di tanto importante per il nostro paese?»
«Sono solo Iris. Una ragazza che aiuta dei ragazzi ad abbattere le barriere, vendendo magliette e piante grasse piene di spine e sono anche la tipa che ha capito di non amare il proprio ragazzo, quello storico, seduta al suo tavolo preferito.»
«Bene, ma adesso signorina Iris, mi dici come stai?»
Mi stringo nelle spalle. «Sono sempre più confusa.»
«Perché?», accartoccia l'involucro. Beve un sorso di coca-cola e attende.
«Perché sto vivendo così tante cose da non capacitarmi più di come tutto sia cambiato così radicalmente nella mia vita. Solo quattro settimane fa avevo una casa, un ragazzo e una vita apparentemente normale, seppur con alti e bassi. Adesso si è come capovolto il mio mondo. Ho lasciato il ragazzo con cui stavo da quattro anni, ho visto la mia casa andare in mille pezzi. Mi sono fidanzata con uno sconosciuto che all'inizio mi ha fatto arrabbiare e adesso... sto cercando di ricostruire di nuovo la mia vita, riorganizzare tutti gli impegni che ho. Non è facile. Sono un po' sotto pressione e sento il bisogno di staccare da tutto.»
Crystal mi stringe la mano nelle sue morbide nonostante gli anni di lavoro passati a lavare piatti e a servire ai tavoli.
«Sei una persona forte, supererai anche questa.»
«Lo spero, perché non so proprio come andranno le cose.»
«Con Hunter... come andranno le cose?»
Metto le mani sul viso scuotendo la testa. «Non lo so. Non voglio neanche pensarci. Mi sento solo in ansia perché non voglio che qualcosa distrugga ancora tutto. Ce la sto mettendo tutta per non dare di matto.»
Ci alziamo avviandoci verso lo stand.
«Hai paura che Nolan possa fare qualche altra pazzia? Per questo sei preoccupata?»
Noto Denver a debita distanza. Inizio ad accettare la sua presenza. Non è invadente, anche se a volte mi viene voglia di seminarlo per potermi sentire libera. Odio il fatto di essere seguita e di dovermi guardare costantemente intorno.
«Non ho paura ma ne sono certa. Nolan non è un tipo che si arrende, avrà sicuramente qualcos'altro in mente e in serbo per me.»
Crystal riflette un momento sulle mie parole. Guarda Denver poi me. «Farai attenzione?», sembra preoccupata.
«Ci proverò», le sorrido per rassicurarla. Ho notato la sua preoccupazione e non voglio che pensi che io abbia bisogno di protezione. Denver è solo una precauzione.
È una sensazione orribile quella che senti quando guardandoti intorno, ti accorgi che le cose sono cambiate. Ti spaventa, ti fa innervosire perché non hai il controllo pieno della tua vita che ti presenta ostacoli e un conto salato da pagare ma, sai che non puoi fare altro che affrontare tutto prendendo a pugni, ferendoti, imparando nuove dure lezioni per crescere.
Tutto questo forse un giorno mi sarà utile. Continuo a dirlo a me stessa per non cadere nel baratro della paura, dell'insicurezza che da sempre fa parte di me, di ciò che sono.
Ci dividiamo e mentre lei va verso il locale io giro intorno allo stand. Saluto i ragazzi che se ne vanno e i Miller che invece si avvicinano per vedere come procede qui mentre nell'altro stand sono un po' in difficoltà.
«Avete già venduto metà di quello che c'era nello stand?», la signora è felice. La nostra causa aiuta molti ragazzi che non hanno un supporto e vivono dentro casa, imprigionati da barriere mentali che non dovrebbero esistere.
«Si, oggi sono andate a ruba le magliette che abbiamo disegnato con le vignette. Anche le piante con i braccialetti colorati o le collane a scelta, sono andate a ruba.»
Le passo una busta con il ricavato mentre intorno inizia a diffondersi la musica dei gruppi che si esibiscono in una delle strade qui vicino. C'è odore di tabacco e a tratti di pane appena sfornato. Qualcuno sta anche iniziando una grigliata di quartiere.
