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04 ∙ Attenti all'uomo invisibile!

Alla fine i semidei si limitarono a comprare delle vesti da mago classiche: nere, con mantelli ingombranti e decisamente fuori moda nel loro secolo.

Ripensandoci, si disse Leo, era stata una bella fortuna che non gli avessero dato ascolto quando aveva proposto di bruciare i bauli scolastici; contenevano, oltre che libri di testo tatticamente scritti in greco antico o latino, anche le bizzarre monete con cui i Magici pagavano i loro acquisti, senza le quali sarebbero – con ogni probabilità – rimasti a fissare inebetiti la commessa alla sua richiesta del dovuto pagamento. Devo ringraziare Miss-Metal-Detector, più tardi..., pensò il figlio di Efesto. Era, infatti, stato solo grazie a lei se si erano accorti dell'oro nei loro bagagli.

Qualche ora più tardi, dopo essersi fermati a dare un'occhiata a quei pochi negozi strampalati che trovavano aperti, il gruppo camminava per le stradine cupe e poco affollate senza una particolare meta, pensando a quanto fosse deprimente quel mondo magico. Era tutto troppo cupo. Troppo triste.

Perfino Nico ogni tanto si guardava intorno, accigliato, e commentava qualcosa a proposito di morte e altre cose allegre.

Non era normale. Non era così che doveva essere la magia.

E, soprattutto, i maghi avrebbero dovuto decisamente avere degli impianti di altissima tecnologia magica per risparmiare ai pedoni la fatica di camminare. «Mi fanno male i piedi... ho freddo, ho fame, questo posto fa schifo, non c'è una cavolo di ufficina e ho lasciato anche Festus al Campo...», si stava, a tal proposito, lagnando Leo.
«Stai zitto, una buona volta» borbottò Frank.
«Ma se in questo postaccio non c'è neanche uno stupido barett...» Leo si interruppe a metà frase. Aveva adocchiato qualcosa. «Ehi, cos'è quello?»

I semidei si fermarono dinnanzi l'edificio più strambo che avessero mai visto, castello della Regina Cattiva di Narnia – alias, Chione – compreso. I colori sgargianti, i manifesti allegri che lo ricoprivano, la strana mercanzia e i fuochi d'artificio messi sistematicamente per ammazzare d'infarto le vecchiette, non facevano altro che dare ulteriormente l'idea della poca sanità mentale di quel posto. Le due vetrine, una piena di oggetti probabilmente esplosivi e l'altra con affisso un grosso cartello viola con scritte fluorescenti – illeggibili per chi soffre di dislessia – attiravano e facevano bloccare tutti quei maghi depressi che, probabilmente, avevano un senso dell'umorismo più basso di Ade ed Ecate messi insieme.

«Che c'è scritto?» chiese Percy, facendo un cenno verso il manifesto.
Frank, l'unico non dislessico, pareva più confuso di tutti coloro che stavano cercando di decifrare quegli strani geroglifici. Non volle rispondere direttamente, ma commentò solo un qualcosa tipo: "Dovrebbe fare ridere?".
La curiosità di Leo aumentò, ma decise di non indagare oltre; il suo cervello era già abbastanza sovraccarico di suo. Tuttavia, molti di quegli aggeggi che esplodevano e lampeggiavano all'interno del negozio lo attiravano. Si chiese se avrebbe potuto ricavarci qualche pezzo utile per il Valdez-Microonde-a-Propulsione, un'invenzione che stava ultimando in quei giorni.

«Be', io entro», annunciò.
«Come ti pare» commentò Nico, indifferente.
«E voi mi seguirete.»
«Che?!»

«Andiamo, sembra divertente! Non siate timidi!» lì incitò il figlio d'Efesto con aria allegra. Nessun altro aveva quel sorriso in faccia: sembravano, chissà perché, abbastanza restii. Soprattutto Frank.
«La mia non è timidezza, è la voglia di vivere dei miei neuroni» borbottò Nico.
«Tranquillo, si sono già estinti.» Leo si sfregò le mani. «All'arrembaggio, ciurmaglia!»

«Da quando sei in vena di fare il pirata?» chiese Piper, mentre si faceva largo tra la calca di clienti che riempiva il locale.

«Penso che sia, più o meno, da quando sono diventato Capitano Supremo della più mitica nave volante da guerra che...»

«Leo, tu che sei l'esperto, tutta questa roba potrebbe, ipoteticamente, funzionare davvero?» lo interruppe Jason.

Il gruppetto aveva deciso di dividersi per dare una sbirciata al negozio, e il figlio di Efesto aveva scelto di farsi accompagnare dai suoi più stretti amici per due motivi: Piper sarebbe stata molto utile in caso avessero trovato cimeli storici di immensa importanza – stile BMW –, mentre il figlio del dio fulminato era parecchio utile quando si parlava di shopping, soprattutto nell'ambito di facchino.

