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16


HUNTER

Adesso tocca a lei fare la prossima mossa. Ma dal modo in cui mi fissa e poi sposta lo sguardo sull'anello, comprendo di non avere ancora abbattuto completamente quel muro che la tiene lontana da me.
Si ricompone e guardandosi intorno prova ad uscire dalla mia stanza. Prova ancora a scappare fingendo di non avere provato niente. Ma ho visto nei suoi occhi il lampo dell'emozione colpirla e farle perdere il fiato.
Dentro di me qualcosa scatta e la fermo chiudendo la porta prima ancora che lei riesca ad aprirla del tutto e a scappare, a sfuggirmi un'altra volta.
Non le permetterò di farlo. Non può lasciarmi in questo modo.
«Rimani», non glielo sto chiedendo, gli sto imponendo di farlo mentre il mio cuore batte incessante e prepotente contro la gabbia toracica.
«Sono stanca e penso che la stanza degli ospiti sia dall'altra parte», replica come sempre testarda e pronta a dire la sua.
Prendendola per mano la porto verso il letto. «Puoi dormire anche qui.»
All'inizio mi guarda in difficoltà, infine mostra tutto il suo disagio e decido di darle un motivo per restare.
«Chiedimi di fare qualcos'altro per te. Posso spogliarmi di nuovo se vuoi, oppure metterti a letto o...»
Alzandosi sulle punte dei piedi preme le dita sulle mie labbra per fermarmi. «Ho bisogno di dormire, non credo sia il momento per i giochi.»
«Non sto giocando», rispondo seccato dal suo atteggiamento così improvvisamente schivo.
Si morde il labbro prendendo un respiro. «Vuoi davvero che dorma nel tuo letto?», chiede indicandolo quasi con disgusto.
«Posso creare anche qui un muro di cuscini.»
Guarda ancora il letto, le lenzuola grigio fumo, la stanza in ordine con un leggero odore di dopobarba che aleggia nell'aria. «Ci ha dormito qualcuno a parte te?»
Nego. Non esito un solo istante a rispondere. Mi viene da ridere per la sua espressione, ma tengo a freno tutto per non farla arrabbiare. «No, mai nessuno. Per te farò una piccola eccezione. Puoi anche avere tutta la parte del letto, io mi metterò in un angolo.»
Assottiglia le palpebre. «Che problema hai?»
Corrugo la fronte. «Io? Tu hai la fissa con i letti e dici a me "che problema hai"?»
«Sei stato tu a casa mia a farmi venire la fissa dei letti.»
«Perché non volevo dormire in un letto dove qualcuno poteva averti toccata o... fatto altro», arriccio il naso disgustato al pensiero e mi sale persino la bile in bocca se ripenso a Nolan, alle sue mani su di lei.
Iris arrossisce. «Neanche io voglio dormire su un letto in cui hai fatto porcherie con delle ragazze.»
Rido. «Ti ho già detto che puoi stenderti. Non è mai entrata nessuna ragazza a casa mia. Le ho sempre portate alla villa in una delle stanze degli ospiti ma non ho mai dormito con loro. E se non mi soddisfacevano smettevo e le cacciavo. Questo è successo spesso nell'ultimo periodo. Se non mi credi, chiedi pure a Nelson.»
La mia spiegazione da una parte sembra convincerla mentre dall'altra la fa esitare. «Però io sono entrata a casa tua. Mi ci hai portata tu.»
Annuisco. «Esatto. Questo perché prendo seriamente il mio ruolo. Sei la mia fidanzata. A meno che tu non voglia fare la pudica davanti ai media nei prossimi mesi, be', condividerai il letto con me più di quanto pensi. Non russo e puoi sempre appoggiarti qui», indico il mio petto. «Posso anche scaldarti se vuoi e...»
Mi spinge. «Sai fare un discorso serio senza infilarci battute sconce?»
Sorrido mostrando i denti come un clown. «Non eri stanca?»
Sbuffa. «Si, abbastanza. Crea il muro, io vado a cambiarmi.»
