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Alice si svegliò. L'insistenza del trillo del cellulare era decisamente più fastidioso di una sveglia. Ma non rispose. Era l'unico modo per evitare domande alle quali non poteva rispondere. Né voleva rispondere. Non avrebbe saputo cosa rispondere.
Si alzò. Come ogni mattina si preparò il caffè. L'aroma del caffè che si diffondeva nell'ambiente l'aiutava da sempre a riflettere.
Ricordava perfettamente il sogno, Arima doveva riavere il suo corpo, prima che fosse troppo tardi. Troppo tardi per cosa?
E poi? Perché si intrufolava sempre nei suoi sogni?
Anche lui voleva qualcosa da lei. Ne era certa. Tutti volevano qualcosa da lei.
Era irritante sentirsi una marionetta i cui fili erano mossi da strani individui.
Basta! Bevve il suo caffè, si preparò in fretta e uscì di casa. Doveva cambiare aria.
Fuori il sole era già alto e la temperatura stava salendo. Sarebbe stata un'altra giornata di caldo torrido.
Scendendo le scale, si ritrovò davanti all'appartamento della Goggi. Esitò qualche istante davanti alla porta. Nemmeno lei sapeva perché. Fu assalita da un attacco d'ansia. Si affrettò a uscire dalla palazzina. Non ne poteva più.
Arrivata in strada prese, senza pensarci, il vicolo in direzione della piazza. Aveva mille pensieri in testa.
Un passante le chiese un'informazione, Alice rispose distrattamente qualcosa.
Tutto era cominciato pensando che l'autore di tutto questo fosse qualcuno interessato all'appartamento. Invece, ora le sembrava di vivere in un di film di fantascienza.
Dovrebbe essere divertente, pensò, accennando un sorriso che sembrava più una smorfia di disgusto. Sicuramente, se si sapesse in giro, sarei la ragazza più invidiata sulla faccia Terra. Io, testimone di un incontro del terzo tipo. O del quarto. La prossima volta mi farò un selfie con Gholgia, per testimoniare questo storico incontro tra Mondi lontani.
Entrò svogliata nel bar di Ezio. L'aria condizionata era al massimo.
«C'è un allevamento di pinguini, qui?» pensò ad alta voce.
Aveva l'impressione che tutti la guardassero, e con insistenza per giunta. Si avvicinò al banco. Fece per ordinare, poi cambiò idea e decise di sedersi fuori. Voleva stare all'aria aperta. Anche se fuori si moriva dal caldo, era stanca di essere circondata da quattro mura.
Tutti i tavoli erano stranamente liberi. Ne scelse uno al riparo dal sole, da cui poteva vedere comodamente tutta la piazzetta e i passanti indaffarati nelle loro faccende. Completamente ignari del pericolo che incombeva sulle loro teste.
E nel vero senso della parola!
Sullo smartphone passò in rassegna tutte le immagini romantiche che avevano come soggetto la Luna.
La Luna che illumina il mare con la sua luce argentata.
Gli innamorati che si giurano amore eterno al chiaro di luna.
Il lupo che ulula alla luna... Sicuramente perché lui ha capito tutto e sta avvisando i suoi compari di branco.
Clair de lune.
L'omino che trascina la Luna attaccata ad una corda... un giorno salterà fuori che la Luna ce l'hanno messa loro per stimolare la nostra... immaginazione.
Quando il cameriere si avvicinò per prendere l'ordinazione, Alice era da tutt'altra parte. Con i suoi pensieri.
«Cosa le porto?»
«Come dice, scusi? Ah, sì... mi porti un caffè. Grazie» rispose distrattamente.
Un caffè, il secondo caffè in un'ora.
Poco dopo il cameriere tornò con il suo caffè.
Alice pagò subito la sua consumazione.
Mentre lo sorseggiava vide la Goggi, o quella che tutti credevano essere la Goggi.
Si nascose dietro gli occhiali da sole per spiarla senza essere vista. Per essere più convincente faceva finta di conversare al telefono.
La Goggi stava chiacchierando amabilmente con qualcuno, ma non riusciva a vedere chi.
