10
HUNTER
Le parole sono lame sottili in grado di tagliare come carta il cuore. Le parole hanno il potere di annientare una persona, di trascinarla verso l'oscurità o la luce. Le parole sono tutto ciò che resta dentro quando intorno non c'è più niente. Le parole ti aiutano a capire e spesso non fanno altro che preannunciare un gran rumore dentro, il caos con cui dovrai convivere.
In particolare, le parole di mio nonno, si abbattono su di me, sui presenti e, principalmente su Iris che è già in piedi prima che lui abbia concluso il suo breve e coinciso discorso, la sua relativa spiegazione su quanto è contenuto nel suo testamento. Ovvero: una trappola, un bel trabocchetto, una pedata sui denti da parte sua su di me.
La madre di Iris, Carol, una donna dai capelli scuri con dei riflessi più chiari al castano che escono fuori grazie alla luce proveniente dalle ampie vetrate, dallo sguardo severo, a tratti freddi e guardinga, la tira giù senza successo. Iris scuote di continuo la testa e, sembra in uno stato confusionale. Forse è anche sul punto di esplodere.
«Non ho ancora finito. Hunter, se non farai l'uomo, la tua famiglia nel giro di pochi minuti si ritroverà senza casa, senza lavoro, nel lastrico. Confido nella tua saggezza. Firmerete dei moduli per l'inizio del contratto di fidanzamento che ho fatto stipulare personalmente con degli esperti. Diciamo che è una polizza assicurativa per non imbrogliare. Nel caso in cui nessuno dei due fosse disposto ad acconsentire, firmerete un altro modulo e tutto crollerà.»
Mio nonno al termine di questa frase mima una piccola esplosione abbozzando un sorriso. Fissa l'obbiettivo come se mi guardasse e mi stesse sfidando.
Non ascolto più le parole di quel bastardo. Non riesco neanche a guardare la sua faccia compiaciuta. Aveva proprio programmato nel dettaglio ogni cosa, lurido stronzo!
Il destino si accanisce in tanti modi. A volte solo su chi ha l'anima già ferita e il cuore strappato in tanti pezzi.
Dirigendomi verso la tv, spengo lo schermo e tiro via la chiavetta con una certa forza. La sollevo a mezz'aria guardandomi intorno, soffermandomi sui presenti che scruto uno ad uno.
«È uno scherzo o cosa?», sbotto innervosito. «Sentite, per quanto mi alletti l'idea di avere una fidanzata come Iris Harrison, che non è neanche brutta e non ha la voce stridula ma quando si arrabbia è come una camionista sul punto di investirti, non fingerò mai di stare con lei per farvi restare qui dentro. E, non cambierò mai le mie abitudini in fatto di relazioni. Adesso tirate fuori il vero video e smettiamola di perdere tempo o di atterrire gli ospiti che, se non avete notato, sono sconvolti.»
Mio padre si è già sollevato dalla poltrona dietro la scrivania con sguardo serio ma non annoiato come al solito. Sembra più... disperato. Sbottona la giacca allargandosi la cravatta, tamponando con un fazzoletto di seta il sudore sulla fronte. Beve poi un sorso d'acqua. Acqua mica liquore come è suo solito. Questo dettaglio mi mette in allerta.
«Temo sia tutto vero, Hunter. Tuo nonno è sempre stato un uomo dalle tante risorse e, se quello che dice in quel video è la verità, presumo che dovrai occuparti degli affari di famiglia visto che ci ha tagliato fuori dai più importanti, perché non abbiamo intenzione di affondare peggio del Titanic per un tuo rifiuto o un capriccio. Che sarà mai? Una firma e tutto si risolve.»
Sento una voce schiarirsi. Mi volto e Nelson fa un passo avanti. «Mi dispiace disturbare signore, ma ero presente al momento della registrazione e suo suocero ha messo per iscritto un contratto con delle clausole da non sottovalutare. La vita di Hunter e della signorina Iris sarà sotto stretta sorveglianza, in quanto è stato affidato il compito di tenerli d'occhio. Saranno due guardie a farlo, sono già state avvisate dell'incarico insieme ai giornalisti che si occuperanno delle copertine del fidanzamento del secolo e di tutto...»
«Ferma!», urlo a Nelson. «Che cosa?»
Prova a parlare, a spiegare ma una voce sovrasta le molteplici domande che si innalzano dentro la stanza creando un vocio fastidioso.
«State già decidendo senza il mio consenso? Sul serio?», Iris soffia dal naso, apparentemente offesa.
Guarda tutti disgustata, e stringendo poi il manico della borsetta, sbiancando le nocche, avanza al centro della stanza dove me ne sto impalato.
«Mi dispiace ma non firmerò un bel niente. Non ho nessuna intenzione di fidanzarmi o di sposarmi per finta con te solo perché rischiate di perdere una villa. Non sono merce di contrabbando e non acconsentirò ad una simile follia. Va contro ogni mia etica.»