«Puoi farlo anche qui», le dico iniziando a sistemare i cuscini al centro del letto facendo finta di non guardarla e di non sbavarle dietro anche soltanto perché respira.
Quando si sdraia sotto la coperta, in completo intimo, mi spoglio e faccio lo stesso. Sporgendo la mano verso in comodino spengo la luce e la stanza piomba nel buio.
Scosto un cuscino e lei è lì, girata. I suoi occhi si aprono e mi fissano nella penombra come fari pronti ad accecarmi.
«Odori di mare», le sussurro avvicinando le dita al suo viso per sfiorarlo.
«Anche tu. Forse dovevamo fare una doccia prima di metterci a letto.»
«Che importa? A parte la sabbia nel culo e un po' di eccitazione non sento altro. Mi piace il tuo odore, è invitante.»
Ride picchiandomi con il cuscino. «Dovrai cambiare le lenzuola.»
«Le cambiano tutti i giorni per averle fresche e profumate.»
Mi guarda. Mi sento messo alla prova.
«Che c'è?»
«Perché proprio questo anello? Perché non uno di cipolla o uno a caramella, quindi commestibile?»
«Era l'unico in quel distributore pieno di uova di plastica con peluche e oggetti dentro. Ho pensato fosse un segno. Inoltre è perfetto per il nostro finto fidanzamento. Mi hai anche fatto risparmiare un mucchio di soldi che spenderò in altri modi. Ad esempio andandomene in vacanza dopo avere preso una sbronza colossale quando tutto questo sarà finito.»
Ride. «Un anello di plastica. Però è bello, guarda come brilla!», esclama sollevando la mano, muovendo le dita.
Non sta scherzando anche se sorride in modo dolce. Mi sta facendo capire che lo apprezza.
Afferro la sua mano. Lei trattiene il fiato quando i suoi polpastrelli mi sfiorano le labbra.
Bacio l'anello, il suo palmo, il dorso poi porto la sua mano sul mio petto nudo e caldo. Le faccio sentire il frastuono che mi provoca. Mi avvicino alla montagna di cuscini spostandone qualcuno per guardarla meglio e per averla più vicino a me. Lascio scivolare la sua mano dal petto all'addome e lei schiude le labbra.
«Che fai?», mi domanda con voce roca.
«Ti faccio conoscere il mio corpo. Puoi superare il muro per un paio di minuti se vuoi, oppure restare lì e sentire», le sussurro.
Iris valuta un attimo la mia proposta poi rimane lì. Ghigno e spingo la sua mano più giù. Il suo tocco è delicato ma ha le dita così fredde da farmi eccitare.
«Perché dovrei conoscere il tuo corpo?»
«Potresti scoprire il mio punto debole oppure... ritrovarti al buio e dovere toccare le persone per scegliere chi salvare. Così salverai me.»
«Egoista!»
«Non sono uno sprovveduto. Adesso... se vuoi rimanere lì dietro e fare la pudica, ti consiglio di chiudere gli occhi.»
Lo fa e porto la sua mano sul mio viso. Le sue dita viaggiano dalle sopracciglia alle mie labbra dove mi fermo per baciarle tutte le dita poi le faccio toccare una cicatrice che ho sul gomito.
«Sono caduto da un muretto e mi sono tagliato il gomito e slogato il polso», le sussurro avvicinandomi a lei. Poso la mano sul mio petto e fatico a mantenermi concentrato. Tocca premendo i polpastrelli sulla mia carne che potrebbe sciogliersi al suo tocco. Mi tocca, sempre più avida di informazioni mentre le dico come mi sono procurato altre cicatrici quasi invisibili agli occhi.
Mi sporgo. «Dubito tu voglia proseguire dalla vita in giù», le sussurro.
Spalanca gli occhi. Mi mette a fuoco e tira indietro la testa staccando la mano dalla mia presa.
«Non ci tengo particolarmente.»
«Che peccato c'è proprio una gran bella sorpresa.»
Mi guarda male poi ride nascondendo il viso contro il cuscino che attutisce quel suono dolce. Quando sbircia, mi sembra di avere davanti una dea.