«Siamo davvero contenti del lavoro che stai facendo. Grazie, Iris.»
Recupero le mie cose. «Si figuri. È sempre bello aiutare qualcuno.»
Detto ciò faccio un cenno a Denver e lui si avvicina. Odio camminare da sola mentre qualcuno si assicura che io arrivi incolume, per questa ragione sto cercando di andare avanti ignorando i campanelli d'allarme che scattano quando ci fermiamo all'improvviso per strada o quando suona qualcosa, che sia un clacson o un allarme, e vengo trascinata via, in un posto sicuro.
«Arrivederci», sorrido, cercando di non pensare troppo.
«Organizzeremo una raccolta la settimana prossima. Ci farebbe piacere averti tra i nostri ospiti insieme al tuo fidanzato», mi avvisa.
Capisco in fretta quello che intende. Chiunque non aspetta altro da settimane. Vogliono vederci insieme, creare del pettegolezzo e, soprattutto, sfruttare le nostre ricchezze.
Inizio a ricredermi sui Miller, mentre annuisco, non sapendo che cosa dire per evitare situazioni imbarazzanti.
«Spero di esserci. Buona giornata signora Miller.»
Mi rivolge un sorriso dopo avermi abbracciata e finalmente mi lascia andare.
Controllo l'orologio e sono in perfetto orario per arrivare in libreria. Prima però passo da Crystal che mi passa subito un sacchetto.
«Non correre troppo e riposati cinque minuti», mi urla dietro mentre mi sposto in libreria.
Oggi dovrebbe arrivare un carico di libri nuovi e non vedo l'ora di scoprire le novità.
Bonnie mi saluta non appena varco la soglia. Ha già in mano la borsa ed è pronta a raggiungere il marito che ho incontrato fuori. Le porgo il sacchetto. «Passate un buon pomeriggio», li saluto entrambi.
«Sei troppo buona con noi, tesoro.»
Mi abbraccia ed esce lasciandomi sola con Denver che, si sistema impalato a pochi passi dall'entrata.
Gli offro un caffè che accetta poi accolgo il fattorino chiedendogli di lasciare gli scatoloni vicino al bancone, evitando che la mia guardia sia costretta a perquisirlo e a perquisire la merce arrivata.
Recupero un taglierino e, ignorandolo quando mi guarda torvo, apro lo scatolone ed inizio ad uscire fuori da esso i nuovi arrivi: libri voluminosi di artisti emergenti.
Gliene mostro uno. «Non è una bomba, tranquillizzati», mordo il labbro riflettendo su come sfruttare la sua presenza. So che si annoia, specie a dovere stare fermo lì davanti la porta, in silenzio.
Lo guardo dall'alto in basso. Lui inarca un sopracciglio. «Le serve qualcosa, signorina?»
«Mi serve il tuo aiuto per sistemarli in alto. Potrei cadere dallo sgabello e spezzarmi un'unghia o una gamba...», elenco.
Si stacca dalla parete e mi aiuta. Sembra persino prenderci gusto. Chiede come sistemare quelli sul tavolo e poi torna nella posizione iniziale quando in libreria arrivano dei clienti e qualche lettore abituale che chiede un calice di vino e un posto tranquillo in cui leggere indisturbato, avvolto dall'odore dei libri.
Mi siedo un momento al piano di sopra, su una poltrona, con un libro tra le mani.
Il tempo sembra passare in fretta ma, a quanto pare, oggi c'è un gran via vai qui dentro.
La folla in libreria si dirada poco dopo il tramonto. Rimango sola pochi minuti prima della chiusura. Appendo il cartello dietro la porta e procedo mettendo in ordine ogni cosa che trovo fuori posto.
Lo scampanellio mi fa voltare. Denver non si è mosso dalla posizione. La persona appena entrata è Hunter. Guarda dietro di sé e Perez fa cenno a Denver di uscire fuori dalla libreria. I due si mettono all'angolo della strada, controllano ovunque prima di avvicinarsi alla vetrina.
Hunter mi raggiunge appoggiandosi al bancone mentre chiudo il registratore e spengo le luci dentro lo studio alle mie spalle.
