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3. Una discussione inevitabile

Cassandra non somigliava a mio fratello.

La osservai durante il pranzo. Aveva lunghi capelli castani, che le arrivavano fin sotto la schiena, occhi marroni luminosi e grandi, un viso grazioso. Ma non c'era niente in lei che mi facesse pensare a Romain. Niente che somigliasse anche vagamente a me o ai miei genitori.

Mio fratello la riempiva di domande a cui lei rispondeva con una certa timidezza nello sguardo. Ogni tanto mi lanciava delle occhiate inquiete, sentendosi evidentemente a disagio sotto le mie occhiate. Non potevo fare a meno di guardarla. Cercavo di cogliere anche la più piccola somiglianza. Dovevo capire.

Dopo il pranzo Cassandra andò in camera sua a visionare un dvd che le avevano dato per il provino che avrebbe dovuto sostenere. Mentre mangiavamo, lei e Romain ne avevano parlato ma non avevo capito molto. L'avevo fatta sistemare in una delle due stanze per gli ospiti, un letto alla francese con la spalliera imbottita, un armadio a tre ante e l'affaccio sul cortile interno del condominio.

Mentre io e mio fratello sparecchiavamo, mi avvicinai a lui, parlando a bassa voce. «Non ti somiglia per niente.»

«Lo so. È uguale a sua madre.»

Mi sembrò di sentire un pizzico di malinconia nella sua voce. Lo guardai. Romain posò i piatti nel lavello e ricambiò il mio sguardo.

«Che c'è?»

«Non è tua figlia.»

«Non puoi saperlo» si affrettò a dire.

Lui ci credeva. La speranza che lessi nei suoi occhi mi provocò una stretta al cuore. «Romain, c'è qualcosa tra te e sua madre?»

Sospirò piano. «No. Ma vorrei. Arianna mi è piaciuta sin dal primo momento. Anche se ci siamo persi di vista dopo la nostra breve storia, durante tutti questi anni mi sono sempre chiesto come le stesse andando la vita. Ora che ci siamo ritrovati e siamo entrambi single... Chissà, magari stavolta potrebbe essere la volta buona per noi.»

Addolcii lo sguardo. «Lo spero. Solo, cerca di non affezionarti all'idea di essere il padre di Cassandra. Potresti rimanere deluso.»

Romain non mi rispose. Poco dopo andò a salutare Cassandra e mi lasciò da solo con lei. Mi sentivo un po' a disagio al pensiero di avere una ragazza adolescente in casa, non sapevo come comportarmi. Dopo aver passato un'ora sul divano a chiedermi se fosse il caso di andare da lei a vedere se aveva bisogno di qualcosa, mi alzai e raggiunsi la sua camera.

Bussai. Dall'altro lato si sentiva una melodia a me sconosciuta, suonata da un'orchestra.

«Sì?»

Aprii la porta. Cassandra era seduta sul pavimento, aveva le guance accaldate, i capelli legati in uno chignon disordinato e si era cambiata. Non indossava più i jeans e la maglietta di cotone a maniche lunghe, ma un body e un leggings sportivo.

«Tutto bene? Sono venuto a vedere se avevi bisogno di qualcosa.»

«Tutto bene» rispose lei, alzandosi in piedi. «Grazie.»

Gettai un'occhiata per la stanza. Lo spazio era troppo piccolo per un allenamento. «Che stai facendo?»

«Sto imparando il pezzo per il provino.» Indicò il computer portatile che aveva appoggiato sulla poltroncina vicino alla finestra. Il video era stato messo in pausa e nel fermo immagine c'era una ballerina sul punto di fare una piroetta.

Entrai nella stanza e presi il suo computer. «Vieni con me. Ho una stanza che uso come palestra, puoi fare le tue prove lì.»

Aggrottai la fronte, rendendomi conto di quanto ero stato superficiale. Se me lo avesse detto prima che aveva intenzione di fare le prove le avrei fatto vedere subito la stanza che avevo adibito a palestra. In ogni caso era colpa mia, dovevo farle vedere tutta la casa in modo che sapesse come muoversi.

Lei mi seguì. Nella stanza c'erano soltanto un tapis roulant e una panca con un bilanciere. La finestra affacciava sul parco pubblico e in quel momento il sole inondava la stanza. Le appoggiai il computer su un tavolinetto e le rivolsi un sorriso.

«Qui sei sicuramente più comoda.»

«È perfetta» rispose, con lo sguardo che le si illuminava.

I suoi occhi marroni incontrarono i miei e mi ritrovai a pensare che era bella. Davvero bella. Se aveva preso tutto da sua madre, come mi aveva detto Romain, riuscivo a comprendere perché mio fratello non l'avesse mai dimenticata. Distolsi lo sguardo quando mi accorsi che ci stavamo fissando da diversi secondi.