Tiro via i cuscini e lei non si agita, non si allontana. Mi stendo davanti sfiorandole il naso.
«Mi farai conoscere il tuo corpo?»
Prende la mia mano guardando le mie dita mentre le sfiora facendomi formicolare i palmi.
«Chiudi gli occhi.»
Inizia dalle orecchie. Ha la pelle delicata e molto sensibile, si rizza ad ogni mio tocco. Più conosco dettagli di lei più sorrido e mi eccito. Arrivo all'ombelico.
«Continuo?»
Nego. «No, non se non vuoi», dico con la bocca asciutta.
Lascia la mia mano sulla sua pancia. Le mie dita le solleticano la pelle sfiorandole il bordo delle mutandine. Si insinuano piano dentro e lei trattiene il fiato prima di rilassarsi quando risalgo fino al collo. Affondo la mano sulla sua nuca e mi avvicino fino a sistemarmi su di lei.
È così colta alla sprovvista da sollevare le ginocchia e intrappolarmi. Sorrido e abbassandomi le sfioro il collo. «Hunter...»
«Solo un morso», mugugno disperato mentre tra le gambe ho l'inferno.
Non mi sono mai trattenuto così tanto ma non mi spaventa aspettare o provare quel senso di frustrazione, perché provocarla mi eccita maggiormente.
Sorride spingendomi. «Non voglio segni sulla pelle. Le persone pudiche non fanno niente prima del matrimonio.»
La guardo da sotto le ciglia. «Neanche uno piccolo piccolo qui?», parlo sotto l'orecchio, contro la sua pelle.
Iris lascia uscire un gemito attutito dai denti che tengono fermo il labbro. Mi premo addosso nascondendo il viso. «Non... muoverti. Cazzo!»
Prova ad abbassare le ginocchia ma le mie mani le trattengono. «Non un passo in più.»
Deglutisce e fa respiri innaturalmente lenti. «Ti sei eccitato?»
«Già, che domande! A quanto pare il problema non sono io», mugugno sulla sua spalla.
Mi abbraccia massaggiandomi la schiena. «Quindi il problema sono le ragazze?»
«Tranne te.»
Alzo il viso e lei sta cercando di sbirciare. Le sollevo il mento. «Posso assaggiarlo?»
Non attendo e le lecco il collo prima di baciarlo.
Si agita e ansimo. Stringo la sua coscia muovendomi verso l'alto e lei sente tutto: l'attrito, il mio corpo, quanto sono eccitato.
Circonda con le braccia il mio collo. «Che cosa stai cercando di fare?»
«Provo cose nuove, tu no?»
La mia risposta la spiazza. «Significa che...»
«Che Hunter Ford non ha mai corteggiato una ragazza e non le ha mai fatto nessuna di queste cose. E per rispondere alla tua prossima domanda, si, sei la prima. Adesso puoi gongolarti e sentirti speciale, piccola bestia di satana.»
Mi sorride. «Una serie di prime volte tutte con me», sussurra battendo le ciglia.
Le mordo il lobo. «Esatto e spero che non rovinerai i miei primi momenti da umano.»
Ride. Ci guardiamo e mi sposta i capelli dalla fronte abbassando gli occhi sulle mie labbra.
Il desiderio è palese da entrambe le parti. Le mie mani navigano sulla sua pelle prima di afferrarla per le guance.
Mi avvicino, sto per assaporare il suo bacio. Chiude gli occhi. Freme e io mi agito. Sono così vicino da percepirne il calore. La tensione è alta e potrebbe tagliare l'aria.
Il telefono vibra.
Ci stacchiamo in fretta riprendendo fiato, rotolo dall'altro lato e controllo lo schermo del telefono.
«Issac, che succede?», nascondo la mia frustrazione. Ha avuto un tempismo perfetto.
«Iris è sempre lì con te?»
La guardo. «Si», rispondo mantenendo il controllo. Che succede?
