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12


HUNTER

Caos, urla, rumori ovunque. Le orecchie smettono di fischiare e la rabbia si impossessa di me e, con una ferocia fuori dal normale, attacco Nolan per togliergli quell'espressione da cane bastonato in faccia.
Lo conosco, lo conoscono anche i miei ma, non lo conoscono bene gli Harrison, i genitori della bellissima creatura che è appena scappata.
Adesso che hanno saputo quello che ha fatto alla piccola di casa, gli stanno chiedendo delle spiegazioni, mentre i miei assistono quasi impotenti e spaesati.
Si domandano se chiamare la sicurezza o lasciarmi fare. In ogni caso questa vicenda terminerà in un solo modo: con la mia vittoria. Con lui che viene allontanato anche con la forza.
Non vedevano Riuz da anni, dall'ultima volta in cui ho avuto a che fare con lui perché ha denunciato tutti per una stupida serata in cui abbiamo fatto un paio di giri di troppo e gli abbiamo spillato un mucchio di soldi al tavolo di gioco. Non gli è andata bene e ci ha quasi rovinato la vita, la carriera.
È sempre stato lì ad aspettare, a covare rancore, ad invidiarci pur avendo tutto. Ma, non ha saputo tenersi quello che ha ottenuto con tanto sacrificio. E, proprio poco fa ha perso una parte importante per lui.
Il pugno mi parte spontaneo, veloce e aggressivo, quando penso a quello che gli ha fatto in tutti questi anni, colpendogli il viso.
Urla in un primo momento. Sputa sangue ma sorride. «Non sarà mai tua», continua a ripetere divertito, con una risatina da psicopatico. «Non riuscirai mai a portartela a letto come ho fatto io in questi anni. Non sai che cosa le piace e...»
Lo fermo prima che possa rivelare qualcosa agli Harrison, sempre più sconvolti e arrabbiati.
«Lo scoprirò visto che sarà la mia fidanzata.»
Decido di passare all'attacco a sorpresa. Non ho voglia di macchiarmi ancora del suo sangue o intaccarmi le nocche per uno come lui, anche se merita davvero una bella lezione. Però mi comporterò diversamente questa volta.
La sua reazione, non delude le mie aspettative. Mi si avventa contro ed entrambi cadiamo a terra rotolando sul vialetto acciottolato. Nolan ne approfitta, sale su di me e mi colpisce ripetutamente.
Fermo le guardie e Nelson che vogliono mettere fine a tutto questo, pronti a scagliarglisi addosso. Anch'io lo voglio. Prima però ho bisogno di schiacciare per bene Nolan dall'interno, farlo sentire un niente.
«Stai mentendo! Sei solo un bugiardo! Lei sta con me! È solo arrabbiata. Si riprenderà e si accorgerà che sono io l'uomo della sua vita. Stavamo giusto iniziando a parlare di convivenza.»
Nego sorridendo prima di mollargli una ginocchiata e farlo cadere a terra. Questa rivelazione non fa che alimentare la mia rabbia.
Lo volto e torcendogli il braccio dietro la schiena, mi abbasso e gli sussurro all'orecchio, mentre lo schiaccio al suolo: «Ti ha appena lasciato proprio perché ha un altro. Davvero non ti sei reso conto di averla persa? Non hai notato niente di strano? Magari che non si avvicinava più a te o che inventava qualche scusa quando volevi portartela a letto. Rifletti bene, Nolan. Sei così stupido da non renderti conto che non ti ha mai davvero amato? Stava con te solo perché lo volevi tu. Ti accontentava dandoti gli avanzi solo perché eri tu a volerli. Ma...», rido passando la lingua sul labbro. Sento il sapore del sangue in bocca ed è quasi soddisfacente. «Riserverà tutto il resto per qualcun altro, tipo me. Saremo fidanzati. Tutti ci ammireranno, ci guarderanno e sogneranno mentre tu... piccolo parassita, assisterai impotente a tutto questo. E non farai proprio niente perché se solo ti avvicinerai ancora a lei, non la passerai tanto liscia.»
Nolan freme, si agita, tenta di rispondere al mio attacco ma viene afferrato da due guardie richiamate da mio padre che, tenta di fare il padrone di casa insieme a mio nonno, quasi divertito dallo scontro.
In questo modo ha assistito alla vittoria di suo nipote. Non che abbia mai avuto dubbi sulla mia forza.