«Coraggio voltati, fatti vedere... oh, non ci posso credere! Ma è... è la signora Paola! Cosa avranno da dirsi quelle due?» pensò a voce alta.
Poi, un pensiero balenò nella sua mente. Forse anche lei era un'aliena?
A pensarci bene, anche il cameriere aveva un'aria sospetta. Aveva uno strano luccichio negli occhi. Per non parlare di quel signore sulla piazzetta che porta a spasso il suo cane. Sempre alla stessa ora! Aveva un'aria decisamente sospetta.
«Mi scusi, signorina...»
«Eh?»
Alice si voltò, nella direzione della voce. Era il cameriere con un bigliettino in mano.
Strano, aveva già pagato il suo caffè.
Lo guardò con un punto interrogativo.
«Mi scusi, non era mia intenzione interrompere... qualsiasi cosa lei stesse facendo... Glielo manda quel signore al tavolo. Alla sua sinistra» disse porgendole il biglietto.
Non era possibile, i tavoli erano tutti vuoti. E comunque, qualcuno aveva la sfrontatezza di disturbarla. Con un bigliettino, come alle scuole medie.
Prese il biglietto. Quando il cameriere si allontanò guardò il biglietto. Era un tovagliolo del bar, aveva riconosciuto il logo. Era piegato in quattro. Molto probabilmente al suo interno doveva esserci un messaggio indirizzato a lei.
Non osò voltarsi. Era curiosa di sapere chi fosse, ma non voleva dargli la soddisfazione di farsi vedere interessata. Sentiva i suoi occhi puntati addosso.
Ma non voleva neanche leggere il biglietto. Non in sua presenza. Si sentiva a disagio. Chissà che messaggio conteneva. Qualcosa di inappropriato? Un messaggio in codice... alieno?
Quando decise che era passato un lasso di tempo adeguato per non destare sospetti sul suo interessamento alla cosa, prese dalla borsetta uno specchietto.
Lo aprì, e fingendo di controllare il Kajal che non aveva, si mise a spiare goffamente i tavoli alla sua sinistra.
Nessuno.
Forse non riflettono la loro immagine allo specchio? Pensò.
Si sporse ancora un poco, inclinando la sedia.
Si ritrovò a terra, il gomito sinistro sbucciato. La spalla le doleva ma forse non era rotta. La tazzina in frantumi sui sanpietrini.
Cercò di alzarsi, ma prima che potesse farlo sentì due braccia possenti che l'afferravano sollevandola da terra come un sacco di patate. Era il cameriere. Alice farfugliò alcune parole di ringraziamento. La faccia rossa dalla rabbia e gli occhi bassi per la vergogna.
«Mi dispiace per la tazzina» si scusò timidamente.
«Non si preoccupi per la tazzina, le porto subito un altro caffè» le rispose il cameriere con un sorriso.
«Ma non si disturbi, non è necessario.»
«È il minimo, per scusarci della... sedia difettosa.»
«Ma...»
Il cameriere sparì dentro il bar.
Alice si ricordò il motivo della caduta.
Con quel trambusto ormai la sua copertura era saltata, tanto valeva voltarsi e farla finita.
Si voltò ma non vide nessuno. Tutti i tavoli erano liberi. Incuriosita, aprì il tovagliolo, nessun messaggio.
Pensò con sollievo a uno scherzo. Accartocciò il tovagliolo e lo lasciò nel portacenere.
A quanto pare le persone si divertono con poco. Buon per loro, non sanno come passare il tempo libero. Non devono affrontare un'invasione aliena, loro.
Bevve il suo caffè. Il terzo caffè in poco più di un'ora. Aveva un diavolo per capello!
😄 basta divertirsi con la povera Alice! Dal prossimo capito si fa sul serio😰😰😰 si entra nel cuore della storia!
Ci sarà un incontro con Gholgia e se Alice saprà fare le domande giuste, forse riusciremo a sapere cosa ci fa qui, sulla Terra a respirare tutto questo smog 😄.
Grazie e buona lettura ♥️
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