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02 ∙ Viaggi nel tempo? Io con Crono ho chiuso!

«Era ora che arrivaste» li accolse Chirone con tono burbero. La sua metà equina in quel momento era nascosta nella famigerata sedia a rotelle magica; il suo travestimento per fare il professore di latino nelle scuole medie o la sua scorciatoia per non camminare più di tanto.

Jason fece per parlare, spiegando che la colpa di quel ritardo non era sua – a ragione, – ma il figlio di Ade lì presente lo anticipò: «È tutta colpa di Jason».

Il figlio di Giove era incredulo. Fece per protestare, ma Leo – il suo migliore amico, nonché figlio di Efesto ritornato dalla morte con una pozione magica, per poi rifare la sua grande entrata in scena al Campo in compagnia della figlia di Atlante Calipso – con un ghigno da folletto gli chiese, falsamente preoccupato: «E sei svenuto?».

Jason, se voleva, riusciva a evocare folgori degne di suo padre e a controllare i venti, sfruttandoli anche per volare. E in quel momento voleva solo utilizzare quei suoi poteri semidivini per scagliare l'amico in cielo e fulminarlo ancora a mezz'aria.
D'accordo che era restio dall'essere un cadavere ambulante, e d'accordo che con il suo sacrificio li aveva salvati; ma dovevano piantarla di trattarlo come quello che sviene sempre per ogni cosa! Era successo meno di dieci volte, dopotutto. E Nico lì presente lo stracciava alla grande in questo frangente. Quindi, perché dovevano sempre rinfacciare a lui la perdita di sensi?

Ma non ebbe il tempo di ribattere – magari ammazzando di nuovo il texano. Per sbaglio, naturalmente. – che Percy, il semidio greco figlio di Poseidone ora seduto con noncuranza su una poltroncina imbottita, domandò: «Sbaglio o hai gli occhiali rotti?».

«No, ti sbagli.»

«Mentre svenivi ti sei rotto gli occhiali? Accidenti bello, nuovo record!»

«Leo, taci

«A me sembrano rotti...»

«Tu dici?» Jason stava incominciando a stufarsi seriamente, e per giunta il naso non aveva ancora smesso di sanguinare. Forse se lo era rotto, ma sperava di no.

«Avete finito?» Evidentemente, anche Chirone stesso si era stancato di quei battibecchi.

«Quasi.» Leo fece un pollice in su rivolto al centauro, che sospirò.

Passò un'altra manciata di minuti nella quale la piccola discussione si trasformò in un tira e molla di frecciatine – tutte cose molto mature degne del semidio protagonista di due Grandi Profezie, del Pretore Romano più rispettabile di sempre e del folletto salvatore del mondo. – finché, alla fine, sotto ordine di Chirone un fischio sonico tagliò l'aria. E forse anche qualche timpano.

«WILL!»

Il figlio d'Apollo scrollò le spalle. «Eravate fastidiosi», si giustificò.

«E adesso abbiamo cose ben più importanti di cui discutere, sicuramente superiori alla velocità in chilometri orari di un mattone in volo» concordò il centauro in tono di rimprovero.

I tre semidei parvero lievemente imbarazzati.

«Innanzitutto, ho chiamato proprio voi perché, secondo gli dèi, siete i più indicati per questo genere di compito.»

Solo allora Jason notò il messaggio-Iride presente nella stanza, attraverso il quale si vedevano Reyna Avila Remírez-Arellano – Pretore del Campo Giove, per semidei romani –, Frank Zhang, l'altro Pretore, e Hazel Levesque, Centurione della Quinta Coorte. A giudicare dallo sfondo che si scorgeva, si trovavano nella tenda dei Pretori.

Hazel li salutò con la mano, nel classico saluto italiano. Nico ricambiò immediatamente.

Quando vuole, allora, sa salutare. Jason sospirò.

«Ti ascoltiamo, Chirone» intervenne Reyna. Anche attraverso quel messaggio arcobalenato, era impossibile che non mantenesse quel suo solito contegno fiero, degno di un comandante Romano. Molti in passato gli avevano detto che lui e Reyna erano molto simili, per comportamento ed espressione. Forse perché entrambi erano seri e responsabili, per la maggior parte. Ma in realtà non era così: la ragazza aveva sempre quell'atteggiamento, forse anche quando dormiva, mentre il figlio di Giove era più... tranquillo a prescindere. Certo, almeno quando non riceveva porte in faccia e quando non veniva scambiato per la Bella Addormentata.

«Io, in realtà, posso spiegarvi le cose fino a un certo punto», continuò Chirone. «Forse è meglio che siano Ecate ed Apollo stessi a dirvi tutto.»