«Devi solo apporre una firma e trasferirti e...»
Ferma mio padre con la mano. «Con il dovuto rispetto signor Ford, capisco che ha paura di perdere tutto quello per cui ha lavorato ma non è un problema mio. Io non mi fidanzerò mai con Hunter perché ho già un ragazzo e non intendo lasciarlo o trasferirmi qui perché ho una casa e una vita. Quindi, divertitevi a trovare un modo per galleggiare in mezzo agli iceberg. Con permesso...», gira sui tacchi e si allontana.
«Iris, temo ci sia una clausola anche per la sua famiglia», pronuncia Nelson tenendo un foglio in mano.
Più tardi mi dovrà spiegare tutto quanto. Voglio sapere ogni cosa. Come ha potuto mantenere il segreto?
Scommetto che quel viscido gli avrà riempito il conto o regalato qualcosa d'epoca. Nel testamento c'era già un'auto, orologi e tanto altro per lui.
Iris rimane con la mano stretta e ferma sulla maniglia. «Ovvero?»
«Essendo soci i tuoi perderebbero le case discografiche e tutto quello che è associato al nome dei Bayle.»
Trattiene il fiato. Le sue guance si infiammano. Guarda i suoi genitori cercando il loro sostegno ma, sembrano così preoccupati di perdere i loro averi, da non rendersi conto di stare per perdere la loro unica figlia femmina.
Questa loro reazione la ferisce e lo vedo solo io come si sta chiudendo in se stessa un'altra volta.
«Come ho già detto, mi sono costruita una vita da sola, non è un problema mio.»
Apre la porta.
«Iris, non puoi dire sul serio!», interviene suo padre, l'unico che non aveva ancora aperto bocca.
Thomas Harrison, è un uomo pacato, di grande cultura, di mondo, ma tardo nell'afferrare i cambiamenti d'umore della figlia.
«Invece posso. Finalmente ho la possibilità di vivere da sola, di avere una relazione stabile seppur con alti e bassi e di essere me stessa, felice, lontana dagli agi. Finalmente posso occuparmi di quello che voglio, coltivare i miei interessi senza dovere sacrificare tutto per ringraziare chi mi ha pagato la retta universitaria o lo stage in un'azienda importante o il master, tutto per i suoi comodi. Ho già fatto abbastanza, ho restituito i soldi e non ho mai usato quelli versati sul mio conto. Non potete chiedermi di prostituirmi per voi. Non potete obbligarmi a stare con lui per sei mesi. Non lo farò.»
Dentro di me si fa strada una strana rabbia. Un ruggito che trattengo per non esplodere. Prostituirsi? Ha davvero detto...
«Io potrei anche firmare, in fondo sono solo sei mesi dopo di che potremo anche strappare tutto e tornare alle nostre vite come se niente fosse. Che saranno mai delle stupide foto, un sorriso finto su una copertina, delle guardie a seguirci quando siamo in giro o l'organizzazione di una festa di fidanzamento nello stile dei Ford? Sono cose all'ordine del giorno nella nostra famiglia, nella nostra società di ricchi bastardi senza morale.»
Nelson tossisce cercando di fermarmi. «Signore, suo nonno ha messo per iscritto ogni dettaglio relativo al fidanzamento. Se accetterà non sarà facile perché dovrà seguire tutto alla lettera. Non è come pensa.»
A me le sfide sono sempre piaciute. Inoltre questa sembra proprio l'occasione giusta per sottrarre Iris dalla presa soffocante di Nolan. Quel bastardo continua ad avere un certo ascendente su di lei. Devo solo trovare le parole giuste, fare leva sul sentimento per farla cedere.
Ghigno. «Mio nonno voleva che mi prendessi altre responsabilità oltre a gestire l'azienda di famiglia e ha pensato bene di obbligarmi a provare l'ebbrezza di un fidanzamento, cosa che non ho mai accettato per anni perché non mi è mai servito avere accanto un manico di scopa infelice. Io, al contrario di alcune ragazzine viziate e ingrate qui presenti so cosa fare, so quali sono i miei doveri. So mettere da parte tutto per aiutare chi ha bisogno, anche senza mostrare al mondo la mia bravura, quindi accetto.»
Mio padre si affloscia sulla sedia massaggiandosi la fronte mentre i miei nonni si alzano parlando tra loro animatamente, nel tentativo di trovare una soluzione. Mia madre continua a fissare me e poi ancora Iris mentre mio fratello... be', un tempo avrei pagato per immortalare la sua espressione, quella che ha adesso che mio nonno l'ha sbugiardato davanti a tutti, mettendolo in ridicolo. Per una volta sento che le cose si stanno mettendo nel verso giusto. Sento che il vento sia a mio favore.