«Ti mostro il resto della casa.»

Passammo davanti alla cucina e al salone che già conosceva e ci dirigemmo dall'altro lato. «Qui c'è un bagno, oltre a quello che si trova vicino alla tua camera» aprii una porta e lei ci sbirciò dentro. «Questa è la mia camera da letto.» Proseguii. «Questa doveva essere una stanzetta per i bambini ma io ci ho fatto uno spazio dove tengo tutte le cose di lavoro, i premi, i riconoscimenti e le magliette che scambio con gli altri giocatori.» Andavo molto fiero di quella stanza, ma Cassandra la degnò appena di un'occhiata.

«Ci vive tutta gente famosa in questo palazzo?» mi chiese, mentre la portavo a vedere il terrazzo.

«La maggior parte» risposi. Infilai le mani nelle tasche dei pantaloncini e la guardai mentre poggiava le mani sul parapetto e osservava i palazzi accanto al nostro.

Cassandra si voltò a guardarmi e mi rivolse un sorrisino. «E tu li conosci?»

Alzai un sopracciglio. «Ti interessa qualcuno in particolare?» A dire il vero non conoscevo moltissimo gli altri condomini. C'erano alcuni calciatori come me, cantanti, attori, imprenditori, persone famose in Italia ma non altrove. Quando mi ero trasferito non sapevo neanche chi fosse la maggior parte di loro.

Lei scrollò le spalle. «Era solo per sapere.»

Suonarono alla porta. Mi scusai e andai a vedere. Non aspettavo nessuno e quando aprii rimasi sorpreso di trovare Claire. Era stata via per un servizio fotografico e sarebbe rientrata in serata. Mi aveva detto che ci saremmo visti direttamente l'indomani e io avevo pensato di avere un po' di tempo per spiegarle la presenza di Cassandra a casa mia. Claire mi circondò le spalle e mi baciò.

«Oh, amore mio mi sei mancato tanto.»

«Claire. Non dovevi rientrare stasera?»

Lei si staccò da me e mi rivolse un mezzo sorriso. «Ho fatto prima. Non sei contento?»

Si stava già infastidendo per la mia accoglienza poco calorosa. La lasciai entrare e chiusi la porta. In quel momento Claire si accorse della ragazza che era rimasta distante e che ci stava osservando. Guardò prima lei poi me.

«Che diavolo succede?»

Mi esibii in un sorriso rilassato. Conoscendo la mia ragazza, se non l'avessi mantenuta calma sarebbe scoppiato un putiferio. Claire voleva sentirsi sempre al centro dell'attenzione.

«Claire, lei è Cassandra. È la figlia di un'amica di mio fratello, starà qui per un po'.» Parlai in italiano, per farmi capire anche da Cassandra, ma Claire mi rispose in francese.

«Perché?»

Mi strinsi nelle spalle. «Aveva bisogno di un posto dove stare.» Le poggiai una mano sulla schiena e la spinsi verso Cassandra. Lei ci guardava e non volevo metterla in imbarazzo facendola assistere a una nostra litigata.

Claire mi guardò incredula. «Come sarebbe? Perché me lo dici solo ora?»

«L'ho saputo stamattina.»

«Che significa che starà qui per un po'? Quanto tempo?»

«Qualche settimana.» Il suo tono cominciava a infastidirmi. Mi infastidiva spesso, il suo carattere non mi piaceva, ma aveva un corpo che sapeva farmi dimenticare tutto il resto. La spinsi con maggiore decisione e le rifilai un'occhiata di avvertimento. Stava mettendo in imbarazzo Cassandra e non volevo che la ragazza si sentisse di troppo. Se avesse continuato avrei riaperto la porta e l'avrei buttata fuori.

Claire allora si avvicinò a Cassandra. La squadrò dalla testa ai piedi e le porse la mano. «Ciao, mi chiamo Claire e sono la fidanzata di Olivier.»

Cassandra le strinse la mano. «Piacere, Cassandra.»

«Cassandra è una ballerina» intervenni io. «Deve sostenere un provino al teatro La Scala

Claire le rivolse un'occhiata di sufficienza. «Bello.»

Cassandra ricambiò l'occhiata con un sorriso tirato e poi si rivolse a me. «Vado di là» disse.

Annuii. Passai un braccio intorno alla vita di Claire, baciandola sulla guancia. Lei si scostò, incrociando le braccia al petto.

«Olivier, non mi piace questa cosa.»

Mi allontanai, raggiunsi il divano e mi ci buttai sopra, a gambe allargate. «Romain mi ha chiesto di ospitarla, non potevo dire di no.»