Passo il dorso della mano sul labbro che continua a gocciolare come un rubinetto rotto pieno di sangue.
Carol, la madre di Iris si avvicina preoccupata mentre Nolan viene portato via e tutti tornano alle loro mansioni come se niente fosse. Domani questo posto pullulerà dei loro pettegolezzi. Mi vedranno come il ragazzino viziato di sempre che, non potendo ottenere quello che vuole, fa a pugni.
«Devi disinfettare la ferita», mi dice, passandomi un fazzoletto di stoffa con dei ricami sopra.
So a cosa sta pensando. Sa che la figlia non è una santarellina.
«Grazie, faccio da solo. Non è la prima volta», rispondo seccato, arricciando il naso dopo avere sentito un forte dolore allo zigomo e alla mascella. Con gli occhi vago intorno e cerco Iris. Non deve essere lontana.
«Lasciala un po' da sola. Non ama avere gente intorno quando sta male», continua Carol. «Iris non è come tutte le ragazze che conosci. Quando se ne va non spera che qualcuno la segua.»
«Con il dovuto rispetto, penso di conoscerla quel tanto che basta da non essere d'accordo con lei signora Harrison. Iris, ha bisogno di qualcuno che le cammini accanto.»
Fa un passo indietro annuendo. «Ti avrà detto che ci odia.»
«No, affatto. Lei non vi odia. Vorrebbe solo che capiste davvero i suoi bisogni. Ma siete sempre impegnati a posare sulle sue spalle ogni tipo di peso da non rendervi conto di come le tremano le gambe. È forte ma non abbastanza come vuole fare credere», entro in casa seguito da tutti che sperano di ottenere una mia risposta, nonostante il momento appena vissuto. Che cazzo di avvoltoi!
Sono così arrabbiato da non riuscire a formulare come si deve le parole che, continuano a circolare dentro la mia testa da parecchi minuti.
Trasudo disprezzo, rabbia e temo di non riuscire più a controllarmi. Devo assolutamente allontanarmi da tutti loro.
In cucina, Nelson mi passa un sacchetto di ghiaccio da appoggiare sulla guancia e del disinfettante dopo essersi assicurato che non stia ancora sanguinando. Poi stappa una bottiglia di vino.
Lui, al contrario di tutti, sa cosa mi serve e sa cosa voglio fare. Infatti non dice niente, al contrario dei presenti che continuano a seguirmi.
Lo ringrazio silenziosamente, specie quando mi porge pure un sacchetto di popcorn facendomi cenno di uscire dalla porta sul retro.
«Tornerà?», mi sta chiedendo mio padre, con la mano a tappare il telefono mentre parla con la sicurezza.
«Probabile. Adesso devo trovare Iris e portarla qui. Scusatemi», dico uscendo dalla porta secondaria.
Ignoro tutte le loro domande. Saranno le stesse per i prossimi giorni che, prevedo infernali.
Supero il giardino uscendo da questo e, camminando su un sentiero pieno di ciottoli che scricchiolano ad ogni passo, circondato da alberi alti e arbusti, mi dirigo verso i prati.
Alzo il viso godendomi il calore del sole che filtra dai rami raggiungendo la mia pelle dolorante e macchiata di sangue.
Non so dove cercarla, so solo dove potrebbe essere andata. Non conosce bene questo posto ma in questi giorni ho capito cose di lei utili non solo a farmela apprezzare come persona, ma anche ad anticipare le sue mosse.
Ho come la sensazione che non sia andata poi così lontana dalla villa. Si è solo allontanata per riflettere, forse per piangere e nascondere la sua tristezza o semplicemente l'imbarazzo per avere mostrato a tutti una parte della sua vita che non funziona come dovrebbe.
So che si è sentita impotente e turbata dall'aggressività di Nolan. So che vorrà restare per un po' da sola. Ma, alla fine, so anche che farà la cosa giusta. Le piace aiutare e non si tirerà indietro, accantonerà l'orgoglio; perché è di questo che si tratta.
Raggiungo il prato pieno di erba e papaveri e lei se ne sta lì, al centro, sdraiata a fissare il cielo.
I tacchi lasciati sul masso, i capelli sparpagliati ovunque e gli occhi tristi, persi in quell'azzurro incontaminato e interminabile. È così piccola da farmi avvicinare come un marinaio attratto da una sirena. Sono pronto a tutto: a proteggerla, a litigare con lei, a tenerle compagnia.