«Potete fare un po' di silenzio? Sto riflettendo», esclama mio padre rivolgendosi ai nonni. Guarda poi Nelson. «Puoi portarmi la copia del contratto che riguarda proprio la parte del fidanzamento? Devo farla leggere ai miei avvocati per capire se possiamo cambiare o raggirare qualche punto...»
Nelson annuisce, anche se non sembra poi così convinto, dileguandosi dallo studio senza commentare o altro. Sa già che avrebbe dovuto parlarne prima per evitare che quel bastardo picchiasse la testa sferrandoci un simile colpo basso.
Iris se ne sta ancora davanti alla porta dalla quale vuole tanto uscire. Lei sa di essere in trappola, sa che dovrà accettare. Mi domando perché sta ancora cercando di opporsi anziché accettare e provare. Che abbiamo da perdere? Non le sarò di certo fedele, non le farò nessuna promessa, non avremo alcun vincolo reale e lei potrà sempre fare quello che più le piace o vedere quello stupito idiota, se proprio ci tiene.
Mi avvicino a lei. Gonfia il petto guardandomi come il primo giorno, come un perfetto estraneo.
Mi sfida, lo fa tutte le volte e, a differenza di molte altre persone che spesso non sanno se guardarmi in faccia e preferiscono abbassare lo sguardo, lei si tuffa nei miei occhi e ci sguazza dentro divertita, incurante della sensazione potente che continua a provocarmi ad ogni suo battito di ciglia.
Non sono solo affascinato quando succede. Mi sento infastidito dal suo atteggiamento. Iris non sa rispettare l'autorità di una persona, non sa rispettare i ruoli in una conversazione. Deve sempre avere l'ultima parola e deve sempre dire la sua, anche quando dovrebbe trattenere o, quanto meno tenere per sé determinate affermazioni o pensieri che, lascia uscire senza filtri. È testarda, audace e caparbia. Per quanto mi piaccia questa sua sincerità, sta diventando forte l'istinto dentro di me di tapparle la bocca, di fermarla.
Iris, è una ragazza dall'anima incontaminata, pura, che nasconde perfettamente la sua indole ribelle. Esile come il ramo più alto di un albero o come il petalo di un fiore ma incredibilmente tagliente come una spina, come un foglio di carta.
Non solo mi affascina la sua forza straordinaria celata dal suo viso angelico ma mi danna l'anima sapere di essere in pericolo a causa del suo coraggio. Perché, più volte mi ha dato la dimostrazione di sapere affrontare da sola ogni problema fino a superarlo. Questo, mi dimostra che è in grado di abbattermi.
«Hai paura?»
«Certo! Fidanzarmi con te non è solo una missione suicida, Hunter. È come entrare in un bunker consapevole del fatto che dentro ci troverai dell'esplosivo e una candela accesa.»
Mi colpisce questa sua affermazione. Rimango impassibile. «Anche stare con te non sarà facile. Un consiglio non richiesto? Non giudicare un libro solo dalla copertina, potrebbe stupirti.»
Sbuffa incrociando le braccia. «Non accetterò. Tutto ma non questo!»
«E perché? Sono solo pochi mesi poi ognuno andrà per la sua strada. Che vuoi che succeda? Alla fine di certo non ti innamorerai di me visto che non ti piaccio e, io non mi lascerò abbagliare da te e tornerò alla mia routine, a scoparmi chi mi pare e piace.»
Apre la bocca pronta a replicare ma sono più veloce. «Senti, non è facile neanche per me. Essere fidanzato è un incubo che si avvera. Ma il fatto che sia tu la fidanzata "storica" adesso rende le cose meno prevedibili, meno monotone e un po' più divertenti.»
«Divertenti?», alza il tono della voce che le esce stridulo. «Non c'è niente di divertente. Io dovrei trasferirmi qua e privarmi del mio ambiente, non è giusto! E non lo farò. Non mi farò trattare come un leone in gabbia. Aprite quella porta e vi azzannerò uno ad uno», sbraita minacciosa.
Sorrido. «Quello che voglio dire è che alla fine ognuno avrà quello che gli spetta. A te andranno tutti quei soldi, tutte quelle residenze e le case editrici, cosa che interessa molto alla tua famiglia che, si occupa di arte da generazioni. Davvero vuoi togliergli tutto?»
«Non sono cose mie e non le voglio. Sto bene così.»
Prendo fiato. È più dura di quanto immaginassi.
L'afferro per un braccio e, mentre tutti discutono agitati, parlando persino di un pranzo insieme e poi anche di una cena mentre si cerca una soluzione e si studia il testamento di mio nonno, contattando chiunque per srotolare questa matassa ingarbugliata, con cautela per non fare trapelare niente a nessuno, la porto fuori dallo studio. La trascino da qui all'entrata, e ancora su per le scale fino alla mia stanza, senza mai fermarmi.