Il texano era rimasto abbastanza scocciato per essere stato interrotto nel bel mezzo di un meritatissimo vanto, ma quell'"esperto" era bastato affinché si placasse. Dunque rispose senza incenerire niente: «Io non ci conterei troppo». Un secondo dopo il ragazzo aveva lanciato un urletto che a Piper ricordò molto quello che faceva Drew Tanaka quando le regalavano dei trucchi, mentre quello dopo ancora si era fiondato a leggere delle didascalie su dei pacchi colorati. Né Piper né Jason capivano bene cosa ci fosse scritto, ancora merito della dislessia, ma Leo pareva cavarsela con la traduzione spagnola. L'unica cosa che sapevano era che la figura sopra la confezione raffigurava due ragazzi in aria di estasi, in un paesaggio fiorito e, parallelamente, in un mare cristallino.

Jason avvicinò il volto per vedere meglio, socchiudendo gli occhi. «Ma vendono droghe, per caso?» La figura, in effetti, dava quell'impressione.

«Be', se sì, potrei anche concedere loro un finanziamento» scherzò Leo.

Piper sbuffò con il naso, e si guardò intorno: che riuscisse a vedere, non c'era niente che l'attirasse. Notò un gruppetto di ragazze ridoline ammassate davanti a un assortimento di prodotti e fiale rosa shocking. Si rizzò sulle punte dei piedi per leggere cosa vendesse di tanto entusiasmante, ma rinunciò: non vedeva nulla sia per tutti quei cespugli di capelli, sia perché lo stile di scrittura era un corsivo con troppi ghirigori, indecifrabile. Piper notò comunque dei cuori sul cartello, e, facendo due più due, decise di allontanarsi il più possibile, trascinando con sé i suoi due amici.

«Ehi», protestò debolmente Jason, «ma che c'è?».
«Vuoi davvero saperlo?»
«Certo! Perché no?»
«Ecco... vendono cose peggiori delle droghe.»

Leo fischiò, ancora imprigionato dalla figlia di Afrodite. «Be', allora perché ci stai portando fuori? Devo dargli quel finanziamento!»

Piper li aveva, infatti, condotti fuori dal negozio attraverso una porta di servizio, e ora si trovavano lungo la via quasi deserta. «Scusa, Leo», disse con aria affatto mortificata, «Ma chiunque venda filtri d'amore non può avere il mio appoggio.»

«Che?! Filtri d'amore?» Il figlio di Efesto era sgomento. «Esistono?»

«Evidentemente. Ma non dovrebbero.»

«Okay, chiaro. Ma adesso con gli altri come si fa?» chiese Jason. «Sicura che sia pericoloso, lì dentro?»

Piper scosse la testa, con aria dubbiosa. «Non me la sento di dire che sia un posto pericoloso di per sé... ma, ecco... Chiunque venda simili cose, sostanze effettivamente pericolose, non mi fa stare affatto tranquilla. Il mio sesto senso direbbe che sì, è meglio andarcene, ma non so...»

«Va bene, tranquilla» annuì il figlio di Giove. «Io e Leo andiamo a cercare gli altri. Tu preferisci aspettare qui?»
La ragazza annuì, con in volto un'aria sollevata.

«D'accordo. A tra poco.» Dopodiché i due semidei tornarono nel negozio affollato, in cerca degli altri.

La figlia di Afrodite buttò fuori l'aria. Temeva che non le avrebbero dato ascolto, del resto il suo disagio era una stupida supposizione, una paura infondata. Ma era contenta che non fosse andata così. Dopotutto, ne avevano passate abbastanza per non sottovalutare mai il loro istinto. La giovane inspirò a pieni polmoni l'aria fresca della sera, tentando di stare tranquilla e di distrarsi.

A qualche metro da lei c'era un signore barbuto decisamente imponente, ma qualcosa le diceva che non era un pericolo e che poteva stare tranquilla.

Guardandosi svogliatamente intorno, una figura solitaria attirò la sua attenzione. Forse era la testa biondo platino o il portamento circospetto che la incuriosirono, non avrebbe saputo dirlo. Guardandolo in volto, ebbe la sensazione di averlo già incontrato, seppur fosse sicura di non conoscerlo. Dopo pochi istanti ricordò che era lo stesso ragazzo sgarbato del negozio di vestiti.

Ma perché cammina come se avesse qualcuno alle calcagna, o temesse di averlo? Questa domanda le frullava in testa quando notò che al ragazzo era caduto qualcosa dalla tasca. Lui sembrò non accorgersene, e dopo pochi istanti imboccò un vicolo e sparì alla vista.

Piper esitò. Dopo poco decise di vedere cosa aveva perso quello strano tizio. Avvicinandosi, vide che era una spilla verde con un piccolo serpente argentato.

Se fosse stato qualcosa simile a uno scontrino probabilmente avrebbe lasciato perdere, ma quel piccolo gioiello pareva abbastanza importante. Una volta raccolto, la semidea fece per alzarsi, quando qualcosa la urtò. Si voltò di scatto, stringendo la spilla a sé, ma non vide nulla.