«Bene, portala lontano dal tuo appartamento. Quel viscido è stato avvistato nelle vicinanze.»
Iris è vicina, attende una spiegazione. «Ok. Ti richiamo quando saremo lontani abbastanza. Ma dove la porto?»
«Usa l'hotel. Nolan non sa che è il tuo. Al resto pensiamo noi.»
«Prendetelo e non esitare a chiamare se ci sono aggiornamenti», riaggancio e sollevandomi dal letto recupero qualche indumento infilandolo dentro un borsone mentre chiamo più che nervoso Nelson.
«Signore», risponde subito.
«Mi sto spostando in hotel. Volevo solo avvisarti.»
«Gli Harrison vorrebbero vedere la figlia.»
«La porterò da loro domani, passaci a prendere. Adesso riaggancio, devo tenere la linea libera qualora Issac mi richiamasse.»
«Certo, signore. Se ha bisogno chiami pure. Nel frattempo le faccio preparare la suite.»
«Grazie.»
Iris scivola fuori dal letto. «Che succede?»
«Ti mostrerò una delle proprietà che saranno tue quando firmerai il contratto.»
Ovviamente lei non si beve questa storia e cerca ulteriori spiegazioni. «Hunter, spiegami che sta succedendo.»
Valuto se dirglielo ma lei aggiunge in fretta: «devi fidarti di me. Se vuoi che funzioni devi... rendermi partecipe. Sappi che odio i segreti e chi mente a fin di bene. Non ci sono bugie dette a fin di bene. Ci sono solo persone in grado di mentire e di ferirti perché non hanno coraggio di dire la verità.»
Chiudo il borsone rivestendomi. «Nolan si è aggirato da queste parti. Issac mi ha avvisato in tempo. A quanto pare sta cercando di individuare l'appartamento e non ci vorrà molto a capirlo, specie se vedrà le guardie e tutto il resto qui vicino.»
«E bisogna depistarlo per catturalo?»
È perspicace. «Esatto. Adesso puoi vestirti, prendere le tue cose e seguirmi fuori senza troppe domande?»
Annuisce uscendo dalla stanza mentre io mi occupo di tutto il resto. Spengo poi le luci e inserisco l'allarme azionando le videocamere di sorveglianza.
Iris mi segue in silenzio al piano di sotto. Carichiamo in auto le nostre cose e facendoci scortare ci spostiamo prima sullo yacht poi in hotel: "Casa Casuarina".
Situato nel cuore dell'Art Déco Historic Districts, lungo Ocean Drive, un tempo proprietà dello stilista Giovanni Versace, l'hotel dista due minuti a piedi da South Beach.
Di recente siamo riusciti a comprarlo sbaragliando la concorrenza e stiamo iniziando anche qualche lavoro di ristrutturazione pur mantenendo lo stile estroso dello stilista.
È impossibile ignorare la magnificenza del posto. Intagli, intarsi, forme mitologiche, oggetti decorati, tessuti, marmi, specchi e oro. Fiori, serramenti in stile imperiale e poi ancora ampie vetrate luminose. Tutto da ammirare a bocca aperta.
Veniamo accolti con troppe moine, Nelson deve avere avvisato tutti della nostra presenza, ecco perché non ci hanno ancora cacciato da qui dentro, visto che non indossiamo niente di elegante.
Non riesco a smettere di pensare a Nolan. Sta superando il limite.
Sono abbastanza nervoso da chiedere bruscamente la chiave della nostra suite, mentre Iris scusandosi e ringraziando mi segue.
«Dovresti portare un po' più di rispetto.»
«È il suo lavoro. Qui sono come a casa. Non dovrebbe annoiare così tanto la gente che viene per rilassarsi e paga per tutto questo lusso.»
Si arrabbia. Lo vedo dal modo in cui le si arrossano le guance che trattiene la furia. «Sei stato scortese. Spero tu chieda scusa a quell'uomo. È stato gentile perché c'ero io, interessata alla sua breve spiegazione e alla sua accoglienza. Nessuno ti ha mai detto che è educazione ascoltare?»