Mi avvicino, poso la bottiglia e mi sdraio tenendo ancora il ghiaccio sulla parte del viso che fa male come fuoco dell'inferno.
«È tranquillo qui?»
Chiude gli occhi arrossati. «Rischi un attacco di cuore quando qualche grillo ti salta addosso mentre sei assorto, ma si, è tranquillo.»
«Ti dispiace se me ne sto qui o... vuoi che mi metta da un'altra parte?»
Si gira guardandomi con un occhio mentre con la mano si scherma il viso per proteggersi dal sole. Attualmente le sue iridi sono chiare e lucide come biglie di vetro, così trasparenti da ammazzarmi, tanto sono belle.
«Riscaldati pure», dice con indifferenza.
Iris ha creato un muro. Ma i muri non servono a niente quando i veri mostri sono dietro le pareti che crei per proteggerti.
Chiudo gli occhi posandole il sacchetto pieno di popcorn ancora caldi sull'addome.
«Da parte di Nelson», dico e poi smetto di disturbarla godendomi il sole, il caldo, la piacevole brezza che di tanto in tanto fa muovere l'erba e raggiunge le mie narici con il suo profumo che sa in modo tenue di pesca e di qualcosa di dolce.
Sbircio e non si è ancora mossa dalla sua posizione. Così, ho il tempo di osservare il suo profilo dai tratti delicati. Il naso dritto, le labbra lucide e sul lato sinistro un piccolo segno dovuto ad un morso troppo forte, forse dato per controllarsi. E poi ancora delle piccole vene sulle palpebre, le guance rosee, con dei segni lasciati dalle lacrime che hanno eliminato quel poco di trucco utile a coprire il segno lasciato dallo schiaffo e quello sul collo dovuto al mio succhiotto.
Mi avvicino e lei si ritrae all'inizio. Tiene il labbro tra i denti e piega la spalla e la testa per impedirmi di nascondermi nell'incavo del suo collo e riprendere da dove avevo iniziato questa notte.
Non mi arrendo e alla fine sospirando smette di lottare permettendomi di avvicinarmi.
«Posso stare qui?»
«Ho altra scelta?», risponde stanca.
Sollevo la testa guardandola negli occhi. «Si, ad esempio dirmi che cosa vuoi. Oppure rifiutarmi.»
Guarda il cielo. «Faresti comunque a modo tuo. La mia opinione non è importante. Proprio come non è importante neanche il mio volere. Tutti sembrano avere più potere di me sulla mia stessa vita. E mi fa arrabbiare questa cosa.»
«Posso decidere, vero. Farò sempre a modo mio, vero. Ma non ti obbligherò mai a fare qualcosa che non vuoi.»
Storce le labbra. «Avresti in ogni caso delle pretese.»
Nego. «No, saresti tu a decidere. Pretese o meno, dovresti fare quello che senti. E se non lo senti, dimmi pure di no.»
Scarta il sacchetto rigirando un fiocco di mais tra le dita prima di metterlo in bocca e sgranocchiare riempendo il silenzio.
«Voglio starmene qui, tranquilla, a mangiare i popcorn che mi ha mandato Nelson, a prendere il sole offerto in questo prato che profuma tanto di margherite e papaveri.»
Le rubo un popcorn prima di aprire la bottiglia di vino e bere un lungo sorso passandogliela.
«Bene. Perché io voglio stare qui a godermi tutto questo insieme a te. Non sembra male come idea.»
Si solleva scrutandomi. Beve anche lei un lungo sorso e poi torna supina sull'erba appiattita come un lenzuolo sollevando le ginocchia.
Condividiamo i popcorn e il vino per un po' senza dire niente. Ci godiamo la tranquillità, il calore, la natura. Cose che solitamente non si ha tempo di apprezzare.
«Sono stata una stupida, avevo poco più di vent'anni quando ho accettato che mi corteggiasse. A modo suo lo faceva e, anche se mi inquietava perché lo trovavo ovunque, mi faceva piacere ricevere la sua attenzione. Per la prima volta ero apprezzata da un ragazzo che non aveva mai smesso di invitarmi o dirmi qualcosa di gentile e poi ancora di guardarmi. Per la prima volta non ero la seconda scelta. Ero al centro della vita di qualcuno.»
Parla come se si fosse rassegnata al fatto di avere commesso un errore e di avere perseverato per anni, forse in attesa di una svolta, magari che si innamorasse di Nolan, il ragazzo che invece l'ha spenta lentamente.