Non avevo nessuna intenzione di dire a Claire che c'era la possibilità che Cassandra fosse la figlia di mio fratello, e di conseguenza mia nipote. Sapevo che se glielo avessi detto probabilmente mi sarei evitato gran parte della discussione che stavamo per affrontare, ma non erano affari che la riguardavano. Claire non faceva parte della famiglia. Era la mia ragazza, provavo qualcosa per lei, ma sapevo che non sarebbe durata ancora per molto. Le mie relazioni non duravano mai più di due anni.

Claire si sedette accanto a me. «E io non ho nessuna voce in capitolo?»

La guardai dritto negli occhi. «Direi di no. Questa è casa mia.»

Un lampo passò nei suoi occhi. «Bene.» Si alzò, pronta ad andare via.

L'avevo ferita. La bloccai e la tirai a sedere sulla mie gambe. «Claire. Dai, non fare così.»

Lei sospirò e poggiò le labbra sulle mie. «Oli...» piagnucolò.

Le scostai i capelli dal viso. «Sarà solo per qualche settimana.» Non pretendevo che Claire e Cassandra diventassero amiche, ma la mia ragazza doveva rispettare la mia decisione e imparare ad andare d'accordo con la mia ospite.

«Si può sapere chi diavolo è sua madre? Perché è così importante che non hai potuto dire di no?»

«Non la conosco. È un'amica di Romain.»

«Si frequentano?»

«Potrebbe essere.»

«Se Romain voleva fare tanto il cavaliere, perché non le ha semplicemente affittato un appartamento?»

Il suo tono acido mi fece sospirare. «Non capisco perché ti dia così fastidio.»

«Romain non mi sopporta e vuole farci lasciare. Ecco perché ti ha messo una ragazza in casa.»

L'insinuazione nascosta in quelle parole mi fece infuriare. Ero sul punto di perdere la pazienza. «Claire, per favore basta. Se hai intenzione di continuare a dire stupidaggini per tutto il tempo allora è meglio se vai.»

Lei strinse le labbra e mi passò le dita sul volto. «Piccolo, sono arrabbiata. Mi sento esclusa. Ospiti una ragazza senza dirmi niente...»

«Te lo ripeto, è successo tutto in fretta» la interruppi. «Romain me lo ha detto stamattina e all'ora di pranzo era già qui. Te ne avrei parlato stasera. Non fare quel broncio che poi ti vengono le rughe.»

Le strinsi il viso tra le dita e la baciai, cercando di chiudere la questione.

«Potresti venire a stare da me fintanto che lei è qui.» Claire fece scivolare le dita lungo il mio collo e sul petto.

Incurvai un sopracciglio. «E lasciarla da sola?»

«Non mi sembra una bambina» rispose impettita.

«Lei no, ma tu sì in questo momento.»

Claire mi rivolse un'occhiata risentita, ma sembrò rimangiarsi quello che stava per dire. Osservò la sua mano che stava accarezzando i miei addominali. «Non mi chiedi nemmeno come è andato il servizio fotografico?»

Il mio sorriso si addolcì. Forse, per quella sera, avevamo finito di discutere. «Com'è andato?»

Percorse con la mano il mio busto su e giù, facendomi rilassare un poco. «Bene. Siamo andati in questo posto fantastico in Corsica, ma non vedevo l'ora di tornare da te.»

Mi baciò. Accarezzai la sua lingua con la mia e strinsi la mano sulla sua vita.

«Stasera andiamo a mangiare il sushi?» chiese, dolce.

Le accarezzai la schiena. «Possiamo ordinarlo. Stasera mangiamo a casa, con Cassandra.»

Soppresse il moto di stizza con un guizzo della mascella. Mi guardò con una scintilla maliziosa negli occhi. «Mancano ancora diverse ore prima della cena. Andiamo di là?» Claire fece scivolare la mano dentro ai miei pantaloncini. Al suo tocco il mio pisello reagì subito, ma mi tirai indietro.

«C'è Cassandra...»

«Faremo piano» sussurrò lei al mio orecchio, continuando con le carezze al mio pene che diventava sempre più duro.

Mi sfuggì un gemito e risi sulle sue labbra. «Sì? Tu farai piano?» Le strizzai la natica.

«Te lo prometto» rispose, mordendomi il labbro.

Sentii la porta della palestra aprirsi e spinsi Claire sul divano, togliendomela di dosso, col cuore che mi balzava nel petto. Mi sistemai i pantaloncini e mi inclinai in avanti, poggiando le braccia sulle gambe e cercando di assumere una posa naturale e rilassata. Intravidi Cassandra mentre entrava in cucina. Sospirai, teso e imbarazzato, e mi voltai verso Claire. Lei sbuffò e si mise in piedi.

«Vado a fare una doccia.»

La porta del bagno si richiuse con un tonfo violento.

Mi passai le mani sul viso. Sarebbero state tre settimane complicate.

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