8 - Piano d'attacco
«Volete un caffè?» Mia madre giocherella nervosamente con il braccialetto di perline beige e cerca di non pensare al perché ci siano due detective in casa nostra.
«Non importa» ringrazia il più anziano, fissandomi con i suoi occhi di un azzurro intenso, quasi glaciale.
«Siamo qui perché vorremmo fare delle domande a vostro figlio.»
«Dov'è il mandato?» domando con calma mentre attorciglio una ciocca di capelli castani attorno all'indice.
Il più giovane me lo mostra subito e mi guarda con uno strano luccichio nei suoi occhi verde bosco, nei quali riesco a individuare alcune pagliuzze dorate nei pressi della pupilla.
«Vorremmo sapere qualcosa di più sull'incidente avvenuto a Giovanni Guicciardini. Ci sapresti dire dove ti trovavi attorno alle dodici e trenta del giorno in cui sono accaduti i fatti?»
Annuisco debolmente e, dopo aver preso coraggio, comincio a raccontare i fatti, partendo dall'inizio: spiego loro che, dopo la lezione di educazione fisica, siamo andati a cambiarci nello spogliatoio e, nella fretta, ho accidentalmente spinto Giovanni di lato; parlo di quando quell'idiota, in un impeto di rabbia, mi ha afferrato il polso e mi ha minacciato.
«Ho iniziato a divincolarmi e, dopo aver lottato con forza, sono riuscito a liberarmi. Purtroppo, Giova ha fatto un passo sbagliato ed è inciampato, rotolando poi fino alla fine delle scale...» Assumo un'espressione fintamente addolorata e torno a guardare occhi azzurri.
«Ma lui è... morto...?»
«No» risponde con semplicità quello dagli occhi verdi.
«Ha avuto una commozione generale e una brutta distorsione, ma ora sta molto meglio.
«Passiamo a un'altra domanda: che rapporto hai con Giovanni?»
«Questa domanda cosa c'entra con le indagini?» cerco di sviare, perché so bene che, nel caso questi due imbecilli abbiano già fatto le domande agli altri miei compagni, sono consapevoli di come tratto quel dugongo senza cervello.
«Credo che ora stia a noi fare le domande» taglia corto il vecchio.
«Vedi di collaborare, altrimenti potresti finire nei guai.»
Li guardo in modo calmo e, finalmente, decido di spiegare il rapporto che ho con lui: «Io e Giovanni ci conosciamo dalla prima media ma non ci siamo parlati spesso. Lui aveva i suoi amici e io avevo i miei.»
Li guardo annuire e, dopo un tempo che sembra infinito, i due si alzano.
«Vi ringrazio per la collaborazione» dice quello dagli occhi verdi, guardandomi intensamente.
«Se aveste qualche altro dettaglio che vi viene in mente, vi lascio il nostro biglietto da visita.» Escono dalla porta e, finalmente, riesco a tirare un sospiro di sollievo, inconsapevole di aver appena trattenuto il fiato.
«Sei in un bel guaio» sussurra mia madre, ancora agitata dalla visita dei due detective.
«Perché? Insomma, ho detto la verità...» Mi guardano tutti alzando un sopracciglio e sbuffo infastidito.
«Okay, era una mezza verità, ma non capisco perché tutta questa preoccupazione: è stato Giovanni che ha compiuto un'azione violenta su di me e ho dovuto difendermi!»
Mio padre scuote la testa contrariato.
«Capisco il perché tu l'abbia fatto, ma è stata un'azione pericolosa, che di certo non passerà inosservata.»
«'Un mi state dando alcuna spiegazione,» ricordo loro, «e gradirei che mi diceste tutto. Perché Giovanni dovrebbe essere pericoloso? Solo perché il suo antenato Francesco Guicciardini ha scritto le Storie d'Italia non significa che abbia un potere immenso e non lo rende certo la persona più importante di Firenze.»
«Hai ragione, almeno in parte,» interviene la nonna, facendo uscire dalla bocca il fumo della sigaretta, «non è il più importante per noi streghe o per gli esseri umani, ma è comunque potente.»
_________
Dopo la visita a casa Lombardi, i due uomini entrano in macchina e il più anziano comincia a guidare verso l'ospedale di Torregalli.
«Non ha fatto altro che mentire» esordisce il più giovane guardando fuori dal finestrino e focalizzandosi sul Palazzo di Giustizia che, con la sua grandezza e il design degno di un UFO di un film di fantascienza scadente, è ancora visibile nonostante la sua distanza dalla macchina.
«In certi tratti ha detto la verità, ma mi aspettavo che mentisse. In fondo, lui è uno di loro» risponde il più anziano, controllando con attenzione la strada e facendo una brusca frenata appena il semaforo diventa rosso.
«Credi che sia un pericolo? Se avesse iniziato a-» Viene interrotto da un gesto della mano del guidatore.