«Che ci fai qui? Non avevi una cena di lavoro?»
«Rinviata. Sono passato da queste parti e vedendo le luci ancora accese ho deciso di farti una sorpresa. Hai schiavizzato Denver oggi?»
Abbozzo un sorriso. Mi lusingano queste sue attenzioni. Nolan non faceva mai cose di questo tipo. A volte arrivava senza preavviso ma non mi metteva a mio agio, e se non ci vedevamo mi faceva sentire in colpa o pretendeva qualcosa.
«Dovrei esprimere stupore, strillare o saltarti addosso?»
Tamburella con le dita sul ripiano e con un sorrisetto guarda fuori i due che stanno dietro la porta del negozio. Ci danno le spalle quindi non vedono niente.
«Se devo scegliere tra le opzioni: saltami addosso, me lo merito.»
Rido, giro intorno al bancone e lo abbraccio dandogli un bacio sulla guancia. «Grazie della sorpresa.»
Sa che mi riferisco al pranzo.
Scendo in cantina a spegnere le luci e lui mi segue come se non volesse perdere neanche un passo.
«Siamo già stati qui?», finge di pensarci.
«Direi di sì. Hai preparato un tagliere e abbiamo mangiato qui seduti sulle scale.»
Fa il vago poi sorride. «Già, è vero. È stato quando ti ho dimostrato che eri attratta da me.»
Provo a salire le scale e lui mi blocca il passaggio.
Trattiene a stento un bel sorriso, uno in grado di riscaldare questa giornata passata sommersa dagli impegni e dalle molteplici paranoie. Scuote un po' la testa e sfiorandomi la guancia, porta con le dita una ciocca di capelli che mi ricade sul viso, dietro l'orecchio. Non riesco a smettere di guardarlo, di seguire ogni suo movimento. Non riesco a smettere di guardare la sua bellezza, quei tratti che sono un mix tra paradiso e inferno, tra tentazione e purezza.
Hunter è una visione incantevole. È come un raggio di sole che filtra attraverso una coltre di nuvole temporalesche. Una bellezza rara associata ad un carattere dominante, in grado di lasciare senza fiato. Hunter ammalia e tramortisce, incanta ed è in grado di spezzare chiunque a suo piacimento perché sa l'effetto che ha sulle persone, sa l'effetto che ha su di me.
«È stata una lunga settimana», dice in un sussurro.
Sento subito la pelle accendersi come un fiammifero sfregato contro una superficie ruvida. Deglutisco. «Direi di sì. Sono tanti gli impegni che abbiamo avuto.»
«È venerdì», mi fa notare.
«Ho dimenticato qualcosa?», cerco mentalmente un appunto ma lui sta negando e mi rilasso.
«No, non hai dimenticato niente. Be', a parte me.»
«Non ti ho dimenticato», replico, provando ancora a salire le scale.
Mi ferma stringendomi un braccio per avvicinarmi a sé. Finisco contro il suo petto e ci guardiamo negli occhi per un intero minuto in cui quello che si sente è il frastuono dei nostri cuori e dei nostri respiri.
Per tutta la settimana mi sono impegnata a non pensare, a non farmi le paranoie, a non rimanere troppo in casa e ad arrivare così sfinita al suo appartamento da addormentarmi in fretta. Mi sento un po' in colpa ma so che ha capito perché lo faccio e, spero non mi giudichi per questo.
«Che ti succede?», chiede cercando per la prima volta dopo giorni una risposta.
«Non mi succede niente.»
Mi guarda scettico. «Mi eviti. Ho detto o fatto qualcosa mentre ero ubriaco da ferirti?»
«No, ci siamo addormentati dopo il bagno dentro l'idromassaggio. Non è successo proprio niente.»
A parte chiedermi poco prima di sposarti, penso, ma non lo dico.
Sulla fronte, poco più sopra dell'occhio sinistro, gli si forma una ruga.
«E poi dal giorno dopo ti stai comportando in modo strano. Non facciamo più colazione insieme o... tutte quelle cose che abbiamo fatto prima di quella sera. Sei distante, scappi ovunque e non accetti mai le interviste o di uscire per andare a fare un giro. Non dormi più nel mio letto e...», sbuffa. «Mi manchi.»