La guardo male. «Mi stai facendo la ramanzina? Non sei mia madre e sono qui a causa tua», replico allontanandomi di qualche metro.
Lei rimane immobile. «Non ti sto facendo la ramanzina. Ti sto solo dicendo che le persone non sono degli oggetti che puoi usare e buttare a tuo piacimento. E non ti ho chiesto io di portarmi qui.»
Mi giro e in breve la raggiungo. La intimidisco, lo so. Il modo in cui mi guarda me lo suggerisce ma continua a combattermi, ad affrontami a testa alta.
Vorrei tanto chiuderle la bocca e sbatterla contro queste pareti del corridoio ma da quando ho scoperto un'altra forma di carezza, di sguardo, di passione, sto mettendo tutto in discussione. Perché ci si può baciare anche senza sfiorarsi e, per quanto la voglia di toccare finalmente quelle labbra sia tanta, l'attesa mi sta facendo scoprire nuove cose e, soprattutto, me stesso. Sto scoprendo quello che mi piace, quello che mi sono perso perché non ho mai conosciuto niente di tanto interessante e intenso.
«Ti dispiace seguirmi in camera e smetterla di urlarmi addosso?»
Incrocia le braccia al petto. In breve ritorna la ragazza ostinata che ho conosciuto. Con la testa dura e il cuore morbido.
«No, me ne starò qui. Anzi, credo proprio che me ne andrò di sotto e conversare con qualcuno che ha voglia di scambiare delle chiacchiere a finalità educative anziché comportarsi da pazzo isterico.»
Mi stringo a lei. «Iris...»
«Hunter», mi sfida.
Sospiro picchiando un pugno contro il muro. «Smettila!», ringhio. Mi giro ed entro furibondo in camera lasciando la porta aperta.
Qualcuno ha già portato le nostre cose che sono sistemate davanti all'enorme letto. Senza guardare troppo intorno, chiudendomi in bagno mi infilo subito dentro la doccia.
Stringo i pugni appoggiando sopra la fronte. La cascata calda scivola lungo la mia schiena e cerco di non avere una crisi di nervi, ignaro della figura che sta entrando nella doccia.
Le sue esili braccia mi avvolgono l'addome. Preme la guancia contro la mia schiena coperta ancora dalla maglietta che si sta attaccando alla pelle iniziando a pesare.
Stacco le sue braccia senza difficoltà, mi volto e lei mi abbraccia ancora. Chiudo gli occhi lasciando cadere le mani lungo i suoi fianchi.
Inspiro ed espiro. Le parole sono tutte sulla punta della lingua. Si impigliano. Non ho mai dovuto chiedere scusa. Non ho mai avuto voglia di farlo come in questo momento.
«Mi dispiace», sussurro con un filo di voce.
Alza il viso premendo il mento sul mio petto e continua a guardarmi senza dire niente, suggerendomi tutto in mezzo al silenzio interrotto dalla pioggia che cade dal soffione su di noi.
«Hai capito? Mi dispiace.»
Il suo sguardo mi fa agitare. Quando mi guarda fisso è come se sentissi con quanta forza creasse un buco dentro il mio petto e scavasse a mani nude fino a strapparmi il cuore e l'anima.
Poso le labbra sulla sua fronte e chiude finalmente quei due fanali dal colore incredibile. «Scusa.»
Le mie dita, stanche di non toccarla, sfilano la sua maglietta. Scivolano sul basso ventre e sbottonano i pantaloncini lasciandoli cadere nel box doccia dove lei li scansa con il piede sfilandomi dalla testa la maglietta. Quando le sue dita fredde mi toccano sopra il cavallo lascio uscire dalle labbra un verso breve e trattenuto tra i denti. Tira giù la cerniera sollevando gli occhi, incastrandoli nei miei.
Li abbasso e l'attiro a me. Lei circonda con le braccia il mio collo e rimaniamo così, ad oscillare come se stessimo ballando, a guardarci sotto la cascata.
«Parlami.»
«Ti direi solo cose cattive.»
«E hai paura a dirle?»