Sbatté più volte le palpebre, ma continuava a non vedere nessuno. La via buia era perfettamente deserta, se si escludeva il solito omone enorme che le dava le spalle. Piper socchiuse gli occhi. Vero, non vedeva niente, ma era sicura che qualcosa – o meglio, qualcuno – fosse quasi inciampato su di lei. Tesa come una corda di violino, aguzzò l'udito e l'olfatto nel tentativo di captare ogni presenza.
Rimase all'erta quasi un minuto, ma non aveva rilevato il minimo spostamento d'aria. Serrò la mascella. Chiunque fosse, era certa di non essere sola. La figura misteriosa, a patto che non si trattasse di un fantasma a tratti consistente, era ancora lì davanti a lei.

Per evitare brutte sorprese, ricorse alla sua arma più pericolosa: la Lingua Ammaliatrice. «Chi sei?» sussurrò con tono gentile e premuroso. Aveva messo in quelle parole il minimo del suo potere, ma se chi le stava facendo compagnia era umano, sarebbe stato sufficiente per farlo uscire allo scoperto.

Silenzio.

Se ci prestava particolare attenzione, le sembrava quasi di sentire un odore avvicinabile a quello di una crema. Tentò di nuovo: «C'è qualcuno? Vieni fuori».

Ancora niente.

Se così poco potere non fa effetto, è possibile che si tratti di un mostro, rifletté la ragazza, mettendo mano al suo pugnale sotto il mantello.

Stava proprio per sferrare un fendente quando una voce la chiamò: «Piper?». Lei sussultò e scattò in piedi, perdendo tutta la concentrazione che le garantiva che l'essere misterioso non scappasse.

Bisbigliò un'imprecazione. Certamente il mostro invisibile aveva approfittato del fatto che si fosse voltata per filarsela.

«Piper? Tutto okay?» chiese ancora Jason, mentre si avvicinava. Alle sue spalle c'era tutto il resto della comitiva al completo.

Lei non rispose. Aveva le labbra serrate, e quando il suo ragazzo le prese delicatamente una mano per scuoterla, sussultò come se avesse preso la scossa. Il semidio romano, temendo che fosse proprio quello il motivo, la lasciò andare immediatamente. «Scusa, scusa! Ti ho fatto male? Non me ne sono neanche accorto, di norma non accade, scus...»
«Jason, tranquillo. Non sei tu, è che...» Si interruppe.
Adesso sì che il biondo pareva in pensiero. «Pip, cosa...?»
«Nulla.» Piper scosse il capo e sorrise, per poi mostrare la spilla che aveva raccolto. «Ho solo trovato questa, era caduta a quel ragazzo platinato che abbiamo incontrato prima.»
Jason annuì. «Pensavo fosse qualcos'altro. Sembravi all'erta e parecchio arrabbiata per qualcosa.» Ridacchiò nervosamente. «Chissà cosa mi aspettavo...»

Intanto, tutti gli altri li avevano raggiunti, appena in tempo per capire più o meno cosa fosse successo. «Allora? Che si fa?» domandò Percy alla figlia di Afrodite. Tutti sembravano disposti ad ascoltare cosa avesse da dire, perché sembravano attendere sue disposizioni. La cosa, da una parte la metteva a disagio perché non era abituata ad avere così tante attenzioni, dall'altra la riempiva d'orgoglio. Decise comunque di non farli preoccupare più del dovuto.

«Be', direi di trovare un albergo, no?» propose, sorridendo forzatamente.

Annabeth annuì. «Hai ragione. Però...» Esitò. Infine disse: «Se, più avanti, vorrai dirci qualcos'altro, noi ti ascolteremo.» Poi il suo sguardo si fece più penetrante e serio. «Ma se credi ci siano pericoli immediati, farai meglio a informarci al più presto.»

Dentro di sé, Piper rabbrividì. Era incredibile come la sua amica riuscisse a capirla sempre così bene, forse anche troppo bene.
Si fece un rapido esame di coscenza: la sua natura da semidea avvertiva qualche possibile pericolo? No, direi di no. Prima mi sono spaventata, ma ora...
Credeva fosse meglio dire dove era andato il biondino antipatico? Non è che sia molto rilevante...
Voleva restituire la spilla? Sì, certo, ma ora, sinceramente, non mi pare molto il caso.
Si sentiva in colpa nascondendo il suo incontro con l'uomo invisibile? A questo non sapeva rispondere.

Del resto, stava anche iniziando a dubitare che fosse accaduto seriamente. Ma no, pensò infine, sarà stato il vento... non c'era nessuno, forse... forse me lo sono immaginato.

Mentre rassicurava gli altri, rimanendo vaga ma esprimendo il suo disagio riguardo i filtri d'amore e verso chiunque potesse venderli, una parte di lei rimaneva certa che, per quante bugie potesse raccontare agli altri, le cose che non esistono non possono avere l'odore di una crema per il viso.

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