«Ti preoccupi troppo, Roberto» risponde.
«Lo so, Tommaso, ma ho i miei motivi...»
«Rob, la Magia Ancestrale è debole,» aggiunge Tommaso, «riusciresti a strappargli il cuore dal petto prima che riesca a dire Hocus Pocus!»
Dopo venti minuti abbondanti, Tommaso parcheggia la macchina vicino alla fermata del Sei e poi decidono di entrare nel cancello che precede l'ospedale in sé: l'enorme struttura, costruita in lamiera e acciaio, li sovrasta maestosamente e le finestre, lucide quasi quanto uno specchio, conferiscono all'edificio un aspetto moderno, che trasuda innovazione.
Con passo accelerato, i due investigatori comiciano ad avviarsi verso l'ingresso principale e, dopo aver parlato in maniera sbrigativa alla segretaria, cominciano a correre verso l'ascensore.
«Odio l'odore asettico di questi posti» ribatte Roberto, storcendo il naso per colpa dell'odore che pregna l'aria.
L'ascensore comincia a salire e arriva al sesto piano. Le porte si aprono e, tra il viavai degli infermieri e dei pazienti che vanno nei bagni, i due riconoscono subito una figura femminile: i capelli biondi, lisci come spaghetti, ricadono morbidamente sulle spalline bianche dell'abito a fiori che indossa; al dito, invece, porta un anello d'argento, con una grossa pietra bianca e lucida incastonata.
«Siete in ritardo» annuncia, squadrando i due con tono autoritario e fissandoli con i suoi occhi ambrati.
«Non accadrà mai più» dice subito Tommaso, scusandosi e abbassando la testa in segno di rispetto.
La donna annuisce e fa loro gesto di seguirla. Dopo qualche minuto, in cui il silenzio era rotto solo dal fastidioso bip dei vari macchinari, i tre arrivano in una stanza: Giovanni, l'unico presente, è disteso sul letto e ha la gamba stesa in alto, ingessata e sorretta da una pedana; l'odore di disinfettate riempie tutto lo spazio e penetra con forza nelle narici dei presenti; le pareti bianche, inoltre, conferiscono a chi le guarda una sensazione di claustrofobia, come se non fosse possibile uscirne fuori.
«Avete qualche notizia da darmi?» A parlare è un uomo che, a giudicare dalle zampe di gallina vicino agli occhi, è prossimo ad avere cinquant'anni: vestito elegantemente, con uno smoking di Giorgio Armani e delle scarpe di un nero molto lucido, egli scruta con attenzione i due, facendo attenzione al minimo rumore che fanno. Il loro battito cardiaco accelera e il loro respiro più irregolare, come se un grande senso di timore li avesse divorati.
«È stato il giovane stregone,» spiega Roberto, mordendosi l'interno della guancia per colpa del nervosismo, «abbiamo ascoltato attentamente il suo cuore e ha accelerato in diversi punti della conversazione.»
L'uomo annuisce e guarda il figlio, che rotea gli occhi al cielo e sbuffa sonoramente.
«Speravo che la mia guarigione accelerata mi aiutasse a riprendermi più in fretta.»
«Non essere troppo impaziente, Giovanni» lo rimprovera la madre, stando attenta a qualsiasi movimento dei muscoli mimici dei due detective.
«Cosa dobbiamo fare adesso?» chiede Tommaso, indeciso se quella sia stata la domanda giusta da fare.
«È semplice: occhio per occhio, dente per dente. Quel piccolo ragazzino insolente ha provato a fare del male a mio figlio e l'ha quasi ucciso, per cui deve pagare!» tuona l'uomo.
«Siate discreti.»
«M-ma... è uno stregone! Debole, ma comunque in grado di praticare la magia» cerca di spiegare Roberto, completamente tremante a causa del timore che riesce a incutere l'uomo che si trova davanti a lui.
«Ma per favore! La Magia Ancestrale non è magia!» ride la donna, scostando una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Avete sentito mio marito. Avete tempo una settimana. Se fallirete, la pagherete amaramente.»
Giovanni, che era rimasto immobile durante la conversazione, alza leggermente il busto e guarda i due: gli occhi, che di solito sono azzurri, cominciano a brillare di un colore dorato.
«Dovete insegnargli che nessuno si mette contro il Branco e la passa liscia.»
ANGOLO AUTORE.
Ciao a tutti i lettori che hanno deciso di avventurarsi in questa storia! Questo è il mio primo angolo autore e, alla fine, ho deciso di aggiungerne uno perché mi piacerebbe interagire con voi.
Allora, come capitolo è abbastanza corto e... strano, visto che metà è dedicata a Francesco e metà a Giovanni.
Non c'è molto da dire, se non che, alla fine, si è capito che creatura soprannaturale è Giovanni.
Ve lo aspettavate? Scrivetelo nei commenti!
A presto!😘
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