«Che diavolo fai? Dove mi stai portando?», chiede agitata. «Che cosa ti prende?», continua a tempestarmi di domande anche quando la spingo dentro la camera. Chiudo la porta a chiave e la lancio sul letto.
«Ma dico, che modi sono?»
Si agita quando mi stendo su di lei tenendole i polsi sulla testa. Si dimena e poi prova a colpirmi lottando come un piccolo animale arrabbiato.
«Lasciami!»
Non le permetto di muoversi. «Ti lascio andare solo se smetti di dimenarti e mi permetti di darti una spiegazione.»
Mi molla una ginocchiata bene assestata e un morso all'orecchio facendomi piegare in due dal dolore, cogliendomi, in parte, alla sprovvista. Ma non allento la presa e non la lascio andare. Tengo dentro il dolore e a mente il fatto che sappia difendersi. Avrà anche fatto arti marziali proprio come me che, quando ero ragazzino ho partecipato per più di un anno alle lezioni insieme ad altri sport e alla scherma. Posso anche scommettere su questo. Attualmente però, la sua reazione è quella di una ragazza agitata, arrabbiata e pronta a fare i capricci, perché vede il futuro che ha sempre sognato, rovinato da un vecchio senza scrupoli e senza rispetto.
«Iris, calmati e fammi spiegare.»
«Non c'è niente da spiegare. Questo è sequestro di persona, un reato punibile dalla legge!»
Sorrido. «Oltre al sequestro tra poco mi farò incriminare per molestie, se non smetti di dimenarti sotto di me, perché non so se hai notato ma il mio cazzo si sta alzando come il ponte levatoio di un castello. Adesso smettila!»
Le sue guance sono rosse e i suoi occhi così accesi da farmi eccitare. Strattona per il gusto di combattermi la presa, poi si ferma guardandomi male. Respira in fretta e a fatica.
«Ti concedo solo due minuti, dopo di ciò dovrai liberarmi o ti farò molto male.»
«Non ne dubito. Dopo il calcio sulle palle e il morso, ho capito che con te non si scherza. Ma passiamo alle contrattazioni, piccola bestia di satana che non sei altro!»
Toglie i capelli dal viso scuotendo la testa, soffiando sopra il ciuffo.
«Parla!»
«Abbiamo entrambi qualcosa da perdere. Credi che mi faccia piacere aiutare mio padre? Io sono stato cresciuto da Nelson non da lui e mi fido più di quest'ultimo quando dice che saranno molte le conseguenze. Adesso ascoltami, firmeremo, faremo quello che c'è da fare e poi ognuno se ne andrà per la sua strada.»
Inizialmente non parla poi le sue narici guizzano e mi preparo alla sua sfuriata. Sto imparando a conoscere ogni gesto che mostra prima di arrabbiarsi.
«Hai già deciso tutto?»
«No...»
«È proprio questo il problema con voi ricchi. Pensate di potere comprare chiunque ma vi sbagliate. Adesso lasciami, voglio cercare il mio ragazzo e diegli che aveva ragione.»
Mi sta provocando. Non la lascio andare, non cedo. «Di cosa hai paura?», domando curioso con un tono pacato. «Sono sicuro che Nolan ti aspetterà e alla fine ne vorrà persino una fetta.»
«Io non ho paura», replica agitandosi. «E non parlare di lui in quel modo.»
«Allora perché continui ad ostinarti? Io ho una teoria: perché hai paura di innamorarti di me», sorrido. «Hai paura di capire che sin dal primo istante sei stata attratta da me, più del tuo ragazzo. L'hai anche detto che non sai quello che provi per lui e che io ti confondo.»
Le libero le mani e mi spinge ma non mi scanso e non mi sposto. Rimango su di lei. «Non ti chiedi dove siamo?»
Adesso si guarda intorno osservando la mia stanza. «C'è puzza di soldi qui dentro», replica acida. «E non cambiare discorso!»
Rido. «In realtà c'è odore di pulito. Ti ho portata qui proprio perché questa è la mia stanza, Iris.»
Mostra il suo disgusto con una smorfia. «E mi stai tenendo su questo letto dove hai portato chissà chi? Lasciami o ti cavo gli occhi e te li faccio mangiare al posto delle olive insieme al Martini. Che schifo!»
La sua reazione mi fa ridere anche se, ancora una volta mi ferisce. «Ti stupisce se dico che qui dentro non ho mai portato nessuna ragazza?»
Guarda ovunque poi scoppia a ridere istericamente. «Come no! Per chi mi hai preso? Forse ci crederebbero i tuoi nipoti o le stesse ragazze che solitamente ti porti qui dentro, ma non io. È più probabile credere nell'esistenza di Babbo Natale che credere che tu qui dentro non abbia mai portato nessuno.»
