Mi fermo e osservo i fiocchi di neve che si posano sul suolo, imbiancandolo sempre più. La natura è una meraviglia
potente e delicata, imprevedibile e stabile.
Ho freddo, devo coprirmi bene e accendere il fuoco.
Esco dalla camera da letto ben coperto.
In queste stanze è tutto rigido, senza alcunché di movimento, l’intera casa è vuota. Senza un viavai da una stanza all’altra di mio fratello, mamma e papà.
Tutto è fermo e sono solo senza corrente, non posso nemmeno accendere la tv per rendere più vivace questa casa desolata. Che devo fare? Purtroppo il destino ci riserva sempre
sorprese inaspettate.
Apro la porta, esco ed è tutto bianco, e su quel mantello che
mi abbaglia vedo un pettirosso alla ricerca del cibo, per un attimo mi sento come lui: un animale alla ricerca. Di cosa?
Devo affrettarmi a prendere la legna, le mie mani cominciano a perdere sensibilità, sono irrigidite e violacee, cadaveriche.
Mi avvicino al capanno e con fatica, battendo i denti come un picchio rosso appeso a un albero che becca la corteccia cercando cibo, prendo la legna e in tutta fretta rientro in
casa. Accendo il fuoco.
Passa una mezz’oretta e le fiamme, il calore del camino,
cominciano a riscaldare la stanza.
L’ultima cosa che manca per armonizzare il tutto è il caffè, lo faccio e in tutte le stanze se ne avverte il profumo, il suo
aroma che mi dà una botta di carica, ancor prima di berlo. Lo
verso nella tazza, mi siedo vicino al camino e mentre inizio a
sorseggiare la mia mente viaggia nel tempo.
Avevo cinque anni quando mi ritrovai in questo piccolo
paese sconosciuto e ricco di tradizioni. Prima abitavamo a
Milano.