Ne parla come uno che l'ha seguita, studiata e poi fatta sua. Dovrò contattare Issac per ricevere informazioni utili e ringraziarlo per quello che ha fatto per me.
«Erano cose semplici, non c'era impegno e in uno dei momenti più difficili della mia vita io... l'ho visto come una salvezza, come una corda in grado di tirarmi fuori dal buio. Non avevo però considerato che il buio lo avrei tenuto dentro.»
Mi appoggio su un fianco, reggo il peso con il gomito giocando con un filo d'erba. Stacco una margherita sistemandola sul suo orecchio.
«Perché non l'hai lasciato prima se ti rendeva infelice?»
Tiene tra due dita un popcorn riflettendo sulla mia domanda, forse non trovando le parole giuste per spiegare. «A modo mio gli voglio bene e ci tengo molto a lui. È vero quando dice che mi ha aiutato ma ha continuato a farmelo pesare. Come se il bene fatto fosse un qualcosa da ricambiare di continuo con dei favori.»
Non oso neanche immaginare quello che deve averle chiesto di fare per lui. Stringo il pugno e accorgendosi del mio gesto mi ferma facendomi aprire il palmo intaccato dai segni della mia rabbia.
«Ci andavo a letto perché volevo. Non era poi così male ma... c'erano volte in cui non mi piaceva, o perché non mi sentivo dell'umore o non mi andava perché magari volevo fare altro insieme a lui che basare il nostro rapporto solo sull'attrazione fisica. In quelle occasioni fingevo, tenendo dentro il peso e la voglia di un cambiamento. Tutto qua.»
Risponde tranquillamente ad una mia domanda inespressa.
Da quando non riesco a parlare di questo argomento in modo aperto e senza filtri?
È lei. Il problema è lei. Lei che mi blocca.
«Fingevi? E lui non lo capiva? Non mi è mai successo che una ragazza fingesse con me, in ogni caso me ne accorgerei in fretta. Anche perché sono io a fingere la maggior parte delle volte.»
«Davvero?»
«Si. Non sempre riesco a divertirmi. Penso di avere un problema. Ma non stiamo parlando di me adesso. Che cosa voleva esattamente?»
«Voleva solo scaricarsi, mettiamola così. Non voglio entrare nei dettagli ma penso tu abbia capito cosa intendo.»
Riempie la bocca di popcorn più che nervosa. Non si sente in colpa. Si sente usata. Si sente stupida per avere assecondato quel bastardo che ha approfittato di ogni situazione per averla, per possederla, per allontanarla da tutto il resto. Si sente trascurata come donna e, soprattutto, infelice. La sua tristezza riesco a percepirla. È come un soffio di vento sulla pelle. Mi scuote l'anima come il ramo di un albero colpito da un violento colpo secco.
«Posso farti una domanda un po' personale?»
«Spara. Non che io abbia alternative.»
«Ti ha mai costretta o fatto del male?»
I suoi occhi si fanno per un attimo assenti. «No, non è un mostro. È sempre stato molto attento, anche se impaziente ed egoista.»
So che mi sta mentendo. La sua voce ha appena subito un cambiamento di tono. Ma lei è così: protegge chiunque con il rischio di ferire se stessa.
Bevo un lungo sorso di vino e nascondo il viso nell'incavo del suo collo. Annuso la sua pelle provocandole un lungo brivido e ansima sgranocchiando rumorosamente. Rido sulla sua spalla e lei si agita infilandomi in bocca un paio di popcorn nel tentativo di non ridere.
Le bacio sotto l'orecchio poi mi allontano e dopo avere bevuto un sorso le passo la bottiglia.
«Vuoi farmi ubriacare?»
«Dipende», rispondo.
«Da cosa?», mi chiede guardinga, accartocciando il sacchetto.
«Se hai intenzione di saltarmi addosso», la prendo in giro per smorzare la tensione.
Abbassa le spalle e beve gli ultimi sorsi d'un fiato. Poi guarda i raggi del sole, quasi gli ultimi che arrivano regalandoci la visione di un bellissimo tramonto dalle sfumature oro e arancio che, fondendosi creano un rosso fuoco spettacolare.
«Non posso credere di averglielo detto in quel modo», brontola.
«Non c'è mai un modo adatto per piantare in asso qualcuno.»
