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14 - Patti, Parte II

«Buonasera, Enrico» esordisco entrando nel Mausoleo con calma, levandomi il cappello e fissando l'ostaggio con un sorrisetto cattivo. «Come ti senti oggi?»

«Va' all'inferno» ringhia infuriato e sputando verso di me, ma mancandomi di qualche centimetro la scarpa.

«Oh, andiamo! Non sei felice? Tra poco incontrerai l'Alpha più potente di Firenze!» lo prendo in giro, porgendogli un bicchier d'acqua che il ragazzo tracanna in pochi sorsi.

«E a me cosa me ne importa?» domanda infastidito, fissandomi coi suoi occhi verdi.

«Non vuoi conoscere tuo padre?»

I nostri sguardi si fissano in silenzio e nel mentre giocherello col pugnale magico usato Francesco qualche giorno fa, facendolo levitare con poca fatica. Ha un'espressione confusa in volto, non capisce se mi sto prendendo gioco di lui e intuisco che voglia sapere la verità.

«Mio padre... è morto...» biascica Enrico, cercando di divincolarsi dalle catene che lo tengono incatenato, e il tintinnio dell'acciaio sembra ribadire il concetto risuonando come un'eco in questo luogo di morte.

«Tuo padre camperà ancora un bel po'» replico con calma, posando l'arma a terra e avvicinandomi al ragazzo.

«Non ti credo... stai mentendo!» esclama infuriato. «Sei solo un bugiardo, lurido stregone!»

Roteo gli occhi al cielo, infastidito dalla situazione che si è appena creata, e decido di usare i poteri. Il volto di Enrico si tinge di porpora mentre lo strozzo lentamente.

«Oh, per l'amor del cielo! Calmati, ragazzo!» esclamo, rompendogli poi una gamba, giusto per torturarlo un po'. Tanto guarirà, per cui posso permettermi di fargli un po' male.

«Mia madre... ha detto... che mio padre non c'è più...» cerca di dire il rosso.

A quelle parole lo libero dalla presa e lo fisso, inclinando la testa di lato.

«È arrivato il momento di raccontarti una bella storia» dichiaro, accendendo le candele presenti nel Mausoleo con uno schiocco di dita.

Enrico mi guarda in modo scettico, insicuro della veridicità delle parole che sto per dire, e abbassa lo sguardo come a mostrare che non gliene importa nulla.

«Non ho avuto un padre in trent'anni della mia vita, di certo scoprirlo adesso non potrà cambiarla» dice il rosso.

«Peccato, lo saprai lo stesso. Tutto iniziò nel gennaio 1987, quando il tuo caro vecchio paparino decise di sbronzarsi al bar per qualche strano motivo» comincio a raccontare, sottolineando le parole con ampi gesti con le braccia.

«Che ci facevi lì? Lo stalkeravi per caso?» sogghigna, ma ricevendo come risposta un pugno all'altezza dello stomaco.

«Ero con degli amici, tra cui tuo zio Nicola, Stavamo parlando quando abbiamo visto tuo padre, ubriaco fradicio approcciarsi a una bella rossa: tua madre. Ora, sai bene che, se sei un Guicciardini, hai dei doveri verso il branco, e ne hai ancora di più se sei il primogenito della famiglia degli Alpha. Luciano non poteva scegliere la sua futura moglie e suo padre non avrebbe mai permesso che sposasse un'umana, per cui ha dovuto prendere una decisione importante. Quando la famiglia ha scoperto la scappatella, puoi benissimo immaginare che nessuno fu contento. Luciano ti ha ripudiato ancora prima che nascessi, costretto e di nascosto, perciò questo ti rende il piccolo segreto dei Guicciardini» continuo con calma, guardandolo con un sorrisetto divertito.

«Fanculo! Non credo a una parola di quello che hai detto!» urla Enrico, cercando inutilmente di liberarsi dalle catene magiche.

«Maremma bu'aiola, datti una calmata!» esclamo esasperato. «Vuoi la verità? Prima fammi finire di raccontare la storia, poi chiamiamo tuo padre e poi ti dimostro una volta per tutte che sei suo figlio!»

Guardo la vittima, incatenata come un cane, e l'unica cosa che riesco a vedere è il mezzo con cui poter avere vendetta per quello che quel verme di Luciano Guicciardini ha osato fare a Francesco. Quella bestia merita di soffrire e mi assicurerò che accada.