Strabuzza gli occhi non appena pronuncia queste parole.
Sorrido con il cuore colpito da una forte sensazione che non riesco ancora a catalogare bene ma è più dell'affetto, e lo abbraccio.
«Non so come gestirla. Ecco perché mi tengo impegnata. Scusami se sono distante o incoerente ma... non so davvero come comportarmi. Mi dispiace.»
Mi accarezza una guancia. «Per farti perdonare vieni a cena con me stasera.»
Non è una domanda la sua. Mi stringe la mano e mi porta di sopra.
«Sono stanca per entrare in un locale.»
«Non ho detto che andremo in un ristorante. Lo so che ti senti a disagio perché poi tutti ti fissano o ti interrompono e non riesci a divertirti o a rilassarti», replica posandomi un bacio sul naso, uno sul dorso della mano.
«Ricordi troppe cose di me, prima o poi dovrò farti fuori.»
Guardo fuori dalla vetrata. «Magari lo farò mentre le tue guardie sono distratte.»
«Provaci», solleva entrambe le sopracciglia sfidandomi.
Mi porta mano nella mano fuori e dopo avere chiuso il negozio ci spostiamo verso l'auto ferma a poca distanza.
«Dove andiamo?», chiedo quasi eccitata al pensiero di un'altra sorpresa.
Forse ha ragione Crystal, devo smettere. Devo smettere di avere paura. Devo smettere di tirarmi indietro. Devo smettere di trattenermi con lui.
Hunter mi tiene per mano mentre Denver guida fuori Miami e Perez se ne sta ferma sul sedile ad ascoltare qualcosa che le viene suggerito dentro l'auricolare.
«Non ti ho detto che passeremo un weekend insieme? Ops!»
Rido appoggiando la testa sulla sua spalla. Le sue dita disegnando sul dorso della mia mano un segno invisibile mentre le sue labbra toccano la mia testa per un bacio veloce e affettuoso.
Sollevo il viso. «Mi vendicherò», dico minacciosa prima di ridere. «Non puoi escogitare piani così perfetti. Devo migliorare la mia tecnica.»
Adoro sfidarlo. Adoro quando mi coglie di sorpresa e so già di non avere un piano di emergenza per scappare in tempo.
«Oh, lo spero proprio perché saranno i due giorni e mezzo più difficili della nostra esistenza.»
Vede che non capisco e chiedo silenziosamente spiegazioni.
«I miei hanno organizzato una prima festa di fidanzamento. In programma ci sono: cene, musica, qualche spettacolo, ospiti, giornalisti, interviste...»
«Mi stai chiedendo di mentire o mi stai annunciando che presto sarò vittima di una trappola?»
Sto sorridendo e lui ricambia anche se sembra nervoso.
Torno allora seria. «Che cosa devo fare?»
Ci pensa. «La mia fidanzata amorevole, rispettosa, innamorata?»
«Hai elencato troppe cose, scegline solo una.»
Scuote la testa nascondendo il viso sul mio collo. «Perché non possiamo essere normali?», si lamenta.
«Ci toccherà dormire insieme?»
Solleva il viso. «Si. Costruiremo il muro di cuscini. Sarà divertente e mi farà dormire.»
«Mi è mancato tanto il muro di cuscini», esclamo.
Sorride guardando per un po' fuori dal finestrino. Mi appisolo contro il suo petto e apro gli occhi solo dopo uno scossone preso a causa della strada scoscesa in cui ci troviamo.
Hunter mi guarda e mi accarezza silenziosamente una guancia. «Dormito bene?»
«Scusa, sei comodo», dico provando a staccarmi.
È una settimana che non dormo bene. Adesso mi è bastato passare un paio di minuti con lui per sentirmi a mio agio e per addormentarmi.
«Io penso invece di esserti mancato», mormora.
Arrossisco e sto per rispondere ma ci fermiamo e Denver ci apre la portiera lasciandoci scendere prima ancora che io possa anche solo aprire la bocca.