Mi sento offeso e, adesso non lo nascondo. «Secondo te perché ho detto che qui dentro c'è odore di pulito? Proprio perché nessuno ha mai invaso il mio ambiente. Ho sempre portato le ragazze nelle stanze degli ospiti, da dove il giorno dopo sono scappate perché non mi hanno mai soddisfatto davvero e le ho cacciate via come mosche. Non è mai come sembra, Iris. E non ho avuto poi così tante ragazze.»
Inizialmente non mi guarda ma quando lo fa mi sento in bilico. È come trovarsi su un filo sottile senza sostegno o imbracatura, tra due montagne con l'oscurità sotto. Lei è un brivido forte, improvviso, un colpo di vento in grado di farmi vacillare.
«Non mi stai prendendo in giro?»
Mi stendo accanto a lei fissando il tetto. «Perché dovrei? Tu sei stata sincera con me e io lo sono adesso con te. Non ho mai portato nessuno qui. Questa è la mia stanza ed è sempre rimasta pulita. Per quanto possa sembrare assurdo, tengo anch'io alla mia privacy. Come te non volevo che qualcuno la imbrattasse, passami il termine.»
Gira il viso. Si morde il labbro e mi viene voglia di tirarlo con i denti e baciarla. Immagini di quello che vorrei farle mi passano davanti e serro i denti, tornando a fissare il tetto.
«Capisco il tuo rifiuto. Chiunque con un po' di buonsenso farebbe come te, mentre altri... be', approfitterebbero della situazione per trarne un vantaggio.»
Le mie dita si avvicinano alle sue, le sfiorano cercando un contatto.
«Ma io non sono altri. Io non voglio niente. Non l'ho chiesto. Sono solo nata in un ambiente dove con le banconote puoi farci un bagno o comprare di tutto.»
«Perché hai deciso di staccarti da questo?»
«Era un sogno che avevo sin dall'adolescenza. Volevo allontanarmi dai vizi, dall'arroganza e vivere dignitosamente facendo dei sacrifici. Non volevo essere guardata e ammirata con invidia malcelata solo per il cognome che porto o scelta per un lavoro per un doppio fine come un favore o altro per tutte le conoscenze che abbiamo. Volevo solo...»
«Essere te stessa», sussurro, concludendo al posto suo. «Normale...»
Annuisce. «Ma tuo nonno ha deciso di rovinarmi la vita. Sai che cosa vorrei fare? Pisciare sulla sua tomba e ballarci sopra ubriaca!»
Rido. «Anch'io, ma quando tutto questo sarà finito.»
Ci guardiamo. Mi giro su un fianco e la mia mano si posa sulla sua guancia avvicinandola. Percepisco subito i suoi battiti in aumento.
«Potrei proporti una scommessa», sussurro, osservando le sue palpebre chiuse mentre i brividi le ricoprono la pelle liscia a causa delle mie dita che stanno sfiorando le sue labbra.
«Non accetterei in ogni caso», allontana la mia mano sollevandosi. Guarda ancora ovunque con attenzione. «Io non posso farlo. Grazie per averci provato ma... non posso.»
Si alza e mettendosi in ordine si avvia alla porta.
«È per lui?», chiedo con le braccia dietro la nuca.
Sento dentro un fuoco che divampa e rischia di bruciare ogni tentativo. La mia è gelosia. Sono geloso di una persona che mi sfugge, che non vuole appartenermi.
«No, non è per lui.»
«Allora perché ti tiri indietro? Devi solo aiutare la tua famiglia come aiuti quei ragazzi...»
Segue un lungo silenzio poi si siede di nuovo con le spalle basse. «Non lo meritano. Quei ragazzi si.»
«Io lo merito. Ho picchiato una persona che ti ha arrecato un'offesa. Adesso sei in debito quindi diventa la mia fidanzata», dico con decisione.
Iris adesso appare smarrita. «Non starai paragonando la cosa, vero?»
Sollevo una spalla. «Scommetti o perdi?», sussurro.
Non so descrivere il suo sguardo. So solo che diventa bianca come un lenzuolo. Batte le palpebre e poi guardandosi intorno si alza dal letto come una molla. «C'è un bagno?», chiede come un robot.
Lo indico, adesso sono preoccupato. Sembra nel panico.
«Dietro quella porta. Stai bene?»
Corre dentro questo chiudendo la porta a chiave senza darmi una risposta.
Rimango in allerta prima di sentire il getto dell'acqua. Mi sollevo sui gomiti e quando esce dal bagno ha un'espressione indecifrabile. Non c'è solo dolore nel suo sguardo, c'è qualcosa di diverso, di profondo e distruttivo.
