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Capitolo II - Ampie Vetrate e Antichi Profumi

"Metti tutto qui", mi dice indicando il tavolo vicino all'ampia vetrata di destra.

Per un istante mi guardo intorno, affascinato. Non ero mai entrato nella Biblioteca Alta. Noi Apprendisti Iniziati abbiamo l'accesso alle Biblioteche al secondo piano, la Est e la Ovest, sono molto ampie, ma di certo più anguste. Questa è situata al quarto piano e si affaccia sui quattro punti cardinali, ad ogni lato c'è una grande finestra in vetro, su cui sono disegnati dei rombi, alcuni azzurri e altri gialli, da cui entra la luce del sole ancora debole in maniera molto piacevole. Gli scaffali qui sono molti di meno, ma poiché vi sono custoditi i libri più importanti e necessari. L'odore di pergamena e vecchie rilegature mi inebria, come sempre. Adoro questo profumo.

"Stai attento a non rovesciare niente", l'ammonimento di maestro Corvus mi riporta alla realtà.

Appoggio l'inchiostro e la brocca d'acqua con attenzione. Do un ultimo sguardo alla stanza. Nei tavoli sull'altro lato scorgo due Apprendisti Esperti, piegati su testi dall'aria antica con gran concentrazione. Quanto li invidio! Salutano il maestro con un cenno del capo, senza alzarsi, il che mi stupisce.

"Sei sveglio, ragazzo?"

"Sì, maestro Corvus."

"E allora vedi di rispondere."

"Sì."

"Quindi, ne sei capace?"

"A fare cosa, maestro?"

Il Guardiano s'irrigidisce e trae un lungo respiro. "Hai dormito, stanotte?"

"Qualche ora", rispondo subito.

"Ci terrei ad averti meno rimbambito per il prossimo giorno."

"Sì, maestro", entrambi ci sediamo e in cuor mio vorrei sprofondare fino alle fondamenta dell'Altopiano Bianco, spero davvero che i due Apprendisti non abbiano udito.

"Dunque", Corvus mi fissa con quei suoi occhi scuri. "La prima cosa è il disegno. Qui ho la mappa corrente per tener fede a forme varie e cose del genere. È la parte più semplice. Quindi mina in pugno e si inizia."

Mi allunga la matita e rimane a fissarmi mentre l'afferro un po' titubante. Stendo la larga pergamena sotto di me; la carta ruvida si scontra con le increspature dei miei polpastrelli. Un piccolo respiro e comincio.

Devo dirlo: lavorare ai raggi del sole è ben diverso rispetto al lume di candela. Non avevo mai disegnato con qualcuno così vicino ad osservare ogni movimento, sicuramente non un Maestro della grandezza di Corvus. Dopo la prima mezz'ora, però, si è messo a trafficare con altre carte e pennelli e mi ha lasciato lavorare un po' più rilassato. Ricopiare la forma di Ignis non è difficile, ma richiede comunque mano ferma e grande attenzione.

"Bene", mi dice il maestro studiando il mio lavoro. "Ora, bisogna segnare le varie regioni."

"Comincerei dal Nord."

"Allora fallo. Vedi di stare attento alle nuove suddivisioni."

Mi allungo in cima alla cartina e comincio a delimitare i vari territori, seguendo le note sui fogli che mi ha messo vicino Corvus.

"La regione di Mereus l'hanno ristretta di parecchie miglia", dico io lasciando scorrere la mina sulla pergamena.

"Sì, le hanno dato confini più coerenti con ciò che la circonda."

Mi limito a mugugnare.

"Hanno ceduto Pontelungo ai Derkow?!"

"Così pare", risponde Corvus con distacco.

Scuoto la testa: "Hanno solo reso più ostile quel confine. Un bel ponte per abbordare le belle..."

"A meno che non ci abbia tenuta nascosta qualche altra tua brillante capacità, non credo tu sia un politico o stratega. Ricopia queste nozioni, senza polemizzare su ogni regione. Non finiremo più, altrimenti."

Torno a piegarmi sul tavolo e tratteggio le coste orientali a nord. La mia curiosità preme sul tratto della mia stessa mano. Mi rendo conto della possibilità che mi è stata data. Forse potrò finalmente dissetare tutte le domande e le fantasie che da bambino mi facevano sorvolare i confini del regno e che ancora adesso sono capaci di dar forma alle più astruse teorie e alle più possibili ipotesi.