Hunter mi stringe la mano. «Alla fine di tutto questo voglio un bel regalo. Una vacanza andrà bene. Me lo merito.»
«Destinazione?»
«Ovunque, con te se vuoi farmi compagnia, ma lontano da qui e... da loro», ringhia vedendo uscire dalla porta dapprima Nelson, che ci accoglie con calore alla villa in cui ci siamo appena fermati e poi le sue nonne, che ci abbracciano.
«Siete un po' in ritardo. Vi stiamo aspettando per la cena. Non c'è tempo per cambiare gli abiti, andiamo, svelti.»
La signora Hill mi si mette a braccetto dividendomi da Hunter che, a malincuore segue Gertrud. Quest'ultima inizia a tempestarlo di domande mentre la donna che mi sta guidando all'interno di questa bellissima villa sfarzosa che non ho modo di ammirare dall'esterno, continua a sorridermi.
Il pavimento all'entrata è in marmo e a scacchi. Al centro una sorta di disegno: un cerchio con un tavolo alto, un bouquet di fiori e una candela sopra.
A differenza della villa dei Ford questa ha una sola scala ed è abbastanza ampia. Le pareti sono color avorio con degli schizzi di colore sull'argento. Un lampadario di cristallo pende al centro e davanti a noi a distanza, due divani, un tappeto, un mobile con una lampada e le vetrate ad arco che offrono uno spicchio dell'ampio prato all'esterno e dietro la villa, illuminato da fari.
La signora Hill mi lascia passare dalla porta che si trova sulla destra. Qui attraversiamo un corridoio pieno di statue, colonne con vasi pieni di fiori e quadri, camminando su un tappeto rosso con due strisce sui bordi color oro.
C'è un odore tenue che non riesco ad associare e una tranquillità piacevole.
«Come vanno le cose con mio nipote?»
«Bene, direi. Oggi mi ha fatto una sorpresa ed è venuto a prendermi dalla libreria in cui lavoro.»
Lo guarda con soddisfazione. «Sta proprio crescendo e mettendo la testa sulle spalle il mio ragazzone. Ho anche visto che andate d'accordo, di più rispetto all'inizio e questo mi rende felice. Se posso permettermi, siete proprio belli insieme.»
Sorrido timida e voltandomi lo becco a contemplarmi.
La signora Hill se ne accorge e staccandosi da me, raggiunge Gertrud strappandole via dal braccio di Hunter, trascinandola con una scusa proprio mentre quest'ultima è impegnata a tempestare di domande il nipote.
Rimasti soli, Hunter mi si avvicina con le mani dentro le tasche dei blue jeans che indossa con una camicia bianca con delle ancore e una giacca blu sopra. Mi sfiora le dita poi tenendomi per mano mi conduce verso quella che è la sala da pranzo.
«Non avere paura, non mordiamo.»
«Disse il vampiro prima di portare il pranzo a tavola», esclamo con sarcasmo.
Ride avvicinandomi a sé. «Peccato, ci sono anche i tuoi genitori e possono fermarmi, altrimenti un morso proprio qui, sul collo, te lo avrei già dato volentieri», mi sussurra scostandomi i capelli, sfiorandomi la pelle.
Rabbrividisco e non riesco a smettere di sorridere, nonostante abbia appena ricevuto la notizia di non essere sola a questa prima cena di famiglia.
«Vediamola così, prima ci abituiamo a ritrovarci in queste situazioni, prima passeranno questi mesi.»
Non so bene la ragione della sua reazione ma, noto che si incupisce un istante prima che Nelson ci apra l'enorme e alta porta lasciandoci entrare nella lussuosa sala da pranzo dei Ford.
È impossibile non rimanere abbagliati dalla bellezza e dai numerosi oggetti di cristallo presenti in gran parte della sala.
Al centro dell'enorme rettangolo, una lunga tavola in legno color mogano addobbata con una tovaglia bianca e un'altra sopra, centralmente dei candelabri con candele accese e nel mezzo un vaso di cristallo con dei tulipani bellissimi. Tantissime posate, due piatti su una tovaglietta più piccola ad ogni posto a sedere designato e poi ancora: calici, bottiglie di vino e cloche al centro sopra i vassoi che nascondo chissà quale raffinatezza per il palato.