Ci sono cose che nasconde. Ricordi dolorosi che non lascia intravedere dai suoi occhi. Ci sono cose che non dice, che tace. Cose che le fanno male. Ci sono che la tengono intrappolata in un posto lontano, a cui nessuno ha accesso. Ci sono cose che non lascia andare. Cose che continuano a ferirla.
«Qualcosa non va?»
«No, devo solo andare a casa. Ho del lavoro da organizzare.»
Mi sollevo fermandola quando prova a scappare. «Quindi non ti fermi a pranzo? Non accetti?»
Mi supera. «No e... no», replica aprendo la porta. «Spero troviate una soluzione.»
Esce dalla stanza e la lascio fare stendendomi di nuovo sul materasso. Abbraccio un momento il cuscino in grembo.
I minuti passano, dal piano di sotto sento arrivare, grazie alla porta aperta, le voci della mia famiglia che tenta di trovare una soluzione.
Sono tutti agitati, tutti in fermento, tutti pronti a non perdere una singola moneta dal proprio conto. Sono tutti occupati a fare qualcosa come parlare con gli avvocati e gente importante per la nostra famiglia.
Nelson spunta dalla porta, bussa anche se non c'è bisogno. «Le ho portato la sua copia», guarda intorno. «La signorina Harrison se n'è andata?»
«A quanto pare», replico sfogliando il blocco pieno di fogli. Mi fingo indifferente nonostante stia fumando di rabbia che, spero di scaricare presto.
«E sta mollando così in fretta la presa con lei?»
«Che cosa dovrei fare? Non posso obbligarla.»
Riflette un momento. «Oh, leggere il testamento le farà venire un'idea di quello che può fare, signore», detto ciò si avvia alla porta. «Potrà pure ingannare chiunque ma non me che l'ho cresciuto. Vi ho tenuti d'occhio, sa?», mi lascia solo, e con enormi dubbi dentro a causa delle sue parole.
Inizio a leggere. Più che un testamento sembra un foglietto illustrativo con tutte le controindicazioni. Come quando cerchi su google il significato di una macchia sulla pelle e ti spunta l'immagine della morte.
«Che lurido bastardo!», sibilo arrivando all'ultima pagina prima di vedere comparire Iris dalla soglia.
Il cuore mi balza nel petto insieme ad una strana euforia. Non è andata via, perché?
Contengo la felicità che sento e anche un sorriso soddisfatto.
«Pensavo te ne fossi andata», inizio con voce fredda, posando il testamento sul comodino. Uso di proposito un tono indifferente.
«Non ho trovato un passaggio. A quanto pare nessuno vuole farmi andare via da questo posto.»
«Così sei tornata nell'unica stanza che conosci?»
Annuisce in imbarazzo. «Se disturbo mi siedo sulle scale ad osservare quei quadri e ad ammazzare in mille modi tuo nonno.»
Sorrido. «No, no, rimani pure. Non congelarti il culo su quelle scale per lui.»
Indica il blocco. «Hai letto qualcosa di interessante?»
Colgo la palla al balzo, anche se solo che la ferirà. «Solo che perderai anche la libreria di quei due anziani. A quanto pare una grossa fetta appartiene a mio nonno e ha disposto che venga trasformata in una bottega se mai dovessi rifiutare.»
Sgrana gli occhi prima di alzarli al cielo. «Certo, che cosa mi aspettavo? C'è sempre il suo zampino ovunque. Quindi, chiuderanno?»
«Si, a quanto pare se non accetterai tutto si trasformerà in qualcos'altro.»
«Poi? Che altro succederà? Ci sarà l'invasione aliena? Gli elfi usciranno dai boschi? La compagnia cercherà di nuovo di distruggere l'anello?»
«Non siamo ne Il Signore degli anelli, Iris. Siamo nella vita vera e, in particolare in quella dei Ford che hanno costruito il loro impero grazie al nonno materno, Archibald Bayle. A lui devono tutto anche se adesso c'è il nome dei Ford, non significa niente. Ogni cosa apparteneva a mio nonno. Sono i suoi ricordi, è tutto quello che ci ha lasciato affinché lo tenessimo al sicuro e lo tramandassimo. Ma se non accettiamo, quel qualcosa svanirà e di mio nonno non resterà niente.»
Sospira stanca, guardando fuori dalla finestra. «Non confondermi. Sono consapevole di essere in trappola, solo... non voglio accettarlo.»
«Non sto facendo niente a parte dire la verità. Neanche a te piacerebbe vedere i sacrifici di una vita svanire e non lasciare traccia.»
Il silenzio e la tensione aleggiano adesso nell'aria.
Nelson bussa alla porta interrompendoci. «Scusatemi», inizia. «Il pranzo sta per essere servito», annuncia.
Iris si guarda un momento lisciando il vestitino. «Grazie, ma non ho fame. Mandi le mie scuse ai signori Ford.»