«In realtà si, con calma e non davanti a tutti. È stato umiliante per lui. Proprio per questo non mollerà. L'ho fatto arrabbiare e quasi sicuramente starà andando a casa mia, dove mi aspetterà per un altro litigio.»
Sembra spaventata al pensiero.
«Ci sono un sacco di stanze alla villa se vuoi fermarti.»
Mette il broncio. «Non dormirò da voi. Posso cavarmela benissimo da sola. Non è la prima volta.»
«Che sei scappata da lui?»
Si alza e barcolla. Guarda il cielo rimanendo un momento in equilibrio precario poi si volta e mi sorride. «Lo facevo quando non riuscivo a sentirmi a mio agio insieme a lui. Quando mi sentivo soffocata dalle sue attenzioni e quando non volevo andarci a letto e sentirmi usata. Sceglievo la stanza di un hotel e rimanevo lì dentro ad ingozzarmi di schifezze e a guardare film per un paio di giorni, usavo la scusa di un lavoro importante da finire e quando tornavo lui era di nuovo lontano.»
Mi alzo e raggiungendola rimango a poca distanza da lei. Non so che cosa voglio fare ma so che va fatto.
Si volta e mi getta le braccia al collo facendomi quasi cadere.
«Stavamo ballando prima», biascica. «Devo anche ringraziarti per avermi difesa.»
«Vuoi ballare sotto il cielo, in mezzo all'erba alta, al tramonto con me?»
Ride. «Che cosa buffa da dire. Certo che voglio ballare con te», stringe la presa sulle mie spalle.
Mi muovo piano e fa lo stesso agitando i fianchi in maniera sensuale mentre sorride. «Perché non ti divertivi?»
«Perché nessuna mi ha mai fatto eccitare veramente. Come hai detto tu per Nolan, anch'io sentivo il bisogno di svuotarmi. So che è una cosa sbagliata e da stronzi ma, per un po' ha funzionato», rispondo.
Ascolta attentamente. «Per un po'?»
«Solo per un po'.»
«E adesso?»
«Adesso riesco a trattenermi e i pensieri mi consumano.»
Si ferma e poi allontanandosi gira intorno ridendo prima di fermarsi, barcollare e crollare sulla soffice erba.
Mi sdraio accanto a lei togliendole i fili d'erba dai capelli.
Ci guardiamo come due timidi, incapaci di staccare gli occhi l'uno dall'altra.
I nostri momenti sono attimi in cui gli sguardi diventano sorrisi, in cui i battiti diventano suoni irrefrenabili, in cui i respiri si fanno veloci. I nostri momenti sono attimi in cui preferiamo perderci nel silenzio in cui troviamo tutte le parole che teniamo dentro e che sussurriamo sfiorandoci le dita anziché baciarci e toglierci di dosso la voglia di continuare a trattenerci e struggerci per orgoglio.
«Andrà tutto male», si lamenta con le mani sul viso. Le sue spalle tremano e capisco che sta per piangere.
Gliele tolgo e lei si rannicchia sul mio petto come una bambina. «E non dire che andrà bene perché so già che sarà un inferno. Non voglio firmare quel dannato contratto. Troverò una soluzione, so come vanno queste cose. Ho studiato e lavorato, ci deve pur essere qualcosa che posso fare. Contatterò un paio di amici e...»
Sta farfugliando così velocemente da non riuscire a capire quello che dice, mentre i suoi occhi si abbassano.
«Sappi che non ho niente contro di te perché in fondo non sei neanche male. Nascondi dietro quel grosso masso che chiami cuore, un pezzo della tua anima che rischia di farsi male. Lo so. Ma non posso accettare. Non posso.»
«Va bene, Bestiolina», replico in tono calmo. «Non devi pensarci per forza adesso.»
Non credo sia il momento per una discussione. Non è ubriaca ma è stanca. Dirle la mia opinione, sarebbe come mettere legna sulla brace alimentando quel fuoco che sta tentando di domare per non lasciarsi dilaniare.
La osservo mentre dorme più che sfinita contro il mio petto.
Ancora una volta mi ritrovo a trattenere il respiro, a percepire il suo calore, il suo peso così leggero addosso e poi ancora il suo fiato che lento si posa sul mio petto e il suo profumo che si imprime come un marchio a fuoco sulla mia pelle.
Sorrido strofinando il mento sui suoi soffici capelli prima di posare le labbra sulla sua fronte calda.