«No, fermi, cosa c'entra mio padre?» esclamò Will.

Il centauro lo guardò. «Sì, forse sarebbe indicato che venissi pure tu, William.»

«Sì, ma dove

Lo sguardo dell'altro, in risposta, si fece di un tono più cupo. Brutto segno. «Lo vedrete, ragazzi» disse solo. «Purtroppo non posso seguirvi. Vi sarà spiegato tutto, promesso.»
Poi volse lo sguardo al messaggio-Iride: «Reyna, per te sarebbe un problema se venissero anche Hazel e Frank?».

La figlia di Bellona esitò. «Be'... dipende. Per quanto?»
Chirone fece un lieve sorrisetto. «Non ne ho idea.»
Il Pretore ci pensò su. «Immagino, se questo è il volere divino, di non avere molta scelta. Ma gradirei essere informata di tutto, più tardi. Se non è un problema.»
«Naturalmente, è il minimo.»

Poi Chirone passò in rassegna tutti loro con lo sguardo: i Sette della Grande Profezia, un figlio di Ade assonnato e un figlio di Apollo intento a spacciare fazzoletti per il naso di un figlio di Giove.

Jason quasi lesse in quell'occhiata la frase "Davvero 'sti qui hanno salvato il mondo varie volte?".

Infine disse loro: «Be', è ora. Sono quasi le undici, non dovreb...»

«Sono solo le undici?!» gridò sgomento Nico. «Mi state dicendo che dopo avermi rotto tre giorni in infermeria con la frase "DEVI DORMIRE" mi svegliate così presto proprio quando stavo dormendo?!»

«...be volerci molto prima che veniate convocati» proseguì Chirone imperterrito. «Cercate solo di non fare figure discutibili con gli dèi – ma che ve lo dico a fare. Insomma: cercate di tornare vivi.»

«Tutto ciò è molto rassicurante e commovente, ma potresti dirci con esattezza cosa ca...» Percy non concluse mai la frase, perché vennero tutti trasportati molto lontano, avvolti da una strana luce.

Leo Valdez ricordava molto bene il suo primo arrivo a Ogigia, dove aveva incontrato per la prima volta quella pazza squinternata fissata con lo spezzatino che era la sua ragazza. Allora aveva pensato di essere decisamente sfortunato, malgrado ne fosse uscito vivo. Ma forse essere sgridati per un tavolo da pranzo in una spiaggia candida era meglio di atterrare bruscamente su delle rocce appuntite senza nessun tipo di elicottero di fortuna.

Per giunta, oltre ad essere disteso supino con un dolore poco tranquillizzante alle costole, aveva il Sole in faccia.

Letteralmente.

«Divino Apollo, se non mi sta a tre centimetri dal naso mi farebbe un enorme favore.»

Il dio sorrise, rivelando la sua dentatura candida e abbagliante. «C'è un motivo se sei tra i miei preferiti» ribatté, per poi alzarsi, ma senza aiutare il figlio di Efesto a fare altrettanto.

«Nella categoria "animali" o in quella "casi umani"?» intervenne Nico, mentre si rimetteva in piedi a fatica. Anche lui non aveva avuto un atterraggio invidiabile, evidentemente.

Apollo scoppiò a ridere, come se quella fosse stata una battuta. Leo però era abbastanza certo che l'italiano dicesse sul serio, e la cosa non lo lusingava.

«Ben trovati» li accolse una voce femminile, decisamente meno amichevole del Dio Lampadina. Leo, con un brivido, si rese conto che a parlare era stata Ecate. Una vecchia conoscenza. Molto simpatica.

Inevitabilmente, il suo sguardo cercò Hazel, che, come previsto, non pareva al settimo cielo. Probabilmente stava ripensando al piacevole incontro alla Casa di Ade, una delle ultime occasioni in cui aveva visto la dea, occasione nella quale quest'ultima aveva dato tranquillamente fuoco a un gigante già tramortito – da loro – per poi neanche dire un «grazie» o distribuire qualche cioccolatino a mo' di ringraziamento. Simpatica come poche, quella divinità.

«Vi chiederete perché vi abbiamo condotti qui», proseguì.

Qui dove? Leo si guardò intorno, e constatò che le possibilità erano due: o le rocce possedevano qualche caratteristica interessante nascosta molto in profondità, o sia Apollo che Ecate non erano all'apice della sanità mentale. Forse dovevano ancora riprendersi dalla cosa della doppia personalità. Altrimenti il semidio non capiva cosa diamine ci facessero tutti loro in una distesa piena di sassi, rocce e... che sorpresa, altri sassi!