Trattengo il fiato rimanendo impalata sulla soglia. Hunter si accorge che qualcosa mi sta trattenendo e non si muove più di un passo. Mi guarda solo cercando di capire. «Niente montone, niente cervo, promesso», mi rassicura.
I suoi genitori insieme ai miei stanno aspettando il nostro arrivo per dare inizio ai festeggiamenti che, a quanto pare, dureranno per tutto il weekend.
Sarà davvero un incubo.
Hunter mi stringe la mano facendomi cenno di avvicinarci.
Max non è presente, neanche i miei fratelli che non vedo da tempo e da questo deduco che siano altrove. O forse non sono stati informati di questa cena.
«Hunter, tesoro!»
La signora Ford viene ad abbracciare il figlio poi staccandosi da lui fa lo stesso anche con me. «Grazie per essere venuta», mi sussurra all'orecchio tenendomi stretta. «È importante per noi avervi entrambi qui.»
«Si figuri signora Ford. Sono qui perché suo figlio non mi ha detto niente e mi ha teso un'imboscata. Ormai non posso scappare.»
Sciolgo l'abbraccio e mi lascio guidare a tavola. Saluto i miei genitori che ci accolgono con un po' troppa riverenza, con un certo distacco e, poi ci sediamo l'uno accanto all'altra.
Ha inizio la cena e già dalle prime portate e dalle conversazioni che si affrontano, mi passa l'appetito.
Per tutto il tempo rimango in disparte a rigirare la forchetta sul cibo e a bere qualche sorso d'acqua per placare il bruciore che sento allo stomaco.
Albert, ad un certo punto, alzandosi, propone un brindisi.
«Alla famiglia che questi due ragazzi stanno creando unendone due che da sempre hanno un legame. A mio figlio che non si è tirato indietro e alla sua compagna, Iris, che non ha rifiutato e continua a tenere fede al patto.»
Mio padre si schiarisce la voce e alzandosi con il calice aggiunge al discorso: «Volevo ringraziare anch'io mia figlia e Hunter», ci guarda. «Per quello che state facendo per tutti noi. Vi auguro inoltre di...»
Corrugo la fronte. «Che cosa state tramando?», chiedo in fretta agitandomi.
I due mi guardano. Mia madre muove la testa in un lento no per fermarmi. Da questo capisco.
«Che cosa vi serve ancora?»
Hunter si alza dalla sedia nell'immediato. Attorno non vola più una mosca.
«Scusate ma siamo un po' stanchi per affrontare questo argomento. Io e Iris andiamo a letto. Ci vediamo domani.»
Afferrandomi per la mano mi trascina via dalla sala da pranzo. Ripercorriamo il corridoio simile a quello di un museo e usciti dal portone saliamo le scale addentrandoci in un altro corridoio molto più piccolo ma semplice e silenzioso.
Hunter, lo sguardo freddo e concentrato davanti a sé, la mano stretta nella mia, mi porta in una delle stanze del corridoio.
Apre la porta e mi spinge all'interno incurante di chi potrebbe vedere la scena. Barcollo in avanti e quando mi volto lo guardo male. Incrocio le braccia e parto subito all'attacco. «Quando? Quando mi avresti detto che in mente avevano qualche altro piano diabolico per fottermi? Sappi che la risposta è no», urlo. «Non se ne parla!»
Si appoggia alla parete di un colore chiaro, direi quasi che sia glicine ma i miei occhi attualmente sono annebbiati dalla delusione e dalla furia che si diffonde dentro il mio corpo come lava, per rendermene conto.
I mobili presenti dentro la stanza, sono bianchi, sfarzosi e con decorazioni graziose, delicate. Un po' come i fiori decorati sull'armadio, agli angoli delle ante. Una toeletta con uno specchio, un tappeto al centro della stanza a pochi passi dall'enorme letto. Due alte finestre con tende bianche che danno tanto un'aspetto leggero alla stanza adornata da cornici intorno al tetto decorato da immagini di angeli e nuvole, con al centro un lampadario che pende su un salottino. Una porta aperta conduce al bagno.