Mi alzo dal prato tenendola tra le braccia e raccogliendo la bottiglia e il sacchetto, poi i suoi tacchi, ritorno alla villa.
Mentre cammino, mi si stringe addosso tremando. Sente freddo.
Affretto il passo e quando arrivo alla villa ormai il cielo si sta tempestando di stelle. Lascio in cucina la bottiglia, il ghiaccio ormai sciolto dentro la plastica e il sacchetto vuoto. Non appena raggiungo il soggiorno, Carol e Thomas si avvicinano allarmati. Vedo proprio il terrore nei loro occhi.
«Dove era? Che cosa le è successo? È caduta? Si è fatta male?»
Appaiono preoccupati e in apprensione per lei.
«Si è solo addormentata. Tranquilli, sta bene. È tosta.»
Carol le fa una lieve carezza poi mi guarda grata. «Grazie», sussurra. «Cercheremo di convincerla.»
«Le facciamo preparare subito una stanza», dice mia madre, prendendo in mano la situazione. «Gli Harrison sono nostri ospiti. Dormiranno qui da noi fino a quando non avremo trovato una soluzione.»
Nego. «No, sarà meglio portarla nel mio appartamento. Lì sarà lontana da questo posto e da casa sua, dove è probabile che Nolan si sia appostato ad aspettare il suo rientro.»
La voglia di mandare qualcuno a controllare è tanta. Attualmente però preferisco occuparmi di lei.
Carol guarda Thomas. «Dobbiamo fare qualcosa. Potrebbe stare da noi quando torneremo alla villa dopo avere risolto questa faccenda del testamento. In fondo, è sempre casa sua, rivedrà i suoi fratelli che chiameremo per...»
Nego ancora interrompendola prima che le organizzi le giornate, facendola sentire braccata. «La porterò a casa mia. Starà bene e vedrete che si calmerà e accetterà», dico con una certa sicurezza. «Nelson, mi serve l'auto e chiedi a Myrtle di preparare la stanza degli ospiti per Iris», ordino pratico avviandomi alla porta.
Gli Harrison e i miei mi seguono.
«Non abbiamo trovato ancora una soluzione. Il testamento sembra fatto a prova di bomba.»
«Datele un paio di giorni. Non appena sbollirà e smetterà di pensare alla sua relazione con quel pazzo, accetterà. Non è poi così cattiva come vuole far credere. Voleva solo essere ascoltata una volta tanto.»
Detto ciò esco fuori dove Nelson, come sempre pratico e preciso nel suo lavoro, mi attende con la portiera aperta dell'auto. Sistemo con attenzione Iris sul sedile ed entro dall'altra parte.
Nelson si mette alla guida e ci allontaniamo finalmente dalla villa dove spero di non mettere piede per i prossimi giorni.
Accarezzo i capelli morbidi della ragazza che se ne sta con la testa sulle mie ginocchia e ha l'espressione così serena da farmi salire una certa invidia.
Nelson ci guarda di tanto in tanto dallo specchietto retrovisore.
«Sembra meno teso, signore.»
«Mi servirà una giornata da qualche parte per rilassarmi», brontolo. «E una cena abbondante insieme a un bagno caldo per riprendermi.»
«Direi anche una bella dormita», sorride.
«Già», rido. «Sprofonderò come un bambino dopo oggi.»
«Portarla a casa sua la farà infuriare.»
Ghigno. «È proprio questo il mio intento», dico guardando fuori dal finestrino mentre ci avviciniamo nel mio appartamento che, si trova sull'attico di un palazzo di otto piani a non molta distanza dalla sua villetta.
Prendo in braccio la ragazza che non sembra sentire nessun rumore, nessuno strattone, nessuno dei miei battiti accelerati che non accennano a placarsi e la porto in casa.
«Fate la spesa, manderò una lista dettagliata al supermercato qui vicino. Falle comprare dei vestiti. Casual, niente di troppo elegante o sportivo. Ha una taglia piccola e scarpe comode, direi di tela, le preferisce. E... biancheria, intima, di pizzo o seta. Voglio tutto ben lavato, pulito e stirato.»
Nelson annuisce con un sorrisetto ma non commenta e quando sono in casa, mi lascia solo per le ultime commissioni da fare insieme a Myrtle, prima di congedarsi.
Entro nella camera degli ospiti sistemando Iris sotto le coperte. Spengo la luce ed esco dalla stanza senza troppi dubbi.
«Notte, Bestiolina.»