Forse era un luogo speciale dove gli Olimpi si svagavano a torturare poveri semidei innocenti. Aveva sentito cose ben più strane.

Notò anche che quasi tutti i suoi amici stavano rabbrividendo.
Faceva freddo? In effetti, l'aria era molto umida, ma in fatto di temperatura Leo non era molto attendibile: tenendo conto del suo Dono del Fuoco, non capiva bene neanche quando facesse un poco più freddo. Il caldo gli era indifferente, il freddo invece era per lui una carta senza legenda. Complicato da comprendere.

«Sì, e ci stavamo anche chiedendo perché voi dèi non siete soliti usare una forma di teletrasporto più comoda» rispose Percy alla domanda posta in precedenza.

«Parla per te» borbottò Nico a voce bassa. «Non hai la minima idea di cosa significhi un teletrasporto o viaggio davvero scomodo.»

«Sì, prova ad essere un vento per tre secondi e poi ne riparliamo» concordò Jason.

«Provo a... essere un vento?» Percy si era accigliato. «Non cavalcare un vento?»

«Oh, quello è semplice. E non rischi la nausea. Essere il vento è totalmente diverso.»

«E, di grazia, cosa mi sono perso? Quando ti saresti trasformato in Eolo 2.0?»

«Favonio 2.0.»

«Chi?»

«D'accordo, ora piantatela» intervenne Annabeth. I suoi occhi color della tempesta erano irremovibili e severi. Come tutti, era scocciata di trovarsi lì e in quel momento, ma la sua indole innata da figlia di Atena la spronava a saperne di più.

«Mossa saggia», approvò Ecate con un cenno.

«Ma non può spiegarci tutto Apollo?» si lagnò Leo. Non gli andava di ascoltare quella tizia. Non aveva mai incontrato Ade, ma era sicuro che avesse più senso dell'umorismo di quella dea.

Lei, per tutta risposta, rimase impassibile e disse: «Se lo desideri. Ma no, figlio del Dio Fabbro, Ade non ha una vena umoristica molto spiccata.»

Leo dette una veloce controllata mentale alla sua lista di cose da non fare:
⠀— Mentire ai suoi amici per poi fare una fine orribile. Fatto!
⠀— Morire. Fatto!
⠀— Fare una figura di Chione in presenza di una dea. Fatto!
⠀— Insultare una dea ed essere scoperti da quest'ultima dopo pochi istanti. Fatto!
⠀— Morire dolorosamente (di nuovo) per mano della dea in questione. Da fare!

La cosa, a detta sua, non poteva peggiorare ulteriormente. Si sbagliava, perché intervenne Nico: «Ma cosa dice, mio padre è un simpaticone! Non sa quante barzellette dice alle anime dei Campi della Pena mentre scontano le loro torture eterne.»

Di una cosa il ragazzo era certo: fare una battuta sarcastica in un momento simile era di per sé una pessima idea, ma quando il sarcasmo – seppur evidente – non viene colto, la situazione, da drastica, diventa drastica e imbarazzante. Perché sì, Ecate non aveva capito l'abbondante ironia di quell'intervento.

Magnifico. Quasi quasi la insulto di nuovo.

Era un dato scientifico che solo grazie al Sole esiste vita sulla Terra, ma Leo non aveva mai preso quella frase così alla lettera: infatti, fu solo grazie al successivo intervento del dio Apollo se la situazione non degenerò – magari con un martello in faccia alla dea della magia, ma erano solo congetture. «Va bene, vi spiego tutto io! Sarò riassuntivo, okay? Praticamente, le Moire hanno previsto una specie di catastrofe che avverrà nel futuro: un gran casino, l'umanità sottomessa, insomma, le solite cose. Questo perché? Perché alcuni tizi di un altro mondo non hanno fatto le cose a dovere. Naturalmente non lo sanno, pensano di avere vinto la guerra – illusi, – ma in realtà non è propriamente vero. Le Moire ci hanno informato che tale Male, che si stima comparirà fra circa cinquant'anni, sarà impossibile da controllare o fermare. Quindi, miei Eroi, l'unica soluzione è... un viaggio nel tempo!»

Una pausa. «Aspetta, che?!»

Nessuno ci aveva capito nulla. «Ehm...» fece Leo, «ripensandoci, forse è meglio se ci spiega Ecate.»

«Quindi, fateci capire...» disse Frank a spiegazione conclusa. «Da secoli esiste questa discendenza da parte di Ecate identificata come maghi, questi maghi vivono in un mondo parallelo e nascosto simile al nostro, hanno scuole di magia, hanno vinto anni fa la più grande Guerra Magica contro un super-cattivo... e il super-cattivo non è davvero battuto?!»