«No, ho paura di non riuscire a formulare bene quello che ho in testa.»
Avvicino il viso. «Perché?»
Inumidisce le labbra. «Perché da una parte vorrei urlarti addosso mentre dall'altra vorrei solo ringraziarti per quello che fai per me pur non ottenendo niente in cambio.»
Abbasso ancora il viso contro il suo collo. «Lo stai già facendo, ringraziarmi intendo.»
Alzandosi sulle punte mi si stringe addosso e l'abbraccio diventa saldo, forte e lungo.
Ci stacchiamo solo quando le nostre dita iniziano a sembrare delle prugne secche.
Ci stendiamo asciutti e sfiniti sull'enorme letto con la testiera imbottita di un tessuto color rosso vinaccia e i contorni in oro.
Iris non pretende neanche che io sistemi un muro con i cuscini. Così, mi avvicino a lei. Valuto un momento poi le circondo la schiena con un braccio e la tiro contro di me. Sistema il palmo sul mio petto e la guancia sotto il mento.
Ha un profumo afrodisiaco. Fatico a comportarmi come si deve.
«Ho voglia di baciarti», sussurro. «Ma voglio le tue labbra solo quando saranno mie per davvero.»
Aggrotta un po' la fronte sollevando il viso. «Mi darai una risposta quando sarai sicura di potercela fare e io, be', solo allora mi lascerò andare e non potrai più fermarmi», le confesso.
Gonfia un po' il petto. Guarda l'anello. Lo faccio anch'io prima di sollevarle la mano e baciarle proprio l'anulare. «Ti sta bene.»
«Parlami ancora un po' di te.»
Guardo il tetto mettendomi comodo. Sporgo la mano spegnendo le luci e poso il palmo sulla sua schiena. «Che cosa vuoi sapere?»
«Dimmi tutto quello che posso sapere su di te.»
«Vediamo...»
«Sono bello, attraente e...»
Mi guarda male e le sorrido. «Ok, odio le caramelle gommose con lo zucchero. Non mangio i cibi troppo piccanti. Mi piacciono i film sullo spazio, non so, ad esempio: "The Martian". Mi piace essere diretto, mi piacciono i libri, i telefilm sui vichinghi. Preferisco il vino alla birra. Non mi piace vestirmi troppo ingessato. Mi piace la tranquillità.»
Mentre parlo non ha smesso di sfiorarmi le labbra. Come se stesse assorbendo tramite il tatto le mie parole.
«Non sei uno che adora le feste, le donne e il ses...»
«No. Ti sbagli. Non sono così. Non sono come si pensa. Ho costruito una maschera.»
«Però ti piace andare contro le regole», non è una domanda.
Annuisco. «Mi piace avere il controllo su tutto. Mi piace vedere le persone pendere dalle mie labbra, ancora meno non mi piace che tu non lo fai.»
Sorride. Dopo minuti interi sorride. «Perché non hai potere su di me.»
«Perché? So che ti piaccio ma com'è possibile che io non abbia effetto su di te?»
«Lo nascondo bene», solleva il mento.
Confermo con un cenno della testa, tenendo a freno la voglia di toccarla.
«E a te invece? Che cosa ti piace?»
«I muffin al limone, il te' verde, i biscotti, le piante, il profumo dei fiori, il mare, la spiaggia, vedere il sole sorgere e poi il tramonto. Mi piacciono i film, adoro leggere. Mi piace aiutare le persone, rendermi utile.»
I miei occhi si sono abbassati e lei si è appena fermata. No, non voglio che smetta. «Continua. Mi piace ascoltare la tua voce.»
«Mi piace lavorare, creare. Adoro il profumo della pioggia...», sbadiglia.
«Ti stai annoiando?»
Nega. «No.»
Non riesco a sentire altro perché la voce mi arriva distorta se non del tutto ovattata alle orecchie.

Riapro gli occhi di scatto. Sono a metà busto e mi guardo intorno. Passo la mano tra i capelli e sul viso.