Faccio una doccia, disinfetto le ferite sul viso che, per fortuna non sembrano poi così orribili rispetto a quanto mi aspettavo. Infine, in boxer, mi stendo sul mio letto e sprofondo immediatamente.

Il risveglio avviene dopo quasi otto ore di sonno tranquillo. Mi sollevo e mi dirigo in cucina. Il sole non è ancora sorto. Apro le finestre facendo entrare in casa un po' d'aria fresca e accendo il bollitore sedendomi a tavola. Qui controllo le notizie sul tablet mentre spalmo su una fetta biscottata della marmellata.
La porta della camera degli ospiti si apre e lei esce con i capelli umidi legati e l'asciugamano attorcigliato su quel bel corpo sinuoso.
Ha fatto la doccia ed è stata abbastanza silenziosa. Chi lo avrebbe mai detto? Solitamente le ragazze sono così rumorose, per non parlare del fatto che amano spettegolare o fare troppe domande.
Evito di fissarla troppo e riempiendomi la tazza di caffè, mi sposto in cucina dove preparo le uova. Poi faccio colazione dedicandomi al mio lavoro. Rispondo infatti a qualche e-mail e a delle chiamate.
Iris siede accanto guardandosi intorno. Aspetta che io abbia finito senza mai interrompermi.
«Dove siamo?», chiede ancora assonnata.
«Buongiorno anche a te, Bestiolina.»
«Giorno», replica attendendo una risposta.
Mi alzo. Recupero una tazza e un piatto anche per lei. «Uova? Toast con avocado?Siamo a casa mia.»
«L'hai arredata bene», dice mordendo un pezzo di fetta biscottata che prende dal mio piatto. Lo avvicino al centro del tavolo e lei si serve dividendo la mia porzione.
Stropiccio gli occhi e quando torno a guardare il tablet, mi accorgo dei suoi fissi su di me.
«Che c'è?»
«Ti fa male?», prova a toccarmi il viso.
Non ha ancora avuto una brusca reazione. Mi fa ben sperare il suo atteggiamento.
Mi scanso. «No, sto bene», sollevandomi mi fermo davanti alla finestra, stiracchiandomi come un gatto.
Si avvicina con cautela. «Ho fatto qualcosa di imbarazzante?»
«Si, abbiamo ballato nudi in mezzo al prato poi mi hai scongiurato di portarti qui e...», mi fermo quando mi punta i suoi occhi letali addosso.
Scorrono lenti come pioggia estiva lungo il mio petto per poi risalire sul mio viso. So che possono tramutarsi in un violento temporale in un nano secondo.
«No, non hai fatto niente. Però abbiamo ballato sul serio sul prato. Poi ti sei addormentata e ti ho portata qui. Sul divano della tua camera troverai degli indumenti nuovi e puliti da indossare.»
«E io che pensavo di girare qui intorno con una delle tue magliette e senza niente sotto», esclama con sarcasmo.
«In quel caso dovrai entrare nella mia stanza prima», reggo il suo gioco.
«Mi terrai imprigionata qui per giorni?»
«Puoi andare via o uscire quando vuoi. Ti ho portata qui solo perché i miei stavano già sistemando la camera per te alla villa e i tuoi volevano che andassi da loro dopo avere risolto gli affari che tengono in bilico le nostre famiglie.»
«E tu hai immaginato che io non volessi svegliarmi li dentro...»
Annuisco. «In entrambi i casi ti saresti svegliata male e di pessimo umore. Hai dormito bene, spero.»
«Hai un letto comodo», replica con un sorriso tornando a sedersi sulla sedia di pelle grigia dallo schienale alto imbottito con i piedi in legno chiaro. Questa, insieme alle altre si trovano in sala da pranzo, adiacente alla cucina, sistemate intorno un tavolo di vetro con i piedi in acciaio. Al centro un bouquet di fiori bianchi che, sporgendosi annusa prima di mettersi con i piedi sotto il sedere e finire la colazione.
«Spero non ci abbia mai dormito nessuno prima di me.»
Mi siedo accanto preparandomi al momento in cui prenderò il discorso del fidanzamento per convincerla ad accettare.
Lei beve dalla mia tazza con nonchalance.
È invadente ma lo fa di proposito perché sa che mi dà fastidio. L'ha capito e sta anche ghignando nascondendo a stento la soddisfazione nel provocarmi una simile sensazione.