«Esatto.»

«E noi dovremmo tornare indietro nel tempo per un casino avvenuto decenni fa, che neanche riguarda il nostro mondo?» chiese incredulo Nico.

«Curioso che proprio tu parli di decenni fa», notò Ecate. Nico, a quella frase, rimase spiazzato e non seppe rispondere.
«Comunque, forse questo caos creatosi non riguarda direttamente il vostro mondo, ma vivete sulla stessa Terra. Se quel Male risorgerà, vi vedrete coinvolti anche voi e le generazioni future dei semidei.»

«Be', io sinceramente ne ho abbastanza sia di Gea che di Crono» affermò Percy. «Quindi parlarci di "stessa Terra" e "viaggi nel tempo" nella situazione attuale non è indicato per riuscire a convincerci.»

Ecate scosse il capo. «Non vi stiamo convincendo, stiamo tentando di farvi ragionare, di far sì che riusciate dove altri fallirebbero.»

«Come Era quando ha tolto la memoria a Jason e a Percy?» ironizzò Piper, prendendo parola per la prima volta.

«O come Eros quando mi ha "aiutato" ad accettare me stesso?» disse Nico, mimando le virgolette con due dita.

«Se ci pensate, però,» disse Apollo pensieroso, «se la mia matrigna non fosse intervenuta con il giochetto dello scambio, quel primo contatto fra i Campi – quello dove Leo ha bombardato Nuova Roma (rovinando tutto) – non si sarebbe potuto compiere, né tantomeno Thanatos sarebbe stato liberato, né Era, né l'Argo II sarebbe stata costruita... E lo stesso con Cupido, o Eros: credi davvero che senza le sue beffe tu e Jason avreste stretto un legame d'amicizia, o semplicemente che saresti rimasto al Campo Mezzosangue dopo la Guerra? No, Nico, non lo avresti fatto. Sono il dio della profezia, e so come funzionano certe cose.»

Nico esitò. «Be', sì, forse, ma comunque...»

«Figlio d'Ade, tu per primo dovresti avere capito che a volte i favori risiedono dove sembrano inesistenti.» Apollo, mentre lo guardava, sembrava quasi misericordioso.
E fu forse per quello che in Nico iniziò a montare la rabbia.

Frank, la prima volta che lo aveva incontrato, aveva visto in quel ragazzino smunto e sottile una persona all'apparenza quieta, ma gli era bastato guardarlo negli occhi per ricredersi. Il figlio di Marte – prima di incontrare Percy, prima di salpare verso l'Alaska e poi sull'Argo II – lo aveva visto una volta combattere, e allora aveva desiderato di non ripetere l'esperienza. Anche ora, mentre vedeva la sua furia crescere, si disse che non avrebbe mai voluto esserne la causa. Ecco perché era spesso agitato, come fidanzato di sua sorella.

«I favori...» disse Nico mentre socchiudeva gli occhi, con tono mortalmente pacato, «risiedono dove sembrano inesistenti?»

Frank era certo che da un momento all'altro il semidio sarebbe saltato alla gola abbronzata di Apollo. Oppure avrebbe detto una parola di troppo e si sarebbe fatto polverizzare sul posto.
Entrambe le opzioni non erano auspicabili.

«È strano», stava proseguendo il figlio di Ade, mentre serrava i pugni, «a me è sempre parso che di favori non me ne siano stati fatti poi parecchi. Ma sarò io a sbagliare, dopotutto.»

Apollo, con gran sorpresa generale, non si scompose, né parve avere cambiamenti d'umore rilevanti di fronte a quella sfacciataggine; pareva solo molto, molto dispiaciuto. «È proprio quello il punto: non te ne sei mai accorto.»

La labbra di Nico si contrassero fino a formare un ghigno amaro. «Giusto, vero! Come ho fatto a non accorgermene? Zeus mi ha fatto un favore, uccidendo mia madre! Era una pazza alcolizzata, secondo lui. E oh, come dimenticare l'immenso privilegio che mi hanno riservato le Cacciatrici! Ma, del resto, senza di loro non sarei mai arrivato al Campo... senza di loro non sarebbe mai partita l'impresa, perché quell'impresa vedeva come protagonista Artemide! Ma sì, mi hanno reso un grande servizio.»

Qua si mette male. Era l'unica cosa che la mente del figlio di Marte riusciva a formulare.