«Tornando a noi, Luciano e tua madre si incontrarono e, come ti ho già spiegato, lui ribadì come tu non sia e non sarai mai suo figlio. Ma le parole non bastano, solo i soldi chiudano le bocche. Tuttavia lei rifiutò il denaro e lo mandò a fanculo. Dopo nove mesi nacqui tu, Enrico Baldi, il primogenito di Luciano Guicciardini. Sai, in altre circostanze e con una madre diversa, saresti potuto diventare il prossimo Alpha del branco.

«Hai detto che in trent'anni non hai mai avuto un padre, ma in realtà tu e Luciano vi siete già incontrati: ti ricordi la prima trasformazione? L'uomo che ti ha aiutato era il tuo babbo.» Faccio una pausa e osservo l'espressione incredula di Enrico, che non riesce ad accettare tutte le rivelazioni che gli sto facendo, eppure so bene che vuole sapere di più sulla storia che riguarda il suo genitore.

«Mentre tua madre è rimasta single per il resto dei suoi giorni, tuo padre, grazie a un matrimonio combinato, si è sposato a venticinque anni con una lupa mannara di Livorno: Sara Guicciardini. Ci vogliono anni prima che nasca il loro primo figlio, venuto alla luce il 5 maggio 2001. Giovanni Matteo Guicciardini, tuo fratellastro e presunto primogenito, ufficialmente in linea di successione per quanto riguarda il controllo del branco di Firenze. Questo ragazzo ha passato tanto tempo con mio figlio Francesco, sono in classe insieme, ma a volte l'odio e la rivalità non risparmiano nemmeno le generazioni successive.»

Il rosso, rimasto in silenzio durante il resto della storia, alza lo sguardo e mi fissa incredulo.
«Ho un fratello...?»

«Eh già» rispondo con calma, grattandomi leggermente il mento. «E mentre tu e tua madre avete faticato per tanto tempo per pagare l'affitto e le bollette, Giovanni è cresciuto nel lusso, tra soldi e privilegi. Avresti potuto avere tu tutti questi agi, eppure sono toccati a lui. Come ti senti?»

«Come dovrei sentirmi, scusa?! Se quello che stai dicendo è vero, quel bastardo di mio padre ha abbandonato me e mia madre per delle fottutissime tradizioni! Un vero padre non si comporterebbe mai così!» ringhia infuriato, mentre i suoi occhi mutano da verdi a dorati.

«Mi immaginavo una reazione del genere, a essere sincero. Beh, non c'è bisogno che lo dici a me.» Prendo il portacipria di mia moglie e faccio un piccolo taglio col pugnale sul polso di Enrico, facendo cadere qualche goccia di sangue sul vetro, e con la telecinesi scrivo il messaggio "Cimitero degli Inglesi, 17:30. Vieni da solo".

«Tra un'ora sarete di nuovo riuniti.»

_________

Sono le cinque e trenta del pomeriggio e, come mi aspettavo, Luciano è davanti al cancello del Cimitero. Si guarda attorno, come se avesse il timore di essere seguito. È stato puntuale, il che è un bene.

Il lupo mannaro osserva l'ambiente, scrutando le varie tombe monumentali del posto, e si avvicina al Mausoleo. Una volta davanti a me, ricevo uno sguardo arrabbiato, ma la cosa non mi tange nemmeno un po'.

«Luciano Andrea Guicciardini, qual buon vento ti porta da questa parti?» domando con sarcasmo.

«Risparmia i convenevoli, Antonio. Dimmi perché sono qui» ordina in tono autoritario, stringendo i pugni e fiutando l'aria.

«Va bene, ma calmati. Enrico, vieni.»

Il giovane esce dalla tomba monumentale zoppicando leggermente e, coperto di sangue e polvere, prova a saltarmi addosso, ma la barriera magica attorno a me mi protegge.

«Lo riconosci?» chiedo in tono canzonatorio, facendo venire un'emicrania magica al rosso.

«Smettila subito o ti faccio a pezzi!» ringhia Luciano, lasciando crescere zanne e artigli.

«Ma cosa te ne importa, scusa? È un Omega, l'hai ripudiato tu stesso. Posso farne ciò che voglio» ribatto con un sorrisetto malizioso.

«Che cazzo vuoi, Marchiato?!» grida furente, battendo i pugni contro la barriera magica.

«Chi ha accecato Francesco?» chiedo con freddezza, aumentando l'intensità del mal di testa su Enrico.