Un movimento accanto mi fa girare di scatto. Rilasso le spalle. Non è andata via.
È avvolta dal lenzuolo, la mano sotto il cuscino, l'altra sul materasso, dalla mia parte. La luce dell'alba che filtra dalle tende le sfiora i capelli sparpagliati sul cuscino pieni di sfumature. Il viso sereno.
Sorrido come un idiota.
Forse Issac ha ragione quando dice che sono nei guai. Sto perdendo la testa. Sto iniziando a provare qualcosa, forse un sentimento che non riesco a controllare. L'ho capito perché mi sono addormentato subito dopo averla avuta tra le braccia e mi è bastato. Non c'è stato bisogno di altro se non di tenerla stretta. Non c'è stato niente, solo una calma, una sensazione di benessere fuori dal comune. Non ci sono stati pensieri su cui ogni notte inciampo. Non ci sono stati incubi. Forse è questo quello che fanno le persone, quelle con cui ti senti connesso e per la quale inizi a provare qualcosa: ti rimettono in sesto le ossa rotte, ti medicano ogni ferita, allontanano gli incubi, le paranoie, mettono in ordine i pensieri. Fanno anche qualcosa di peggio: sono in grado di mettere in subbuglio il tuo cuore.
Iris sta facendo proprio questo. Sta capovolgendo tutto. Sta spazzando via ogni mio tentativo di fuga dai sentimenti.
Mi rilasso e mi stendo di nuovo accanto a lei. Sistemandomi su un fianco, le sfioro le dita.
Per tutta la vita credi di essere forte, di poterti proteggere, alzando un muro dietro l'altro tra la mente e il cuore. Allontanandoti da quei battiti che non conosci come tuoi ma che senti in un boato continuo contro lo sterno. In fondo però sai che, anche i muri di cemento armato prima o poi si crepano. Come tutto del resto. Come le persone.
Basta un momento, una svista, un attimo di esitazione e, tutto quello che hai sempre nascosto per non dovere dimostrare niente a nessuno, viene a galla. E lo senti, ti esplode nel petto.
Per anni mi sono sentito come se niente e nessuno potesse realmente vedermi. Per anni ho accumulato tutto, cercando sempre di non mostrare quelle parti di me che sarebbero state distrutte in un soffio. Non avevo calcolato la falla nel mio piano. Perché mentre ero impegnato a proteggermi non avevo calcolato che una persona speciale, sarebbe stata in grado di cogliere ogni mia singola sfumatura. Non avevo calcolato che qualcuno avrebbe abbattuto quel muro e si sarebbe accorto di me.
All'inizio, Iris non si muove. Poi si agita. Ha il sonno leggero.
Apre gli occhi e più che assonnata fa qualcosa che non mi sarei mai aspettato: si avvicina nascondendo il viso nell'incavo del mio collo e si riaddormenta.
Sorrido prima di ridere. Si sveglia e cerca di capire poi prova a scansarsi ma la tengo stretta. «Buongiorno», sussurro.
«Ciao», saluta timida.
Mi fa impazzire quando fa così. Il mio corpo si sveglia e quando lo schermo del telefono si accende segnando una notifica approfitto della distrazione.
Iris si solleva sulle braccia guardando intorno. Poi si sposta, chiudendo la porta, nel bagno.
Mentre qualcuno bussa per la colazione, chiamo il mio amico.
«Serata di fuoco?», esordisce sarcastico.
«Magari», replico con amarezza.
«Non ha ancora ceduto?»
«Cedere?», rido. «Non è una parola che rientra nel suo vocabolario.»
«Neanche un bacio?»
«Siamo stati interrotti.»
«E da quando in qua sei uno che rispetta le regole e si fa interrompere? Sabato sera dobbiamo rimediare. Porta pure la tua dama, ci divertiremo.»
Mordo l'interno di una guancia. «Lei non deve entrarci.»
«Ma può stare al tuo fianco impedendoti di avere quell'espressione da ragazzo in astinenza.»
Spingo in camera il carrello dando una mancia abbondante al ragazzo.
«Astinenza?»