«Per non parlare di Minosse: un simpaticone! Ma, come dargli torto, le sue bugie e il suo tradimento mi hanno formato. E che nomino a fare mio padre quando ha fatto bere a me e Bianca l'acqua del Lete, quando ci ha rinchiuso nel Casinò Lotus, quando mi ha messo sul capo la responsabilità di essere il primo semidio greco che fa da pontefice fra due Campi che si ignorano l'un l'altro. Mi sta dicendo, divino Apollo, che tutto ciò erano in realtà dei favori

«Nico...» Will stava tentando di calmarlo, ma perfino lui era spiazzato.

Il dio scosse il capo, facendo ondeggiare la chioma intessuta d'oro: «Stai nominando tutti eventi spiacevoli che ti hanno segnato, non sempre in meglio. Non era ciò che intendevo.»

Nico non aveva alzato la voce, neanche un istante, ma a quella frase reagì... sgonfiandosi. Nei suoi occhi tutta la rabbia si perse, sostituita da stanchezza. Le spalle si incurvarono, i pugni si sciolsero. Era come se avesse esaurito le energie, o come se sapesse che la discussione sarebbe durata troppo a lungo e non avesse la forza di proseguirla. Ma quando stavolta parlò, lo fece con disprezzo: «E allora mi dica l'esempio a cui si stava riferendo. Dica pure quell'evento felice della mia esistenza, se riesce.»

Non ci fu risposta. Solo un: «Non spetta a me dirtelo, non ora almeno.»

Da come prima il semidio si era infuriato, tutti a quell'ultima frase si sarebbero aspettati una faccia sprezzante – "che ti avevo detto?" – o uno sbuffo infastidito. Invece Nico a quella frase parve, per un attimo, deluso, come se davvero avesse sperato di venire consolato, anche se questo avrebbe significato che aveva torto.

«Purtroppo non c'è tempo per spiegare il futuro e il passato degli Eroi, ora men che meno.» Fu Ecate a riportare tutti loro alla realtà. La dea li osservò attentamente. «Prima partirete per questo viaggio, meglio è.»

Poi dal nulla fece apparire dei bauli dall'aria molto pesante, e, per ultime, delle lettere. Erano tutte scritte su pergamena, laccate a caldo.

Prese la prima e la consegnò ad Annabeth. «Questa va consegnata al preside di Hogwarts, Albus Silente: fategliela leggere e capirà.»
Prese poi un'altra busta e la dette ad Hazel. «Una volta nel passato, brucia questa lettera insieme a un'offerta dedicata alla sottoscritta, per essere certa che la me del passato sappia di voi e della situazione.»

Infine, l'ultima lettera sigillata la dette a Percy, che la prese accigliato. «Questa non dovrai consegnarla a nessuno, ma dovrete leggerla voi stessi quando il potere di Akhlys farà un qualche effetto sul Prescelto.»

«Non mi piacciono gli enigmi, già detto altre volte.» Percy si stava agitando. «Soprattutto quelli che includono lei

«Ora andate, miei Eroi» concluse Ecate. Apollo dedicò loro un sorriso incoraggiante.

«Cosa...? Ora?!» Leo, come tutti, era un filino titubante. «Ma... e se moriamo?»

«E che ne so!» gli rispose allegramente il dio del Sole. «Le profezie recitano il futuro, non il passato. Ma sappiate che ciò che farete influenzerà assai il nostro presente.»

«Ho già il mal di testa» commentò Percy. Frank era d'accordo.

«Non deludeteci. Penseremo noi ad informare tutti i vostri conoscenti dell'impresa. Ora andate, e che la fortuna sia con voi. Vi servirà.» E con queste ultime parole, Ecate e Apollo li spedirono indietro nel tempo nel lontano settembre del 1996.

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Spazio autrice:

⠀Eccomi tornata con il secondo capitolo! Esatto, nella riscrittura inserisco un viaggio nel tempo.
⠀Perché? Semplice: perché è l'unico modo per fare un Crossover PJ/HP. La saga di Harry Potter, infatti, è ambientata nel 1990 (1991: Harry inizia il primo anno) mentre quella di Eroi dell'Olimpo nel 2000 inoltrato. Quindi durante Eroi dell'Olimpo Harry, Ron e Hermione sono pressoché adulti, non più studenti.
⠀E, giusto perché sono buona, vi faccio una piccola anteprima (che, andando a spulciare su Google, capivate comunque): il 1996 è l'anno in cui Harry affronta il sesto anno scolastico ad Hogwarts.
⠀Fatemi sapere se il capitolo e la riscrittura vi stanno piacendo; se avete critiche fatele, se avete dubbi non esitate a chiedere! Intrighi esclusi, non faccio spoiler neanche se mi pagate. ;)

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