"Per caso", comincio con aria vaga, "con questa nuova carta, si sono scoperti i territori che confinano con l'Estremo Nord, l'Estremo Ovest e l'Estremo Sud?"

Corvus mi guarda come se avessi commesso il più orribile dei delitti.

"Non c'è niente al di là di quei confini."

Io guardo la tracciatura della terra. "Dalla forma lasciata a metà, non mi sembra..."

"Apprendista, per questo lavoro bisogna basarsi solo sulla realtà percettibile, le Leggende le lasciamo fuori."

"Allora concordate sul fatto che ci sia l'ipotesi di altre zone ancora..."

"Non concordo un fico secco! Stai attento a segnare Le Paludi Occidentali, sono troppo grandi."

"A me sembrano troppo piccole."

"Dai a me", mi prende la matita dalle mani e aggiusta la forma frastagliata di quel territorio paludoso.

"L'Ovest è proprio un postaccio."

"Sei molto ignorante nel dire questo", mi ammonisce continuando a disegnare. Scende verso Sud ed inizia a segnare alte montagne, le riconosco subito: la Catena del Monte Cremisi. Ha un buon polso, fermo e morbido.

"Non sono il solo a pensarlo."

"Ogni zona ha la sua imperfezione e la sua forza. L'Ovest è molto grande per questo sono più visibili i suoi nei, diciamo così. Ma ha molto terreno fertile e boschetti deliziosi. Per non parlare della costa: rocciosa e imponente."

"Sarà, ma preferisco di gran lunga il lato orientale", dico io prendendo un'altra mina concentrandomi nel tracciare l'Altopiano Bianco su cui stiamo.

"Fusco, vero? Mm, un nome del Sud."

"Del Sud più bello, ovviamente."

"Questo è da vedere."

Mi sposto ancora più ad est e disegno il labirinto di isole sul Mare di Fuoco, fino a dare forma alle terre calde dell'Estremo Est. "Voi portate le sillabe dell'Ovest, ma trovo che 'Corvus' rimandi molto a Nord."

"Sì, è vero. La mia città natia è Sanctum."

Se fossi stato tra i miei compagni avrei fischiato. "Sì, non c'è che dire: è una bella città."

"Oh, sì", mentre dice questo lo vedo allungare il braccio e segnare una foresta, proprio vicino alla città in questione.

"La Foresta di Tauro."

"Noto con piacere che avevano ragione: conosci molto bene la nostra terra."

Sollevo un angolo della bocca. "Merito di mio padre", mi piego di nuovo sulla carta e una domanda impertinente mi pizzica la lingua. "Dev'essere sembrato strano, dico per voi: scegliere di studiare all'Accademia Alta, quando eravate così vicino all'Accademia Arsa", faccio un cenno a quell'angolo a Nord-Ovest. Mi rendo conto di cosa ho detto: "Perdonatemi, maestro, non volevo osare troppo in questioni personali."

"Sciocchezze, volevi eccome", gli occhi azzurri mi lanciano un'occhiata veloce. "Ma no, non è stato strano per niente. Fin da ragazzo avevo dimostrato una preposizione per i libri piuttosto che per le spade, se lo aspettavano quasi tutti. Certo, di solito chi è del Nord finisce per arruolarsi, ma ci sono le eccezioni. Così come per le altre accademie."

Nel sentire questo mi vien spontaneo gettare un'occhiata all'angolo appena tracciato. "Se fossi stato un dominatore, avrei voluto studiare all'Accademia  Levante."

"Essere un Figlio del Cielo ha i suoi pregi e i suoi difetti, come chiunque."

"Qui ce ne sono molti."

"È più che normale: lo Studio della Storia Antica li concerne direttamente. Troverei strano se nel nostro Ordine non ci fossero."

Mi fermo un momento e allungo la schiena. Sono qui da poche ore e son messo peggio di quando studio per una nottata intera. Uno scricchiolio di ossa mi risveglia la spina dorsale. Torno a piegarmi sulla carta e finisco di tracciare le isole orientali.

"Data la tua inclinazione verso le arti, presumo tu abbia pensato di frequentare l'Accademia Lutea", fa Corvus, prima di rivolgermi un'altra veloce occhiata. "Ora sono io che entro nel personale", mi sembra divertito.

