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4. Una vera strega

Avevo i muscoli delle gambe in fiamme. Seduta sul pavimento, feci qualche esercizio di stretching e mi massaggiai le piante dei piedi. Il pezzo che mi era stato assegnato mi piaceva. Era complicato, intenso, sfiancante e per questo eseguirlo alla perfezione sarebbe stata una sfida estremamente soddisfacente.

Ero stata nella saletta che Olivier usava come palestra quasi tutto il pomeriggio. Fuori era diventato scuro. Il body e i fuseaux erano bagnati di sudore. Intrecciai le dita delle mani e le spinsi verso l'alto, stiracchiando i muscoli della schiena. Raccolsi le scarpette da punta e richiusi il computer, infilandolo sotto al braccio.

La porta si aprì prima ancora che mi avvicinassi. Olivier fece capolino.

«Cassandra, stiamo ordinando la cena. Lo mangi il sushi?»

Mi illuminai tutta. Adoravo il sushi, ma lo mangiavo raramente. A mamma non piaceva molto e per trovare un ristorante di sushi dovevamo fare molti chilometri con la macchina. «Sì!» risposi.

Il mio entusiasmo fece sorridere Olivier. «Bene. Raggiungici in cucina quando hai fatto.»

Arrossii un po'. I suoi occhi erano stupendi, brillavano di un azzurro intenso come due pietre preziose, e io mi sentivo una sciocca in quel momento. Annuii e subito dopo andai in bagno a fare la doccia.

Non mi entusiasmava l'idea di cenare con Claire, prima mi aveva guardata con astio e nel battibecco che avevano avuto lei e Olivier in francese ero sicura che mi avesse insultata in qualche modo. Mi vestii carina, una minigonna di jeans e una maglietta aderente a maniche corte. Mi passai anche un filo di trucco sulle gote e il mascara sulle ciglia. Non ero neanche lontanamente paragonabile a Claire, col suo viso perfetto, la piega ai capelli e i vestiti costosi, ma il mio riflesso allo specchio mi piacque e mi fece sentire più sicura.

In cucina Olivier stava baciando la sua ragazza sulla guancia, tenendola stretta per la vita, mentre lei spacchettava le confezioni piene di cibo. Mi chiesi cosa si provasse a essere abbracciate e coccolate da un uomo così bello e provai una fitta di invidia.

Olivier si staccò da Claire e fece un gesto verso il tavolo.

«Cassandra, vieni, siediti.»

Claire mi osservò con una smorfia che le arricciava il naso che sospettavo fosse rifatto per quanto era perfetto. Soffermò lo sguardo sulla mia gonna e sulle gambe, poi sbirciò verso Olivier per assicurarsi che non stesse guardando la stessa cosa. Non potevo crederci, era gelosa di me e la sua insicurezza mi stupì. Davvero credeva che un uomo come Olivier potesse guardare una ragazza come me?

Per quanto l'idea di attirare la sua attenzione stuzzicasse una parte di me, non ero lì per rubarle il fidanzato. Ero lì per inseguire il mio sogno, per costruire la mia vita.

«Com'è andato l'allenamento?» mi chiese Olivier.

Trattenni il fiato quando incrociai i suoi occhi. Mi guardava con un'intensità che mi faceva rimescolare lo stomaco. Anche a pranzo mi aveva guardato in quel modo, come se stesse cercando di studiarmi. Mi accomodai sulla sedia.

«Bene. Il pezzo mi piace molto.»

«Se hai bisogno di un posto più grande, nel condominio c'è una palestra. Domani te la mostro.» Mi passò un piatto e si sedette di fronte a me, con Claire accanto a lui.

«La tua stanza va più che bene.»

«Quindi sei una ballerina di danza classica, se ho capito bene» intervenne Claire.

«Sì.» Mi servii il sushi e iniziai a mangiare.

«Non so come fate, davvero. Tutte quella fatica, ore e ore ad allenarvi... E poi la danza classica è noiosa.» Mi rivolse un'occhiata di sufficienza.

Se pensava di innervosirmi o screditarmi con la sua frase superficiale sulla danza classica si sbagliava di grosso. Mi strinsi nelle spalle. «Invece è proprio quello che piace a me, vedere fin dove può spingersi il tuo corpo, sentirne la potenza. Forse Olivier mi può capire.» Guardai il suo ragazzo, che annuì.

«Capisco benissimo.»

Non avevo dubbi. Era uno sportivo come me e per noi sportivi l'allenamento era come respirare, non potevamo stare senza per troppo tempo. Gli rivolsi un sorriso complice.