«Non lo so!» risponde lui.

«Risposta sbagliata.» Con un gesto della mano, lancio il figlio di Luciano contro uno dei cipressi del Cimitero e torno a sfidare il mio interlocutore.

«Rispondi alla domanda» lo esorto.

«A cosa ti serve saperlo?» urla esasperato.

«Non si risponde a una domanda con una domanda. Dimmelo!» ordino ormai spazientito, cominciando a strozzare Enrico con la forza della magia. Il giovane prova a prendere fiato, ma l'aria se ne va in fretta e la sua faccia si tinge di viola.

«Sono stati Mazzi e Ramino!» confessa Luciano arrendendosi, guardandomi con gli occhi dorati e gli artigli ancora in mostra. «Ma arrivi tardi. Sono morti.»

«Fammi indovinare: Giovanni ha perso di nuovo il controllo e li ha fatti fuori?» lo sbeffeggio.

«Fatti i cazzi tua e lascia andare mio figlio!» ordina l'uomo, dirigendosi dal rosso e aiutandolo a mettersi in piedi.

«Va bene. Ma prima...» Lancio un incantesimo di memoria e uno del sonno a Enrico, così da non fargli ricordare che sono stato io a rapirlo e torturarlo, e mi giro verso l'Alpha. «Di' una parola e farò sapere a tutto il tuo branco che Enrico è un figlio illegittimo. Pensa alle conseguenze: autorità, reputazione, voi Guicciardini perdereste tutto. Vi rovesceranno e perderete il controllo sul resto dei lupi mannari.»

«Sei un mostro!» sibila Luciano disgustato.

«Perché, tu no? Hai detto a Giovanni che è stata colpa di Francesco se dei cacciatori li hanno scoperti!» ribatto infuriato, cercando di non spezzargli il collo.

«Perché ERA colpa sua, Antonio! Nessuno avrebbe scoperto nulla se tuo figlio avesse nascosto quella maledetta voglia! Ricordi quello che è successo?! Lo hanno avvelenato, Antonio! Hanno avvelenato mio figlio!» sbotta rosso in faccia.

Ricordare quel momento non è mai stato facile: è successo tutto quando erano ancora all'asilo. Francesco e Giovanni erano molto amici e, nonostante fossi scettico a riguardo, non ne facevo un dramma.

«Ah sì? Chi è stato a dire "Scommetto che non hai il coraggio di mostrare a tutti la tua voglia"?! Eh? Per te è facile scaricare la colpa!» contesto nuovamente e facendogli venire male alla testa. «Tra l'altro vorrei ricordarti che è stato Giovanni a mostrare a mezzo asilo gli occhi dorati, per questo sono stati scoperti!» continuo, ignorando i brutti ricordi che quel periodo riporta a galla. Avrei dovuto proteggere meglio Francesco.

«Certo, perché ovviamente tu e quelli come te siete innocenti! Ma fammi il favore, Antonio! Sappiamo entrambi che Francesco ne è praticamente usciti indenne!» ribatte Luciano, guardandomi con le zanne scoperte e gli occhi dorati.

«Francesco stava annegando! Siamo riusciti a salvarli e cancellare loro la memoria, ma sono rimaste alcune cicatrici che non potranno ami andarsene! Tu sei uscito vincitore e a me e alla mia famiglia è toccato lo svantaggio! Siamo stati noi a pagarne le conseguenze, ma hai preferito infierire manipolando la memoria di Giovanni e dare la colpa a Francesco! Hai idea di quanto si sia sempre sentito solo ed escluso da tutti?! Nessuno, a parte Serena, è mai venuto al suo compleanno: Giovanni raccontava in giro che mio figlio era malvagio e traditore! E poi ti chiedi perché si comporta in questo modo?!» rivelo sfogando tutto l'odio che provo per i Guicciardini

«Andiamo, è successo tanto tempo fa! Mi stai rimproverando per ciò che ha fatto Giovanni da bambino?» domanda Luciano infastidito.

Sento il corpo irrigidirsi dal nervoso. «Giovanni non ha fatto nulla.»

Stanco e arrabbiato, lo tramortisco con un incantesimo del sonno e uno di memoria, così da assicurarmi che non dica a nessuno ciò che ho fatto. Quel lupo bastardo deve pagare e mi divertirò a guardarlo mentre perderà tutto ciò a cui tiene.

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