"Sì, non nego che una parte di me avrebbe voluto studiare per diventare cantore o poeta. In un modo diverso, lo diventerò."

Mi scruta un momento prima di mettere giù la matita e bere un sorso d'acqua. Mentre lo fa, osservo la treccia grigiastra lunga sul capo e l'immagine di un Corvus appena sveglio che si intreccia i capelli me lo umanizza di più.

"Non l'avevo mai notato prima di allora", dico io, gli occhi sulla cartina che incomincia ad avere una forma dettagliata. "Ognuna delle quattro Accademie è separata dal resto del regno da un importante elemento geografico. Quella militare è nelle Terre Arse, non serve aggiungere altro; la Lutea è oltre le Paludi Occidentali, sul Mare Ignoto; quella per i Figli del Cielo è oltre il Deserto Vijth e la nostra si trova sull'Altopiano Bianco."

"Per ognuna bisogna attraversare un terreno che simboleggia ciò che si va ad apprendere", lo dice con così tanta sicurezza da rapirmi all'istante. Lo guardo indicare il Nord: "Le Terre Arse: un suolo insidioso, così come il destino di chi agisce per la giustizia. La pace regna da secoli, oramai, ma anche tra le mura di una città vengono prese decisioni importanti, a volte estreme e bisogna contare sulla fermezza dei propri militanti", sposta il dito ad ovest. "L'arte è ciò che spesso ci allontana e ripulisce dal fango del mondo e per apprenderla serve molto studio e costanza, altrimenti ci si affoga e la si imbratta delle proprie lacune", allunga il braccio verso l'Estremo Est, sul grande deserto. "Il dominio del fuoco è l'unione di molte cose: armonia, prontezza, controllo e forza. Se si affronta senza il necessario porta alla distruzione, alla morte. Il caldo può consumare se non s'impara a conviverci, non con la forza, ma con l'equilibrio tra sé e ciò che circonda. Infine", la sua mano si posa sul punto più alto dell'Altopiano Bianco, "la nostra Accademia è conoscenza e saggezza. È ciò che deve guidare ogni governate, soldato, dominatore o poeta... ogni uomo. Per raggiungerle occorre pazienza e impegno, come quando si scala una montagna. Non puoi farlo senza i mezzi necessari. Come non puoi descrivere minuziosamente i dettagli del panorama sottostante a metà percorso, solo quando sei in cima. Allora sì che è tutto più chiaro."

Ascolto quelle parole con estrema attenzione e rispetto. "Per questo siamo i più alti."

"E i più fragili", dopo un ultimo sguardo, il maestro Corvus torna a disegnare. "Hai fatto anche l'Estremo Est? Bene. Rifinisci questa foresta mentre io termino la Montagna Dormiente."

Quel nome mi si annoda sulla punta della lingua. "Chissà se assisteremo al suo eruttare, un giorno", dico io.

"Chissà...io l'ho veduta più di quarant'anni fa e già allora si ipotizzava un suo risveglio."

"L'avete vista? E com'è?", chiedo infervorato.

"Trovo che sia una delle Valli più belle in tutta Ignis. Rigogliosa e piena di vita. Ci andrai anche tu, prima o poi."

Gli occhi mi si annebbiano di immagini e sogni. Torno a concentrarmi sulla cartina e finisco di disegnare un grumo di alberi piuttosto grande. "Avete mai visto uno Spirito?"

Corvus ridacchia.

"È un sì?", chiedo io alzando le sopracciglia.

"Le voci sulla Foresta delle Ombre mi hanno sempre affascinato."

"Davvero non ci siete mai stato? Saranno meno di venti giorni a cavallo da Sanctum."

"Non mi metterei mai a disturbare il sonno di esseri informi."

"Potrebbero essere solo delle dicerie."

"Se vuoi prenderti il disturbo di accertarle, fai pure."

Il maestro poggia la matita e osserva il lavoro della mattinata. "Con la mina abbiamo finito, per ora. Bene", dice prima di bere un lungo sorso d'acqua.

Io mi stiro le braccia e ammiro il disegno di Ignis: è davvero ben fatto. Mi porge un bicchiere che svuoto con piacere.

"Avanti, allora", dice con enfasi Corvus. "Tocca alla tempera", afferra il mazzo di pennelli alla sua sinistra e me lo poggia sotto il naso.

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