«E quindi saresti al tuo primo contratto da professionista?» chiese Claire. Mi sembrò di percepire una punta di nervosismo nel tono di voce.

«Se tutto andrà bene, sì» risposi, spostando un nigiri nel piatto.

«Quanti anni hai?»

«Diciannove.»

«Oh, io a diciannove anni calcavo già le passerelle delle sfilate più importanti di Parigi.»

«Solo di Parigi?» chiesi, inarcando un sopracciglio.

Olivier sorrise. Claire non raccolse la mia provocazione. Si pulì le labbra tamponandole col tovagliolo e bevve un sorso di vino.

«Da quanto tempo tua madre e Romain stanno insieme?»

«Oh, loro non stanno insieme. Sono amici di vecchia data, si sono conosciuti quando mamma è andata a studiare per un semestre in Francia.»

«Amici» ridacchiò, e mi guardò come se fossi una stupidina. Una talmente ingenua da non capire che la propria madre andava a letto con un uomo. «I tuoi genitori sono separati da tanto?»

Olivier scelse quel momento per intervenire. «Claire, non sono affari che ti riguardano.»

«Come no? Sua madre manda la figlia a vivere con uno sconosciuto e suo padre non ha nulla da obiettare. Sto solo cercando di capire che tipo di genitori ha questa ragazza.»

«Claire. Stai esagerando.» Olivier sembrava in imbarazzo.

«Non ho mai avuto un padre» risposi con voce ferma.

Claire mi rivolse un sorriso pungente. «Ah, ecco spiegato tutto.»

«Smettila» sibilò Olivier a denti stretti.

Mi rivolsi a lui. «Non ti preoccupare. Il suo pensiero mi è indifferente. Mi sento fortunata anche senza un padre. Ho una madre meravigliosa e non sarà certo il giudizio di una sconosciuta a farmi male. Grazie per la cena, era tutto buonissimo. Ora scusatemi ma vado a letto, sono molto stanca.»

Dietro la porta della camera feci diversi respiri lenti per calmare la rabbia. Avevo il cuore che batteva a mille all'ora. Dio, che stronza. Come si permetteva di insinuare che mia madre fosse una cattiva madre? Lei era una roccia ed ero felice che mi avesse permesso di stare a Milano da sola a costruirmi un pezzo alla volta la mia indipendenza.

Li sentii litigare. Infilai le cuffie e alzai il volume al massimo, stendendomi sul letto. Le lacrime mi pizzicavano gli occhi. Era la prima volta che restavo da sola, circondata da estranei, la prima volta che compivo un passo per la mia tanto agognata indipendenza. Forse mamma aveva ragione, avevo ancora bisogno di lei. In quel momento avrei voluto che mi stringesse tra le braccia. Mi mancava.

Staccai la musica e la chiamai. Lei mi rispose subito, tutta allegra.

«Ehi tesoro, come va?»

«Tutto bene, mamma. Che fai?» Mi tremava un poco la voce ma sperai che non lo notasse. Non volevo che stesse in pensiero per me.

«Stavo preparando la cena. Tu hai cenato?»

«Sì. Olivier ha ordinato il sushi.»

«Allora sarai felicissima!»

«Sì.»

«Che hai? Ti sento triste.»

Giocherellai col filo degli auricolari. «Niente, solo... Mi manchi.»

«Anche tu, amore mio. Vuoi che venga a prenderti domani?»

Volevo tanto un abbraccio di mia madre, ma l'idea di ritornare in quel paesino soffocante mi provocò un nodo allo stomaco. «Assolutamente no.»

Lei rise, sapendo che non avrei mai detto di sì. Ero stata troppo determinata ad andarmene, per giunta senza di lei, per voler ritornare dopo nemmeno un giorno. «Va bene. Verrò questo fine settimana e staremo un po' insieme.»

«Ti voglio bene.»

«Ti voglio bene anche io.»

Riagganciai e continuai ad ascoltare la musica fino a quando non scivolai dolcemente nel sonno.

Mi svegliai sentendo dei colpi sulla porta. La stanza diversa dalla mia mi provocò un attimo di smarrimento prima che la mente ricordasse. Mi costrinsi a scendere dal letto e con gli occhi appiccicosi andai ad aprire. Olivier era davanti alla mia porta. Alto, serio. Indossava una tuta nera, con delle strisce rosse sui lati delle maniche e dei pantaloni e lo stemma della sua squadra. Mi squadrò dalla testa ai piedi.

