Pervio
È il 2 gennaio, fuori nevica. Non c’è corrente. Sarà stato
qualche tronco di albero per il peso della neve a essersi spezzato tagliando un qualche filo della corrente. Non so.
Sono solo, isolato nel bel mezzo della campagna, e non
c’è alcun vicino che possa condividere con me questo tempo
burrascoso. Mi rimarrebbe una cosa: pensare, ma non ci riesco. Non riesco a svincolarmi dalle difficoltà che incombono
ogni giorno, ogni notte. Di conseguenza agisco sempre per
istinto: o scappo oppure reagisco.
Preda o predatore.
Oggi ho appena compiuto ventisette anni e provo a immaginare e a sperare in un futuro migliore, nonostante il mio
passato sia stato crudele con me.
Lì, dietro l’angolo, c’è sempre una preoccupazione di un
qualunque altro evento. Per natura sono un animale insoddisfatto, cerco sempre un’ulteriore soddisfazione che possa
riempire il vuoto che è in cuor mio. E questo vuoto è il dubbio. Da non fraintendere con il dubbio scientifico, è quello
emozionale.
In questo buio altalenante si ripresentano i tanti dilemmi
della vita, i fantasmi.
Ricordo quando papà aveva l’azienda agricola e mi ritrovo
qui a dubitare su quale sia la differenza tra i vitelli che erano
nel box e me. Quale? Perché ci sono proprio io su questo mondo e non un altro?
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