La raggiungo in poche e semplici falcate. Stringo la sua mano. «Chi ti ha detto che mangeremo insieme a loro?», guardo subito Nelson. «Fa preparare la serra per due, niente di ampolloso, solo un tavolo e una buona bottiglia di vino rosso.»
«Subito, signore», si allontana, credo con un ghigno.
Iris invece mi guarda male. «Sei così arrogante», dice, nascondendo la curiosità.
Ho notato come i suoi occhi si sono illuminati quando ho detto la parola magica. Ho fatto bene i compiti a casa e ho davvero intenzione di convincerla in qualsiasi modo, usando ogni mezzo. Il mio intento non è mantenere la villa o le fabbriche e tutto il resto, voglio conquistare lei.
«Scambi l'arroganza per una semplice richiesta fatta ad un membro del personale. E ti ricordo che so cosa voglio, quindi è diverso. Solo... non perdo tempo e decido in fretta.»
Mi avvicino a lei. «Adesso mi faresti l'onore di venire a pranzo con me, per favore?»
Abbassa lentamente le spalle. «Solo perché hai detto le due parole magiche.»
Sorrido. «Serra e vino?»
«No, onore e per favore.»
Rido circondandole la schiena con un braccio e lei si divincola. «Non farti strane idee.»
Sollevo le mani. «Andiamo», le indico la strada.
Insieme scendiamo lungo le scale poi superiamo la cucina e, uscendo sul retro, la porto dentro il labirinto che si trova dopo la piscina e poi entriamo nella serra piena di pannelli di vetro a formare proprio una cupola dove all'interno vi sono dei roseti, girasoli e fiori rari e al centro un albero che, durante le feste natalizie, ci piace addobbare.
Al centro del sentiero di pietra, ad un incrocio spazioso, Nelson ha sistemato il nostro tavolo di legno simile a quello presente nelle trattorie con una tovaglia bianca, una candela accesa e dentro un vaso una rosa, un cestino con il pane, le posate, i tovaglioli e due calici; niente di troppo appariscente ma semplice. Accanto ad esso un carrello pieno di cibo che, insieme all'odore delle piante, riempie l'ambiente.
Le sposto la sedia e lei si lascia viziare posando subito il tovagliolo sulle gambe.
Sollevo la cloche mostrandole un piatto di spaghetti da dividere.
In risposta, assottiglia gli occhi. Ha già capito ma non fa nessuna battuta.
Metto il piatto al centro del tavolo porgendole la forchetta. «Inizia tu», la incito.
Attorciglia la pasta, soffia sopra e mette in bocca masticando piano prima di apprezzare il gusto della polpa di pomodoro italiano.
Procedo e iniziamo il nostro pranzo condiviso.
Annusa l'aria. «È davvero bello qui.»
«Si, adesso si», dico.
«Anche se i fiori o gli oggetti non dovrebbero mai stare da soli», solleva la rosa dal vaso annusandola.
Inarco un sopracciglio. «Cioè?»
«Odio quando i fiori sono soli o gli oggetti in generale. Devono avere un compagno altrimenti li immagino soffrire di solitudine. Così come per i cioccolatini dentro una confezione. Se ne rimangono due e ne mangio uno l'altro rimarrà solo e non lo sopporto», gesticola.
Notandomi curioso, arrossisce mordendosi il labbro. «Scusa, sembro pazza.»
Nego e alzandomi, corro a tagliare un'altra rosa mettendola dentro il vaso che, in realtà è un bicchiere trasparente con dell'acqua all'interno e un fiocco intorno di raso.
«Ecco, adesso non dovrai più preoccuparti per lei. E comunque i cioccolatini non rimangono soli, hanno la confezione, quindi un compagno. Magari ne avrai uno anche tu...»
Abbassa gli occhi sul piatto. «Puzza tutto di trappola tutto questo», aggiunge incupendosi.
Mi alzo e mi inginocchio davanti a lei prendendole le mani. Questo mio gesto la agita. Vedo il terrore nei suoi occhi.
«Perché pensi che dietro un gesto simile ci sia un doppio fine?»
«Perché conosco queste cose. Possono significare: tradimento oppure ho bisogno di qualcosa. In questo caso la seconda.»
Nego. «Siamo dalla stessa parte, Iris», replico provando a rialzandomi. Lei mi trattiene.
«È evidente il tuo interesse verso la ricchezza o...»
«Non è vero che mi importa più del denaro o degli affari o ancora dei cimeli di famiglia. Ti sbagli!», sbotto irritato.
Solleva il mento con sguardo spietato, diretto e freddo. «Ah no? Allora perché stai cercando di intrappolarmi se non per ottenere qualcosa in cambio?»
«No. Se mi lasciassi spiegare anziché continuare ad affrontarmi in questo modo, capiresti.»