«Scusami se ti ho svegliato. Sto andando a fare allenamento, queste sono le chiavi di casa, nel caso avessi voglia di uscire. Pranzo con la squadra, ma nel frigo ci sono dei piatti pronti se non hai voglia di cucinare. Hai bisogno di soldi?»

«No, no.» Mamma mi aveva dato la copia della sua carta.

«Ok. Ci vediamo oggi pomeriggio.» Accennò un sorriso, allontanandosi poi di qualche passo.

«Olivier?» lo richiamai. Mi sporsi oltre la porta. Lui si voltò a guardarmi. «Mi dispiace che tu e Claire abbiate litigato per colpa mia, ieri.»

Vidi un guizzo percorrergli la mascella coperta da uno spesso strato di barba. «Ti chiedo scusa per come si è comportata. Comunque è partita stamattina presto e starà via qualche settimana. Non credo che vi rivedrete ancora.»

Oh, grazie a dio. La notizia mi mise di buonumore. «Buon allenamento.»

«Anche a te.» Olivier rimase un altro secondo a guardarmi prima di voltarmi le spalle e uscire di casa.

Rientrai in camera e mi sedetti sul letto, stropicciandomi gli occhi. Sbadigliai, mentre facevo il punto della situazione. Abbassai lo sguardo sulle mie gambe nude e sulla gonna di jeans e in quel momento mi resi conto che avevo dormito vestita. Per questo Olivier mi aveva guardata in quel modo. Sentii lo stomaco sprofondare per la vergogna. Dio, che idea si stava facendo di me?

Quella mattina uscii. Avevo appuntamento con la mia migliore amica, non aveva lezioni nella mattinata e avremmo fatto colazione insieme. Venne lei nella zona dove abitava Olivier. Quando la vidi le corsi incontro e ci abbracciammo e strillammo come due pazze. Qualche passante ci gettò delle occhiatacce, ma noi non ce ne curammo. Eravamo troppo felici di stare di nuovo insieme.

Era bella e raggiante. Mi trascinò in un bar lì vicino e ci gustammo un'abbondante colazione.

«Che bello averti qui» mi disse, stringendomi la mano sul tavolino del bar. «Allora? Raccontami un po', come sono Romain e Olivier?»

Mi leccai la schiuma del cappuccino dalle labbra. «Romain è gentile. Sai, credo che starebbe bene con mamma.»

«Credi che ad Arianna possa interessare?»

Mi strinsi nelle spalle. «Penso di sì.»

«E del calciatore che mi dici?»

«Olivier è...» Lui era stupendo, sensuale, intrigante. Le mie labbra si distesero in un sorriso mentre ripensavo al modo in cui aveva preso le mie difese davanti a Claire e come lei si era infuriata per questo. «Bellissimo» dissi con un sospiro.

Jennifer aggrottò la fronte. «Sul serio? Ti sei già presa una cotta per lui?»

«Che dici... Solo che è davvero bello. Non immaginavo, sai. Quegli occhi azzurri sono davvero intensi. E poi è altissimo e ha un sorriso che...»

«Oh mio dio, ti sei davvero presa una cotta per lui!»

«Smettila» le dissi sorridendo.

«E la ragazza l'hai conosciuta? La modella?»

«Purtroppo sì.»

Jennifer si mise a ridere. «Purtroppo!»

«Credimi Jenny, è una vera strega. Ha fatto di tutto per farmi sentire a disagio.»

«Mi dispiace. Dovrai sopportarla per le prossime settimane.»

Un lampo mi illuminò gli occhi. «Non ci sarà. Olivier ha detto che sarà fuori per lavoro.»

«Quindi hai campo libero con lui! Lo credo bene che ti ha trattata male, sa che starai in casa da sola col suo uomo.»

Le diedi un colpetto sulla mano. «Dai, non ho intenzione di fare niente. Sono venuta qui per...»

«Sì, per il provino» mi interruppe lei. «E non vuoi distrazioni, lo sappiamo.»

Mi morsi il labbro. Dovevo averla esasperata negli ultimi mesi, sempre a parlare del provino. «Beh, abbiamo parlato abbastanza di me. Adesso è il tuo turno, raccontami le ultime novità.»

Jennifer mi raccontò del ragazzo con cui si sentiva, delle lezioni all'università e delle persone che stava conoscendo da quando si era trasferita.

Un paio di ore dopo rientrai a casa e mi misi al lavoro sulla coreografia. E continuai anche per tutto il pomeriggio. 

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