«Credi che io sappia tutto e te lo tenga nascosto? Be', se è questo quello che pensi allora dovresti smettere di scappare e vedermi per sapere quello che succede all'interno della nostra famiglia. Perché non so se te ne sei accorta ma adesso lo siamo. Hanno minacciato la nostra sicurezza e dobbiamo proteggerci, Iris.»
Sollevo l'angolo del labbro, lasciando uscire uno sbuffo dal naso. «Dove siamo esattamente, nel Trono di Spade?», replico aspramente. «Una cosa ho chiesto, una, ma a quanto pare non basta mettere una firma. Siete proprio come delle sanguisughe e sai una cosa? Io mi tiro fuori», sbotto avviandomi alla porta. «Mi sono stancata di dovere accontentare tutti e sentirmi obbligata solo perché è "per la famiglia". Quale? Quale famiglia? Quella che ti tradisce alle spalle attirandoti ad una cena per avanzare altre richieste?»
«Tu hai paura, Iris. Hai paura di ricevere aiuto. Hai paura di avere qualcuno accanto.»
«No, non è vero.»
«A me sembra tanto di sì.»
«Non ho paura di dire che c'è un pazzo che mi vuole solo per sé. È risaputo ormai, visto che non avete fatto altro che parlare di lui come se lo conosceste. Ma non è così. State solo cercando di incrementare il vostro fottuto potere. Ma lo farete senza di me. Io non ci sto più.»
«Sei solo arrabbiata perché le cose non stanno andando per come vuoi tu e lo capisco. Non sei l'unica ad avere rinunciato a tutto. Credi che a me faccia piacere non potere uscire e andarmi a divertire con i miei amici perché devo stare con la mia finta fidanzata che non si fida o ancora non capisce se ci tiene o meno? Credi che a me piaccia trattenermi o comportarmi da ragazzo per bene solo perché ho davanti la fonte delle mie ricchezze?»
Le sue parole sono come stilettate nel cuore. «Non preoccuparti, non ho intenzione di toglierti niente. Puoi benissimo andare dove ti pare basta che stai lontano da me.»
Mi avvicino alla porta. «Sei proprio bravo a mentire. Per un attimo ci stavo credendo», scuoto la testa e apro la porta. «Goditi le tue feste e i nuovi membri della famiglia. Goditi anche il mio denaro, fanne pure quello che vuoi. A me non serve.»
Scuoto la testa sentendomi uno schifo. «Manderò qualcuno a prendere le mie cose nei prossimi giorni.»
Faccio un passo avanti con il cuore stretto e il dolore ormai alle porte.
Hunter mi afferra per un braccio.
«Tu hai paura di innamorarti di me. Hai paura che possa piacerti così tanto da dimenticare per un attimo che sei stata costretta ad accettarmi. Hai paura di abituarti a me, a questo mondo. Hai paura di perdere te stessa, la ragazza forte che credi di essere solo perché stai nascondendo dentro una fragilità che potrebbe ucciderti. Hai paura che io ti piaccia così tanto da farti dimenticare di ogni tuo obbiettivo o che io possa essere in grado di fare leva sui tuoi sentimenti per farti abbandonare le cose che più ami. Hai paura che non ci sarò quando avrai davvero bisogno di me, perché anche se non lo ammetti anche tu cadi e hai bisogno di una mano per rialzarti. Ti stai solo arrabbiando con me perché sai che colpendomi non sentirai solo tu dolore. Ti stai arrabbiando perché pensavi che tutto questo fosse solo una enorme montatura ma, non avevi messo in conto che ci avresti scommesso un pezzo di cuore e lo avresti perso. Ecco perché stai reagendo così. Tu hai paura, Iris. Hai paura di non avere più il controllo della tua vita.»
Mi guarda senza fiato dopo avere parlato in fretta per non perdere nessuna delle parole che da tempo avrebbe voluto dirmi.
Lo ascolto ma ho la mente così offuscata dalla rabbia da non riuscire a restare.