Le sue pupille si dilatano. «Capire che cosa? È evidente che tu sia disposto ad aiutare la tua famiglia mentre io non voglio fare lo stesso con la mia e non per egoismo ma per principio. Tu non hai idea delle cose che mi hanno imposto. Non hai idea delle volte in cui ho avuto l'istinto di scappare. E, adesso che sono libera, non intendo tornare in gabbia neanche per tutto il bene che nutro nei loro confronti. Mi dispiace ma non posso.»
Passo la mano sulla barba massaggiandomi una tempia e poi la nuca. È davvero dura tenerle testa o riuscire a convincerla, creare una crepa su quel muro di diffidenza che ha eretto per tenersi al riparo.
«Per me sei decisamente meglio di quello che vuoi far credere. So che nel profondo vuoi aiutare la tua famiglia...»
«Questo non significa accettare e piegarsi al volere di un vecchio che gioca a combinare fidanzamenti. Non siamo mica in uno di quei programmi alla tv.»
Le blocco le mani. Gesticola tanto quando si innervosisce.
«Davvero non ti rendi conto che le cose potrebbero andare bene tra di noi? Perché hai così tanta paura di mettere una stupida firma?», chiedo sempre più incuriosito dal suo rifiuto. «Non sarò invadente e potrai sempre fare quello che vuoi.»
Evita per un istante il mio sguardo. «Perché potrebbe andare male», replica. «E non capisco perché proprio io? Perché dare a me una simile condanna. Che diavolo gli ho fatto di male a tuo nonno?»
Le mie dita sfiorano le sue mani che non lascio andare.
«Mio nonno avrà visto o saputo qualcosa su di te che avrà apprezzato», inizio. «Era un uomo dalle tante risorse. Teneva d'occhio molte persone.»
Adesso mi guarda con rimprovero. Sa che cosa sto tentando di fare.
«E tu che cosa sai di me? Che cosa vedi di così interessante da accettare tanto in fretta? Che cosa ci guadagni a parte tutto quello che ti ha promesso? Non puoi portarlo nella tomba, proprio come non ha potuto farlo lui.»
Lecco le labbra poi sollevo il viso. «Sei migliore di tutte le persone che ho conosciuto. Sei meglio di un tramonto o di un film visto sotto una coperta e con un sacchetto di popcorn. Sei decisamente meglio di una barretta di cioccolata fondente, dei libri che leggi, della neve, del mare. Sei così tante cose che è impossibile descriverti. E con quegli occhi grandi e con quel sorriso che spunta caldo come i primi raggi del sole all'alba, sei meglio di ogni altra cosa. Ma non te ne accorgi. E sai perché? Perché sei sempre sulla difensiva. Lo sei sin dal primo istante in cui ci siamo incontrati. Non potrò portarmi niente dietro quando sarò sotto terra, vero. Ma... posso sempre portarmi nel cuore te e tu potrai sempre portarti nel cuore un pezzo di me. Devi solo cambiare prospettiva, Iris.»
Mi ricompongo e lasciando le sue mani, sollevo la seconda cloche mettendo al centro il piatto. Patatine fritte e due hamburger di pollo senza cetriolini. Lei prende con una patatina un po' di salsa avvicinandola alle mie labbra più che timida rispetto a prima. Il suo, è un gesto di apparente tregua. Accetto ricambiando. Ci imbocchiamo a vicenda poi passiamo all'hamburger.
Vedere mangiare una ragazza senza il problema della dieta o della linea, mi piace.
Le tolgo un po' di salsa dal labbro portando in bocca il dito. «Sei la prima che non ordina una insalata o un frullato proteico.»
Tappa la bocca ridendo. «Che stronzata!»
«Davvero, non capisco alcune ragazze. Ci sono persone che farebbero di tutto per dimagrire ma non possono e loro che sono già magre si fanno male mangiando carote o sedano. E per che cosa poi?»
La vedo distratta e seguo i suoi occhi. Si alza e va ad osservare un bocciolo da vicino.
«Ti piacciono tanto le piante.»
«Si, è il mio lavoro.»
«Davvero?», chiedo.
Questo non c'era nelle ricerche.
«Costruisco giardini. Da qualche anno mi occupo di giardinaggio e mi piace dedicarmi alle attività di volontariato, nelle associazioni, nella distribuzione di cibo nelle mense dei senzatetto o delle famiglie bisognose. Insomma cose che fanno sentire meglio le persone.»
Mi siedo sul bordo di pietra tenendo in mano una fetta di torta. Lei si siede accanto a me, passando il dito sulla glassa con un sorriso.
«Perché mi guardi così?»
«Come ti guardo?»
«Di nuovo in quel modo inquietante, come se avessi scoperto qualcosa di unico.»
«Perché è così. Sei una continua scoperta, Iris.»
Caccia in bocca un po' di torta. «E tu invece? Che cosa nascondi?»
♥️
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