«Che cosa c'è in programma oggi? Un altro funerale? Un altro video? Un altro litigio?»
«Perché non un fidanzamento?», attacco.
Non mi vergogno di avere colto il momento giusto per tenderle una trappola. Sorrido perfino.
Fa una smorfia guardandosi intorno. Va in cerca di un appiglio, anche se sa già che non mollerò facilmente la presa.
«Ci hai provato ma non ho intenzione di parlarne. Adesso vado a vestirmi e poi esco di qui», dice tirandosi in piedi.
Sparisce in camera e, per un momento valuto la mia prossima mossa.
Mi ritrovo però ad aprire la porta e a coglierla di sorpresa mentre indossa dei pantaloncini di tartan grigi sotto una maglietta morbida bianca.
«La indossi senza reggiseno?»
Dio, perché deve essere così sensuale? Che cazzo ho fatto di male per meritarmi una simile tentazione?
«Si vedrebbe comunque quello che porto sotto visto che ho un reggiseno nero e quelli li sono colorati. Poi da quando ti scandalizzi per un po' di seno in mostra? Non si vede poi così tanto.»
«Se devi uscire indossa il reggiseno, Iris.»
Sorride. «Altrimenti che fai?»
«Ti faccio scortare dalla sicurezza ovunque. Chiederò loro di tenere un pannello davanti a te se sarà necessario», minaccio.
Scuote la testa alzando gli occhi al cielo poi si lascia cadere sul letto con un sospiro. Dopo un paio di secondi, la vedo sollevarsi come una molla. Mi supera senza dire niente. E, quando penso che voglia scappare, la vedo entrare nella mia stanza.
La seguo curioso di capire che cosa le è venuto in mente di fare.
Senza neanche prendersi la briga di chiedermi il permesso, guarda intorno con attenzione e sguardo critico. Notando "Bestiolina" nel pieno della vita sistemata sul mobile alla luce, sorride e aprendo il mio armadio sposta un paio di capi dalle grucce prima di sfilarsi via la maglietta e i pantaloncini e indossare una mia maglietta di cotone a maniche corte, semplice, nera. Una tra le mie preferite.
«Che c'è in programma?»
Sono a bocca aperta. Non riesco a parlare in questo momento. Ho la bocca asciutta. Ogni muscolo del mio corpo si è contratto alla vista del suo corpo.
Cazzo!
Ripiega gli indumenti tornando in camera come se niente fosse, sistemando tutto sulla poltrona. Si volta e con le mani dietro la schiena, le gambe incrociate, aspetta.
Smetto di sbavare e di avere strani istinti che potrebbero farmi sembrare un depravato.
«Tu che cosa vuoi fare?»
«Ti ho detto come passavo le giornate per stare lontano da Nolan?»
Annuisco. «Non siamo in albergo ma posso abbassare le tapparelle, spegnere le luci...»
Si siede sul letto appoggiandosi alla testiera imbottita e muove le dita dei piedi come una bambina mentre mi osserva.
Premo un pulsante dallo schermo accanto alle finestre e le tapparelle si abbassano portando l'oscurità dentro la stanza. Lascio solo che filtri un po' di luce dalle fessure. Apro poi il mobile incastrato nella parete davanti al letto, accendendo l'enorme schermo piatto che si trova al suo interno. Le lancio il telecomando e mi avvio alla porta. «Vado a fare scorta e torno. Scegli qualcosa da vedere.»
Mi sposto in cucina aprendo le dispense, riempiendo due ciotole di snack. Faccio due viaggi per portare tutto in camera poi chiudo la porta e mi stendo accanto a lei appoggiando la testa sul suo grembo, facendole trattenere l'aria.
«Che cosa hai scelto?»
«Dragon Trainer», replica.
«Maratona?», sorrido eccitato.
Prova a spingermi e, nonostante i suoi tentativi di liberarsi di me, di allontanarmi, per impedirglielo, circondo con il braccio le sue ginocchia nude.
«Non tenti di convincermi a cambiare scelta?», indaga.
«No. Mi piace quel film di animazione.»
Scarta una barretta di cioccolato azzannandolo. Glielo tolgo dopo il primo morso. «Non sceglierò nessun film western», biascico passandogli di nuovo il cioccolato.
«Bene, perché non ho nessuna intenzione di cambiare.»
Che cosa succederà adesso non lo so. So solo che sorrido rilassandomi, godendomi le immagini del cartone e la sua compagnia.

♥️

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