Ha ragione, ho paura. Perché impari che ci si può fare male quando ricevi più schiaffi nel cuore che carezze. Impari che quando ti lasci andare, rischi di precipitare. Impari a nasconderti meglio dietro quei muri. Impari a non fidarti, a vedere il mondo da un'altra prospettiva e a non aspettarti niente, solo il peggio.
Ha ragione. Ho paura.
Da tanto tempo tengo i miei sentimenti alle strette perché mi spaventa la forza con cui invece, nel profondo del mio cuore, ho bisogno di provare emozioni violente per zittire quei pensieri, le immagini della persona che sta iniziando ad insinuarsi nella mia vita senza permesso. Ho sempre temuto che prima o poi quella forza mi sarebbe esplosa dentro, nel petto, raggiungendo il mio povero cuore pieno di cicatrici.
Per questa ragione, anche quando faccio un piccolo passo avanti e qualcosa mi ostacola, tendo sempre a tirarmi indietro, a scappare. Non ho paura dell'amore, ho paura del mio cuore che quando prova davvero qualcosa di profondo, non riesce più a smettere di battere forte. Ho paura di non avere più il controllo e mi spaventa con quanta facilità lui riesca a lasciarmi sempre senza fiato, a farmi sentire unica.
«La colpa non è mia, ma tua. Sei tu a volerlo. Io non ho mai obbligato nessuno.»
Asciugo una lacrima che fugge dagli occhi.
«Se te ne vai, non avremo più un'altra possibilità. Non torneremo indietro.»
«È un ultimatum?»
Nega. «No», sussurra. «Non è un ultimatum. È solo un dato di fatto. Non posso rincorrerti all'infinito.»
«Allora non farlo. Lasciami andare», dico con voce spezzata prima di uscire dalla stanza.
Mi fermo dietro una colonna e respiro a fatica piegandomi leggermente in due dal dolore. Sento uno schianto e strizzo gli occhi impedendo a me stessa di ritornare indietro.
Non posso farlo. Non posso dirgli che da quando è arrivato io non riesco a smettere di pensare a lui, nella mia vita, accanto a me.
Tiro su con il naso ed esco dalla villa ordinando a Denver di darmi uno strappo.
Durante il viaggio, appoggio la tempia contro il finestrino e fisso il buio intorno mentre i fari dell'auto illuminano un tratto di strada alla volta.
«Va tutto bene, signorina?»
«No», sussurro. «Ho fatto un gran casino.»
Mi passa un fazzoletto di stoffa. È davvero morbido e lo uso per tamponare gli occhi. «Grazie», dico con voce strozzata, grata per il gesto.
«Che cosa è successo lì dentro? Qualcuno le ha fatto del male?»
Nego poi annuisco come una bambina che non sa esattamente cosa le faccia più male se la botta presa o il cuore consumato dal dolore.
«Hanno in mente qualcosa e io non sono d'accordo. Per i prossimi giorni ti sarei grata se non rivelassi a nessuno i miei spostamenti, se proprio devi seguirmi.»
«Neanche ad Hunter?»
«Soprattutto a lui.»
Denver mi guarda dallo specchietto retrovisore. Per pochi istanti torna il silenzio in auto e io continuo a guardare fuori mentre i miei occhi si appannano.
«Sa che è innamorato di lei?»
Un'altra fitta al cuore e scoppio in lacrime. Mi piego con le mani sul viso e singhiozzo abbastanza forte da non avere più la forza di aprire gli occhi che, continuano a bruciare come fuoco.
Mi sento come se all'improvviso fosse arrivato un acquazzone nella mia vita. Mi guardo intorno ma non trovo un posto sicuro dove ripararmi dalla pioggia. Mi guardo intorno e vedo solo macerie e polvere.
L'amore non è sempre facile o semplice. Certe volte neanche te ne accorgi che è arrivato nella tua vita perché pensi che due occhi sono in grado di portare solo scompiglio nelle tue giornate. Poi qualcosa cambia e, prima di rendertene conto, ti ritrovi con il cuore a pezzi, con l'anima smarrita.
♥️
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