«Si, astinenza. Sai, succede quando non ti scopi nessuno e non ti chiudi nel bagno da solo a provocarti piacere. Sei teso come un palo della luce e aggressivo come uno che non si è svuotato.»
Alzo gli occhi al cielo. «Tu invece sei a letto con due donne di cui non conosci il nome, hai scopato, ti sei svuotato e adesso vuoi rompere le palle a me sbattendomi in faccia tutto questo?»
Sospira. «No, ho chiamato per avvertirti che Nolan continua ad aggirarsi nelle vicinanze del tuo appartamento ma gli agenti stanno già organizzando la cattura. Dovete solo farvi trovare per strada.»
«Mi stai chiedendo di fare l'esca?»
«Esatto. Ma non oggi.»
Iris torna in camera e si siede appoggiando la schiena contro la testiera. Ha sentito tutto. Le avvicino il vassoio e lei lo prende mentre mi siedo accanto.
«Sai che se si fa male sarai il primo nella mia lista?»
Ride. «Il tizio in astinenza è proprio nei guai.»
Sbuffo irritato. «Non dire stronzate. A dopo.»
Riaggancio picchiando il cellulare sul materasso.
Iris mastica piano un pezzo di crostata con crema pasticciera e frutta. Mi avvicina alle labbra una fragola e mangio distratto.
«Che c'è? Che cosa dobbiamo fare?»
La guardo deglutendo e lei rimane in attesa.
«Dobbiamo attirare il tuo ex nella trappola.»
«Poi potrò tornare a casa mia e allontanarmi dagli agi e dal lusso?», lecca un dito e strizzo gli occhi per evitare di pensare al suo gesto così spontaneo e così sensuale.
«In realtà dobbiamo andare alla villa.»
Fa una smorfia. «A fare?»
«I tuoi sono in pensiero e dovresti apporre una firma almeno in uno dei documenti.»
Torna a mangiare. Mi sporgo baciandole la spalla e il collo. «Hai un paio di ore di tempo per riflettere.»
Scendo giù dal letto e vado a vestirmi in bagno.
Quando torno in camera lei si è già cambiata e ha rifatto il letto. «Ok, togliamoci questo pensiero.»
Usciamo fuori dall'hotel dopo essermi scusato con l'uomo che ho trattato male e Nelson ci sta già aspettando per scortarci alla villa.
«Buongiorno, signore. Ha dormito bene?»
«Magnificamente», replico lasciando entrare in auto Iris, che saluta con un cenno Nelson.
«Signorina», replica lui con riverenza.
So che le piace. A chi non piace? Ha un caratteraccio fatto apposta per contrastare il mio e tutti si divertono a vederci insieme.
Durante tutto il viaggio, Iris, se ne sta dall'altra parte del sedile a fissare fuori dal finestrino con un'espressione impassibile.
Mi è quasi difficile capire il suo umore. Tanto è impenetrabile.
Quando l'auto si ferma ha quasi un sussulto. Ma esce fuori senza aspettare, dirigendosi in fretta dentro casa.
Nelson mi apre la portiera. «Non credo sia il momento giusto per lei.»
Annuisco. «Non possiamo forzarla.»
«Sono sicuro che troverà il modo giusto.»
«Troppe pressioni. Mi servirà davvero una vacanza.»
Sorride e dandomi un'affettuosa pacca sulla spalla mi trascina dentro la villa dove i miei insieme agli Harrison, già riuniti nello studio, attendono il mio arrivo.
Nessuno dice niente, stanno tutti attendendo quella maledetta firma su quel dannato documento pieno di trappole e, Iris si sta già sedendo sulla poltrona davanti alla scrivania più che sconfitta.
Nelson, scoccandomi un'occhiata, le passa la penna.
Vedo le sue dita tremare mentre avvicina la mina sul foglio.
Interrompo tutto. Ho un piano migliore per rendere questo momento meno doloroso.
«Non ora!», le dico. «Organizziamo almeno una festa, così in quel momento saremo tutti felici e ubriachi!»

♥️

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